Gaetano Donizetti
Torquato Tasso
Melodramma in tre Atti
Libretto von Jacopo Ferretti
Uraufführung: 09.09.1833, Teatro Valle, Rom
Personaggi
Alfonso II, Duca di Ferrara
Eleonora, sua sorella
Eleonora, Contessa di Scandiano
Torquato Tasso
Roberto Geraldini, Segretario del Duca
Don Gherardo, Cortigiano del Duca
Ambrogio, servo di Torquato
Cavalieri Cortigiani del Duca
Soldati in armi
Atto primo.
Atrio nel ducal palazzo in Ferrara.
Scena I.
Cavalieri, indi Don Gherardo, poi Ambrogio.
CORO.
Due rivali, un invidioso,
Un poeta innamorato,
Un ridicolo geloso
Stanno in Corte a recitar,
E ci fanno rallegrar.
Ma che al povero Torquato
Si prepari una tempesta,
Ho un sospetto nella testa,
E comincio a paventar,
Che sia prossima a scoppiar.
GHERARDO.
Come! no! Davvero? niente?
Via, movetevi, cercate.
CORO.
Don Gherardo! Lo ascoltate?
Già comincia a interrogar,
E ha la febbre di ciarlar.
Sconcertata è la sua mente;
Va di trotto alla follìa;
Chè una fredda gelosia
Col continuo martellar
Notte e dì lo fa tremar.
GHERARDO.
Fra tutti quanti i punti
Ch‘ io metto in voce o scrivo,
All‘ Interrogativo
La preminenza io do.
Senza di lui sol d‘ Asini
Pieno sarebbe il Mondo:
Dottor, se non interroga,
Nessun mai diventò.
Così pescando al fondo
Io vo d‘ ogni mistero:
Così per bianco il nero
Io mai non comprerò.
Di qua passato è il Tasso?
Ebbe nessun invito?
Il Duca è andato a spasso?
Il Segretario è uscito?
Qual delle due Eleonore
Finor cercò di me?
L‘ Ambasciador di Mantova
Udienza avrà solenne?
E‘ cifra diplomatica?
Si sa per cosa venne?
Il Duca è bieco od illare?
E la Scandiano ov‘ è?
Ma almeno qualche sillaba
Dal labbro sprigionate …
Per Bacco! Come statue
Udite, e non parlate?
Che Mummie da Piramidi!
Mi fate rabbia affè!
CORO.
Se respirar più liberi,
Signor, non ci lasciate,
Voi tanti imbrogli a chiederci,
Invan vi affaticate.
Ma, zitto, o di rispondervi
Possibile non è.
GHERARDO.
Ma or che il domestico
Del gran Torquato
Stupido, stupido,
Vien da quel lato,
Se quì l‘ interrogo
Di buona grazia,
Come un oracolo
Risponderà.
CORO.
Signor, giudizio!
Vi farà piangere
La vostra incommoda
Curiosità.
GHERARDO.
Eh! via, sciocchissimi!
Mi fate ridere.
Un uom di merito
Sa quel che fa.
GHERARDO.
Che fa Torquato? Compone?
AMBROGIO.
Sì,
GHERARDO.
Innamorato sospira?
AMBROGIO.
No.
GHERARDO.
D‘ un‘ Eleonora-discorre?
AMBROGIO.
Sì.
GHERARDO.
Ma quale adora?-Sai dirlo!
AMBROGIO.
No.
GHERARDO.
Come in un‘ estasi delira?
AMBROGIO.
Sì.
GHERARDO.
Di me non brontola geloso?
AMBROGIO.
No.
GHERARDO.
Così laconico rispondi?
AMBROGIO.
Sì.
GHERARDO.
Ed altro dirmene sapresti?
AMBROGIO.
No.
GHERARDO.
Quell‘ economico
Tragico stile
Tutta sconvolgere
Mi fa la bile!
Bestiaccia inutile!
Vattene al diavolo!
Stupido, zotico,
Bufalo ….
AMBROGIO.
No.
CORO.
Nell‘ acqua semina!
Sbagliò l‘ astuto!
Ah! ah! che ridere!
Nulla ha saputo.
Il nuovo oracolo
Restò in silenzio.
Son tutte chiacchiere:
Nulla svelò.
GHERARDO.
(Novello Tantalo
Muojo di sete!)
Con me tu reciti?
Ma non ridete!
(Ah! che una sincope
Sento per aria.)
Son ciarle inutili:
Tutto saprò.
AMBROGIO.
(Domande scarica!
Il sordo io faccio.
Segue ad insistere!
Sorrido e taccio.
Io son politico
Non casco in trappola;
Da lui mi libero
Col sì; col no.)
I Cavalieri si disperdono.
GHERARDO.
Scortese! A un Don Gherardo
Che tien lincèo Io sguardo,
Che tutto seppe, tutto penetrò,
Secco, secco rispondi: un sì, o un no!
Dove vai? Perchè vai?
Eleonora Scandian vedesti mai
Muover furtiva il passo
Alle stanze del Tasso?
L‘ Eleonora, che ha fitta nel pensiero
E‘ quella? non è vero?
L‘ enigma scioglier puoi? Perché negarlo?
AMBROGIO.
Per far servo e non dir. Faccio e non parlo.
Parte.
GHERARDO.
Entrò da Geraldini? Ergo Torquato
L‘ avrà da lui mandato.-Ah! se potessi
Fiscaleggiar questo Roberto, a cui
Anonima non è quella secreta
Febbre d’amor che logora il Poeta!
Che brutto vizio! Parlano fra i denti!
S‘ appressan: Fra momenti
Da Torquato verrò.
Al varco, quando n‘ esce il coglierò.
E se non parla?-E se lo svela amante
Dalla Scandian riamato?
Amato lui? … Perchè? … Per quattro rime?
Son Donne! … ohimè! la gelosia mi opprime!
Parte.
Scena II.
Appartamento del Tasso.
TORQUATO.
Alma dell‘ alma mia, raggio söave
Di non mortal beltate,
Ah! nulla manca in te se non pietate;
Nè manca forse, no. Spesso pietosa
Parli coi muti tuoi labbri ridenti,
E per un riso obblío mille tormenti!
Ah! mia! Per sempre mia! Fatal distanza,
Dagli occhi miei diléguati.-Speranza,
Non mi tradir. Se un solo istante, un solo,
T‘ amo, mi dice, il core appien bëato
Tutti i spasimi suoi perdona al Fato.
Scena III.
Ambrogio, Geraldini, Torquato.
GERALDINI.
(Taci mi lascia. All‘ estro sacro in preda
Volano i suoi pensier‘.
Ambrogio parte.
Vate orgoglioso.
Che il lume togli a ogni più chiaro ingegno,
T‘ ecclisserò.-Breve ti resta il regno.)
TORQUATO.
Non m‘ inganno?
GERALDINI.
(Delira.)
TORQUATO.
Oh! mio contento!
Tutto il Mondo è al mio piè.-Dell’Universo,
Se a tanto giungo, a me par vile il soglio.
GERALDINI.
(Sogni; io son desto, e te perduto io voglio.)
TORQUATO.
Quando sara‘ che d’Eleonora mia
Possa godermi in libertade amore?
Ah! pietoso il destin tanto mi dia!
Addio, cetra; addio, lauri; addio, rossore!
