Giuseppe Verdi

Otello

Dramma lirico in quattro atti

Personaggi

Otello, moro, generale dell’Armata Veneta (Tenore)

Jago, Alfiere (Baritono)

Cassio, capo di squadra (Tenore)

Roderigo, gentiluomo Veneziano (Tenore)

Lodovico, Ambasciatore della Repubblica Veneta (Basso)

Montano, predecessore d’Otello nel governo dell’isola di Cipro (Basso)

Un Araldo (Basso)

Desdemona, moglie d’Otello (Soprano)

Emilia, moglie di Jago (Mezzo-Soprano)

Soldati e Marinai della Repubblica Veneta, Gentildonne e Gentiluomini veneziani, Popolani ciprioti d’ambo i sessi, Uomini d’arme Greci, Dalmati, Albanesi, Fanciulli dell’isola, Un Taverniere, Quattro servi di taverna, Bassa ciurma

Scena: Una città di mare nell’isola di Cipro. Epoca: La fine del secolo XV.
Atto primo

L’esterno del castello.

Una taverna con pergolato. Gli spaldi nel fondo e il mare. È sera. Lampi, tuoni, uragano.

Scena prima

Jago, Roderigo, Cassio, Montano, più tardi Otello. Ciprioti e Soldati veneti.

ALCUNI DEL CORO.
Una vela!
ALTRI DEL CORO.
Una vela!
IL PRIMO GRUPPO.
Un vessillo!
IL SECONDO GRUPPO.
Un vessillo!
MONTANO.
È l’alato Leon!
CASSIO.
Or la folgor lo svela.

Trombe sul palco.

ALCUNI che sopraggiungono.
Uno squillo!
ALTRI che sopraggiungono.
Uno squillo!

Colpo di cannone.

TUTTI.
Ha tuonato il cannon!
CASSIO.
È la nave del Duce.
MONTANO.
Or s’affonda.
Or s’inciela …
CASSIO.
Erge il rostro dall’onda.
METÀ DEL CORO.
Nelle nubi si cela e nel mar
E alla luce dei lampi ne appar.
TUTTI.
Lampi! tuoni! gorghi! turbi tempestosi e fulmini!
Treman l’onde, treman l’aure, treman basi e culmini.

Entrano dal fondo molte donne del popolo.

Fende l’etra un torvo e cieco – spirto di vertigine,
Iddio scuote il cielo bieco, – come un tetro vel.
Tutto è fumo! tutto è fuoco! l’orrida caligine
Si fa incendio, poi si spegne più funesta, spasima
L’universo, accorre a valchi – l’aquilon fantasima,
I titanici oricalchi – squillano nel ciel.
TUTTI con gesti di spavento e di supplicazione e rivolti verso lo spaldo.
Dio, fulgor della bufera!
Dio, sorriso della duna!
Salva l’arca e la bandiera
Della veneta fortuna!
Tu, che reggi gli astri e il Fato!
Tu, che imperi al mondo e al ciel!
Fa che in fondo al mar placato
Posi l’àncora fedel.
JAGO.
È infranto l’artimon!
RODERIGO.
Il rostro piomba
Su quello scoglio!
CORO.
Aita! Aita!
JAGO a Roderigo.
L’alvo
Frenetico del mar sia la sua tomba!
CORO.
È salvo! salvo!
VOCI INTERNE.
Gittate i palischermi!
Mano alle funi! Fermi!
PRIMA PARTE DEL CORO.
Forza ai remi!
SECONDA PARTE. Scendendo la scala dello spaldo.
Alla riva! …
VOCI INTERNE.
All’approdo! allo sbarco!
ALTRE VOCI INTERNE.
Evviva! Evviva!
OTELLO dalla scala della spiaggia salendo sullo spaldo con seguito di marinai e di soldati.
Esultate! L’orgoglio musulmano
Sepolto è in mar, nostra e del ciel è gloria!
Dopo l’armi lo vinse l’uragano.
TUTTI.
Evviva Otello! Vittoria! Vittoria!

Otello entra nella rocca, seguito da Cassio, da Montano e dai soldati.

CORO.
Vittoria! Sterminio!
Dispersi, distrutti,
Sepolti nell’orrido
Tumulto piombâr.
Avranno per requie
La sferza dei flutti,
La ridda dei turbini,
L’abisso del mar.
CORO.
Si calma la bufera.
JAGO in disparte a Roderigo.
Roderigo,
Ebben, che pensi?
RODERIGO.
D’affogarmi …

Nel fondo è un andirivieni della ciurma che sale dalla scala della spiaggia ed entra nel castello portando armi e bagagli, mentre dei popolani escono da dietro la rocca portando dei rami da ardere presso lo spaldo; alcuni soldati con fiaccole illuminano la via percorsa da questa gente.

JAGO.
Stolto
È chi s’affoga per amor di donna.
RODERIGO.
Vincer nol so.

Alcuni del popolo formano da un lato una catasta di legna: la folla s’accalca intorno turbolenta e curiosa.

JAGO.
Suvvia, fa senno, aspetta
L’opra del tempo. A Desdemona bella,
Che nel segreto dei tuoi sogni adori,
Presto in uggia verranno i foschi baci
Di quel selvaggio dalle gonfie labbra.
Buon Roderigo, amico tuo sincero
Mi ti professo, né in più forte ambascia
Soccorrerti potrei. Se un fragil voto
Di femmina non è tropp’arduo nodo
Pel genio mio né per l’inferno, giuro
Che quella donna sarà tua. M’ascolta:
Bench’io finga d’amarlo, odio quel Moro …

Entra Cassio: poi s’unisce a un crocchio di soldati.

Jago sempre in disparte a Roderigo.

… E una cagion dell’ira, eccola, guarda.

Indicando Cassio.

Quell’azzimato capitano usurpa
Il grado mio, il grado mio che in cento
Ben pugnate battaglie ho meritato;

Continua il passaggio della bassa ciurma nel fondo.

Tal fu il voler d’Otello, ed io rimango
Di sua Moresca signoria l’alfiere!

Dalla catasta incominciano ad alzarsi dei globi di fumo sempre più denso.

Ma, come è ver che tu Rodrigo sei,
Così è pur vero che se il Moro io fossi
Vedermi non vorrei d’attorno un Jago.
Se tu m’ascolti …

Jago conduce Roderigo verso il fondo.

Il fuoco divampa. I Soldati s’affollano intorno alle tavole della taverna.

CORO Mentre dura il canto intorno al fuoco di gioia, i Tavernieri appenderanno al pergolato dell’osteria delle lanterne veneziane a vari colori che illumineranno gaiamente la scena. I Soldati si saranno adunati intorno alle tavole, parte seduti, parte in piedi, ciarlando e bevendo.
Fuoco di gioia! – l’ilare vampa
Fuga la notte – col suo splendor,
Guizza, sfavilla, – crepita, avvampa,
Fulgido incendio – che invade il cor.
Dal raggio attratti – vaghi sembianti
Movono intorno – mutando stuol.
E son fanciulle – dai lieti canti,
E son farfalle – dall’igneo vol.
Arde la palma – col sicomoro,
Canta la sposa – col suo fedel;
Sull’aurea fiamma, – sul lieto coro
Soffia l’ardente – spiro del ciel.
Fuoco di gioia – rapido brilla!
Rapido passa – fuoco d’amor!
Splende, s’oscura, – palpita, oscilla,
L’ultimo guizzo – lampeggia e muor.

Il fuoco si spegne a poco a poco: la bufera è cessata.

Jago, Roderigo, Cassio e parecchi altri uomini d’arme intorno a un tavolo dove c’è del vino: parte in piedi, parte seduti.

JAGO.
Roderigo, beviam! qua la tazza,
Capitano.
CASSIO.
Non bevo più.
JAGO avvicinando il boccale alla tazza di Cassio.
Ingoia
Questo sorso.
CASSIO ritirando il bicchiere.
No.
JAGO.
Guarda! oggi impazza
Tutta Cipro! è una notte di gioia,
Dunque …
CASSIO.
Cessa. Già m’arde il cervello
Per un nappo vuotato.
JAGO.
Sì, ancora
Bever devi. Alle nozze d’Otello
E Desdemona!
TUTTI tranne Roderigo.
Evviva!
CASSIO alzando il bicchiere e bevendo un poco.
Essa infiora
Questo lido.
JAGO sottovoce a Roderigo.
(Lo ascolta.)
CASSIO.
Col vago
Suo raggiar chiama i cuori a raccolta.
RODERIGO.
Pur modesta essa è tanto.
CASSIO.
Tu, Jago,
Canterai le sue lodi!
JAGO a Roderigo.
(Lo ascolta.)

Forte a Cassio.

