Georg Friedrich Händel
Orlando
Drama
Libretto von Carlo Sigismondo Capece
Uraufführung: 27.01.1733, King’s Theater Haymarket, London
Argomento.
L’eccessivo amore, ch‘ ebbe Orlando per Angelica Regina del Catai, e per cui alla fine perdette il Senno, è un avvenimento tirato dall‘ impareggiabile Poema di Lodovico Ariosto; onde essendo noto quasi ad ognuno, servirà d‘ Argomento al presente Drama, senza una più diffusa spiegazione. Quel che si finge, di più nell‘ Amore di Dorinda Pastorella per il Principe Medoro, e nel Zelo, costante del Mago Zaroastro per la Gloria d‘ Orlando è per dimostrare, quanto sia baldanzoso l‘ Amore nell‘ insinuarsi nel core di chi si sia, e quanto l‘ Vomo Savio sia sempre pronto a porger‘ il suo ajuto, per ricondurre nel buon camino quelli, che guidati dalla Passione l’hanno smarrito.
Personaggi
Orlando
Angelica, Regina del Catai, Amante de di Medoro
Medoro, Principe Africano, Amante d‘ Angelica
Dorinda, Pastorella
Zoroastro, Mago
Atto I.
Scena I.
Notte. Campagna con Monte in prospetto sopra la cima del Monte, che sostiene il Cielo sopra le spalle. Molti Geni a piedi del Monte. Zoroastro appoggiato sopra d’un sasso sta contemplando i motti delle Stelle.
ZOROASTRO.
Gieroglifici eterni
Che in Zifre luminose ognor splendete,
Ah! che alla mente Umana
Altro che belle oscurità non siete.
Pure il mio Spirto audace,
Crede veder scritto là su in le Stelle
Che Orlando Eroe sagace
Alla Gloria con sia sempre rubelle.
Ecco sen vien. Sù miei Consigli all‘ opra
Vede venire Orlando.
Scena II.
Orlando e Zoroastro.
ORLANDO.
Stimolato dalla Gloria
Agitato dall‘ amore
Che farai misero Core?
Stimolato, etc.
ZOROASTRO.
Purgalo ormai da effeminati sensi.
ORLANDO.
Chi sei? Che parli? Che vuoi tu? Che pensi?
ZOROASTRO.
Di sua Gloria custode
Ti stimolo a seguirla. Ergi‘ l tuo core
Alle grand‘ Opre.
ORLANDO.
Ah! me lo tolse amore!
ZOROASTRO.
Te lo renda il valor.
ORLANDO.
Languisce in petto.
ZOROASTRO.
Scherno esser vuoi d’un vile pargoletto?
Il Mago fa segno colla verga, e li Genj portano via il Monte, comparendo in suo loco la Reggia d’amore, che in figura di fanciullo siede nel Trono avendo a suoi piedi addormentati alcuni Eroi dell‘ Antichità.
ZOROASTRO.
Mira, e prendi l‘ essempio;
Nè appender voti, che di Gloria al Tempio.
Lascia amor e siegui Marte
Va, combatti per la Gloria.
Sol oblio quel ti comparte,
Questo sol bella memoria.
Lascia, etc.
Parte.
Scena III.
ORLANDO solo.
Immagini funeste
Riguardando il Trono d’amore.
Che turbate quest‘ Alma;
Enon avrò sopra di voi la palma?
Sì, già vi fuggo, e corro
A inalzar col valor nuovi Trofei:
Ti rendo o bella Gloria i affetti miei
Ma che parlo! e non moro!
Come lasciar quell‘ Idolo, che adoro!
No: parto, e fia mia Gloria,
Più servir ad amor, ch‘ aver vittoria.
Non fu già men forte Alcide
Benchè in sen d‘ Onfale bella
Spesso l’armi egli possò!
Nè men fiero il gran Pelide
Sotto Spoglie di Donzella
D‘ Asia i Regni minaccio!
Non fu, etc.
Parte.
Scena IV.
Boschetto con Capanne di Pastori. Dorinda, poi Orlando con Spada alla mano che conduce seco una Principessa liberata dalle mani de suoi nemici.
DORINDA.
Quanto diletto avea tra questi Boschi
Nel rimirar quegli innocenti scherzi
E de‘ Capri, e de‘ Cervi!