GERALDINI.
(Incauto! Che mai scrive? In quelle carte
Sta la sentenza sua.) Folle! Deliri?
Son colpa in te i sospiri.
Arcano e dubbio amor svelato e certo
Rende il Tasso così?
TORQUATO.
M‘ odi, Roberto.
In un‘ estasi, che eguale
Non provò mai d‘ uomo il core,
Io sognai, che armato d’ale
Mi rendean Fortuna e Amore.
Sospirando la mia bella
Io volai di stella in stella;
Non mortal, ma Genio o Dea
Entro al Sole io la trovai;
Mentre a me la man stendea,
Mentre a lei la man baciai,
T’amo, disse: amo sol te.
Fu un momento! A quell’accento
Da me sparve Elëonora!
Ma in quel foglio espressi allora
Il desío che crebbe in me.
GERALDINI.
Di quei carmi al caro incanto
Chi l‘ inspira appien ravviso.
La tua donna t‘ era accanto:
Era fiamma il suo sorriso.
Poi sul foglio versò il core
Quanto a te sperar fè Amore.
Non si finge, non si mente
Quel piacer che inebbria il seno,
Quella smania così ardente,
Quel furor che ha sciolto il freno,
Quell’arcano non so che.
Ma, Torquato-sconsigliato!
A distruggerlo t‘ affretta:
O guizzar della vendetta
Vedo il fulmine su te.
TORQUATO.
Ah! Di padre ho l‘ alma in petto!
Qui del cor la storia io vedo.
Desta in me söave affetto
Più di Aminta e di Goffredo;
Dall‘ ingegno uscian quei carmi;
Questi ‚l cor me li dettò.
GERALDINI.
Fra l‘ invidia ed il sospetto
In periglio ognor ti vedo.
L‘ imprudenza dell‘ affetto
Al tuo cor fatale io credo.
(Di sua man m‘ appresta l’armi:
Con quei versi io vincerò.)
Bada … suon di passi … parmi.
Scena IV.
Ambrogio, e detti.
AMBROGIO.
La Duchessa vuol Torquato.
Parte.
TORQUATO.
Ella!
GERALDINI.
Incauto?
TORQUATO.
Oh! me bëato!
Dir che m’ama or forse udrò!
Caro sogno lusinghiero!
L’alma mia non s’ingannò!
GERALDINI.
Che mai speri?
TORQUATO.
Io tutto spero.
GERALDINI.
Ardi ‚l foglio.
TORQUATO.
Io stesso!.. Ah!.. no.
Ah! non saría possibile
Che ardessi i versi miei!
Mirando i figli in cenere
Morir mi sentirei!
Ma, cedo a te, son tuoi;
Struggili tu, se vuoi.
Non verserò una lagrima;
M‘ affido all‘ amistà.
(No, non tradirmi, amore,
Vola ai contenti ‚l core.
Quest‘ alma fortunata,
Amante rïamata
D‘ invidia ai Re sarà.)
GERALDINI.
Serbar quel foglio improvvido,
Torquato, io non saprei;
Le mura ancor qui parlano,
Dell‘ aure io temerei.
Struggerlo tu non puoi?
Io l‘ arderò, se vuoi;
Fin la memoria perdine;
Ti affida all‘ amistà.
(Oh gioje del furore,
Io tutto v‘ apro il core!
Passi di pena in pena,
E goda il dritto appena
Di risvegliar pietà.)
Parte.
Scena V.
Geraldini solo; indi Don Gherardo.
GERALDINI.
O da lunghi anni attesa,
Difficile vendetta, alfin …. lo spero,
Sei vicina a scoppiar.
GHERARDO.
Roberto? Permettete?
GERALDINI.
(A tempo ei viene.)
GHERARDO.
Il Tasso vi cercò;
Dopo uscì; dove andò?-Che mai volea?
Parlò di me? Della Scandian che disse?
GERALDINI.
Ah! non disse soltanto!
GHERARDO.
E che fe‘?
GERALDINI.
Scrisse
Liberi versi, ardite brame.
GHERARDO.
In scritto!
Ma questo, amico …
GERALDINI.
E‘ un capital delitto.
GHERARDO.
Dov‘ è il foglio?
GERALDINI.
Mostrollo; indi geloso
Lo chiuse.
GHERARDO.
Dove?
GERALDINI.
Là.
Ah! se il Duca lo sa!
GHERARDO.
Che credereste?
GERALDINI.
Che imprudenze non ama,
Che severo in sua Corte austeri brama
I costumi de‘ suoi.
GHERARDO.
Dunque pensate …
GERALDINI.
Già il Tasso voi l’amate?
GHERARDO.
Bagattelle!
Ma siete persuaso
Che se quel foglio a caso
Del Duca nella man fosse caduto,
Il Tasso ….
GERALDINI.
Sventurato? … Era perduto!
Parte.
Scena VI.
DON GHERARDO solo.
Perduto! E che desidero?
Potessi!.. E perchè no? Lunge è la sala;
Ambrogio non udrà. Farò pian piano.
Mai sprovvisto non vo‘. Stai salda invano.
Ho aperti altri secreti. E‘ questo … è questo!
Il più l‘ ho in mano; il men da farsi è il resto.
Parte.
Scena VII.
Camera nell’appartamento di Donna Eleonora.
DONNA ELEONORA sola.
Fatal Goffredo! I versi tuoi fur strali
Al mio povero cor! Sì, sì, Torquato,
Per me l‘ amarti. è fato;
Nè mi fu schermo il sangue avito e il trono.
Ah! invan, lo niego … innamorata io sono.
Io l‘ udía ne‘ suoi bei carmi
Ragionar d‘ illustri imprese;
Ma cantando amori ed armi
Parlò un guardo, e un cor l‘ intese.
No ‚l sapendo, del suo fuoco
Io pian piano io m‘ accendea …
Ah! l’amor che sembra un gioco
Poi divien necessità.
Egli pianse; ed io piangea;
Sospiravo a‘ suoi sospiri;
Ah! Torquato, se deliri
Il mio cor delirerà.
Deh! t‘ invola, o söave
Illusïon d‘ un disperato amore!
Sogno contenti, e m‘ avveleno il core.
Trono e corona involami
Nel tuo furore, o sorte.
Solo quel core, ah! lasciami;
E‘ mio fino alla morte.
Travolta in basso stato,
Sorte, t‘ insulto e sfido.
Se resta a me Torquato,
Tutto perdóno a te.
Ah! sì: nell‘ urna gelida
Palpiterà per me.
Ei tarda! … E‘ lenta morte
Il non vederlo! Ingiusta forse … in seno
Un geloso sospetto ….
Ah! Torquato l‘ amo!-Mio cor … tu tremi?
E‘ il noto suon de‘ passi suoi! Söave
Rimbalzo ignoto in sen provai repente …
E chi esprimer lo può, no, non lo sente.
Scena VIII.
Eleonora, Torquato.
ELEONORA.
Torquato? … Immobil! Muto!
TORQUATO.
Ah! tal mi rende
Il rispetto, il timor.
ELEONORA.
Timor! Son io
Terribil tanto, che gli accenti agghiaccio?
TORQUATO.
Un Nume siete, e i Numi adoro e taccio.
ELEONORA.
Cortese troppo!
TORQUATO.
Ah! no: Tasso non mente.
