Vincenzo Bellini
Norma
Tragedia lirica in due atti
Personaggi
Pollione, Proconsole di Roma nelle Gallie (Tenore)
Oroveso, Capo dei Druidi (Basso)
Norma, Druidessa, figlia di Oroveso (Soprano)
Adalgisa, Giovane Ministra del tempio di Irminsul (Soprano)
Clotilde, Confidente di Norma (Mezzo-Soprano)
Flavio, Amico di Pollione (Tenore)
Due fanciulli, figli di Norma e di Pollione
Cori e comparse
Druidi – Bardi – Eubagi – Sacerdo
Tesse – Guerrieri e soldati galli
La scena è nelle Gallie, nella foresta sacra e nel tempio di Irminsul.
Atto primo
Scena prima
Foresta sacra de‘ Druidi.
In mezzo, la quercia d’Irminsul, al pie‘ della quale vedesi la pietra druidica che serve d’altare. Colli in distanza sparsi di selve. È notte; lontani fuochi trapelano dai boschi.
Al suono d’una marcia religiosa sfilano le schiere de‘ Galli, indi la processione de‘ Druidi. Per ultimo Oroveso coi maggiori Sacerdoti.
OROVESO.
Ite sul colle, o Druidi;
Ite a spiar ne‘ cieli
Quando il suo disco argenteo
La nuova Luna sveli;
Ed il primier sorriso
Del verginal suo viso
Tre volte annunzi il mistico
Bronzo sacerdotal.
DRUIDI.
Il sacro vischio a mietere
Norma verrà?
OROVESO.
Sì, Norma.
DRUIDI.
Dell’aura tua profetica,
Terribil Dio, l’informa;
Sensi, o Irminsul, le ispira
D’odio ai Romani e d’ira.
Sensi che questa infrangano
Pace per noi mortal.
OROVESO.
Sì: parlerà terribile
Da queste guercie antiche;
Sgombre farà le Gallie
Dall’aquile nemiche;
E del suo scudo il suono,
Pari al fragor del tuono,
Nella città dei Cesari
Tremendo echeggerà.
TUTTI.
Luna, ti affretta a sorgere!
Norma all’altar verrà.
Si allontanano tutti e si perdono nella foresta; di quando in quando si odono ancora le loro voci risuonare in lontananza. Escono quindi da un lato Flavio e Pollione guardinghi e ravvolti nelle loro toghe.
Scena seconda
Pollione e Flavio.
POLLIONE.
Svanîr le voci! e dell’orrenda selva
Libero è il varco.
FLAVIO.
In quella selva è morte;
Norma tel disse.
POLLIONE.
Proferisti un nome
Che il cor m’agghiaccia.
FLAVIO.
Oh! che di‘ tu! l’amante,
La madre de‘ tuoi figli! …
POLLIONE.
A me non puoi
Far tu rampogna, ch’io mertar non senta;
Ma nel mio core è spenta
La prima fiamma, e un Dio la spense, un Dio
Nemico al mio riposo; al pie‘ mi veggo
L’abisso aperto, e in lui m’avvento io stesso.
FLAVIO.
Altra ameresti tu?
POLLIONE.
Parla sommesso.
Un’altra, sì … Adalgisa …
Tu la vedrai … fior d’innocenza e riso,
Di candore e d’amor. Ministra al tempio
Di questo Dio di sangue, ella v’appare
Come raggio di stella in ciel turbato.
FLAVIO.
Misero amico! e amato
Sei tu del pari?
POLLIONE.
Io n’ho fidanza.
FLAVIO.
E l’ira
Non temi tu di Norma?
POLLIONE.
Atroce, orrenda
Me la presenta il mio rimorso estremo …
Un sogno …
FLAVIO.
Ah! narra.
POLLIONE.
In rammentarlo io tremo.
Meco all’altar di Venere
Era Adalgisa in Roma,
Cinta di bende candide,
Sparsa di fior la chioma;
Udia d’Imene i cantici,
Vedea fumar gl’incensi,
Eran rapiti i sensi
Di voluttade e amor.
Quando fra noi terribile
Viene a locarsi un’ombra;
L’ampio mantel druidico
Come un vapor l’ingombra.
Cade sull’ara il folgore,
D’un vel si copre il giorno;
Muto si spande intorno
Un sepolcrale orror.
Più l’adorata vergine
Io non mi trovo accanto;
N’odo da lunge un gemito,
Misto de‘ figli al pianto …
Ed una voce orribile
Echeggia in fondo al tempio:
Norma così fa scempio
D’amante traditor.
Squilla il sacro bronzo.
FLAVIO.
Odi? … I suoi riti a compiere
Norma dal tempio move.
VOCI lontane.
Sorta è la luna, o Druidi;
Ite, profani, altrove.
FLAVIO.
Vieni: fuggiam … sorprendere,
Scoprire alcun ti può.
POLLIONE.