Nel serpeggiar de limpidi Ruscelli
Brillar i fior, ed ondeggiar le piante;
Nel garrir degli Augelli,
Nello spirar di Zefiretto i fiati.
Oh giorni allor beati!
Ora per me funesti.
Io non so che sian questi
Moti, che sento adesso entro il mio core.
Ho inteso dir, che ciò suol fare amore.
Si sente di dentro strepito d‘ armi; Orlando con Spada alla mano conducendo seco una Principessa.
ORLANDO.
Itene pur fremendo anime vili,
Ite d‘ Abisso a popolare i Regni.
Tu illustre Principessa
Libera sei, e reco più a mia Gloria
Il tuo bello servir, ch‘ ogni Vittoria.
Partono.
DORINDA.
Quegli è il famoso Orlando,
Che vive a quel, ch‘ Io vedo anch‘ esso amando.
Ho un certo rossore;
Di dir quel che sento;
S‘ è gioja o tormento
S‘ è gelo o un ardore,
S‘ è al fine — Nol sò
Pur picciolo meco
Bisogna che sia
Piacere o dolore,
Se l‘ anima mia
Rinchiuder lo può.
Ho un, etc.
Parte.
Scena V.
Angelica e poi Medoro a parte.
ANGELICA.
M‘ hai vinto al fin, m‘ hai vinto o cieco Nume!
L‘ Alma mia non presume
Di riportar più i soliti trofei.
È tu Orlando, ove sei?
Deh mira al fin, che l‘ Idolo, che adoro,
È l‘ amabil Medoro.
Io lo vidi ferito;
Medoro ascolta a parte.
Sanarlo procurai; ma le sue piaghe
Saldando nel suo petto: Ah! nel mio Core
Per lui ne apriva Amor una maggiore.
Ritornava al suo bel viso
Fatto già bianco e vermiglio;
Con la rosa unito il giglio
Dal pallor delle viole.
MEDORO accostandosi.
E il mio cor da me diviso
Si struggeva in fiamma lieve,
Come suol falda di Neve
Discoperta a raj del sole.
Ritornava, etc.
ANGELICA.
Spera mio ben, che presto
Con più tranquilla sorte
D’essere a me nel Regno,
Come già reso sei in amor, Consorte.
MEDORO.
Di tanto onor troppo mi scorgo indegno.
ANGELICA.
Chi possessore è del mio Core
Può senza orgoglio chiamarsi Re.
Io ch‘ ò sprezzato più d‘ un Impero,
Ho a te piegato l‘ animo altero
E più d‘ un soglio val la mia fe.
Chi, etc.
Parte.
Scena VI.
Dorinda e Medoro.
MEDORO.
Ecco Dorinda, nè sfuggirla Io posso.
DORINDA.
Medoro, al fin ti trovo
Pure una volta solo; perchè poche
Son quelle che lontana da te stia
La tua bella Parente; ed ho timore,
Che più del sangue a lei t’unisca amore.
MEDORO.
No Dorinda, t‘ inganni, anzi fra poco
Deve partir, e accompagnarla Io debbo.
DORINDA.
Tu con lei partirai?
MEDORO.
Con lei qui venni:
La vita, che a lei devo
M‘ obbliga d‘ esse grato
DORINDA.
E se me lasci,
Poco temi però d‘ esser ingrato.
MEDORO.
Nol sarò mai. L‘ affetto tuo cortese.
Il tuo volto —
DORINDA.
Vorrei gentil Medoro
Poterti prestar fede;
Ma il Core non ti crede, e che ingannarmi
Dice, che vuoi. Non posso consolarmi.
MEDORO.
Se il Cor mai ti dirà
Ch‘ io mi scordi di te,
Rispondigli per me,
Ch‘ è Mensognero.
Memoria sì gradita
Altro che con la vita,
Mai non si partirà
Dal mio pensiero.
Se il Cor, etc.
Parte.
Scena VII.
DORINDA.
Povera me! Ben vedo che mi alletta
Con un parlar fallace;
Ma così ancor mi piace,
E ogni sua paroletta
Mi fa all‘ udito certa consonanza
Che accorda col desiò pur la speranza.
O care parolette, o dolci sguardi
Sebben siete bugiardi
Tanto vi crederò.
Ma poi che far potrò
Allor che troppo tardi
Io vi conoscerò.
O care, etc.
Parte.
Scena VIII.
Zoroastro, Angelica, e poi Orlando.