Di rispettoso amor la fiamma ardente
L‘ alma e i sensi m‘ ha vinto;
Ma il viver bramo anzi che il foco estinto.
ELEONORA.
L‘ egra salute mia
Un conforto desía. Ne‘ vostri carmi
Sempre il trovò.
TORQUATO.
Questo è il maggior mio vanto!
ELEONORA.
Ma i poveri occhi miei … (che pianser tanto!)
Più non son quei d‘ un dì.
TORQUATO.
(Fatali sempre!)
ELEONORA.
Voi, che pari all‘ ingegno il core avete,
Nel Goffredo scegliete
Qual più tratto a voi piace, e a me, pietoso
Voi lo leggete, e scenda
La vostra voce a serenarmi ‚l core,
(Che tanto palpitò!)
TORQUATO.
(M’assisti, Amore.)
»Canto secondo: Ottava
Decimasesta.« Il tratto
Scelgo d‘ Olindo … Il cor lo scrisse.
ELEONORA.
E a udirlo
Tutto s‘ apre il mio core. (Ei sè in Olindo,
Me in Sofronia dipinse! Ah! della scelta
Il secreto perchè ravviso appieno!)
TORQUATO.
(Che di me parlo, ah! comprendesse almeno!)
Colei Sofronia, Olindo egli si appella,
D‘ una cittade entrambi, e d‘ una fede;
Ei che modesto e‘ sì, com‘ essa e’bella,
Brama assai, poco spera, e nulla chiede,
Ne‘ sa scoprirsi, o non ardisce, ed ella
O lo sprezza …
ELEONORA.
Non ti sprezzo, e se lo credi
Troppo, ah, troppo ingiusto sei.
Tacqui, è ver; ma gli occhi miei
Favellavano per me.
TORQUATO.
Non mi sprezzi? oh me bëato!
Fortunati affanni miei:
Se pietà trovaste in lei
Gioja egual per me non v‘ è!
ELEONORA.
Crudel son io?
TORQUATO.
No ‚l penso.
ELEONORA.
E il labbro tuo m‘ accusa!
Lo può il tuo cor?
TORQUATO.
L’immenso
Lungo soffrir mi scusa.
A notti in duol vegliate
Dì succedean d‘ orrore.
Le smanie disperate
Io soffocava in core.
ELEONORA.
»Pur altre amasti …
TORQUATO.
Ah! mai.
»No, mai: velai-l’affetto,
Che il caro tuo sembiante
Arder mi fea nel petto.«
Parvi amator vagante;
Ma non amai che te.
Vederti, e ad altra volgersi …
No, forza d‘ uom non è.
ELEONORA.
Udirti, e ad altro volgermi …
No, forza in me non è!
Taci.
TORQUATO.
No ‚l posso.
ELEONORA.
Ah! taci:
Torquato, siamo in Corte:
Le mura son loquaci;
Taci, o mi dai la morte.
TORQUATO.
Sì: tacerò; ma pria …
ELEONORA.
T‘ affretta …
TORQUATO.
Anima mia,
Dimmi …
ELEONORA.
Saper che brami?
TORQUATO.
Dal labbro tuo se m‘ ami.
ELEONORA.
Cessa.
TORQUATO.
Eleonora!
ELEONORA.
Lasciami.
TORQUATO.
M‘ ami? dì: m‘ ami.
ELEONORA.
Ah! sì.
A DUE.
L‘ affanno in cui penai
Non chiamo più tiranno,
Se prezzo è dell‘ affanno
Questa felicità!
Se accanto a te, mia vita,
Spirar mi fa la sorte,
Bella per me la morte,
Anima mia sarà!
TORQUATO.
Sogno fedel!
Scena IX.
Un Paggio, e detti.
ELEONORA.
Torquato!
Mira.-Il Fratel t‘ invia? –
Ah! guarda!
TORQUATO.
Io son riamato!
ELEONORA.
Porgimi il foglio, e va.
Il Paggio parte.
»Vedi come i Poeti
Serbar sanno i secreti,
Sorella!«-oh Ciel! che fia?
TORQUATO.
Tremo!
ELEONORA.
»Quando sarà
Che d‘ Eleonora mia
Goder …«
TORQUATO.
Che ascolto! oh Cielo!
ELEONORE.
Tasso! E‘ pur tuo lo scritto!
TORQUATO.
Chi mi tradì?
ELEONORE.
Delitto
Fia questo al Duca!
TORQUATO.
Ah! certo
E‘ il traditor Roberto!
Lo svenerò.
ELEONORE.
S‘ appressa.
Simula: il vo‘.
Scena X.
Detti, Geraldini, indi la Scandiano, e Don Gherardo.
GERALDINI.
Duchessa!
Di Mantova il Sovrano
Al Duca mio Signore
Chiese la vostra mano,
ELEONORE.
Quando?
TORQUATO.
(Gelo!)
GERALDINI.
L‘ ambasciadore,
Che jer fra noi se ’n venne,
Or che l‘ udienza ottenne
Al Duca ne parlò.
ELEONORE.
E mio fratello!
GERALDINI.
A voi
Nunzio me scelse.
TORQUATO.
(Indegno!)
SCANDIANO.
Cara! Rapita a noi
Passate in altro regno!
ELEONORE.
Ma il Duca?
SCANDIANO.
Il Duca v‘ ama,
Sciorsi da voi gli duole;
Ma queste nozze brama;
Ma implora un sì.
GERALDINI.
Lo vuole,
GHERARDO.
Ferrara abbandonate?
E‘ chiachiera? E‘ mistero?
Che a Mantova n‘ andate,
Donna Eleonora, è vero?
Spacciar la posso!-E‘ sorda! –
Perchè la Duchessina
Udienza non accorda?
Che ha questa mattina?
Fa il quarto della Luna?
Medesima fortuna! –
Cavalierin Roberto,
Voi lo sapete, certo,
Il Prence Mantovano
Ha chiesta la sua mano;
Risposto avrà smorfiosa:
Non voglio farmi sposa?
Cosi restare io voglio! –
Duro come uno scoglio! –
E nulla ancor pescai! –
Bel tema da Sonetto!
Ma non ne scrissi mai!
Torquato, ci scometto,
Già un canto epitalamico
Ex-tempore pensò.
L‘ ho indovinata?
TORQUATO.
No.
GHERARDO.
Misericordia! Idrofobo
Il Vate diventò!
TORQUATO.
(Alma ingrata! Traditore!
Così fede a me serbasti?
I misteri dell‘ amore
Eran sacri, e li svelasti!
Perché aprirmi tal ferita
E non togliermi la vita?
Esecrato in tutti i secoli
Il tuo nome resterà.)
GERALDINI.
(Calma, calma il tuo furore;
No, Torquato ingiusto sei,
Parla a me sul labbro il core;
Non ho infranti i giuri miei.
Mi avvelena il tuo sospetto;
Ma cangiar non so d‘ aspetto;
Innocente è in sen quest‘ anima;
Tutto il tempo scoprirà.)
SCANDIANO.
(Se un sorriso di favore
Non m‘ invola la Fortuna,
Sarà mio del Tasso il core;
Non avrò rivale alcuna;
E immortal ne‘ carmi suoi,
Come il nome degli Eroi,
A sfidar l‘ obblio de‘ secoli
Il mio nome passerà.)