Traman congiure i barbari …
Ma io li preverrò …
Me protegge, me difende
Un poter maggior di loro;
È il pensier di lei che adoro,
È l’amor che m’infiammò.
Di quel Dio che a me contende
Quella vergine celeste
Arderò le rie foreste,
L’empio altare abbatterò.
Partono rapidamente.
Scena terza
Druidi dal fondo, Sacerdotesse, Guerrieri, Bardi, Eubagi, Sacrificatori, e in mezzo a tutti Oroveso.
CORO GENERALE.
Norma viene: le cinge la chioma
La verbena ai misteri sacrata;
In sua man come luna falcata
L’aurea falce diffonde splendor.
Ella viene; e la stella di Roma
Sbigottita si copre d’un velo;
Irminsul corre i campi del cielo
Qual cometa foriera d’orror.
Scena quarta
Norma in mezzo alle sue ministre. Ha sciolti i capelli, la fronte circondata di una corona di verbena, ed armata la mano d’una falce d’oro. Si colloca sulla pietra druidica, e volge gli occhi d’intorno come ispirata. Tutti fanno silenzio.
NORMA.
Sedizïose voci,
Voci di guerra avvi chi alzar si attenta
Presso all’ara del Dio? V’ha chi presume
Dettar responsi alla veggente Norma
E di Roma affrettar il fato arcano?
Ei non dipende da potere umano.
OROVESO.
E fino a quando oppressi
Ne vorrai tu? Contaminate assai
Non fur le patrie selve e i templi aviti
Dall’aquile latine? Omai di Brenno
Ozïosa non può starsi la spada.
TUTTI.
Si brandisca una volta.
NORMA.
E infranta cada.
Infranta, sì, se alcun di voi snudarla
Anzi tempo pretende. Ancor non sono
Della nostra vendetta i dì maturi.
Delle sicambre scuri
Sono i pili romani ancor più forti.
TUTTI.
E che ti annunzia il Dio? Parla: quai sorti?
NORMA.
Io nei volumi arcani
Leggo del cielo: in pagine di morte
Della superba Roma è scritto il nome …
Ella un giorno morrà; ma non per voi.
Morrà pei vizi suoi,
Qual consunta morrà. L’ora aspettate,
L’ora fatal che compia il gran decreto.
Pace v’intimo … e il sacro vischio io mieto.
Falcia il vischio; le Sacerdotesse lo raccolgono in canestri di vimini. Norma si avanza e stende le braccia al cielo. La luna splende in tutta la sua luce. Tutti si prostrano.
Preghiera.
NORMA E MINISTRE.
Casta Diva, che inargenti
Queste sacre antiche piante,
A noi volgi il bel sembiante
Senza nube e senza vel.
Tempra tu de‘ cori ardenti,
Tempra ancor lo zelo audace,
Spargi in terra quella pace
Che regnar tu fai nel ciel.
TUTTI.
A noi volgi il bel sembiante
Senza nube e senza vel.
NORMA.
Fine al rito, e il sacro bosco
Sia disgombro dai profani.
Quando il Nume irato e fosco
Chiegga il sangue dei Romani,
Dal druïdico delubro
La mia voce tuonerà.
TUTTI.
Tuoni; e alcun del popol empio
Non isfugga al giusto scempio,
E primier da noi percosso
Il Proconsole cadrà.
NORMA.
Sì, cadrà … punirlo io posso …
(Ma punirlo il cor non sa.
Ah! bello a me ritorna
Del fido amor primiero,
E contro il mondo intero
Difesa a te sarò.
Ah! bello a me ritorna
Del raggio tuo sereno,
E vita nel tuo seno,
E patria e cielo avrò.)
TUTTI.
Sei lento; sì, sei lento,
O giorno di vendetta;
Ma irato il Dio t’affretta
Che il Tebro condannò.
Norma parte, e tutti la seguono in ordine.
Scena quinta
ADALGISA sola.
Sgombra è la sacra selva:
Compiuto il rito. Sospirar non vista
Alfin poss’io, qui dove a me s’offerse
La prima volta quel fatal romano
Che mi rende rubella al tempio, al Dio …
Fosse l’ultima almen! – Vano desìo!
Irresistibil forza
Qui mi trascina … e di quel caro aspetto
Il cor si pasce … e di sua cara voce
L’aura che spira mi ripete il suono.
Corre a prostrarsi sulla pietra d’Irminsul.
Deh! proteggimi, o Dio! perduta io sono.
Scena sesta
Pollione, Flavio e detta.
POLLIONE.
(Eccola. Va, mi lascia,
Ragion non odo.)
Flavio parte.
ADALGISA veggendolo, sbigottita.
Oh! Pollïon!
POLLIONE.
Che veggo!
Piangevi tu?
ADALGISA.
Pregava. Ah! t’allontana.
Pregar mi lascia.
POLLIONE.
Un Dio tu preghi atroce,
Crudele, avverso al tuo desire e al mio.