ZOROASTRO.
Noti a me sono i tuoi fatali amori
Con Medoro. E non temi
La venderta d’Orlando?
ANGELICA.
È ver, che devo
Molto all‘ Eroe; ma —
ZOROASTRO.
Già sen vien. Celato
Mi terrò per vegliar d‘ ognuno al Fato.
Si retira a parte.
ORLANDO.
Quando mai troverò l‘ orme fugaci
D‘ Angelica la bella?
In disparte.
ANGELICA.
Oh Dei! Se vien Medoro
Vedendo Orlando.
Che qui attendea per partir seco! Eh forse
Se Orlando qua conduce il novo Amore
Per quella, ch‘ ei salvo da man Nemica
Non farà così grande il mio timore.
Vuò fingermi gelosa
Per meglio discoprire il suo pensiero.
Si presenta ad Orlando.
Orlando, ed è pur vero
Ch‘ Io qui ti veda!
ORLANDO.
Oh Cieli! O cara, e come
Potevo mai sperar sì lieta sorte!
Angelica mio bene.
ANGELICA.
Erri nel Nome,
Isabella vuoi dir, che là t’attende.
ORANDO.
Son della Principessa
Difensor, non Amante.
ANGELICA.
Mar per tale
Ti pubblicò Dorinda allora, e quando —
ORLANDO.
Un‘ Angelica sol può amare Orlando.
Angelica vede Medoro da Lontano.
ANGELICA.
(Ma Oh Dei! Vedo Medor! Convien che Orlando
Allontani di qua.)
Esce il Mago facendo segno colla verga, sorge di sottera una gran fontana, che copre Medoro, la Scena cangiandosi in delizioso Giardino.
ORLANDO.
Chiedimi o bella
Nuove prove d’amore.
ANGELICA.
(Oh soccorso opportun!) Sentimi Orlando
Vedendo Medoro assicurato.
Se pur vuoi, ch‘ Io ti creda
A me fedel; pronto da te allontana
La Dama, che a color di mano hai tolto,
O non vedrai d‘ Angelica più il volto.
Se fedel vuoi, ch‘ Io ti creda
Fa che veda la tua fedeltà
Finchè regni nel mio petto
II sospetto,
Mai l‘ amor vi regnerà.
Se fedel, etc.
Parte.
Scena IX.
ORLANDO solo.
T‘ ubbidirò crudele,
E vedrai in questo Istante,
Che della Principessa
Fui solo difensor, ma non amante.
Fammi combattere
Mostri o Tifei
Nuovi Trofei
Se vuoi dal mio valor.
Muragglie abbattere
Disare incanti,
Se vuoi ch‘ Io vanti
Darti prove d‘ amor.
Fammi, etc.
Parte.
Scena X.
Medoro, ed Angelica trattenendolo.
MEDORO.
Angelica, deh lascia —
ANGELICA.
Fermati, Oh Dei! Che pensi far Medoro?
MEDORO.
Riconoscer chi sia
Chi teco favellar finora ho visto.
ANGELICA.
Fermati, a morir vai, che quello è Orlando.
MEDORO.
Alla Gloria mi togli.
ANGELICA.
Ma ti serbo all‘ affetto.
MEDORO.
Ubbidir devo —
ANGELICA.
Forza è partir pria che qui torni Orlando.
Va al Fonte degli Allori, ivi m‘ attendi.
MEDORO, ANGELICA.
E del mio Amor un nuovo pegno or prendi.
S‘ abbracciano, quando viene Dorinda, che trattiene Medoro.
Scena XI.
Dorinda, e detti.
DORINDA.
O Angelica, o Medoro; il vostro amore
Indarno omai si cela.
Perchè il darsi la mano, ed abbracciarsi
È qualche cosa più di Parentela.
ANGELICA.
Dorinda, il ver dicesti; è tempo ormai
Di non tener più ascoso,
Che Medoro è il mio sposo;
Con lui mi parto già. Grazie ti rendo
Del cortese ricetto,
Che dato n‘ hai; prendi, e conserva questa
Grata memoria d‘ un sincero affetto.
Le dà un Giojello.
DORINDA.
Lo prendo, ma speravo
Gioje più care aver dal tuo Medoro,
Perchè ancor Io l‘ amavo.
MEDORO.
Vaga Dorinda, perdonar mi Dei.
DORINDA.