Io non sono che un critico.
CASSIO.
Ed ella
D’ogni lode è più bella.
JAGO come sopra, a Roderigo, a parte.
(Ti guarda
Da quel Cassio.
RODERIGO.
Che temi?
JAGO sempre più incalzante.
Ei favella
Già con troppo bollor, la gagliarda
Giovinezza lo sprona; è un astuto
Seduttor che t’ingombra il cammino.
Bada …
RODERIGO.
Ebben?
JAGO.
S’ei s’inebria è perduto!
Fallo ber.)

Ai Tavernieri.

Qua, ragazzi, del vino!

Jago riempie tre bicchieri: uno per sé, uno per Roderigo, uno per Cassio. I Tavernieri circolano colle anfore.

A Cassio, col bicchiere in mano: la folla gli si avvicina e lo guarda curiosamente.

Innaffia l’ugola!
Trinca, tracanna!
Prima che svampino
Canto e bicchier.
CASSIO a Jago, col bicchiere in mano.
Questa del pampino
Verace manna
Di vaghe annugola
Nebbie il pensier.
JAGO a Tutti.
Chi all’esca ha morso
Del ditirambo
Spavaldo e strambo
Beva con me.
CORO.
Chi all’esca ha morso
Del ditirambo
Spavaldo e strambo
Beva con te.
JAGO piano a Roderigo indicando Cassio.
(Un altro sorso
E brillo egli è.)
RODERIGO a Jago.
(Un altro sorso
E brillo egli è.)
JAGO ad alta voce.
Il mondo palpita
Quand’io son brillo!
Sfido l’ironico
Nume e il destin!
CASSIO bevendo ancora.
Come un armonico
Lïuto oscillo;
La gioia scalpita
Sul mio cammin!
JAGO come sopra.
Chi all’esca ha morso
Del ditirambo
Spavaldo e strambo
Beva con me!
TUTTI.
Chi all’esca ha morso
Del ditirambo
Spavaldo e strambo
Beve con te.
JAGO a Roderigo.
(Un altro sorso
E brillo egli è.)
RODERIGO a Jago.
(Un altro sorso
E brillo egli è.)
JAGO ad alta voce.
Fuggan dal vivido
Nappo i codardi
Che in cor nascondono
Frodi e mister.
CASSIO alzando il bicchiere, al colmo dell’esalta zione.
In fondo all’anima
Ciascun mi guardi!

Beve.

Non temo il ver …

Barcollando.

Non temo il ver … – e bevo …
TUTTI ridendo.
Ah! Ah!
CASSIO.
Del calice
Gli orli s’imporporino! …

Vorrebbe ripetere il primo motivo, ma non si sovviene.

JAGO a Roderigo, in disparte, mentre gli altri ridono di Cassio.
(Egli è ubriaco fradicio. Ti scuoti.
Lo trascina a contesa; è pronto all’ira,
T’offenderà … ne seguirà tumulto!
Pensa che puoi così del lieto Otello
Turbar la prima vigilia d’amore!
RODERIGO risoluto.
(Ed è ciò che mi spinge.)
MONTANO entrando e rivolgendosi a Cassio.
Capitano,
V’attende la fazione ai baluardi.
CASSIO barcollando.
Andiam!
MONTANO.
Che vedo?
JAGO a Montano.
(Ogni notte in tal guisa
Cassio preludia al sonno.
MONTANO.
Otello il sappia.)
CASSIO come sopra.
Andiamo ai baluardi …
RODERIGO POI TUTTI.
Ah! Ah!
CASSIO.
Chi ride?
RODERIGO provocandolo.
Rido d’un ebro …
CASSIO scagliandosi contro Roderigo.
Bada alle tue spalle!
Furfante!
RODERIGO difendendosi.
Briaco ribaldo!
CASSIO.
Marrano!
Nessun più ti salva!
MONTANO separandoli a forza e dirigendosi a Cassio.
Frenate la mano,
Signor, ve ne prego.
CASSIO a Montano.
Ti spacco il cerèbro
Se qui t’interponi.
MONTANO.
Parole d’un ebro …
CASSIO.
D’un ebro?!

Cassio sguaina la spada. Montano s’arma anch’esso. Assalto furibondo. La folla si ritrae.

JAGO a parte a Roderigo, rapidamente.
(Va al porto, con quanta più possa
Ti resta, gridando: sommossa! sommossa!
Va! spargi il tumulto, l’orror. Le campane
Risuonino a stormo.)

Roderigo esce correndo.

Jago ai combattenti, esclamando.

Fratelli! l’immane
Conflitto cessate!
MOLTE DONNE DEL CORO fuggendo.
Fuggiam!
JAGO.
Ciel! già gronda
Di sangue Montano! Tenzon furibonda!
ALTRE DONNE.
Fuggiam!
JAGO.
Tregua!
TUTTI.
Tregua!
DONNE fuggendo.
S’uccidono!
UOMINI ai combattenti.
Pace!
JAGO agli astanti.
Nessuno più raffrena quell’ira pugnace!
Si gridi l’allarme! Satàna li invade!!
VOCI in scena e dentro.
All’armi!!

Campane a stormo.

TUTTI.
Soccorso!!

Scena seconda

Otello, Jago, Cassio, Montano, popolo, soldati: più tardi Desdemona.

OTELLO seguito da genti con fiaccole.
Abbasso le spade!

I combattenti s’arrestano. Montano s’appoggia a un soldato.

Le nubi si diradano a poco a poco.

Olà! Che avvien? son io fra i Saraceni?
O la turchesca rabbia è in voi trasfusa
Da sbranarvi l’un l’altro? … Onesto Jago,
Per quell’amor che tu mi porti, parla.
JAGO.
Non so … qui tutti eran cortesi amici,
Dianzi, e giocondi … ma ad un tratto, come
Se un pianeta maligno avesse a quelli
Smagato il senno, sguainando l’arme
S’avventano furenti … avess’io prima
Stroncati i pie‘ che qui m’addusser!
OTELLO.
Cassio,
Come obliasti te stesso a tal segno? …
CASSIO.
Grazia … perdon … parlar non so …
OTELLO.
Montano …
MONTANO sostenuto da un soldato.
Io son ferito …
OTELLO.
Ferito! … pel cielo
Già il sangue mio ribolle. Ah! l’ira volge
L’angelo nostro tutelare in fuga!

Entra Desdemona: Otello accorre ad essa.

Che? … la mia dolce Desdemona anch’essa
Per voi distolta da‘ suoi sogni? – Cassio,
Non sei più capitano.

Cassio lascia cadere la spada che è raccolta da Jago.

JAGO porgendo la spada di Cassio a un ufficiale.
(Oh, mio trionfo!)
OTELLO.
Jago, tu va nella città sgomenta
Con quella squadra a ricompor la pace.

Jago esce.

Si soccorra Montano.

Montano è accompagnato nel castello.

Al proprio tetto
Ritorni ognun.

A tutti, imperiosamente.

Io da qui non mi parto
Se pria non vedo deserti gli spalti.

La scena si svuota. Otello fa cenno agli uomini colle fiaccole che lo accompagnano di rientrare nel castello.

Scena terza

Otello e Desdemona.

OTELLO.
Già nella notte densa
S’estingue ogni clamor.
Già il mio cor fremebondo
S’ammansa in quest’amplesso e si rinsensa.
Tuoni la guerra e s’inabissi il mondo
Se dopo l’ira immensa
Vien quest’immenso amor!
DESDEMONA.
Mio superbo guerrier! quanti tormenti,
Quanti mesti sospiri e quanta speme
Ci condusse ai soavi abbracciamenti!
Oh! com’è dolce il mormorare insieme:
Te ne rammenti!
Quando narravi l’esule tua vita
E i fieri eventi e i lunghi tuoi dolor,
Ed io t’udia coll’anima rapita
In quei spaventi e coll’estasi in cor.
OTELLO.
Pingea dell’armi il fremito, la pugna
E il vol gagliardo alla breccia mortal,
L’assalto, orribil edera, coll’ugna
Al baluardo e il sibilante stral.
DESDEMONA.
Poi mi guidavi ai fulgidi deserti,
All’arse arene, al tuo materno suol;
Narravi allor gli spasimi sofferti
E le catene e dello schiavo il duol.
OTELLO.
Ingentilìa di lagrime la storia
Il tuo bel viso e il labbro di sospir;
Scendean sulle mie tenebre la gloria,
Il paradiso e gli astri a benedir.
DESDEMONA.
Ed io vedea fra le tue tempie oscure
Splender del genio l’eterea beltà.
OTELLO.
E tu m’amavi per le mie sventure
Ed io t’amavo per la tua pietà.
DESDEMONA.
Ed io t’amavo per le tue sventure
E tu m’amavi per la mia pietà.
OTELLO.
Venga la morte! e mi colga nell’estasi
Di questo amplesso
Il momento supremo!

Il cielo si sarà tutto rasserenato; si vedranno alcune stelle e sul lembo dell’orizzonte il riflesso cerulo della nascente luna.