ELEONORA.
(Lui scordar! cangiar d‘ amore!
Mentir gioja immersa in pianto!
Io lasciarlo? Ah! non ho core!
Io lasciarlo? E m‘ ama tanto!
Consumar, morir mi sento;
Morte invoca il mio tormento.
Ah! d‘ amore in me una vittima
Poi la storia accennerà.)
GHERARDO.
(Ah! Perchè non son pittore!
Che bel quadro interessante!
Quella sviene per amore;
Questo d‘ ira è tremolante.
La Contessa si consola
Perchè spera restar sola;
Ma quest‘ altro da che reciti …
Per adesso non si sa.)
TORQUATO.
Falso amico! Al Duca in mano
Tu non dasti i versi miei?
GERALDINI.
No: lo giuro.
TORQUATO.
Un vil tu sei.
GHERARDO.
(Or capisco!)
GERALDINI.
Forsennato!
TORQUATO.
Mano all‘ armi.
GHERARDO.
Ma si freni.
SCANDIANO.
Imprudente!
ELEONORA.
Ah! no: Torquato!
TORQUATO.
Menti.
ELEONORA.
Cessa.
TORQUATO.
Ch‘ io lo sveni!
ELEONORA, SCANDIANO.
Per pietà!
TORQUATO.
Più non intendo.
ELEONORA, SCANDIANO.
Ah! Roberto!
GERALDINI.
Io mi difendo.
ELEONORA.
Don Gherardo, riparate.
SCANDIANO.
Dividete, Don Gherardo.
GHERARDO.
Quando piovono stoccate
Volentieri io non m‘ azzardo.
TORQUATO.
Vile!
GERALDINI.
Trema!
GHERARDO.
Eh! via, Ragazzi!
Contessina! se mi sbuca
Per voi moro.
SCANDIANO.
Siete pazzi?
TORQUATO. GERALDINI.
Trema.
ELEONORA, GHERARDO, SCANDIANO.
Ferma!
Scena XI.
Paggi e Cortigiani, il Duca, e detti.
CORO.
Il Duca.
TORQUATO, GHERARDO, GERALDINI, SCANDIANO, ELEONORA.
Il Duca!
DUCA.
Fra due Dame, e in Corte mia?
Cavalier?
GERALDINI.
Mi difendea.
DUCA.
Così stolta scortesia
In voi, Tasso, non credea!
TORQUATO.
Duca!.. E’ver. Fu un punto. Ho errato.
Ma ….
ELEONORA.
Fratello!
DUCA.
E‘ perdonato.
Già sentiste da Roberto
Che di Mantova il Signore
Sa, per fama, il vostro merto;
E da voi vuol mano e core.
ELEONORA.
Ma, Fratello …
DUCA.
Anch‘ io lo bramo.
ELEONORA.
Ma se ….
DUCA.
V‘ amo.-V‘ amo, e regno.
ELEONORA.
Ma languente …
DUCA.
Voi vorrete
Dal mio core amor non sdegno.
ELEONORA. TORQUATO.
(Ciel! qual lampo!)
DUCA.
Riflettete.
Lo comprendo: è serio il passo;
Ma … venite a Belriguardo,
Venga unito Don Gherardo,
La Scandian, Roberto, il Tasso.
In quell‘ aura assai più pura,
Fra il sorriso di natura,
Voi, che saggi ognor pensate,
La Duchessa consigliate,
Che si pieghi al voler mio.
Tutti meco; lo desío:
Tutti lieti.
GHERARDO.
Oh! certamente!
(V’è del bujo?)
SCANDIANO, GERALDINI.
(E‘ allegro, o mente?)
TORQUATO, ELEONORA.
(Non mi fido!)
GHERARDO.
A che tardiamo?
DUCA.
(Veglio al varco.) Andiamo.
CORO.
Andiamo.
DUCA.
Voi tornate in amistà.
ELEONORA, TORQUATO.
(Ah! che il cor morir mi fa!)
GERALDINI.
(L’ira sua lo colpirà.)
SCANDIANO, GHERARDO.
(L‘ alma incerta in sen mi sta.)
DUCA.
(Questo vel si squarcerà.)
TORQUATO, ELEONORA.
(Non v‘ è strazio, non v‘ è affanno
Che sia pari al mio tormento!
L‘ alma in sen morir mi sento,
E non posso, oh Dio! morir.
Ma del mio destin tiranno
Questo cor sarà più forte:
Chiamerà lei/lui sola/o in morte
Con l‘ estremo mio sospir.)
GERALDINI.
(Già un baleno di vendetta
Rende certo il mio contento!
L‘ alma brilla al suo lamento,
E‘ mia gioja il suo sospir.
D‘ un destin che gli sorride
L‘ ira mia sarà più forte:
E‘ segnata la sua sorte;
Bramar morte e non morir.)
DUCA, CORO.
A Belriguardo andiamo,
Ponete all‘ ire un freno.
Alle delizie in seno
La calma tornerà.
ELEONORA.
Rendermi il cor bëato
Perché, destin spietato,
Per poi cangiarmi in lagrime
Tanta felicità?
Quel mentitor sorriso
Velar sa l‘ ire appieno:
Ma, guai se al riso in seno
Il turbin scoppierà!
GERALDINI.
Da mille invidiato
Non sarai più, Torquato:
Vedrò cangiarsi in lagrime
La tua felicità.
Quel mentitor sorriso
Velar sa l‘ ire appieno:
Ma, forse al riso in seno
Il turbin scoppierà.
SCANDIANO.
Invano il cor piagato,
Le geme per Torquato;
Cessi dal suo delirio,
O a lei crudel sarà.
Quel mentitor sorriso
Velar sa l‘ ire appieno:
Ma, guai se al riso in seno
Il turbin scoppierà!
TORQUATO.
Un punto sol bëato
Visse il tuo cor, Torquato:
Ecco cangiarsi in lagrime
La tua felicità!
Velar non sa il sorriso
L‘ ira che m‘ arde in seno.
Ma, per sfogarmi appieno
L‘ istante spunterà.
GHERARDO.
Capisco che l‘ imbroglio
E‘ l‘ opera del foglio,
Che il Duca, come un fulmine,
Ha balestrato qua.
Pur di domande e dubbj
Empir ne posso un tomo …
Ma, il Tempo è galantuomo,
E tutto scoprirà.
Atto Secondo.
Galleria terrena in Belriguardo.
Scena I.
I Cortigiani.
CORO 1.
Ma lo scrigno di Torquato
Chi ha forzato?
CORO 2.
Non si sa.
Ma quel foglio a lui rubato
Che diceva!
CORO 1.
Non si sa!
TUTTI.
Certo sta, che da quel foglio
Si sviluppa un grand‘ imbroglio;
Pur ciascuno ci risponde
Serio serio un: non si sa.
Ah! Il cervel ci si confonde,
E agli antipodi se ’n va! …
Ma perchè il Duca
Qui a Belriguardo
Ridente il labbro,
Lieto lo sguardo,
All‘ improvviso
Volar ci fè?
Non lo ravviso
Ma v‘ è un perchè!
CORO 1.
Quasi dirci …
CORO 2.
Scommetterei …
TUTTI.
Che cova in petto
Cupo un progetto …
Ma l‘ ore passano;
Si scoprirà.