O mia diletta! il Dio
Che invocar devi è Amor …
ADALGISA.
Amor! deh! taci …
Ch’io più non t’oda.
Si allontana da lui.
POLLIONE.
E vuoi fuggirmi? e dove
Fuggir vuoi tu ch’io non ti segua?
ADALGISA.
Al tempio,
Ai sacri altari ch’io sposar giurai.
POLLIONE.
Gli altari! … e il nostro amor? …
ADALGISA.
Io l’obliai.
POLLIONE.
Va, crudele, e al Dio spietato
Offri in dono il sangue mio;
Tutto, ah! tutto ei sia versato,
Ma lasciarti non poss’io;
Sol promessa al Dio tu fosti …
Ma il tuo cuore a me si die‘ …
Ah! non sai quel che mi costi
Perch’io mai rinunzi a te.
ADALGISA.
E tu pure, ah! tu non sai
Quanto costi a me dolente!
All’altare che oltraggiai
Lieta andava ed innocente …
Il pensiero al ciel s’ergea,
Il mio Dio vedeva in ciel …
Or per me spergiura e rea
Cielo e Dio ricopre un vel.
POLLIONE.
Ciel più puro e Dei migliori,
T’offro in Roma ov’io mi reco.
ADALGISA colpita.
Parti forse?
POLLIONE.
Ai nuovi albòri …
ADALGISA.
Parti, ed io? …
POLLIONE.
Tu vieni meco.
De‘ tuoi riti è Amor più santo …
A lui cedi, ah! cedi a me.
ADALGISA più commossa.
Ah! non dirlo …
POLLIONE.
Il dirò tanto
Che ascoltato io sia da te.
Con tutta tenerezza.
Vieni in Roma, ah! vieni, o cara,
Dove è amore e gioia e vita;
Inebriam nostr’alme a gara
Del contento a cui ne invita …
Voce in cor parlar non senti,
Che permette eterno ben?
Ah! dà fede a‘ dolci accenti,
Sposo tuo mi stringi al sen.
ADALGISA.
(Ciel! così parlar l’ascolto …
Sempre, ovunque, al tempio istesso …
Con quegli occhi, con quel volto
Fin sull’ara il veggo impresso …
Ei trionfa del mio pianto,
Del mio duol vittoria ottien …
Ciel! mi togli al dolce incanto,
O l’error perdona almen.)
POLLIONE.
Adalgisa!
ADALGISA.
Ah! mi risparmi
Tua pietà maggior cordoglio.
POLLIONE.
Adalgisa! e vuoi lasciarmi?
ADALGISA.
Non poss’io … seguir ti voglio.
POLLIONE.
Qui … domani all’ora istessa …
Verrai tu?
ADALGISA.
Ne fo promessa.
POLLIONE.
Giura.
ADALGISA.
Giuro.
POLLIONE.
Oh! mio contento!
Ti rammenta …
ADALGISA.
Ah! mi rammento.
Al mio Dio sarò spergiura,
Ma fedele a te sarò.
POLLIONE.
L’amor tuo mi rassicura;
E il tuo Dio sfidar saprò.
Partono.
Scena settima
Abitazione di Norma.
Norma, Clotilde, e due piccoli fanciulli.
NORMA.
Vanne, e li cela entrambi. – Oltre l’usato
Io tremo d’abbracciarli.
CLOTILDE.
E qual ti turba
Strano timor che i figli tuoi rigetti?
NORMA.
Non so … diversi affetti
Strazian quest’alma … – Amo in un punto ed odio
I figli miei! … Soffro in vederli, e soffro
S’io non li veggo. Non provato mai
Sento un diletto ed un dolore insieme
D’esser lor madre.
CLOTILDE.
E madre sei? …
NORMA.
Nol fossi!
CLOTILDE.
Qual rio contrasto!
NORMA.
Immaginar non puossi.
O mia Clotilde! … richiamato al Tebro
È Pollïon.
CLOTILDE.
E teco ei parte?
NORMA.
Ei tace
Il suo pensier. – Oh! s’ei fuggir tentasse …
E qui lasciarmi? … se obliar potesse
Questi suoi figli!
CLOTILDE.
E il credi tu?
NORMA.
Non l’oso.
È troppo tormentoso,
Troppo orrendo è un tal dubbio. Alcun s’avanza.
Va … li cela.
Clotilde parte coi fanciulli. Norma li abbraccia.
Scena ottava
Norma e Adalgisa.
NORMA.
Adalgisa!
ADALGISA da lontano.
(Alma, costanza.)
NORMA.
T’inoltra, o giovinetta.
T’inoltra. – E perché tremi? – Udii che grave
A me segreto palesar tu voglia.
ADALGISA.
È ver. – Ma, deh! ti spoglia
Della celeste austerità che splende
Negli occhi tuoi … Dammi coraggio, ond’io
Senza alcun velo ti palesi il core.
Si prostra, Norma la solleva.