Tale è il gaudio dell’anima che temo,
Temo che più non mi sarà concesso
Quest’attimo divino
Nell’ignoto avvenir del mio destino.
DESDEMONA.
Disperda il ciel gli affanni
E Amor non muti col mutar degli anni.
OTELLO.
A questa tua preghiera
»Amen« risponda la celeste schiera.
DESDEMONA.
»Amen« risponda.
OTELLO appoggiandosi ad un rialzo degli spaldi.
Ah! la gioia m’innonda
Sì fieramente … che ansante mi giacio.
Un bacio …
DESDEMONA.
Otello! …
OTELLO.
Un bacio … ancora un bacio.

Alzandosi e fissando una plaga del cielo stellato.

Già la pleiade ardente al mar discende.
DESDEMONA.
Tarda è la notte.
OTELLO.
Vien … Venere splende.

S’avviano abbracciati verso il castello.

Atto secondo

Una sala terrena nel castello. Una invetriata la divide da un grande giardino.

Un verone.

Scena prima

Jago al di qua del verone. Cassio al di là.

JAGO.
Non ti crucciar. Se credi a me, tra poco
Farai ritorno ai folleggianti amori
Di Monna Bianca, altero capitano,
Coll’elsa d’oro e col balteo fregiato.
CASSIO.
Non lusingarmi …
JAGO.
Attendi a ciò ch’io dico.
Tu dêi saper che Desdemona è il Duce
Del nostro Duce, sol per essa ei vive.
Pregala tu, quell’anima cortese
Per te interceda e il tuo perdono è certo.
CASSIO.
Ma come favellarle?
JAGO.
È suo costume
Girsene a meriggiar fra quelle fronde
Colla consorte mia. Quivi l’aspetta.
Or t’è aperta la via di salvazione;
Vanne.

Cassio s’allontana.

Scena seconda

Jago solo.

JAGO seguendo coll’occhio Cassio.
Vanne; la tua meta già vedo.
Ti spinge il tuo dimone,
E il tuo dimon son io,
E me trascina il mio, nel quale io credo
Inesorato Iddio.

Allontanandosi dal verone senza più guardare Cassio che sarà scomparso fra gli alberi.

– Credo in un Dio crudel che m’ha creato
Simile a sé, e che nell’ira io nomo.
– Dalla viltà d’un germe o d’un atòmo
Vile son nato.
– Sono scellerato
Perché son uomo,
E sento il fango originario in me.
– Sì! quest’è la mia fe‘!
– Credo con fermo cuor, siccome crede
La vedovella al tempio,
– Che il mal ch’io penso e che da me procede
Per mio destino adempio.
– Credo che il giusto è un istrïon beffardo
E nel viso e nel cuor,
Che tutto è in lui bugiardo:
Lagrima, bacio, sguardo,
Sacrificio ed onor.
– E credo l’uom gioco d’iniqua sorte
Dal germe della culla
Al verme dell’avel.
– Vien dopo tanta irrisïon la Morte.
– E poi? – La Morte è il Nulla.
È vecchia fola il Ciel.

Si vede passare nel giardino Desdemona con Emilia. Jago si slancia al verone, al di là del quale si sarà appostato Cassio.

JAGO parlando a Cassio.
Eccola … – Cassio … a te … Questo è il momento.
Ti scuoti … vien Desdemona.

Cassio va verso Desdemona, la saluta, le s’accosta.

S’è mosso; la saluta
E s’avvicina.
Or qui si tragga Otello! … aiuta, aiuta
Sàtana il mio cimento! …

Sempre al verone, osservando, ma un poco discosto.

Si vedono ripassare nel giardino Cassio e Desdemona.

Già conversano insieme … ed essa inclina,
Sorridendo, il bel viso.
Mi basta un lampo sol di quel sorriso
Per trascinare Otello alla ruina.
Andiam …

Fa per avviarsi all’uscio del lato destro, ma s’arresta subitamente.

Ma il caso in mio favor s’adopra.
Eccolo … al posto, all’opra.

Si colloca immoto al verone di sinistra, guardando fissamente verso il giardino, dove stanno Cassio e Desdemona.

Scena terza

Jago e Otello.

JAGO simulando di non aver visto Otello il quale gli si sarà avvicinato; fingendo di parlare fra sé.
Ciò m’accora …
OTELLO.
Che parli?
JAGO.
Nulla … voi qui? una vana
Voce m’uscì dal labbro …
OTELLO.
Colui che s’allontana
Dalla mia sposa, è Cassio?

L’uno e l’altro si staccano dal verone.

JAGO.
Cassio? no … quei si scosse
Come un reo nel vedervi.
OTELLO.
Credo che Cassio ei fosse.
JAGO.
Mio signore …
OTELLO.
Che brami? …
JAGO.
Cassio, nei primi dì
Del vostro amor, Desdemona non conosceva?
OTELLO.
Sì.
Perché fai tale inchiesta?
JAGO.
Il mio pensiero è vago
D’ubbìe, non di malizia.
OTELLO.
Di‘ il tuo pensiero, Jago.
JAGO.
Vi confidaste a Cassio?
OTELLO.
Spesso un mio dono o un cenno
Portava alla mia sposa.
JAGO.
Dassenno?
OTELLO.
Sì, dassenno.

Calmo.

Nol credi onesto?
JAGO imitando Otello.
Onesto?
OTELLO.
Che ascondi nel tuo cuore?
JAGO.
Che ascondo in cor, signore?
OTELLO.
»Che ascondo in cor, signore?«
Pel cielo! tu sei l’eco dei detti miei; nel chiostro
Dell’anima ricetti qualche terribil mostro.
Sì, ben t’udii poc’anzi mormorar »ciò m’accora«.
Ma di che t’accoravi? nomini Cassio e allora
Tu corrughi la fronte. Suvvia, parla se m’ami.
JAGO.
Voi sapete ch’io v’amo.
OTELLO.
Dunque senza velami
T’esprimi e senza ambagi. T’esca fuor dalla gola
Il tuo più rio pensiero colla più ria parola!
JAGO.
S’anco teneste in mano tutta l’anima mia
Nol sapreste.
OTELLO.
Ah!
JAGO avvicinandosi molto ad Otello e sottovoce.
Temete, signor, la gelosia!
È un’idra fosca, livida, cieca, col suo veleno
Sé stessa attosca, vivida piaga le squarcia il seno.
OTELLO.
Misera mia!! – No, il vano sospettar nulla giova.
Pria del dubbio l’indagine, dopo il dubbio la prova,
Dopo la prova (Otello ha sue leggi supreme)
Amore e gelosia vadan dispersi insieme!
JAGO con piglio più ardito.
Un tal proposto spezza di mie labbra il suggello.
Non parlo ancor di prova; pur, generoso Otello,
Vigilate; soventi le oneste e ben create
Coscienze non sospettano la frode: vigilate.
Scrutate le parole di Desdemona, un detto
Può ricondur la fede, può affermar il sospetto …
Eccola; vigilate …

Si vede ricomparire Desdemona nel giardino, dalla vasta apertura del fondo: è circondata da donne dell’isola, da fanciulli, da marinai ciprioti e albanesi, che si avanzano e le offrono fiori ed altri doni. Alcuni s’accompagnano, cantando, sulla guzla, altri su delle piccole arpe ad armacollo.

CORO nel giardino.
Dove guardi splendono
Raggi, avvampan cuori;
Dove passi scendono
Nuvole di fiori.
Qui fra gigli e rose
Padri, bimbi, spose
Come a un casto altar
Vengono a cantar.
FANCIULLI spargendo al suolo fiori di giglio.
T’offriamo il giglio,
Soave stel
Che in man degli angeli
Fu assunto in ciel,
Che abbella il fulgido
Manto e la gonna
Della Madonna
E il santo vel.
DONNE E MARINAI.
Mentre all’aura vola
Lieta la canzon,
L’agile mandòla
Ne accompagna il suon.
MARINAI offrendo a Desdemona dei monili di corallo e di perle.
A te le porpore,
Le perle e gli ostri,
Nella voragine
Côlti del mar.
Vogliam Desdemona
Coi doni nostri
Come un’immagine
Sacra adornar.
FANCIULLI E DONNE.
Mentre all’aura vola
Lieta la canzon,
L’agile mandòla
Ne accompagna il suon.
LE DONNE spargendo fronde e fiori.
A te la florida
Messe dei grembi
A nembi, a nembi
Spargiamo al suol.
L’April circonda
La sposa bionda
D’un’etra rorida
Che vibra al sol.
FANCIULLI E MARINAI.
Mentre all’aura vola
Lieta la canzon,
L’agile mandòla
Ne accompagna il suon.
TUTTI.
Dove guardi splendono
Raggi, avvampan cuori;
Dove passi scendono
Nuvole di fiori.
Qui fra gigli e rose,
Come a un casto altar
Padri, bimbi, spose
Vengon a cantar.
DESDEMONA.
Splende il cielo, danza
L’aura, olezza il fior.
Gioia, amor, speranza
Cantan nel mio cor.
CORO.
Vivi felice! Addio. Qui regna Amore.