Il Ciel te lo perdoni; cha m‘ hai fatto
Più mal di quel che sai con questo tratto.
ANGELICA, MEDORO.
Consolati o bella
Gentil Pastorella
Che al fine il tuo Core
E degno d‘ amore
E amor troverà.
DORINDA.
Non so consolarmi
Non voglio sperare
Più amor non può darmi
L’oggetto da amare
Che perder mi fa.
ANGELICA.
Non perder la spene,
Ch‘ è l‘ unico bene.
MEDORO.
Hai l‘ alma costante
Per esser amante.
DORINDA.
Nò solo fra pene
Il cor viverà.
Consolati, etc.
Fine dell‘ Atto Primo.
Atto II.
Scena I.
Bosco.
DORINDA sola.
Quando spieghi i tuoi tormenti
Amoroso Rosignolo,
Par che canti, e piangi allor,
E accompagni il mio dolor.
Scena II.
Orlando, e Dorinda.
ORLANDO.
Perchè Gentil Dorinda
Così vai pubblicando,
Ch‘ à rapito Isabella, e l‘ ama Orlando?
DORINDA.
Io? Signor, male intese
Chi ‚l riferì; d‘ Angelica parlai —
ORLANDO.
Dimmi, di quale Angelica tu intendi?
DORINDA.
Di quella, ch‘ era meco,
E poi se n‘ è partita
Col suo Medoro da lei tanto amato,
Che amavo pur anch‘ Io,
Ch‘ era l‘ Idolo mio,
E me lasciò schernita
Sebben questo giojello m‘ ha donato.
Gli fa vedere il Giojello.
ORLANDO.
Che miro, Oh Ciel! Questo è il maniglio appunto
Che già di Ziliante a me fu dono,
E ch‘ Io doppo a lei diedi. Ah! più non posso
Dubitar ch‘ ella sia, che mi tradisce.
Ma chi è costui, che ardisce.
D‘ esser a me Rivale?
È il Re Circasso? O Ferraguto il Moro?
DORINDA.
Già v‘ ò detto, che chiamasi Medoro,
Ed è Giovane, e bello
D‘ una bona structura Ahi! Che non posso
Scordarlo! Ed ora tutto quel, che miro
Parmi, che sia Medoro e ognor sospiro.
Se mi rivolgo al prato
Orlando resta attonito.
Veder Medoro mio
In ogni fior mi fa,
Se miro il bosco, o‘ l rio
Mi par che mormorando
Or l‘ onde, ora le fronde,
Dicano sì ch‘ amando
Qui ‚l tuo Medoro sta.
Se mi, etc.
Parte.
Scena III.
ORLANDO solo.
È questa la Mercede
Angelica spietata!
Del mio amor, di mia, fede?
Ah! non vi gioverà da me fuggire;
Che sino d‘ Acheronte sulla strada,
Vi giungerà il, mio sdegno, e la mia spada.
Cielo! Se tu il consenti
Deh! fa che nel mio seno
Possa anche il ferro entrar;
Perche un sì rìo dolore
Dal mi fero mio Core
Sappia col ferro almeno
L‘ uscita ritrovar.
Cielo! etc.
Parte.
Scena IV.
Deliziosa. Da una parte Boschetto di Lauri, e dall altra una bocca di Grotta.
Angelica, Medoro, Zoroastro.
ZOROASTRO.
A qual rischio vi espone
Incauti Amanti un cieco amor?
ANGELICA.
È duopo
Lontanarsi da Orlando.
ZOROASTRO.
E s‘ ei vi giunge?
MEDORO.
Ho Core anch‘ Io nel petto.
ANGELICA.
Porse per me non fara mai crudele.
ZOROASTRO.
E avrà pietà di chi gli fu infedele?
Affrettatene i passi
Per fuggir il suo sdegno
E l‘ Opra mia per vostro ajuto impegno.
Tra caligini profonde
Erra ognor la nostra mente,
S‘ ha per guida un cieco nume
Di rovine sulle sponde
E in pericolo imminente
Se ragion non le dà il lume.
Tra, etc.
Parte.
Scena V.
Angelica e Medoro.
ANGELICA.
Da queste amiche; piante
Dovermi allontanar, quanto mi spiace!
MEDORO.
Conserveranno ognora, o mio bel Core
La memoria fedel del nostro amore,
ANGELICA.