NORMA.
Mi abbraccia, e parla. Che ti affligge?
ADALGISA dopo un momento d’esitazione.
Amore …
Non t’irritar … Lunga stagion pugnai
Per soffocarlo … – Ogni mia forza ei vinse …
Ogni rimorso. – Ah! tu non sai pur dianzi
Qual giuramento io fea! fuggir dal tempio …
Tradir l’altare a cui son io legata …
Abbandonar la patria …
NORMA.
Ahi! sventurata!
Del tuo primier mattino
Già turbato è il sereno! E come, e quando
Nacque tal fiamma in te?
ADALGISA.
Da un solo sguardo,
Da un sol sospiro, nella sacra selva,
A pie‘ dell’ara ov’io pregava il Dio.
Tremai … sul labbro mio
Si arrestò la preghiera: e tutta assorta
In quel leggiadro aspetto, un altro cielo
Mirar credetti, un altro cielo in lui.
NORMA.
(Oh! rimembranza! io fui
Così rapita al sol mirarlo in volto.)
ADALGISA.
Ma non mi ascolti tu?
NORMA.
Segui … t’ascolto.
ADALGISA.
Sola, furtiva al tempio
Io l’aspettai sovente:
Ed ogni dì più fervida
Crebbe la fiamma ardente.
NORMA.
(Io stessa … anch’io
Arsi così: l’incanto suo fu il mio.)
ADALGISA.
Vieni, ei dicea, concedi
Ch’io mi ti prostri ai piedi:
Lascia che l’aura io spiri
De‘ dolci tuoi sospiri,
Del tuo bel crin le anella
Dammi poter baciar.
NORMA.
(Oh! cari accenti!
Così li proferia …
Così trovava del mio cor la via.)
ADALGISA.
Dolci qual arpa armonica
M’eran le sue parole;
Negli occhi suoi sorridere
Vedea più bello un sole.
Io fui perduta, e il sono;
D’uopo ho del tuo perdono.
Deh! tu mi reggi e guida.
Me rassicura, o sgrida,
Salvami da me stessa,
Salvami dal mio cor.
NORMA.
Ah! tergi il pianto:
Alma non trovi di pietade avara.
Te ancor non lega eterno nodo all’ara.
Ah sì, fa core, abbracciami.
Perdono e ti compiango.
Dai voti tuoi ti libero,
I tuoi legami io frango.
Al caro oggetto unita
Vivrai felice ancor.
ADALGISA.
Ripeti, o ciel, ripetimi
Sì lusinghieri accenti.
Per te, per te s’acquetano
I lunghi miei tormenti.
Tu rendi a me la vita,
Se non è colpa amor.
NORMA.
Ma di‘ … l’amato giovane
Quale fra noi si noma?
ADALGISA.
Culla non ebbe in Gallia …
Roma gli è patria …
NORMA.
Roma! …
Ed è? … prosegui …
Scena nona
Pollione e dette.
ADALGISA.
Il mira.
NORMA.
Ei! Pollïon! …
ADALGISA.
Qual ira?
NORMA.
Costui, costui dicesti?
Ben io compresi?
ADALGISA.
Ah! sì.
POLLIONE inoltrandosi, ad Adalgisa.
Misera te! che festi!
ADALGISA smarrita.
Io …
NORMA a Pollione.
Tremi tu? e per chi?
Alcuni momenti di silenzio. Pollione è confuso, Adalgisa tremante e Norma fremente.
Oh, non tremare, o perfido,
No, non tremar per lei …
Essa non è colpevole,
Il malfattor tu sei …
Trema per te, fellone …
Pei figli tuoi … per me …
ADALGISA tremante.
Che ascolto! … ah! … Pollïone?
Taci! t’arretri! … Ahimè!
Si copre il volto con le mani. Norma l’afferra per un braccio e la costringe a mirar Pollione, egli la segue.
NORMA.
Oh! di qual sei tu vittima
Crudo e funesto inganno!
Pria che costui conoscere
T’era il morir men danno.
Fonte d’eterne lagrime
Egli a te pur dischiuse;
Come il mio cor deluse,
L’empio il tuo cor tradì.
ADALGISA.
Oh! qual traspare orribile
Dal tuo parlar mistero!
Trema il mio cor di chiedere,
Trema d’udire il vero …
Tutta comprendo, o misera,
Tutta la mia sventura …
Essa non ha misura,
Se m’ingannò così.
POLLIONE.
Norma, de‘ tuoi rimproveri
Segno, non farmi adesso.
Deh! a quest’afflitta vergine
Sia respirar concesso …
Copra a quell’alma ingenua,
Copra nostr’onte un velo …
Giudichi solo il cielo
Qual più di noi fallì.
NORMA.
Perfido!
POLLIONE.
Or basti.
Per allontanarsi.
NORMA.
Fermati.
POLLIONE.
Vieni …
Afferra Adalgisa.
ADALGISA dividendosi da lui.