Durante il Coro, Otello osserva con Jago.

OTELLO soavemente commosso.
… Quel canto mi conquide.
No, no, s’ella m’inganna, il ciel sé stesso irride!
JAGO.
(Beltà ed amor in dolce inno concordi!
I vostri infrangerò soavi accordi.)

Scena quarta

Finito il Coro, Desdemona bacia la testa d’alcuni fanciulli, e alcune donne le baciano il lembo della veste, ed essa porge una borsa ai Marinai. Il Coro si allontana: Desdemona, seguita poi da Emilia, entra nella sala e s’avanza verso Otello.

DESDEMONA a Otello
D’un uom che geme sotto il tuo disdegno
La preghiera ti porto.
OTELLO.
Chi è costui?
DESDEMONA.
Cassio.
OTELLO.
Era lui
Che ti parlava sotto quelle fronde?
DESDEMONA.
Lui stesso, e il suo doler che in me s’infonde
Tant’è verace che di grazia è degno.
Intercedo per lui, per lui ti prego.
Tu gli perdona.
OTELLO.
Non ora.
DESDEMONA.
Non oppormi il tuo diniego.
Gli perdona.
OTELLO.
Non ora.
DESDEMONA.
Perché torbida suona
La tua voce? Qual pena t’addolora?
OTELLO.
M’ardon le tempie …
DESDEMONA spiegando il suo fazzoletto, come per fasciare la fronte di Otello.
Quell’ardor molesto
Svanirà, se con questo
Morbido lino la mia man ti fascia.
OTELLO getta il fazzoletto a terra.
Non ho d’uopo di ciò.
DESDEMONA.
Tu sei crucciato,
Signor!
OTELLO aspramente.
Mi lascia!

Emilia raccoglie il fazzoletto dal suolo.

DESDEMONA.
Se inconscia, contro te, sposo, ho peccato,
Dammi la dolce e lieta
Parola del perdono.
La tua fanciulla io sono
Umile e mansueta;
Ma il labbro tuo sospira,
Hai l’occhio fiso al suol.
Guardami in volto e mira
Come favella amore.
Vien, ch’io t’allieti il core,
Ch’io ti lenisca il duol.
JAGO a Emilia sottovoce.
(Quel vel mi porgi
Ch’or hai raccolto.
EMILIA sottovoce a Jago.
Qual frode scorgi?
Ti leggo in volto.
JAGO.
T’opponi a vôto
Quand’io comando.
EMILIA.
Il tuo nefando
Livor m’è noto.
JAGO.
Sospetto insano!
EMILIA.
Guardia fedel
È questa mano.
JAGO.
Dammi quel vel!

Afferra violentemente il braccio di Emilia.

Su te l’irosa
Mia man s’aggrava!
EMILIA.
Son la tua sposa,
Non la tua schiava.)
OTELLO a parte.
(Forse perché gli inganni
D’arguto amor non tendo,
Forse perché discendo
Nella valle degli anni,
Forse perché ho sul viso
Quest’atro tenebror,
Ella è perduta e irriso
Io sono e il cor m’infrango
E ruinar nel fango
Vedo il mio sogno d’ôr.)
JAGO.
(La schiava impura
Tu sei di Jago.
EMILIA.
Ho il cor presago
D’una sventura.
JAGO.
Né mi paventi?
EMILIA.
Uomo crudel!
JAGO.
A me …
EMILIA.
Che tenti?
JAGO.
A me quel vel!)

Con un colpo di mano Jago ha carpito il fazzoletto ad Emilia.

(Già la mia brama
Conquido, ed ora
Su questa trama
Jago lavora!)
EMILIA.
(Vinser gli artigli
Truci e codardi.
Dio dai perigli
Sempre ci guardi.)
OTELLO.
Escite! Solo vo‘ restar.
JAGO sottovoce ad Emilia che sta per uscire.
(Ti giova
Tacer. Intendi?)

Desdemona ed Emilia escono. Jago finge d’uscire dalla porta del fondo, ma giuntovi, s’arresta.

Scena quinta

Otello – Jago nel fondo.

OTELLO accasciato, su d’un sedile.
Desdemona rea!
JAGO nel fondo, guardando di nascosto il fazzoletto, poi riponendolo con cura nel giustacuore.
(Con questi fili tramerò la prova
Del peccato d’amor. Nella dimora
Di Cassio ciò s’asconda.)
OTELLO.
Atroce idea!
JAGO fra sé, fissando Otello.
(Il mio velen lavora.)
OTELLO.
Rea contro me! contro me!!!
JAGO cupo.
(Soffri e ruggi!)
OTELLO.
Atroce!!! … atroce!!!
JAGO dopo essersi portato accanto ad Otello, bonariamente.
Non pensateci più.
OTELLO balzando.
Tu?! Indietro! Fuggi!!
M’hai legato alla croce! …
Ahimè … Più orrendo d’ogni orrenda ingiuria
Dell’ingiuria è il sospetto.
Nell’ore arcane della sua lussuria
(E a me furate!) m’agitava il petto
Forse un presagio? Ero baldo, giulivo …
Nulla sapevo ancor; io non sentivo
Sul suo corpo divin che m’innamora
E sui labbri mendaci
Gli ardenti baci
Di Cassio! Ed ora! … ed ora …
Ora è per sempre addio, sante memorie,
Addio, sublimi incanti del pensier!
Addio, schiere fulgenti, addio, vittorie,
Dardi volanti e volanti corsier!
Addio, vessillo trïonfale e pio,
E dïane squillanti in sul mattin!
Clamori e canti di battaglia, addio! …
Della gloria d’Otello è questo il fin.
JAGO.
Pace, signor.
OTELLO.
Sciagurato! mi trova
Una prova secura
Che Desdemona è impura …
Non sfuggir! non sfuggir! nulla ti giova!
Vo‘ una secura, una visibil prova!
O sulla tua testa
S’accenda e precipiti il fulmine
Del mio spaventoso furor che si desta!

Afferrando Jago alla gola e atterrandolo.

JAGO rialzandosi.
Divina grazia, difendimi! Il cielo
Vi protegga. Non son più vostro alfiere.
Voglio che il mondo testimon mi sia
Che l’onestà è periglio.

Fa per andarsene.

OTELLO.
No … rimani.
Forse onesto tu sei.
JAGO sulla soglia fingendo d’andarsene.
Meglio varrebbe
Ch’io fossi un ciurmador.
OTELLO.
Per l’universo!
Credo leale Desdemona e credo
Che non lo sia; te credo onesto e credo
Disleale … La prova io voglio! voglio
La certezza!!
JAGO ritornando verso Otello.
Signor, frenate l’ansie.
E qual certezza v’abbisogna? Avvinti
Vederli forse?
OTELLO.
Ah! Morte e dannazione!!
JAGO.
Ardua impresa sarebbe; e qual certezza
Sognate voi se quell’immondo fatto
Sempre vi sfuggirà? … Ma pur se guida
È la ragione al vero, una sì forte
Congettura riserbo che per poco
Alla certezza vi conduce. Udite:

Avvicinandosi molto ad Otello e sottovoce.

Era la notte, Cassio dormìa, gli stavo accanto.
Con interrotte voci tradìa l’intimo incanto.
Le labbra lente, lente, movea, nell’abbandono
Del sogno ardente; e allor dicea, con flebil suono:
»Desdemona soave! Il nostro amor s’asconda.
Cauti vegliamo! L’estasi del ciel tutto m’innonda.«
Seguia più vago l’incubo blando; con molle angoscia,
L’interna imago quasi baciando, ei disse poscia:
»Il rio destino impreco che al Moro ti donò.«
E allora il sogno in cieco letargo si mutò.
OTELLO.
Oh! mostruosa colpa!
JAGO.
Io non narrai
Che un sogno.
OTELLO.
Un sogno che rivela un fatto.
JAGO.
Un sogno che può dar forma di prova
Ad altro indizio.
OTELLO.
E qual?
JAGO.
Talor vedeste
In mano di Desdemona un tessuto
Trapunto a fior e più sottil d’un velo?
OTELLO.
È il fazzoletto ch’io le diedi, pegno
Primo d’amor.
JAGO.
Quel fazzoletto ieri
(Certo ne son) lo vidi in man di Cassio.
OTELLO.
Ah! mille vite gli donasse Iddio!
Una è povera preda al furor mio!!
Jago, ho il cuore di gelo.
Lungi da me le pïetose larve!
Tutto il mio vano amor esalo al cielo;
Guardami, ei sparve.
Nelle sue spire d’angue
L’idra m’avvince! Ah! sangue! sangue! sangue!