Ma del nostro camino
È tempo omai di seguitarne il corso;
Vanne ed appresta a corridori il morso,
Ch‘ Io qui t‘ attendo
MEDORO.
Pronto
D‘ ogni tuo cenno esecutor son Io
Addio Prati, addio Fonti, Allori addio.
Scolpisce i loro nomi nella scorza degli alberi.
Verdi allori sempre unito
Conservate il nostro Nome,
Come unito farà il cor,
E poi dite a chi lo miri
Da qual mano, quando, e come
Fosse in voi sì ben scolpito,
Se volete, che sospiri
Invidiando il nostro amor.
Verdi, etc.
Parte.
Scena VI.
ANGELICA sola.
Doppo tanti perigli, e tanti affanni,
Ora al paterno Regno
Con Medoro farò lieto ritorno.
Troppo ingrata ad Orlando
Mi rendo, è ver, cui debbo Onor, e vita,
Ma che far posso? Egli ben sa per prova,
Che agli incanti d‘ un volto
Nè forza, nè virtù, ne merto giova.
Non potrà dirmi ingrata,
Perchè restai piagata
Da un così vago stral,
Se quando amor l’offese,
Ei pur mal si difese
Dall‘ arco suo fatal.
Non potrà, etc.
Parte.
Scena VII.
ORLANDO solo.
Dove dove guidate
Furio, che m‘ agitate il piede errante?
Per ritrovar l‘ indegna
Coppia, che, si nasconde agli occhj miei.
Legge sopra la scorza degli alberi.
Ma che rimiro? Oh, Dei?
Scolpiti in queste piante
I nomi rei d‘ Angelica, e Medoro,
E ‚l lor perfido amore, e pur non Moro!
Ma dov‘ è quella man, che li ha scolpiti?
Forse che in questo spoco
Del loro amor ricetto; ella s‘ asconde;
Ne cercherò ben tutte
Le più cieche voragini profonde.
Entra nella Grotta.
Scena VIII.
Angelica, poi Orlando.
ANGELICA.
Tutto a poter partire
Ha già disposto il mio gradito amante.
Addio, dunque vi lascio amiche piante.
Verdi piante, erbette liete
Vago riò speco frondoso,
Sia per voi benigno il Ciel.
Delle vostre ombre segrete
Mai non turbi ‚l bel riposò
Vento reo, Nembo crudel.
Verdi, etc.
ORLANDO.
Ah perfida, quì sei!
ANGELICA.
Chi mi soccorre? Oh Numi!
Fugge nel bosco. Orlando la seguita, quando esce Medoro.
Scena IX.
MEDORO solo.
O himè! Che miro! Angelica seguita
Da un Cavalier, fuggendo va nel bosco
Volo a correr sull‘ orme.
Va nel bosco.
Scena X.
Angelica fuggendo, e poi Orlando.
ANGELICA.
Amor, caro amore
Assistimi tu,
Tuo Nume ne imploro.
Amor, etc.
Ah Medoro! Medoro!
ORLANDO.
Medoro chiami in van.
ANGELICA.
Dove m‘ ascondo?
ORLANDO.
Non fuggirai, se non vai raltro Mondo.
Angelica fugge, Orlando la seguita, quando discende una gran Nube, che asconde Angelica, e la porta via in aria accompagnata da quattro genj, che la circondano.
Scena XI.
ORLANDO solo.
Ah Stigie Larve! Ah scelerati spettri,
Che la perfida donna ora ascondete,
Perchè al mio amor offeso
Al mio giusto furor non la rendete?
Ah misero e tradito!
L‘ Ingrata già m‘ ha ucciso;
Sono lo spirto mio da me diviso;
Sono un ombra, e qual‘ ombra addesso Io voglio
Varcar là giù nè Regni del Cordoglio.
Ecco la Stigia barca,
Come s‘ entrasse in barca.
Di Caronte a dispetto
Già solco l‘ onde nere: Ecco di Pluto
Le affumicate Soglie, e l‘ arso Tetto.
Già latra Cerbero
E già dell‘ Erebo
Ogni terribile
Squallida furia
Sen viene a me.
Già, etc.
Ma la Furia, che sol mi diè Martoro
Dov‘ è? Questa è Medoro.
A Proserpina in braccio
Vedo che fogge. Or a strapparla Io corro.
Ah! Proserpina piange!
Vien meno il mio furore,
Se si piange all‘ Inferno anche d‘ amore.