Mi lascia, scòstati …
Sposo sei tu infedele.
POLLIONE con tutto il fuoco.
Qual io mi fossi oblio …
L’amante tuo son io,
È mio destino amarti …
Destin costei lasciar.
NORMA reprimendo il furore.
Ebben: lo compi e parti.
Ad Adalgisa.
Seguilo.
ADALGISA supplichevole.
Ah! pria spirar.
NORMA prorompendo.
Vanne, sì, mi lascia, indegno;
Figli oblia, promesse, onore …
Maledetto dal mio sdegno
Non godrai d’un empio amore.
Te sull’onde e te sui venti
Seguiran mie furie ardenti:
Mia vendetta e notte e giorno
Ruggirà d’intorno a te.
POLLIONE disperatamente.
Fremi pure, e angoscia eterna
Pur m’imprechi il tuo furore!
Questo amor che mi governa
È di te, di me maggiore …
Dio non v’ha che mali inventi
De‘ miei mali più cocenti …
Maledetto io fui quel giorno
Che il destin t’offerse a me.
ADALGISA supplichevole a Norma.
Ah, non fia, non fia ch’io costi
Al tuo cor sì rio dolore …
Mari e monti sian frapposti
Fra me sempre e il traditore.
Soffocar saprò i lamenti,
Divorare i miei tormenti;
Morirò perché ritorno
Faccia il crudo ai figli, a te.
Squillano i sacri bronzi del tempio. Norma è chiamata ai riti.
DRUIDI coro interno.
Norma, all’ara! In tuon feroce
D’Irminsul tuonò la voce.
Norma, Norma, al sacro altar!
NORMA E ADALGISA.
Suon di morte a te s’intima;
Va, per te qui pronta ell’è.
POLLIONE.
Sì, la sprezzo, sì, ma prima
Mi cadrà il tuo Nume al pie‘.
Ella respinge d’un braccio Pollione, e gli accenna di uscire. Pollione si allontana furente.
Fine del atto primo.
Atto secondo
Scena prima
Interno dell’abitazione di Norma.
Da una parte un letto romano coperto di pelle d’orso. I figli di Norma sono addormentati.
Norma con una lampa e un pugnale alla mano. – Siede e posa la lampa sopra una tavola. È pallida, contraffatta.
Dormono entrambi … non vedran la mano
Che li percuote. Non pentirti, o core;
Viver non ponno … Qui supplizio, e in Roma
Obbrobrio avrian, peggior supplizio assai …
Schiavi d’una matrigna. – Ah! no: giammai.
Sorge risoluta.
Muoiano, sì.
Fa un passo e si ferma.
Non posso
Avvicinarmi: un gel mi prende, e in fronte
Mi si solleva il crin. – I figli uccido!
Teneri figli …
Intenerendosi.
Essi, pur dïanzi
Delizia mia … essi nel cui sorriso
Il perdono del ciel mirar credei …
Ed io li svenerò? … di che son rei?
Risoluta.
Di Pollïon son figli:
Ecco il delitto. Essi per me son morti;
Muoian per lui,
E non sia pena che la sua somigli.
Feriam …
S’incammina verso il letto; alza il pugnale; essa dà un grido inorridita; i figli si svegliano.
Ah! no … son figli miei! miei figli!
Li abbraccia e piange.
Olà, Clotilde!
Scena seconda
Clotilde e detta.
NORMA.
Vola …
Adalgisa a me guida.
CLOTILDE.
Ella qui presso
Solitaria si aggira, e prega e plora.
NORMA.
Va.
Clotilde parte.
Si emendi il mio fallo … e poi … si mora.
Scena terza
Adalgisa e Norma.
ADALGISA con timore.
Me chiami, o Norma? … Qual ti copre il volto
Tristo pallor?
NORMA.
Pallor di morte. – Io tutta
L’onta mia ti rivelo.
Una preghiera sola
Odi e l’adempi, se pietà pur merta
Il presente mio duolo … e il duol futuro.
ADALGISA.
Tutto, tutto io prometto.
NORMA.
Il giura.
ADALGISA.
Il giuro.
NORMA.
Odi. – Purgar quest’aura
Contaminata dalla mia presenza
Ho risoluto; né trar meco io posso
Questi infelici … a te li affido …
ADALGISA.
O cielo!
A me li affidi?
NORMA.
Nel romano campo
Guidali a lui … che nominar non oso.
ADALGISA.
Oh! che mai chiedi?
NORMA.
Sposo
Ti sia men crudo; – io gli perdono e moro.
ADALGISA.
Sposo … Ah, non mai …
NORMA.
Pei figli suoi t’imploro.
Deh! con te, con te li prendi …
Li sostieni, li difendi …
Non ti chiedo onori e fasci;
A‘ tuoi figli ei fian serbati;
Prego sol che i miei non lasci
Schiavi, abbietti, abbandonati …
Basti a te che disprezzata,
Che tradita io fui per te.