S’inginocchia.

Sì, per ciel marmoreo giuro! Per le attorte folgori!
Per la Morte e per l’oscuro mar sterminator!
D’ira e d’impeto tremendo presto fia che sfolgori
Questa man ch’io levo e stendo!

Levando la mano al cielo.

Otello fa per alzarsi; Jago lo trattiene inginocchiato e s’inginocchia anch’esso.

JAGO.
Non v’alzate ancor!
Testimon è il Sol ch’io miro, che m’irradia e inanima,
L’ampia terra e il vasto spiro del Creato inter,
Che ad Otello io sacro ardenti, core, braccio ed anima
S’anco ad opere cruenti s’armi il suo voler!
JAGO E OTELLO insieme, alzando le mani al cielo come chi giura.
Sì, per ciel marmoreo giuro! per le attorte folgori!
Per la morte e per l’oscuro mar sterminator!
D’ira e d’impeto tremendo presto fìa che sfolgori
Questa man ch’io levo e stendo. Dio vendicator!

Atto terzo

La gran sala del castello.

A destra, un vasto peristilio a colonne. Questo peristilio è annesso ad una sala di minori proporzioni; nel fondo della sala, un verone.

Scena prima

Otello, Jago, l’Araldo.

ARALDO dal peristilio, a Otello che sarà con Jago nella sala.
La vedetta del porto ha segnalato
La veneta galea che a Cipro adduce
Gli ambasciatori.
OTELLO all’Araldo, facendogli cenno di allontanarsi.
Bene sta.

L’Araldo esce.

OTELLO a Jago.
Continua.
JAGO.
Qui trarrò Cassio e con astute inchieste
Lo adescherò a ciarlar. Voi là nascosto

Indicando il vano del verone.

Scrutate i modi suoi, le sue parole,
I lazzi, i gesti. Pazïente siate
O la prova vi sfugge. Ecco Desdemona.
Finger conviene … io vado.

S’allontana come per uscire, poi s’arresta e si riavvicina ad Otello.

Il fazzoletto …
OTELLO.
Va! volentieri obliato l’avrei.

Jago esce.

Scena seconda

Otello, Desdemona dalla porta di sinistra.

DESDEMONA ancora presso alla soglia.
Dio ti giocondi, o sposo dell’alma mia sovrano.
OTELLO andando incontro a Desdemona e prendendole la mano.
Grazie, madonna, datemi la vostra eburnea mano.
Caldo mador ne irrora la morbida beltà.
DESDEMONA.
Essa ancor l’orme ignora del duolo e dell’età.
OTELLO.
Eppur qui annida il dèmone gentil del mal consiglio,
Che il vago avorio allumina del piccioletto artiglio.
Mollemente alla prece s’atteggia e al pio fervore …
DESDEMONA.
Eppur con questa mano io v’ho donato il core.
Ma riparlar vi debbo di Cassio.
OTELLO.
Ancor l’ambascia
Del mio morbo m’assale; tu la fronte mi fascia.
DESDEMONA porgendogli un fazzoletto.
A te.
OTELLO.
No; il fazzoletto voglio ch’io ti donai.
DESDEMONA.
Non l’ho meco.
OTELLO.
Desdemona, guai se lo perdi! guai!
Una possente maga ne ordìa lo stame arcano:
Ivi è riposta l’alta malìa d’un talismano.
Bada! smarrirlo, oppur donarlo, è ria sventura!
DESDEMONA.
Il vero parli?
OTELLO.
Il vero parlo.
DESDEMONA.
Mi fai paura! …
OTELLO.
Che?! l’hai perduto forse?
DESDEMONA.
No …
OTELLO.
Lo cerca.
DESDEMONA.
Fra poco …
Lo cercherò …
OTELLO.
No, tosto!
DESDEMONA.
Tu di me ti fai gioco.
Storni così l’inchiesta di Cassio; astuzia è questa
Del tuo pensier.
OTELLO.
Pel cielo! l’anima mia si desta!
Il fazzoletto …
DESDEMONA.
È Cassio l’amico tuo diletto.
OTELLO.
Il fazzoletto!!
DESDEMONA.
A Cassio perdona …
OTELLO.
Il fazzoletto!!
DESDEMONA.
Gran Dio! nella tua voce v’è un grido di minaccia!
OTELLO.
Alza quegli occhi!

Prendendola a forza sotto il mento e alla spalla e obbligandola a guardarlo.

DESDEMONA.
Atroce idea!
OTELLO.
Guardami in faccia!
Dimmi che sei!
DESDEMONA.
La sposa fedel d’Otello.
OTELLO.
Giura!
Giura e ti danna …
DESDEMONA.
Otello fedel mi crede.
OTELLO.
Impura
Ti credo.
DESDEMONA.
Iddio m’aiuti!
OTELLO.
Corri alla tua condanna,
Di‘ che sei casta.
DESDEMONA fissandolo.
Casta … io son …
OTELLO.
Giura e ti danna!!!
DESDEMONA.
Esterrefatta fisso lo sguardo tuo tremendo,
In te parla una Furia, la sento e non l’intendo.
Mi guarda! Il volto e l’anima ti svelo; il core infranto
Mi scruta … io prego il cielo per te con questo pianto.
Per te con queste stille cocenti aspergo il suol.
Guarda le prime lagrime che da me spreme il duol.
OTELLO.
S’or ti scorge il tuo dèmone, un angelo ti crede
E non t’afferra.
DESDEMONA.
Vede l’Eterno la mia fede!
OTELLO.
No! La vede l’inferno.
DESDEMONA.
La tua giustizia impetro,
Sposo mio!
OTELLO.
Ah! Desdemona! – Indietro! Indietro! Indietro!
DESDEMONA.
Tu pur piangi?! … e gemendo freni del cor lo schianto
E son io l’innocente cagion di tanto pianto!
Qual è il mio fallo?
OTELLO.
E il chiedi? … Il più nero delitto
Sovra il candido giglio della tua fronte è scritto.
DESDEMONA.
Ahimè!
OTELLO.
Che? non sei forse una vil cortigiana?
DESDEMONA.
Ciel! No … no … pel battesmo della fede cristiana! …
OTELLO.
Che?
DESDEMONA.
Non son ciò che esprime quella parola orrenda.

Otello, mutando d’un tratto l’ira nella più terribile calma dell’ironia, prende Desdemona per mano e la conduce alla porta d’onde entrò.

OTELLO.
Datemi ancor l’eburnea mano, vo‘ fare ammenda.
Vi credea (perdonate se il mio pensiero è fello)
Quella vil cortigiana ch’è la sposa d’Otello.

Alle ultime parole, Otello che sarà sul limitare della porta di sinistra, sforza, con una inflessione del braccio, Desdemona ad uscire. Poi ritorna verso il centro della scena nel massimo grado dell’abbattimento.

Scena terza

OTELLO.
Dio! mi potevi scagliar tutti i mali
Della miseria, – della vergogna,
Far de‘ miei baldi trofei trionfali
Una maceria, – una menzogna …
E avrei portato la croce crudel
D’angosce e d’onte
Con calma fronte
E rassegnato al volere del ciel.
Ma, o pianto, o duol! m’han rapito il miraggio
Dov’io, giulivo, – l’anima acqueto.
Spento è quel sol, quel sorriso, quel raggio
Che mi fa vivo, – che mi fa lieto!
Tu alfin, Clemenza, pio genio immortal
Dal roseo riso,
Copri il tuo viso
Santo coll’orrida larva infernal!

Scena quarta

Otello, poi Jago.

OTELLO.
Ah! Dannazione!
Pria confessi il delitto e poscia muoia!
Confession! Confessione …

Entra Jago.

La prova! …
JAGO accanto ad Otello e indicando l’ingresso.
Cassio è là!
OTELLO.
La?! Cielo! gioia!!

Poi con subito raccapriccio.

Orror! – Supplizî immondi!!
JAGO.
Ti frena! Ti nascondi.

Conduce rapidamente Otello nel fondo a sinistra dove c’è il vano del verone; corre verso il fondo del peristilio dove incontra Cassio che esita ad entrare.

Scena quinta

Otello nascosto, Jago e Cassio.

JAGO.
Vieni; l’aula è deserta.
T’inoltra, o Capitano.
CASSIO.
Questo nome d’onor suona ancor vano
Per me.
JAGO.
Fa cor, la tua causa è in tal mano
Che la vittoria è certa.
CASSIO.
Io qui credea di ritrovar Desdemona.
OTELLO nascosto.
(Ei la nomò.)
CASSIO.
Vorrei parlarle ancora,
Per saper se la mia grazia è profferta.
JAGO gaiamente.
L’attendi; e intanto, giacché non si stanca
Mai la tua lingua nelle fole gaie,
Narrami un po‘ di lei che t’innamora.