Quel ch‘ è enigmatico
Chiaro sarà.
CORO 1.
Dunque, pazienza …
CORO 2.
Ma non cessate …
CORO 1.
Con gran prudenza
Interrogate.
TUTTI.
E pria dell‘ Alba,
Dubbio non v‘ è,
Ci saran cogniti
Tutti i perchè.
Si ritirano.
Scena II.
La Contessa di Scandiano e Don Gherardo.
GHERARDO.
Contessa! avete torto.
SCANDIANO.
Io non ho torto mai.
GHERARDO.
Ma …
SCANDIANO.
L‘ altrui scrigno
Forzar, trarne gelose
Secretissime carte, e del più grande
Italian Poeta
Farsi vil delatore,
Nero è delitto.
GHERARDO.
Il delinquente è Amore
SCANDIANO.
Amore? E che sognasti?
GHERARDO.
Io mi credea
Che l‘ autor del Goffredo
Delirasse per voi. D‘ Elëonora
Il nome m‘ ingannò;
ma il Signor Duca
Sa legger meglio, e vide che favella
Della Duchessa …
SCANDIANO.
No.
GHERARDO.
Della Sorella.
SCANDIANO.
No: sbaglia il Duca. Ama sol me. Lo svela
Il suo pudor se a me s‘ appressa.
GHERARDO.
Dunque …
SCANDIANO.
M‘ ama, il cor mio
Cela le oneste sue fiamme profonde;
Ma con l‘ amore all‘ amor suo risponde.
GHERARDO.
Läonde io son …
SCANDIANO.
Scartato.
GHERARDO.
Ed il mio caso …
SCANDIANO.
E‘ un caso disperato.
Parte.
GHERARDO.
Oh rabbia!
Scena III.
Il Duca, e detto, e i Cortigiani
nascosti.
DUCA.
Don Gherardo? Elëonora
Vedeste?
GHERARDO.
Altezza, no.
DUCA.
E sapete ove stia?
GHERARDO.
Davver no ‚l so,
DUCA.
Impossibile par! Tutto sapete!
GHERARDO.
Eh! Non fo per lodarmi …
Ma scoprir so gran cose!
E quel foglio del Tasso, quello scandalo
Che da me fu scoverto,
Fu un‘ impresa sublime.
DUCA.
Oh! certo … certo.
Degna di voi.
GHERARDO.
Grazie, mio Prence!
DUCA.
Ed amo
Che voi sappiate, e chi v‘ imita …
GHERARDO.
Dica.
DUCA.
Che nel mio petto ho un‘ alma
Della viltà nimica:
Che regno, e regnar so.
GHERARDO.
Capisco.
DUCA.
Sdegno
Mi destano i curiosi, e abborro a morte
I delatori, e non li voglio in Corte.
Parte, i Cortigiani si avanzano.
CORO.
Don Gherardo! Il vaticinio
Alla fin restò compito.
Il curioso fu punito
Della sua curiosità.
Vi compiango, Il caso è strano!
La Scandiano-v‘ ha scartato.
A un Poeta, ad un Torquato
V‘ ha posposto la beltà!
GHERARDO.
Io posposto ad un Torquato,
Io che sono un titolato,
Che per stipite discesi
Da tre Conti e sei Marchesi,
E per linea trasversale
Son di razza Baronale?
A un bisbetico, a un astratto,
Perdi-giorno, chiacchierone,
Imprudente, mezzo-matto,
Che si crede un Cicerone,
Io posposto? Io che son Critico,
Diplomatico, Politico,
Numismatico, Geografo,
Archeologo, Istoriografo,
Metafisico, Idrostatico,
Nel Digesto Catedratico
Epigrafico, Botanico,
Anatomico, Meccanico,
Algebraico, Pubblicista,
Finanziere, Economista,
E intendente di perfette
Cerimonie ed etichette?
Mia bellissima Scandiano,
Nello scegliere t‘ inganni …
CORO.
Forse sol vi tien lontano
Per i vostri sessant‘ anni …
GHERARDO.
Che sessanta! Cinquantotto;
E ad un Nobile, e ad un Dotto
Non si conta mai l‘ età.
CORO.
Son momenti ancora i secoli
Se li guardano i Sapienti;
Ma son secoli i momenti
Se li guarda la Beltà.
GHERARDO.
Ma poniam, che sian sessanta;
Fra i più giovani Campioni
Come me chi mai si vanta
Di cartoccio, e cavazioni?
Nessun balla, e ci scometto,
Più maestoso il minuetto.
Se vo a piedi, ai piedi ho l‘ ale,
E a cavallo ho un certo orgoglio,
Che rassembro tale e quale
Marc‘ Aurelio in Campidoglio.
Fresco, vegeto, robusto,
Io mi abbiglio di buon gusto,
Ed il Tasso, poverino!
Magro, magro, sottilino,
Ogni dì fa una gran via
Verso l‘ asma e l‘ etisía.
Lo compiango, e l‘ ho con lei
Che fu cieca ai merti miei,
E si crede idolatrata,
E non sa ch‘ è corbellata;
Chè, a riflettere ben bene,
Quelle scuse, quei lamenti,
Quelle smorfie, quelle scene,
Quei languor‘, quei svenimenti
Provan, proprio ad evidenza,
Che nel cor la preferenza
Come a un‘ idolo d‘ Amore
Delle nostre Elëonore
Dona il Tasso solo a quella,
Che del Duca è la Sorella,
E quell‘ altra equivocò,
E veder glie la farò,
E vendetta appien n‘ avrò.
CORO.
Qual vendetta?
GHERARDO.
Cercherò.
CORO.
Che farete?
GHERARDO.
Ancor no ‚l so.
Ma instancabile sarò
Finché a capo ne verrò.
Amici! Ah! voi solleciti
D‘ intorno pur guardate:
Gli angoli più reconditi,
Le mura interrogate,
E dalle mute tenebre
Il vero scoppierà,
E l‘ orgogliosa femmina
Di stucco resterà.
CORO.
Sguardi, dimande, indagini
Noi non risparmieremo.
Fin del silenzio interpreti
Il vero cercheremo,
E questa cifra incognita
Alfin si scioglierà.
Tardi l‘ altera femmina
Delusa piangerà.
Ma di ciarlar cessate.
Partir, deh! ci lasciate.
Chè se restiamo immobili
Mai nulla si saprà,
GHERARDO.
Andate, andate, andate:
D‘ un Cavalier pietà.
Partono.
Scena IV.
La Duchessa Eleonora, ed Ambrogio.
ELEONORA.
Tu non m‘ inganni?
AMBROGIO.
Altezza!
Con gli occhi il vidi.
ELEONORA.
Il Cavalier Roberto
Accusarsi non può?
AMBROGIO.
No, no: per certo!
Io sono intimamente persuaso
Che Don Gherardo è il ladro; ed ecco il caso.
Perché da lei s ’n venga,
Come bramò, stamane, o mia Signora,
Da me chiamato, accelerando il passo,
Esce dalle sue stanze il Signor Tasso;
E solo il Cavalier vi resta allora.
Del Cavaliere in traccia
Nella più interna stanza
Il curioso s‘ avanza. Geraldini
Parte; io lo complimento
Fin sulla porta; torno, e un botto sento,
Un Crac! Fo un salto; corro dentro, e miro
Lo scrigno spalancato …
E il mio padron lo chiude. Un certo foglio.