Adalgisa, deh, ti mova
Tanto strazio del mio cor.
ADALGISA.
Norma! ah! Norma, ancor amata,
Madre ancor sarai per me.
Tienti i figli. Ah, non fia mai
Ch’io mi tolga a queste arene.
NORMA.
Tu giurasti …
ADALGISA.
Sì, giurai …
Ma il tuo bene, il sol tuo bene.
Vado al campo ed all’ingrato
Tutti io reco i tuoi lamenti.
La pietà che mi hai destato
Parlerà sublimi accenti …
Spera, ah, spera … amor, natura
Ridestarsi in lui vedrai …
Del suo cor son io secura …
Norma ancor vi regnerà.
NORMA.
Ch’io lo preghi? … Ah! no: giammai.
Più non t’odo, parti … va …
ADALGISA.
Mira, o Norma, a‘ tuoi ginocchi
Questi cari pargoletti.
Ah! pietà di lor ti tocchi
Se non hai di te pietà.
NORMA.
Ah! perché la mia costanza
Vuoi scemar con molli affetti?
Più lusinghe, più speranza
Presso a morte un cor non ha.
ADALGISA.
Cedi … deh cedi!
NORMA.
Ah! lasciami.
Ei t’ama.
ADALGISA.
Ei già sen pente.
NORMA.
E tu? …
ADALGISA.
L’amai … quest’anima
Sol l’amistade or sente.
NORMA.
O giovinetta! … E vuoi? …
ADALGISA.
Renderti i dritti tuoi,
O teco al cielo, agli uomini
Giuro celarmi ognor.
NORMA.
Hai vinto … hai vinto … Abbracciami.
Trovo un’amica ancor.
ADALGISA E NORMA.
Sì, fino all’ore estreme
Compagna tua m’avrai;
Per ricovrarci insieme
Ampia è la terra assai.
Teco del Fato all’onte
Ferma opporrò la fronte,
Finché il tuo core a battere
Io senta sul mio cor.
Partono.
Scena quarta
Luogo solitario presso il bosco dei Druidi, cinto da burroni e da caverne.
In fondo, un lago attraversato da un ponte di pietra.
Guerrieri Galli.
CORO I.
Non partì?
CORO II.
Finora è al campo,
Tutto il dice: i feri carmi,
Il fragor, il suon dell’armi,
Dell’insegne il ventilar.
TUTTI.
Attendiam: un breve inciampo
Non ci turbi, non ci arresti;
E in silenzio il cor si appresti
La grand’opra a consumar.
Scena quinta
Oroveso e detti.
OROVESO.
Guerrieri! a voi venirne
Credea foriero d’avvenir migliore.
Il generoso ardore,
L’ira che in sen vi bolle
Io credea secondar: ma il Dio non volle.
CORO.
Come! le nostre selve
L’aborrito Proconsole non lascia?
Non riede al Tebro?
OROVESO.
Un più temuto e fiero
Latino condottiero
A Pollïon succede.
CORO.
E Norma il sa? di pace
È consigliera ancor?
OROVESO.
Invan di Norma
La mente investigai.
CORO.
E che far pensi?
OROVESO.
Al fato
Piegar la fronte, separarci, e nullo
Lasciar sospetto del fallito intento.
CORO.
E finger sempre?
OROVESO.
Cruda legge! il sento.
Con ferocia.
Ah! del Tebro al giogo indegno
Fremo io pure, all’armi anelo;
Ma nemico è sempre il cielo,
Ma consiglio è il simular.
CORO.
Sì, fingiam, se il finger giovi;
Ma il furore in sen si covi …
Divoriamo in cor lo sdegno,
Tal che Roma estinto il creda:
Dì verrà che desto ei rieda
Più tremendo a divampar.
Guai per Roma allor che il segno
Dia dell’armi il sacro altar.
Partono.
Scena sesta
Tempio d’Irminsul. Ara da un lato.
Norma, indi Clotilde.
NORMA.
Ei tornerà. Sì, mia fidanza è posta
In Adalgisa; ei tornerà pentito,
Supplichevole, amante. Oh! a tal pensiero
Sparisce il nuvol nero
Che mi premea la fronte, e il sol m’arride
Come del primo amore ai dì felici.
Esce Clotilde.
Clotilde!
CLOTILDE.
O Norma! … Uopo è d’ardir!
NORMA.
Che dici?
CLOTILDE.
Lassa!
NORMA.
Favella.
CLOTILDE.
Indarno
Parlò Adalgisa e pianse.
NORMA.
Ed io fidarmi
Di lei dovea? Di mano uscirmi, e bella
Del suo dolore presentarsi all’empio
Ella tramava.
CLOTILDE.
Ella ritorna al tempio.
Triste, dolente implora
Di proferir suoi voti.
NORMA.
Ed egli?
CLOTILDE.
Ed egli
Rapirla giura anco all’altar del Nume.