Conducendo Cassio accanto alla prima colonna del peristilio.

CASSIO.
Di chi?
JAGO sottovoce assai.
Di Bianca.
OTELLO.
(Sorride!)
CASSIO.
Baie! …
JAGO.
Essa t’avvince
Coi vaghi rai.
CASSIO.
Rider mi fai.
JAGO.
Ride chi vince.
CASSIO ridendo.
In tal disfide, – per verità,
Vince chi ride, – Ah! Ah!
JAGO come sopra.
Ah! Ah!
OTELLO dal verone.
(L’empio trionfa, il suo scherno m’uccide;
Dio, frena l’ansia che in core mi sta!)
CASSIO.
Son già di baci
Sazio e di lai.
JAGO.
Rider mi fai.
CASSIO.
O amor‘ fugaci!
JAGO.
Vagheggi il regno – d’altra beltà.
Colgo nel segno?
CASSIO.
Ah! Ah!
JAGO.
Ah! Ah!
OTELLO.
(L’empio m’irride, – il suo scherno m’uccide;
Dio, frena l’ansia che in core mi sta!)
CASSIO.
Nel segno hai côlto.
Sì, lo confesso.
M’odi …
JAGO assai sottovoce.
Sommesso
Parla. T’ascolto.
CASSIO assai sottovoce, mentre Jago lo conduce in posto più lontano da Otello. Or si, or no si sentono le parole.
Jago, t’è nota
La mia dimora …
. . . . . . .
. . . . . . .

Le parole si perdono.

OTELLO avvicinandosi un poco e cautamente per udir ciò che dicono.
(Or gli racconta il modo,
Il luogo e l’ora …)
CASSIO continuando il racconto sempre sottovoce.
. . . . . . .
Da mano ignota …
. . . . . . .

Le parole si perdono ancora.

OTELLO.
(Le parole non odo …
Lasso! udir le vorrei! Dove son giunto!!)
CASSIO.
. . . . . . .
Un vel trapunto …
. . . . . . .

Come sopra.

JAGO.
È strano! È strano!
OTELLO.
(D’avvicinarmi Jago mi fa cenno.)

Passo passo con lenta cautela, Otello, nascondendosi dietro le colonne, arriverà più tardi vicino ai due.

JAGO sottovoce.
Da ignota mano?

Forte.

Baie!
CASSIO.
Da senno.

Jago gli fa cenno di parlar ancora sottovoce.

Quanto mi tarda
Saper chi sia …
JAGO guardando rapidamente dalla parte d’Otello, fra sé.
(Otello spia.)

A Cassio ad alta voce.

L’hai teco?
CASSIO estrae dal giustacuore il fazzoletto di Desdemona.
Guarda.
JAGO prendendo il fazzoletto.
Qual meraviglia!

A parte.

(Otello origlia.
Ei s’avvicina
Con mosse accorte.)

A Cassio inchinandosi, scherzosamente e passando le mani dietro la schiena perché Otello possa osservare il fazzoletto.

Bel cavaliere, nel vostro ostel
Perdono gli angeli – l’aureola e il vel.
OTELLO avvicinandosi assai al fazzoletto, dietro le spalle di Jago e nascosto dalla prima colonna.
(È quello! è quello!
Ruina e Morte!)
JAGO.
(Origlia Otello.)
OTELLO nascosto dietro la colonna e guardando di tratto in tratto il fazzoletto nelle mani di Cassio.
(Tutto è spento! Amore e duol.
L’alma mia nessuna più smova.
Tradimento, la tua prova
Spaventosa mostri al Sol.)
JAGO a Cassio, indicando il fazzoletto.
Quest’è una ragna
Dove il tuo cuor
Casca, si lagna,
S’impiglia e muor.
Troppo l’ammiri,
Troppo la guardi;
Bada ai deliri
Vani e bugiardi.
Quest’è una ragna
Dove il tuo cuor
Casca, si lagna,
S’impiglia e muor.
CASSIO guardando il fazzoletto che avrà ritolto a Jago.
Miracolo vago
Dell’aspo e dell’ago
Che in raggi tramuta
Le fila d’un vel;
Più bianco, più lieve
Che fiocco di neve,
Che nube tessuta
Dall’aure del ciel.

Squillo di tromba interno, poi un colpo di cannone. Otello sarà ritornato nel vano del verone.

JAGO.
Quest’è il segnale che annuncia l’approdo
Della trireme veneziana. Ascolta.

Squilli da varie parti.

Tutto il castel co‘ suoi squilli risponde.
Se qui non vuoi con Otello scontrarti,
Fuggi.
CASSIO.
Addio.
JAGO.
Va.

Cassio esce velocemente dal fondo.

Scena sesta

Jago e Otello.

OTELLO avvicinandosi a Jago.
Come la ucciderò?
JAGO.
Vedeste ben com’egli ha riso?
OTELLO.
Vidi.

Di tanto in tanto salve di gioia e squilli che si avvicinano.

JAGO.
E il fazzoletto?
OTELLO.
Tutto vidi.
VOCI dal di fuori, lontano.
Evviva!
Alla riva!
Allo sbarco!
OTELLO.
È condannata.
Fa ch’io m’abbia un velen per questa notte.
VOCI più vicine.
Evviva! Evviva il Leon di San Marco!
JAGO.
Il tosco no, val meglio soffocarla,
Là nel suo letto, là, dove ha peccato.
OTELLO.
Questa giustizia tua mi piace.
JAGO.
A Cassio
Jago provvederà.
OTELLO.
Jago, fin d’ora
Mio capitano t’eleggo.
JAGO.
Mio Duce,
Grazie vi rendo.

Il tumulto è sempre più vicino. Fanfare e grida.

Ecco gli ambasciatori.
Li accogliete. Ma ad evitar sospetti,
Desdemona si mostri a quei Messeri.
OTELLO.
Sì, qui l’adduci.

Jago esce dalla porta di sinistra; Otello s’avvia verso il fondo per ricevere gli Ambasciatori.

Scena settima

Otello, Lodovico, Roderigo, l’Araldo – Dignitari della Repubblica Veneta – Gentiluomini e Dame -Soldati – Trombettieri dal fondo – poi Jago con Desdemona ed Emilia, dalla sinistra.

LODOVICO tenendo una pergamena avvoltolata in mano.
Il Doge ed il Senato
Salutano l’eroe trionfatore
Di Cipro. Io reco nelle vostre mani
Il messaggio dogale.
OTELLO prendendo il messaggio e baciando il suggello.
Io bacio il segno
Della sovrana Maestà.
LODOVICO avvicinandosi a Desdemona.
Madonna,
V’abbia il cielo in sua guardia.
DESDEMONA.
E il ciel v’ascolti.
EMILIA a Desdemona a parte.
(Come sei mesta!
DESDEMONA ad Emilia, a parte.
Emilia! una gran nube
Turba il senno d’Otello e il mio destino.)
JAGO andando da Lodovico.
Messer, son lieto di vedervi.

Lodovico, Desdemona e Jago formano un crocchio insieme.

LODOVICO.
Jago,
Quali nuove? … ma in mezzo a voi non trovo Cassio.
JAGO.
Con lui crucciato è Otello.
DESDEMONA.
Credo
Che in grazia tornerà.
OTELLO a Desdemona, rapidamente e sempre in alto di leggere.
Ne siete certa?
DESDEMONA.
Che dite?
LODOVICO.
Ei legge, non vi parla.
JAGO.
Forse
Che in grazia tornerà.
DESDEMONA.
Jago, lo spero;
Sai se un verace affetto io porti a Cassio …
OTELLO sempre in atto di leggere e febbrilmente a Desdemona sottovoce.
Frenate dunque le labbra loquaci …
DESDEMONA.
Perdonate, signor …
OTELLO avventandosi contro Desdemona.
Demonio, taci!!
LODOVICO arrestando il gesto d’Otello.
Ferma!
TUTTI.
Orrore!
LODOVICO.
La mente mia non osa
Pensar ch’io vidi il vero.
OTELLO repentinamente all’Araldo e con accento imperioso.
A me Cassio!

L’Araldo esce.

JAGO passando rapido accanto ad Otello, a bassa voce.
(Che tenti?)
OTELLO a Jago, a bassa voce.
(Guardala mentr’ei giunge.)
TUTTI.
Ah! triste sposa!
LODOVICO a bassa voce avvicinandosi a Jago che si sarà un po‘ allontanato da Otello.
Quest’è dunque l’eroe? quest’è il guerriero
Dai sublimi ardimenti?
JAGO a Lodovico, alzando le spalle.
È quel ch’egli è.
LODOVICO.
Palesa il tuo pensiero.
JAGO.
Meglio è tener su ciò la lingua muta.

Scena ottava

Cassio seguito dall’Araldo, e detti.