Vaghe pupille, non piangete no,
Che del pianto ancor nel Regno
Può in ognun destar pietà;
Vaghe pupille non piangete no.
Ma sì pupille sì piangete sì
Che sordo al vostro incanto
Ho un Core d‘ Adamanto,
Nè calma il mio furor.
Ma sì pupille sì piangete sì.
Vaghe, etc.
Si getta furiosa mente dentro alla Grotta che scoppia, vedendosi il Mago nel suo Carro, che tiene fra le braccia Orlando, e fugge per aria.
Fine dell‘ Atto Secondo.
Atto III.
Scena I.
Recinto di Palme.
Medoro, e poi Dorinda.
MEDORO.
Di Dorinda alle mura
Ch‘ Io ritornassi, Angelica mi disse,
Quando per rìa sventura
Novo accidente mai ne dipartisse.
DORINDA.
Medoro, e come mai quì ti rivedo?
Non so ancor, se lo credo.
Ma Angelica dov‘ è?
MEDORO.
Quivi m‘ impose
Di ritornar.
DORINDA.
Io quasi volea dire
Che tu per me dovessi rivenire;
Ma sia pur qualsivoglia la cagione,
Sempre è aperta per te la mia magione.
Celato star procura,
Perchè Orlando ti cerca,
E per te ho gran paura:
Sebben son mal gradita
Più della mia m‘ è cara la tua vita.
MEDORO.
Vorrei poterti amar,
Il cor ti vorrei dar
Ma sai che mio non è.
E s‘ Io ti dassi ‚l cor,
A un cor, ch‘ è traditor,
Tu non daresti se.
Vorrei, etc.
Parte.
Scena II.
DORINDA sola.
Più obbligata gli sono
Or che mi dice il vero
Son contenta, è sincero;
E sebben nulla spero, e nulla bramo,
Non meno però adesso ancora io l‘ amo.
Parte, ma viene trattenuto da Orlando.
Scena III.
Orlando e Dorinda.
ORLANDO.
Pur ti trovo o mio bene,
E doppo tante pene
Pur giungo a rivedere il tuo sembiante.
DORINDA.
(Orlando, il grande Orlando
Mi si palesa amante!)
Forse meco scherzando
Signor tu vai —
ORLANDO.
Non so scherzar col foco;
E quel che per te m‘ arde è così fiero
Che non trovo più loco.
DORINDA.
(Par che dica da vero.)
ORLANDO.
Tu non rispondi?
DORINDA.
(Che dirò? Ben grande
Se mi vuole in Consorte,
Saria per me di questo Eroe la preda:
Chi sa? Giove altre volte arse per Leda.)
ORLANDO.
Er tu non parli ancora?
Dimmi crudel, se vuoi, ch‘ Io viva o mora.
Unisca amor on noi
Gli miei, gli affeti vuoi
Venere bella
DORINDA.
Ed innestar tu vuoi
Al sangue degli Eroi
Me Pastorella?
Unisca, etc.
Signor, meglio rifletti,
Ch‘ Io son Dorinda —
ORLANDO.
Eh già lo so; tu sei
Pronipote de Dei.
Ah no: sei l‘ Argalia
Fratello del mio bene,
Che l‘ empio Ferrauto uccise a torto.
Già in me s‘ accende l‘ ira.
DORINDA.
(Addio speranze! Per mia se delira.)
ORLANDO.
Per Angelica mia se tu sei morto,
Ora ne vuò vendetta.
Vuol tirar la spada, e mettersi in postura di battaglia.
DORINDA.
(Bell‘ imbroglio per me.) Signor aspetta –
ORLANDO.
Sì sì v‘ intendo ben, dir mi volete
Ch‘ è Ferraut senz‘ elmo, e senza spada,
Li lascio dunque anch‘ Io; su via prendete.
Or ch‘ ò lasciato l‘ armi
Son pronto a vendicarmi.
Getta l‘ elmo, e la spada.
Già lo stringo, già l‘ abbraccio
Con la forza del mio braccio
Nuovo Anteo l‘ alzo da Terra.
E se vinto non si rende,
Perchè Marte lo difende,
Marte ancor Io sfido a guerra.
Son morto, oh caro bene,
Trafitto da riè pene
Languente cado a Terra.
Già lo, etc.
Parte.
Scena IV.
Angelica e Dorinda.