NORMA.
Troppo il fellon presume.
Lo previen mia vendetta, e qui di sangue …
Sangue romano … scorreran torrenti.
Si appressa all’ara, e batte tre volte lo scudo di Irminsul.
DRUIDI coro interno.
Squilla il bronzo del Dio!
CLOTILDE.
Cielo! che tenti?
Scena settima
Accorrono da varie parti Oroveso, i Druidi, i Bardi e le Ministre. A poco a poco il tempio si riempie d’armati. Norma si colloca sull’altare.
TUTTI.
Norma! che fu? Percosso
Lo scudo d’Irminsul, quali alla terra
Decreti intima?
NORMA.
Guerra,
Strage, sterminio.
TUTTI.
A noi pur dianzi pace
S’imponea per tuo labbro!
NORMA.
Ed ira adesso,
Stragi, furore e morti.
Il cantico di guerra alzate, o forti.
Inno Guerriero.
I
TUTTI.
Guerra, guerra! Le galliche selve
Quante han quercie producon guerrier;
Qual sul gregge fameliche belve
Sui Romani van essi a cader.
II
Sangue, sangue! Le galliche scuri
Fino al tronco bagnate ne son.
Sovra i flutti del Ligeri impuri
Ei gorgoglia con funebre suon.
III
Strage, strage, sterminio, vendetta,
Già comincia, si compie, s’affretta:
Come biade da falci mietute
Son di Roma le schiere cadute.
Tronchi i vanni, recisi gli artigli,
Abbattuta ecco l’aquila al suol.
A mirar il trionfo de‘ figli
Ecco il Dio sovra un raggio di sol.
OROVESO.
Né compi il rito, o Norma?
Né la vittima accenni?
NORMA.
Ella fia pronta.
Non mai l’altar tremendo
Di vittime mancò.
S’ode un interno tumulto.
Ma qual tumulto!
Scena ottava
Clotilde frettolosa e detti.
CLOTILDE.
Al nostro tempio insulto
Fece un Romano: nella sacra chiostra
Delle vergini alunne egli fu côlto.
TUTTI.
Un Romano?
NORMA.
(Che ascolto?
Se mai foss’egli?)
TUTTI.
A noi vien tratto.
NORMA.
(È desso!)
Scena nona
Pollione fra Soldati e detti.
OROVESO E CORO.
È Pollïon!
NORMA.
(Son vendicata adesso.)
OROVESO assai maestoso.
Sacrilego nemico, e chi ti spinse
A vïolar queste temute soglie,
A sfidar l’ira d’Irminsul?
POLLIONE con fierezza.
Ferisci!
Ma non interrogarmi.
NORMA svelandosi.
Io ferir deggio.
Scostatevi.
POLLIONE.
Chi veggio?
Norma!
NORMA.
Sì, Norma.
TUTTI.
Il sacro ferro impugna,
Vendica il tempio e il Dio.
NORMA.
Sì, feriamo.
Prende il pugnale dalle mani di Oroveso; ma poi si arresta.
TUTTI.
Tu tremi?
NORMA.
(Ah, non poss’io.)
TUTTI.
Che fia? perché t’arresti?
NORMA.
(Poss’io sentir pietà!)
TUTTI.
Ferisci.
NORMA.
Io deggio
Interrogarlo … investigar qual sia
L’insidïata o complice ministra
Che il profan persuase a fallo estremo.
Ite per poco.
TUTTI.
(Che far pensa?)
POLLIONE.
(Io fremo.)
Oroveso e il Coro si ritirano; il tempio rimane sgombro.
Scena decima
Norma e Pollione.
NORMA.
In mia mano alfin tu sei;
Niun potria spezzar tuoi nodi.
Io lo posso.
POLLIONE.
Tu nol dêi.
NORMA.
Io lo voglio.
POLLIONE.
E come?
NORMA.
M’odi.
Pel tuo Dio, pe‘ figli tuoi …
Giurar dêi che d’ora in poi
Adalgisa fuggirai …
All’altar non la torrai …
E la vita io ti perdono …
E mai più ti rivedrò.
Giura.
POLLIONE.
No: sì vil non sono.
NORMA con furore represso.
Giura, giura.
POLLIONE con forza.
Ah! pria morrò.
NORMA.
Non sai tu che il mio furore.
Passa il tuo?
POLLIONE.
Ch’ei piombi attendo.
NORMA.
Non sai tu che ai figli in core
Questo ferro? …
POLLIONE con un grido.
Oh Dio! che intendo!
NORMA con pianto lacerante.
Sì, sovr’essi alzai la punta …
Vedi … vedi … a che son giunta!
Non ferii, ma tosto … adesso
Consumar potrei l’eccesso …
Un istante … e d’esser madre
Mi poss’io dimenticar.
POLLIONE.
Ah! crudele, in sen del padre
Il pugnal tu dêi vibrar.
A me il porgi.
NORMA.
A te!