OTELLO che avrà sempre fissato la porta.
(Eccolo! È lui!

Avvicinandosi a Jago mentre Cassio è sulla soglia.

Nell’animo lo scruta.)

Ad alta voce a tutti.

Messeri! il Doge …

Ruvidamente ma sottovoce a Desdemona.

– (ben tu fingi il pianto)

A tutti ad alta voce.

Mi richiama a Venezia.
RODERIGO.
(Infida sorte!)
OTELLO continuando ad alta voce e dominandosi.
E in Cipro elegge
Mio successor colui che stava accanto
Al mio vessillo, Cassio.
JAGO fieramente e sorpreso.
(Inferno e morte!)
OTELLO continuando come sopra e mostrando la pergamena.
La parola Ducale è nostra legge.
CASSIO inchinandosi ad Otello.
Obbedirò.
OTELLO rapidamente a Jago in segreto ed indicando Cassio.
(Vedi? non par che esulti
L’infame?
JAGO.
No.)
OTELLO ad alta voce a tutti.
La ciurma e la coorte

A Desdemona sottovoce e rapidissimo.

(Continua i tuoi singulti …)

Ad alta voce a tutti, senza più guardar Cassio.

E le navi e il castello
Lascio in poter del nuovo Duce.
LODOVICO a Otello, additando Desdemona che s’avvicina supplichevolmente.
Otello,
Per pietà la conforta o il cor le infrangi.
OTELLO a Lodovico e Desdemona.
Noi salperem domani.

Afferra Desdemona furiosamente.

A terra! … e piangi!..

Desdemona cade. Emilia e Lodovico la raccolgono e la sollevano pietosamente.

Otello avrà, nel suo gesto terribile, gettata la pergamena al suolo. Jago la raccoglie e legge di nascosto.

DESDEMONA.
A terra! … sì … nel livido
Fango … percossa … io giacio …
Piango … m’agghiaccia il brivido
Dell’anima che muor.
E un dì sul mio sorriso
Fioria la speme e il bacio
Ed or … l’angoscia in viso
E l’agonia nel cor.
Quel Sol sereno e vivido
Che allieta il cielo e il mare
Non può asciugar le amare
Stille del mio dolor.
EMILIA.
(Quella innocente un fremito
D’odio non ha né un gesto,
Trattiene in petto il gemito
Con doloroso fren.
La lagrima si frange
Muta sul volto mesto:
No, chi per lei non piange
Non ha pietade in sen.)
RODERIGO.
(Per me s’oscura il mondo,
S’annuvola il destin;
L’angiol soave e biondo
Scompar dal mio cammin.)
CASSIO.
(L’ora è fatal! un fulmine
Sul mio cammin l’addita.
Già di mia sorte il culmine
Soffre all’inerte man.
L’ebbra fortuna incalza
La fuga della vita.
Questa che al ciel m’innalza
È un’onda d’uragan.)
LODOVICO.
(Egli la man funerea
Scuote anelando d’ira,
Essa la faccia eterea
Volge piangendo al ciel.
Nel contemplar quel pianto
La carità sospira,
E un tenero compianto
Stempra del core il gel.)
IL CORO a gruppi, dialogando.
DAME.
Pietà!
CAVALIERI.
Mistero!
DAME.
Ansia mortale, bieca,
Ne ingombra, anime assorte in lungo orror.
CAVALIERI.
Quell’uomo nero è sepolcrale, e cieca
Un’ombra è in lui di morte e di terror.
DAME.
Vista crudel!
CAVALIERI.
Strazia coll’ugna l’orrido
Petto! Figge gli sguardi immoti al suol.
Poi sfida il cielo coll’atre pugna, l’ispido
Aspetto ergendo ai dardi alti del Sol.
DAME.
Ei la colpì! quel viso santo, pallido,
Blando, si china e tace e piange e muor.
Piangon così nel ciel lor pianto gli angeli
Quando perduto giace il peccator.
JAGO avvicinandosi a Otello che resterà accasciato su d’un sedile.
(Una parola.
OTELLO.
E che?
JAGO.
T’affretta! Rapido
Slancia la tua vendetta! Il tempo vola.
OTELLO.
Ben parli.
JAGO.
È l’ira inutil ciancia. Scuotiti!
All’opra ergi tua mira! All’opra sola!
Io penso a Cassio. Ei le sue trame espia.
L’infame anima ria l’averno inghiotte!
OTELLO.
Chi gliela svelle?
JAGO.
Io.
OTELLO.
Tu?
JAGO.
Giurai.
OTELLO.
Tal sia.
Tu avrai le sue novelle in questa notte …)

Abbandona Otello e si dirige verso Roderigo.

JAGO ironico a Roderigo.
(I sogni tuoi saranno in mar domani
E tu sull’aspra terra!
RODERIGO a Jago.
Ahi, triste!
JAGO.
Ahi, stolto,
Stolto! Se vuoi, tu puoi sperar; gli umani,
Orsù! cimenti afferra, e m’odi.
RODERIGO.
Ascolto.
JAGO.
Col primo albor salpa il vascello. Or Cassio
È il Duce. Eppur se avvien che a questi accada

Toccando la spada.

Sventura … allor qui resta Otello.
RODERIGO.
Lùgubre
Luce d’atro balen!
JAGO.
Mano alla spada!
A notte folta io la sua traccio vigilo,
E il varco e l’ora scruto, il resto a te.
Sarò tua scolta. A caccia! a caccia! Cingiti
L’arco!
RODERIGO.
Sì! t’ho venduto onore e fe‘.)
JAGO.
(Corri al miraggio! il fragile tuo senno
Ha già confuso un sogno menzogner.
Segui l’astuto ed agile mio cenno,
Amante illuso, io seguo il mio pensier.)
RODERIGO.
(Il dado è tratto! Impavido t’attendo,
Ultima sorte, occulto mio destin.
Mi sprona amor, ma un avido, tremendo
Astro di morte infesta il mio cammin.)
OTELLO ergendosi e rivolto alla folla, terribilmente.
Fuggite!
TUTTI.
Ciel!
OTELLO slanciandosi contro la folla.
Tutti fuggite Otello!

Fanfara interna.

JAGO agli astanti.
Lo assale una malia
Che d’ogni senso il priva.
OTELLO con forza.
Chi non si scosta è contro me rubello.
LODOVICO fa per trascinare lontano Desdemona.
Mi segui …
VOCI dal di fuori.
Evviva!
DESDEMONA sciogliendosi da Lodovico e accorrendo verso Otello.
Mio sposo!
OTELLO a Desdemona, terribile.
Anima mia,
Ti maledico!
TUTTI tutti escono inorriditi. Desdemona, fra Emilia e Lodovico, esce.
Orror! …

Scena nona

Otello e Jago, soli.

OTELLO sempre più affannoso.
Fuggirmi io sol non so! … Sangue! Ah! l’abbietto
Pensiero! … ciò m’accora!

Convulsivamente, delirando.

Vederli insieme avvinti … il fazzoletto! …
Ah!

Sviene.

JAGO.
(Il mio velen lavora.)
FANFARE E VOCI dal di fuori.
Viva Otello!
JAGO ascoltando le grida, poi osservando Otello disteso a terra tramortito.
L’eco della vittoria
Porge sua laude estrema.

Dopo una pausa.

Chi può vietar che questa fronte io prema
Col mio tallone?
FANFARE E VOCI esterne più vicine.
Evviva Otello! Gloria
Al Leon di Venezia!
JAGO ritto e con gesto d’orrendo trionfo, indicando il corpo inerte d’Otello.
Ecco il Leone! …

Atto quarto

La camera di Desdemona.

Letto, inginocchiatoio, tavolo, specchio, sedie. Una lampada arde appesa davanti all’immagine della Madonna che sta al di sopra dell’inginocchiatoio. Porta a destra. È notte. Un lume acceso sul tavolo.

Scena prima

Desdemona ed Emilia.

EMILIA.
Era più calmo?
DESDEMONA.
Mi parea. M’ingiunse
Di coricarmi e d’attenderlo. Emilia,
Te ne prego, distendi sul mio letto
La mia candida veste nuzïale.

Emilia eseguisce.

Senti. Se pria di te morir dovessi,
Mi seppellisci con un di quei veli.
EMILIA.
Scacciate queste idee.
DESDEMONA sedendo macchinalmente davanti allo specchio.
Son mesta tanto.
Mia madre aveva una povera ancella
Innamorata e bella;
Era il suo nome
»Barbara«. Amava
Un uom che poi l’abbandonò; cantava
Una canzone: »La canzon del Salice«.

Ad Emilia.