ANGELICA.
Di Dorinda all‘ Albergo
Trovar Medoro Io spero.
DORINDA.
Ah! mia Signora,
Vaneggia affatto Orlando.
ANGELICA.
Che mi narri Dorinda?
DORINDA.
Di sua strana follia sola è cagione
D‘ Angelica l‘ amor, e Gelosia.
ANGELICA.
Mi fa pietà, ed ingrata
Mi crederei in non averlo amate;
Se l‘ amar fosse arbitrio, e non uh fato.
Pure se Orlando, ah il concedete oh Numi!
Non fosse più dal suo furore oppresso,
Vorria sperar, che vinceria se stesso.
Così giusta è questa speme,
Che se l‘ alma ancora teme,
Ingannata è dal timor.
Ma chi nacque per l‘ affanno;
La speranza è quell‘ inganno
Che il piacer cangia in dolor.
Così giusta, etc.
Parte.
Scena V.
DORINDA sola.
S‘ è corrisposto un Core,
Teme ancor del suo amore.
Se un altro è mal gradito
Prova il martir del barbaro Cocito.
Nel Mar d‘ amor per tutto v‘ è lo scoglio;
E vedo ben, che amar è un grand imbroglio.
Amor è qual vento
Chi gira il cervello:
Ho inteso che a cento
Comincia bel bello
A farli godere;
Ma a un curto piacere
Dà un lungò dolor.
Se uniti due cori
Si credon beati,
Gelosi timori
Li fan sfortunati;
Se un cor è sprezzato
Divien arrabbiato,
Così fa l‘ amor.
Amor, etc.
Parte.
Scena VI.
ZOROASTRO accompagnato da‘ Genj.
Impari ognun da Orlano,
Che sovente ragion sì perde amando.
Parla ai Geni.
O voi del mio poter ministri eletti,
Or la vostra virtute unite meco.
Si cangi il Bosco in speco.
Fa, segno, e la Scena si transforma in orrida spelonca.
Là al furor dell‘ Eroe siatene attenti,
Che fra pochi momenti avrò Vittoria,
E l‘ Eroe renderò sano alla Gloria.
Sorge infausta una procella
Che oscurar fa il Ciclo, e il Mare
Splende fausta poi la Stella
Che ogni cor ne fa goder.
Può talor il forte errare,
Ma risorto dal suo errore,
Ciò che prià gli diè dolore
Rende immenso il suo piacer.
Parte, e li Genj entrano nella spelonca.
Scena VII.
Angelica, e Dorinda, che piange.
ANGELICA.
Dorinda e perchè piangi?
DORINDA.
Non lo cercar, che al fin se lo soprai
Più di me piangerai.
ANGELICA.
Dimmi, che avvenne?
DORINDA.
Il furioso Orlando
Ha distrutto il mio Albergo; eh Oh Del non moro!
Ed ha sepolto vivo il tuo Medoro.
Parte piangendo.
ANGELICA.
Che intendo! Oh forte rìa!
Crudel pur tolto m‘ hai l‘ anima mia!
Scena VIII.
Orlando ed Angelica.
ORLANDO.
Più non fuggir potrai
Perfida Falerina —
ANGELICA.
In me ravvisa
Angelica da te già un tempo amata,
Ora da te abborita. Aprimi ‚l petto,
Levane pure il Core,
Come l‘ Alma m‘ hai tolta
E con Medoro l‘ hai viva sepolta.
ORLANDO.
Sì sì devi morir o core ingrato.
ANGELICA.
Non piango il mio, ma di Medoro il Fato.
Piange.
Finche prendi ancora il sangue
Godi intanto
De‘ miei lumi al mesto Umor.
ORLANDO.
Solo ha sete di sangue il mio Cor.
ANGELICA.
Che dell‘ anima, che langue
Questo pianto
E sangue ancor.
ORLANDO.
Ma non placa il mio giusto rigor.
Vieni —
La prende per forza.
Vanne precipitando
Di queste rupi al baratro profondo.
ANGELICA.
Numi pietà!
La getta furiosamente nella spelonca, che subito si cangia un bellissimo Tempio di Marte.
ORLANDO.
Già per la man d‘ Orlando
D‘ ogni mostro più rìo purgato è il mondo.
Or giunge la notte
Dalle Cimmerie Grotte,
Ed è seco Morfeo,
Che i papaveri suoi sul crin mi sfronda,
Porgendomi a gustar di Lete l‘ onda?