Tien Don Gherardo; invan riaver lo voglio;
Chè, pieno d‘ insolenza
Minaccia bastonarmi in mia presenza.
M‘ attraverso, mi spinge, scappa via,
Lo seguo, entra dal Duca …
Felicissima notte!
ELEONORA.
Tutto svelasti al Tasso?
AMBROGIO.
Dall‘ A fino alla Zeta io glie l‘ ho detta.
ELEONORA.
Ed egli?
AMBROGIO.
Sbuffa, e medita vendetta
Su Don Gherardo.
ELEONORA.
No … digli … Roberto …
Cerca, e segreto a me lo invia … ma taci
Con Torquato … m‘ intendi?
AMBROGIO.
Capisco quel che vuole:
Son uom di mondo, e bastan due parole.
Ambrogio parte.
Scena V.
Eleonora sola; indi Geraldini.
ELEONORA.
Misera!-Un bivio orrendo
Si presenta al mio cor.-L‘ amor di Tasso
Più mistero non è.-Se resto … oh Dio!
Conosco il fratel mio;
Gelar mi fa!-Se parto …
Ah! conosco quel core!
Il Tasso si dispera! … Il Tasso muore!
Bivio crudel!-No: sceglier non mi fido.
O sdegno il Duca, o il caro amante uccido.
GERALDINI.
Duchessa?
ELEONORA.
Tutto io so.
GERALDINI.
Scuso Torquato.
Era giusto il furor.
ELEONORA.
Sì; ma, imprudente
Cavalier, tutto io so. Siete innocente.
Tutto svelava il servo.
GERALDINI.
(Io trionfo!)
ELEONORA.
M‘ udite:
Eleonora vi prega.-Ite dal Tasso,
L‘ abbracciate, e a lui dite,
Che se m‘ ama … già tutto,
Si, tutto è noto a voi …
GERALDINI.
Sublime arcano!
Nemmen l‘ aura il saprà.
ELEONORA.
Dite ch‘ io voglio
Che a voi ritorni amico.
GERALDINI.
Oh! caro nome!
Se a me lo rende io son felice appieno?
ELEONORA.
Tanto l‘ amate?
GERALDINI.
Oh! mi leggeste in seno!
Io volo ….
ELEONORA.
Udite ancor se in sen vi parla
Vera amistà per l‘ infelice. Io deggio
Scegliere odiate nozze,
O l‘ ira del fratello,
E risolver non so. L‘ estrema volta
Favellar con Torquato,
Udir che mi consiglia è mio desío,
Per restar qui nel pianto … o dirgli, addio.
Ma …
GERALDINI.
Intendo.
ELEONORA.
A lui …
GERALDINI.
Lo svelerò.
ELEONORA.
Roberto! …
E‘ un gran secreto!
GERALDINI.
Orgoglio
Sento che a me si affida.
ELEONORA.
A tutti oscuro
Impenetrabil sempre …
GERALDINI.
A tutti: il giuro.
ELEONORA.
Quando alla notte bruna
Nel bosco degli allori
Da un raggio della Luna
Temprati fian gli orrori,
Ove la fonte mormora,
Che crebbe al nostro pianto,
Nell‘ ombra e nel silenzio
Venga a quell‘ onda accanto;
Ma in cor le smanie prema,
Ma solo a me verrà.
Là, per la volta estrema,
Pianger con me potrà.
GERALDINI.
Del vostro cor, Signora,
Tutto l‘ affanno io sento.
Pensando a chi vi adora
E‘ vostro il suo tormento.
Vi piomba in seno il palpito
Dell‘ amator riamato;
Ma di celar le lagrime;
Crudel v‘ impera il Fato,
E in sen ristretto il pianto
Morire il cor vi fa;
Così vi strazia intanto
Amor, dover, pietà.
ELEONORA.
Ma se un destin spietato
Mi forzi a dirgli addio!
Al povero Torquato
Chi resta?
GERALDINI.
Un core. Il mio.
ELEONORA.
Se un cor gli resta, vittima
Dei vili non sarà.
Versar potrà le lagrime
Dell‘ amistà nel seno,
Di me, che resto a gemere
Potrà parlare almeno.
Voi calmerete i spasimi
D‘ un disperato amore;
Nei giorni del dolore
E‘ un Nume l‘ amistà.
GERALDINI.
Aperto alle sue lagrime
Sempre sarà il mio seno;
D‘ un cor pietoso il misero
Avrà il conforto almeno.
Se appien calmare i spasimi
Io non saprò d‘ amore,
Dividerne il dolore
L‘ anima mia saprà.
ELEONORA.
Meno infelice or sono;
Tutto al destin perdóno.
Lo affido a te.
GERALDINI.
(Fia polvere,
Che il vento sperderà.)
ELEONORA.
A glorïoso segno
Guida l‘ illustre ingegno;
Maggior non v‘ è. L‘ Italia
L‘ avrà per te.
GERALDINI.
(Cadrà.)
ELEONORA.
Se d‘ invidia all‘ arti, e all‘ armi
Involar saprai Torquato,
Del tesoro de‘ suoi carmi
L‘ Universo a te fia grato.
Ti rammenta d‘ Eleonora,
Che per lui pietade implora,
E i miei voti, i pianti miei
Fin che vivi, ah! non scordar.
GERALDINI.
(Al trionfo, ah! sì, lo spero,
La fortuna alfin m‘ affretta.
Spiegherò su quell‘ altiero
Un sorriso di vendetta.)
Non temer ch‘ io non rammenti
I tuoi voti, i tuoi tormenti:
Come il cor per te s‘ affanni
Non potresti immaginar.
Partono.
Scena VI.
Il Duca solo, indi Geraldini.
DUCA.
Io veglio. Incauti. Una vendetta illustre,
Misterïosa io devo a me; l‘ aspetta
Il mio cor … la sospira;
L‘ otterran congiurati ingegno ed ira.
Gelosi, invidi, vili,
Che odiate il gran Pöeta,
Io mi giovo di voi, ma vi conosco.
La sua colpa è il suo merto …
Stolti e maligni! Ecco il più rio.-Roberto?
All‘ antica amistà tornò Torquato?
GERALDINI.
La Duchessa il volea,
E negarmi ei potea
Un amplesso implorato? Il caro cenno
Fu in suo cor più possente
Che incolpabil sapermi ed innocente.
DUCA.
(Innocente!) E fra queste
Aure sì liete ancor solingo geme?
GERALDINI.
Del vostro sdegno ei teme;
Ed or che all‘ ombra bruna
Nel bosco degli allori
Temprati fian gli orrori
Dal raggio della Luna, ei là s‘ avvia
Presso l‘ onde cadenti
Per insegnare all‘ eco i suoi lamenti.
DUCA.
Solo?
GERALDINI.
Lo credo … almen. Signor! … non oso.
DUCA.
Parla.
GERALDINI.
Inatteso a lui, mentre sospira
Del perdon vostro incerto,
Mostrarvi, e con söavi
Parole confortarlo,
Com‘ è vostro real dolce costume,
Con chi s‘ affanna … opra saría d‘ un Nume,
DUCA.
(Infernal arte!) Quel tuo cor pietoso
Mai smentirsi non sa. Bello è il consiglio;
Lo seguirò.