Mi disciogli le chiome:
Io questa sera ho la memoria piena
Di quella cantilena:
»Piangea cantando
Nell’erma landa,
Piangea la mesta.
O Salce! Salce! Salce!
Sedea chinando
Sul sen la testa!
O Salce! Salce! Salce!
Cantiamo! il Salce funebre
Sarà la mia ghirlanda.«
Affrettati; fra poco giunge Otello.
»Scorreano i rivi fra le zolle in fior,
Gemea quel core affranto,
E dalle ciglia le sgorgava il cor
L’amara onda del pianto.
O Salce! Salce! Salce!
Cantiamo! il Salce funebre
Sarà la mia ghirlanda.«
»Scendean gli augelli a vol dai rami cupi
Verso quel dolce canto,
E gli occhi suoi piangevan tanto, tanto,
Da impietosir le rupi.«

Ad Emilia, levandosi un anello dal dito.

Riponi quest’anello.
Povera Barbara! Solea la storia
Con questo semplice suono finir:
»Egli era nato – per la sua gloria,
Io per amar … «

Interrompendo.

Ascolta. Odo un lamento.
Taci. Chi batte a quella porta? …
EMILIA.
È il vento.
DESDEMONA.
»Io per amarlo e per morir. Cantiamo!
Salce! Salce! Salce!«
Emilia addio. Come m’ardon le ciglia!
È presagio di pianto. Buona notte.
Ah, Emilia, Emilia, addio, Emilia, addio!

Emilia si volge per partire, poi ritorna e Desdemona l’abbraccia.

Emilia esce.

Scena seconda

Desdemona sola.

DESDEMONA va all’inginocchiatoio.
Ave Maria, piena di grazia, eletta
Fra le spose e le vergini sei tu;
Sia benedetto il frutto, o benedetta,
Di tue materne viscere, Gesù.
Prega per chi adorando a te si prostra,
Prega pel peccator, per l’innocente
E pel debole oppresso e pel possente,
Misero anch’esso, tua pietà dimostra.
Prega per chi sotto l’oltraggio piega
La fronte e sotto la malvagia sorte;
Per noi tu prega
Sempre e nell’ora della nostra morte.

Resta ancora inginocchiata ed appoggia la fronte all’inginocchiatoio come chi ripete mentalmente un’orazione. Non s’odono che le prime e le ultime parole della preghiera.

Ave Maria . . . . . . .
. . . . . . .
. . . . . . .
. . . . . . nell’ora della morte.
»Amen.«

S’alza e va a coricarsi.

Scena terza

Desdemona e Otello.

Otello entra da una porta segreta, depone una scimitarra sul tavolo, s’arresta davanti alla face, titubante se spegnerla o no. Guarda Desdemona. Spegne la face. La scena resta rischiarata dal solo lume dell’inginocchiatoio. Otello, spinto da un impeto di furore, s’avvicina al letto; ma là s’arresta. Contempla Desdemona che dorme. La bacia tre volte. All’ultimo bacio Desdemona si desta.

DESDEMONA.
… Chi è là? …

Si alza.

Otello?
OTELLO.
Sì. Diceste questa sera
Le vostre preci?
DESDEMONA.
Orai.
OTELLO.
Se vi sovviene
Di qualche colpa commessa che attenda
Grazia dal ciel, imploratela tosto.
DESDEMONA.
Perché?
OTELLO.
T’affretta. Uccidere non voglio
L’anima tua.
DESDEMONA.
D’uccider parli?
OTELLO.
Sì.
DESDEMONA.
Pietà di me, mio Dio.
OTELLO.
»Amen.«
DESDEMONA.
E abbiate
Pietà voi pure.
OTELLO.
Pensa ai tuoi peccati.
DESDEMONA.
Mio peccato è l’amor.
OTELLO.
Perciò tu muori.
DESDEMONA.
E perché t’amo m’uccidi? …
OTELLO.
Ami Cassio.
DESDEMONA.
No! sull’anima mia!!.
OTELLO.
Quel fazzoletto
Ch’io ti donai gli desti.
DESDEMONA.
Non è vero!
OTELLO.
Nella sua man lo vidi.
DESDEMONA.
Io rea non sono!
OTELLO.
Confessa!
DESDEMONA.
Giuro!
OTELLO.
Bada allo spergiuro …
Pensa che sei sul tuo letto di morte.
DESDEMONA.
Non per morir.
OTELLO.
Per morir tosto.
DESDEMONA.
Aita!
Cassio non amo … ch’ei qui venga … ei parli.
OTELLO.
Muto è per sempre.
DESDEMONA.
Cielo! Morto?
OTELLO freddo.
Morto.
DESDEMONA.
Son perduta! … ei tradito!
OTELLO con forza.
E pianger l’osi?
DESDEMONA.
Otello … non uccidermi …
OTELLO.
Tu invano
Ti difendi.
DESDEMONA con disperazione.
Ch’io viva ancor …
OTELLO.
Giù, cadi,
Prostituta! …
DESDEMONA.
Pietà!
OTELLO.
Muori!!
DESDEMONA.
Ch’io viva
Questa notte …
OTELLO.
No.
DESDEMONA.
Un’ora.
OTELLO.
No.
DESDEMONA.
Un istante.
OTELLO.
No.
DESDEMONA.
Sol ch’io dica un’Ave.
OTELLO.
È tardi! È tardi! …

La soffoca. Un grido di Desdemona.

S’ode bussare alla porta.

contemplando il corpo inerte di Desdemona.

Calma come la tomba.
EMILIA dal di fuori picchiando di nuovo.
Aprite! Aprite!
OTELLO trabalzando.
Chi è là! Chi batte?
EMILIA come sopra.
Signor mio … ven prego,
Lasciate ch’io vi parli … Aprite!
OTELLO aprendo.
Emilia,
Che avvenne?
EMILIA entrando.
Un gran delitto! Cassio uccise
Rodrigo.
OTELLO.
E Cassio?
EMILIA.
Vive.
OTELLO.
Cassio vive!!
DESDEMONA dal letto.
Ingiustamente … uccisa ingiustamente …
EMILIA accorrendo al letto.
Chi geme là? … Orror!
DESDEMONA.
Muoio innocente …
EMILIA.
Gran Dio! … Chi fu?
DESDEMONA.
Nessuno … io stessa … al mio
Signor mi raccomanda … Emilia … Addio …

Muore.

OTELLO.
O mentitrice! io l’uccisi.
EMILIA
Assassino!
OTELLO.
Fu di Cassio la druda. A lago il chiedi.
EMILIA.
A Jago?
OTELLO.
A Jago.
EMILIA.
Stolto!! e tu il credesti?
OTELLO.
Negarlo ardisci?!

Fa per avventarsi contro Emilia.

EMILIA
Non ti temo.
OTELLO la afferra.
Bada!
EMILIA si svincola e corre verso la porta gridando disperatamente.
Olà! Soccorso! Aiuto! Otello uccise
Desdemona!

Scena quarta

Otello, Emilia, Lodovico, Cassio, Jago, poi Montano con gente armata.

TUTTI tranne Otello ed Emilia.
Quai grida! Orrore! Orrore!
EMILIA a Jago.
Jago, smentisci quel vile assassino.
Hai tu creduto Desdemona infida?
Parla!
JAGO.
Tal la credea.
OTELLO.
Quel fazzoletto
Che un dì le diedi, a Cassio essa donava.
EMILIA.
O potenza divina!
JAGO ad Emilia.
Taci.
EMILIA.
No.
Tutto rivelo!
JAGO.
Taci.
EMILIA.
No! Costui
Dalla mia man quel fazzoletto svelse
A viva forza.
CASSIO.
E nella mia dimora
Trovai quel vel.
MONTANO entrando ed indicando Jago.
Roderigo morente
Mi svelò di quest’uom l’arti nefande.
OTELLO a Jago.
Ah! discolpati!!
JAGO fuggendo.
No.
LODOVICO
Ferma.
MONTANO.
S’insegua.

Alcuni escono inseguendo Jago.

TUTTI.
Afferratelo!
OTELLO slanciandosi per afferrar la spada.
E il ciel non ha più fulmini?! …
LODOVICO.
La spada a me!
OTELLO.
Tant’osi!? Niun mi tema
S’anco armato mi vede. Ecco la fine
Del mio cammin … Oh! Gloria! Otello fu.

Lascia cadere la spada. Va presso il letto e contempla Desdemona.

E tu … come sei pallida! e stanca, e muta, e bella,
Pia creatura nata sotto maligna stella.
Fredda come la casta tua vita, e in cielo assorta.
Desdemona! Desdemona! … Ah! … morta! …
morta! … morta! …

Estraendo furtivamente dalle vesti un pugnale.

Ho un’arma ancor!

Si ferisce.

CASSIO.
Ah! Ferma!
TUTTI.
Sciagurato!
OTELLO.
Pria d’ucciderti … sposa … ti baciai.
Or morendo … nell’ombra … ov’io mi giacio …
Un bacio … un bacio ancora … un altro bacio …

Muore.