Già l‘ ebro mio ciglio
Quel dolce liquore
Invita a posar.
Tu perfido amore
Volando
E scherzando
Non farmi destar.
Già, etc.
Si addormenta sopra di un sasso.
Scena IX.
Orlando, che dorme, Zoroastro, e poi Dorinda.
ZOROASTRO.
Ecco il tempo prefisso
Amor, fa quanto puoi,
Che Orlando schernirà gl‘ inganni tuoi.
Tu che del gran Tonante
Rimirando il Cielo.
Coll‘ Artiglio celeste
Il folgore sostieni;
Le mie leggi son queste:
Dalla Region stellante
Che rappida a me vieni
Reca il divin liquore
Per risanar dell‘ egro Orlando il Core.
Fa segno colla verga, e quattro Genj per aria accompagnano un Aquila, che porta un vaso d‘ oro nel becco. Zoroastro prende il vaso, e l‘ Aquila colli Genj vola via per aria. Il Mago s‘ accosta ad Orlando, quando esce Dorinda.
DORINDA.
Ah! che fate Signor? s‘ egli si desta,
Certo ambidue ne uccide.
ZOROASTRO.
Non temer, che lo voglio ora guarire.
DORINDA.
E più sicur a lo lasciar dormire.
Zoroastro getta il liquore sopra il volto d‘ Orlando; poi si ritira. Orlando si sveglia sano.
ORLANDO.
Dormo ancora, o son desto?
Come quì mi ritrovo
Senz‘ Elmo, e senza il mio famoso brando?
Chi disarmarmi osò? Parla Dorinda.
DORINDA.
Ve lo direi; ma temo che torniate
Alla vostra follia,
E che lo paghi poi la vita mia,
Come pure faceste
A Angelica, e Medor, che voi uccideste.
ORLANDO.
Pur troppo hai detto, ed ho pur troppo udito.
E non m‘ inghiotte il suolo?
Non mi folgora il Cielo?
Dove, o misero Orlando
N‘ andrai per ritrovar chi con la morte
Ti tolga al tuo rossore?
DORINDA.
Ben lo diss‘ Io, ritorna a rimpazzire:
È meglio di fuggire.
Corre via.
ORLANDO.
Per far mia diletta
Di te la vendetta,
Orlando sì mora.
Corre per andare a precipitarsi, quando rincontra Angelica, che lo trattiene.
Scena ultima.
Angelica, Orlando, Medoro, Zoroastro, e Dorinda.
ANGELICA.
Dei viver ancora.
ORLANDO.
Che vedo, oh Dei! Angelica tu vivi?
ANGELICA.
Vivo sì, e vive ancora
Chi amandomi t’offende; e vuol mia sorte. –
MEDORO.
Signor, dammi la morte;
Non ti chiedo la vita
Senza colei, per cui m‘ è sol gradita.
ZOROASTRO.
Orlando al tuo furore,
Geloso di tua Gloria
Io fui custode, e dalla morte Io trassi
Angelica, e Medoro,
E per Ambo da te la grazia imploro.
DORINDA.
Signor vi priego anch‘ Io
Sebben perdo (ho un gran cor) Medoro mio.
ORLANDO.
Non più udite tutti,
Qual sia d‘ Orlando la più bella Gloria;
In questo punto sorge di sottera in mezzo al Tempio Il Simulacro di Marte col foco acceso sopra l‘ ara.
Vinse Incanti, Battaglie, e fieri Mostri.
Di se Stesso, e d‘ amor oggi ha vittoria.
Angelica a Medoro unita godi.
TUTTI.
Chi celebrar potrà mai le tue Lodi?
ORLANDO.
Trionfa oggi ‚l mio Cor
E da sì bella aurora
Avrà più bello ancora
Un giorno il vostro amor.
Verso Angelica e Medoro.
ANGELICA.
Trionfa oggi ‚l mio Cor
MEDORO.
E con più lieta Face
La fedelta la Pace
Risplenderan ognor?
DORINDA.
Mi scordo ogni dolor
Obliò quel che m‘ affanna,
V‘ invito alla Capanna
A festeggiar ancor.
CORO.
Con un diverso ardor
Giacchè ciascuno è pago
Dar lodi sol sia vago
A Gloria, ed all‘ amor.
Il Fine.