GERALDINI.
Grato, o mio Prence! … (oh gioja!)
DUCA.
Del piacer non sperato
Dal dolente Torquato
Spettator vieni.
GERALDINI.
(Oh! Non previsto scoglio!
Me diran traditore!) Ah! Prence …
DUCA.
Il Voglio.
Partono.
Scena VII.
Boschetto.
Torquato s‘ inoltra Don Gherardo lo segue guardingo; indi la Duchessa,
TORQUATO.
Notte che stendi intorno
Il fosco manto in quest‘ oscuro cielo
Mentr‘ io di vero amore avvampo e gelo;
E tu, pietosa Luna,
Che tempri co‘ bei raggi ‚l muto orrore
All‘ ombra della notte umida e bruna,
A pianger vengo ove m‘ invita amore;
Ma l‘ onda sola e il vento
Risponde mormorando al mio lamento.
GHERARDO.
(Solo! a quest‘ ora! E qui. Dorma chi vuole.
Un perchè vi sarà. La fida io sono
Ombra del corpo suo; non l‘ abbandono.)
ELEONORA.
Torquato!
GHERARDO.
(Crescon gl‘ interlocutori.)
TORQUATO.
Sei tu?
ELEONORA.
Non mi ravvisi?
GHERARDO.
(La Duchessina! La Scandian si avvisi.)
ELEONORA.
Tasso!
TORQUATO.
Ah! dì: non è questa
Una bëata illusïon fallace?
Ma se tu sei, d‘ amor stella verace,
Che dolce splendi a inebbrïarmi il seno,
Il mio audace pensier chi tiene a freno?
ELEONORA.
Assai si delirò. D‘ amari accenti
In sì cari momenti
Non s‘ oda il suon; ma ci tradiva entrambi
Un improvvido amor.-spezzato il core
Dirlo non osa … e dirlo è forza! O mio …
O mio fedel …
TORQUATO.
Segui, mia vita …
ELEONORA.
Addio …
TORQUATO.
E m‘ ami?
ELEONORA.
E perchè t‘ amo
Noi … Io dirò … noi ci dobbiam lasciare.
TORQUATO.
Poco dunque ti pare
Che infelice io sia,
Che a crescer vieni la miseria mia?
ELEONORA.
Mai d‘ altri non sarà: ma tua, Torquato
Esser non può Eleonora.
TORQUATO.
Oh morte!
ELEONORA.
Il vuole
Canta prudenza; onde in obblio sian posti
I miei delirj e i tuoi …
Tasso! … Tu déi partir!
TORQUATO.
Dirlo … tu puoi?
Ohime‘! Ben son di sasso
Poiché‘ questa novella non m’uccide!
ELEONORA.
I cor‘ che amore uni, destin divide!
TORQUATO.
Solo … deserto! Ah! meco vieni: fuggi.
ELEONORA.
Follía sarebbe.
TORQUATO.
E a me che resta?
ELEONORA.
Il vivo.
Sublime ingegno … e il pianto mio.
TORQUATO.
Nè vuoi
A me d‘ empia fortuna orrendo gioco
Premio alla fede, e refrigerio al foco
Lasciar nulla … o crudele?
ELEONORA.
In oro avvolti
T‘ abbi i capelli miei.
TORQUATO.
Oh, non sperato
Invidïabil dono!
D‘ ardenti nodi or sono
Cinto per sempre.
ELEONORA.
Rapidi gl‘ istanti
E innoservati fuggono agli amanti.
Fa cor … (Oh strazio!)
TORQUATO.
E che dir vuoi, mio bene?
ELEONORA.
Che crudo è il fato … e dirci, addio, conviene.
TORQUATO.
Si … per sempre!
ELEONORA.
Ah! m‘ odi: m‘ odi.
Già la morte è nel mio core;
Ma una lagrima d‘ amore
Il mio cener bagnerà.
Dì: … lo spero?
TORQUATO.
O cruda! E godi
Mel mirarmi ‚l core infranto?
Ma prometter non può il pianto
Chi più lagrime non ha.
A DUE.
Ah! se resta un sol momento,
Se un addio comanda il fato,
Ai delirj del contento,
Si abbandoni ‚l cor bëato.
A te accanto io tutto obblío
Le mie pene, il destin mio.
Tuo per sempre è questo core,
Il tuo cor sol mio sarà;
Questo palpito d‘ amore
Morte sola spegnerà.
Scena VIII.
Il Duca con Geraldini, la Scandiano e Don Gherardo; e detti.
GERALDINI.
Solo ei non è.
DUCA.
Silenzio.
GHERARDO.
E‘ vero, o non è vero?
SCANDIANO.
Tacete.
TORQUATO.
Io di dividermi
Forza non ho, nè spero.
GHERARDO.
Vi basta?
ELEONORA.
Ah! parti: ah! lasciami.
SCANDIANO.
(Infido!)
TORQUATO.
Il chiedi invano.
GERALDINI.
Dalla Scandian dividesi.
DUCA.
Credi?
TORQUATO.
Su questa mano
Io pria lasciar vo‘ l‘ anima.
GHERARDO.
(E poco ancor?)
ELEONORA.
Più barbaro
Fai quest‘ addio, mia vita.
TORQUATO.
Sei mia. Sfido le folgori.
ELEONORA.
Lasciami, o imploro aita.
TORQUATO.
Vieni. Mi segui. Invòlati
Da chi ti opprime.
DUCA.
Olà.
Armati e di Paggi con doppieri accesi.
Sventura orrenda! ahi misero!
Di senno uscì Torquato!
Voi lo träete in carcere:
Dì e notte sia vegliato.
TORQUATO.
Il brando! No.
ELEONORA.
Vuoi perdermi?
DUCA.
Duchessa!
TORQUATO.
IL BRANDO A TE.
DUCA.
Träetelo.
GERALDINI.
Placatevi.
DUCA.
E‘ stolto!
TORQUATO.
Io stolto!
ELEONORA.
Oh Dio!
SCANDIANO.
Pietà.
ELEONORA.
Per queste lagrime.
GHERARDO, GERALDINI.
Signor!
ELEONORA.
Fratello mio?
TORQUATO.
Io stolto?
DUCA.
Sì.
TORQUATO.
Vo al carcere;
Ma pria rispondi a me.
»O tu, che danni amore,
Di sasso il cor sortisti, o non hai core.
Sei belva in uman volto,
Se chi schiavo e‘ d‘ amor tu chiami stolto;
Ma no; che‘ nelle selve
Sospirano d‘ amore anche le belve.
Vuoi sangue? Inerme e‘ il petto;
Ma tormi il ben non puoi dell‘ intelletto:
Il senno e‘ don di Dio;
Finche‘ Dio non me ‚l toglie il senno e’mio.«
ELEONORA.
(Ah! Fui tradita! Il perfido
Gode in secreto intanto.
Gli frutti sangue il pianto
Che a noi versar farà.)
GERALDINI.
(Ei cadde alfin. Dileguasi
De‘ sogni suoi l‘ incanto!
Mentir m‘ è forza il pianto,
E simular pietà.)
GHERARDO.
(Ohimè! questa è una lagrima
Che in giù mi gronda intanto!
Piango non uso al pianto;
L‘ odio, e mi fa pietà.)
SCANDIANO.
(Morir mi fa quel pianto;
Nè può trovar pietà.)
DUCA.
(D‘ amore il nodo infranto
Il tempo renderà.)
TORQUATO.
(Si celi agli empj il pianto;
Lo crederian viltà.)
ELEONORA.
Ah! Fratel mio! …
TORQUATO.
Che tenti?
Non t‘ abbassare ai prieghi.
Risparmia i tuoi lamenti;
Quell‘ aspro cor non pieghi.
GERALDINI.
Torquato! …
TORQUATO.
No, no. Guardami
Ti leggo in cor.
GERALDINI.
Ma credi …
TORQUATO.
Credo che in me la vittima.
Del tuo furor tu vedi.
GERALDINI. GHERARDO.
O Ciel!
TORQUATO.
Vili! Lasciatemi.
Tradirmi, e pietà fingere
Eccesso è d‘ empietà.
DUCA.
Si compia il cenno. Al carcere …
ELEONORA.
Morendo il cor mi sta.
TORQUATO.
Ah! per quel pianto, il carcere
Chi non m‘ invidierà?
ELEONORA. TORQUATO.
(Le smanie di quest‘ anima,
La crudeltà del Fato,
Fremente in cor la storia
Col sangue scriverà.
E il non mertato fulmine,
L‘ addio così spietato,
Farà versar le lagrime
In più lontana età.)
DUCA.
(A paventarmi imparino
Quei che scordar ch‘ io regno;
Sarebbe con gl‘ incauti
Fatal la mia pietà.
Pei vili, ch‘ or trionfano,
Maturasi il mio sdegno;
Chi sogna in alto ascendere.
Destandosi cadrà.)
GERALDINI.
(Or che lo vedo in polvere
Io son contento appieno;
Di favorito orgoglio
Più pompa non farà.
Ma pure a quelle lagrime
Commosso ho il core in seno;
Ma pur non so reprimere
Un moto di pietà.)
GHERARDO.
(Contessa! nell‘ ipotesi
Che sia ‚l cervel smarrito,
Fuggite dal pericolo,
Tiratevi più in qua;
Che se divien frenetico
Tutto è per voi finito.
Guardate come è torbido!
Prudenza, per pietà.)
SCANDIANO.
(No, che a novello strazio
Loco non ha Torquato.
Ma pur l‘ insulta un perfido
Con simular pietà!
A pene troppo orribili
Lo riserbava il Fato …
Ma piangere lasciatemi
Almen con libertà.)
TORQUATO.
Addio, mia vita, addio!
In Ciel ti rivedrò.
ELEONORA.
M‘ affretto al Ciel, ben mio;
Io là t‘ aspetterò.
DUCA.
Si tronchi quell‘ addio:
Compito il cenno io vo‘.
Atto Terzo.
Carcere.
Scena unica.
Torquato, indi Coro di Cavalieri.
TORQUATO.
»Qual son!-qual fui?-che chiedo? – ove mi trovo?
Chi mi guidò?-chi chiuse?
Lasso! chi mi affidò? chi mi deluse?
Per me pietade e‘ spenta, e dove langue
Vil volgo ed egro, per pieta‘ raccolto,
In Carcer tetro e sotto aspro governo,
Fatto d‘ ingorda plebe e preda e scherno
Io qui languisco a morte
Favola e gioco vil d‘ avversa sorte!«
Sull‘ Arno i miei nemici
Congiuran contro me; l‘ irrequïeto
Démone ignoto non mi dà mai pace;
Stolto me giura il Mondo … e Amor non tace!
Perchè dell‘ aure in sen
Non volano i sospir‘?
A te de‘ miei martír‘
L‘ eco verrebbe almen,
Mio dolce amore!
Stolto mi chiama, il so,
Chi al carcer mi dannò;
Ma, s‘ ama, e tempre te,
No, stolto il cor non é;
Ragiona il core.
Varcato è un lustro! … E un anno!.. E un anno ancora! …
Forse più a me non penserà Eleonora!
Forse … ahi! rabbia! … dà fede
All‘ empio grido e delirar me crede!
Empio grido, fatal, per cui tradito,
Vergognando, son chiuso in queste soglie,
Ed ella piange, e i lacci miei non scioglie!
CORO inlontananza.
Viva il Tasso!
TORQUATO.
Lontan … lontan … m‘ inganno?
Eccheggiava il mio nome!
CORO.
In Campidoglio
Crebber lauri alla sua chioma.
TORQUATO.
Che ascolto!
Entrano i Cavalieri.
CORO.
Da quel colle ov‘ ebbe il soglio
La sua man ti stende Roma.
Là veloce affretta il passo;
Che al tuo crin serbata è, o Tasso,
L‘ invidiata eterna fronda
Che Petrarca incoronò;
Nè del Tebro sulla sponda
D‘ altro vate il crin cerchiò.
Sciolto sei; serena il ciglio,
Dell‘ Orobia illustre figlio;
Che di Principi un Senato
Sul Tarpeo t‘ ha destinato
Sempre verde ambito serto,
Cui sfrondar non può l‘ età.
Sarà emblema del tuo merto
Un allor che non morrà.
TORQUATO.
Ah!-ch’io respiri!-E‘ troppa gioja!-Meco
Goffredo è sul Tarpeo!-Fra tante e tante,
Che per lui m‘ ebbi in cor, barbare spine
Una fronda d‘ alloro io colgo alfine! –
Elëonora! ora nel dirti addio,
Pari a te sono, ho una corona anch‘ io.
CORO.
Vieni.
TORQUATO.
Verrò; ma da lei volo. Io voglio
Da lei saper se a lei m‘ inalza questa
Rara, non compra, ardua corona …
CORO.
Arresta.
Non rispondono gli estinti
Dell‘ avel dai muti marmi;
Nè per lagrime o per carmi
Cener freddo mai parlò,
TORQUATO.
Ella spenta!-Io l‘ ho perduta? –
Son deserto sulla Terra!..
Ah! per voi fia sempre muta;
Nel mio cor l‘ ascolterò.
Parlerà. Ne‘ sogni miei
Lascerà la terza stella;
Meno altera e assai più bella
Al suo fido tornerà.
Ah! la veggo! … Ah! sì … tu sei!
Ecco il lauro a‘ piedi tuoi.
Fu il sospiro degli Eroi;
Ma, te spenta, orror mi fa.
CORO.
Piangesti assai, Torquato:
Apri alla gloria il core.
Mira del tempo alato
Il genio voratore.
Del sacro allôr coll‘ egida
Sfida il poter degli anni;
Rompi l‘ obblío de‘ secoli
Con gl‘ indomati vanni.
E l‘ epico tuo verso
Per l‘ aere eccheggerà.
Fin quando l‘ Universo,
Come minuta polvere,
Disciolto crollerà.
TORQUATO.
Invidi, dileguatevi;
Roma immortal mi fa.
Tomba di lei, che rendermi
Seppe bëato e misero,
Un fiore ed una lagrima
Io spander vo‘ su te.
CORO.
Vieni al Tarpeo: non piangere;
Onor t‘ impenni ‚l piè.
TORQUATO.
Sì: dell‘ onore al grido
Volo del Tebro al lido …
Non vi sdegnate, o Cesari;
V‘ è un lauro ancor per me.
CORO.
T‘ affretta; il fato barbaro
Si cangia alfin per te.