POLLIONE.
Che spento
Cada io solo!
NORMA.
Solo! Tutti.
I Romani a cento a cento
Fian mietuti, fian distrutti …
E Adalgisa …
POLLIONE.
Ahimè!
NORMA.
Infedele
A‘ suoi voti …
POLLIONE.
Ebben, crudele?
NORMA con furore.
Adalgisa fia punita,
Nelle fiamme perirà.
POLLIONE.
Ah! ti prendi la mia vita,
Ma di lei, di lei pietà.
NORMA.
Preghi alfine? indegno! è tardi.
Nel suo cor ti vo‘ ferire.
Già mi pasco ne‘ tuoi sguardi
Del tuo duol, del suo morire;
Posso alfine, e voglio farti
Infelice al par di me.
POLLIONE.
Ah! t’appaghi il mio terrore:
Al tuo pie‘ son io piangente …
In me sfoga il tuo furore,
Ma risparmia un’innocente;
Basti, basti a vendicarti
Ch’io mi sveni innanzi a te.
Dammi quel ferro.
NORMA.
Che osi?
Scòstati.
POLLIONE.
Il ferro, il ferro!
NORMA.
Olà, ministri,
Sacerdoti, accorrete.
Scena ultima
Ritornano Oroveso, i Druidi, i Bardi e i Guerrieri.
NORMA.
All’ira vostra
Nuova vittima io svelo. Una spergiura
Sacerdotessa i sacri voti infranse,
Tradì la patria e il Dio degli avi offese.
TUTTI.
Oh delitto! oh furor! La fa palese.
NORMA.
Sì, preparate il rogo.
POLLIONE.
Oh! ancor ti prego.
Norma, pietà.
TUTTI.
La svela.
NORMA.
Udite. (Io rea,
L’innocente accusar del fallo mio?)
TUTTI.
Parla: chi è dessa?
POLLIONE.
Ah! non lo dir.
NORMA.
Son io.
TUTTI.
Tu! Norma!
NORMA.
Io stessa, il rogo ergete.
TUTTI.
(D’orror io gelo!)
POLLIONE.
(Mi manca il cor.)
TUTTI.
Tu delinquente!
POLLIONE.
Non le credete.
NORMA.
Norma non mente.
TUTTI.
Oh! quale orror!
NORMA.
Qual cor tradisti, qual cor perdesti
Quest’ora orrenda ti manifesti.
Da me fuggire tentasti invano;
Crudel Romano, tu sei con me.
Un nume, un fato di te più forte
Ci vuole uniti in vita e in morte.
Sul rogo istesso che mi divora,
Sotterra ancora sarò con te.
POLLIONE.
Ah! troppo tardi t’ho conosciuta …
Sublime donna, io t’ho perduta …
Col mio rimorso è amor rinato,
Più disperato, furente egli è.
Moriamo insieme, ah! sì, moriamo:
L’estremo accento sarà ch’io t’amo.
Ma tu morendo non m’aborrire,
Pria di morire perdona a me.
TUTTI.
Oh! in te ritorna, ci rassicura:
Canuto padre te ne scongiura:
Di‘ che deliri, di‘ che tu menti,
Che stolti accenti uscîr da te.
Il Dio severo che qui t’intende,
Se stassi muto, e il tuon sospende,
Indizio è questo, indizio espresso
Che tanto eccesso punir non de‘.
Norma! … deh! Norma! scòlpati …
Taci? ne ascolti appena?
POLLIONE scuotendosi con un grido.
Cielo! e i miei figli?
POLLIONE.
Ahi! miseri!
NORMA volgendosi a Pollione.
I nostri figli?
POLLIONE.
Oh pena!
Norma, come colpita da un’idea, s’incammina verso il padre.
TUTTI.
Norma, sei rea?
NORMA disperatamente.
Sì, rea,
Oltre ogni umana idea.
TUTTI.
Empia!
NORMA ad Oroveso.
Tu m’odi!
OROVESO.
Scòstati.
NORMA a stento trascinandosi in disparte.
Deh! m’odi!
OROVESO.
Oh! mio dolor!
NORMA piano ad Oroveso.
Son madre …
OROVESO colpito
Madre!!!
NORMA.
Acquetati.
Clotilde ha i figli miei …
Tu li raccogli … e ai barbari
Li invola insiem con le …
OROVESO.
Giammai … giammai … va, lasciami.
NORMA s’inginocchia.
Ah! padre! … un prego ancor.
Deh! non volerli vittime
Del mio fatale errore …
Deh! non troncar sul fiore
Quell’innocente età.
Pensa che son tuo sangue …
Abbi di lor pietà.
Padre! tu piangi!
OROVESO.
Oppresso è il core.
NORMA.
Piangi e perdona.
OROVESO.
Ha vinto amore.
NORMA.
Ah, tu perdoni. – Quel pianto il dice.
POLLIONE E NORMA.
Contento (a) il rogo – ascenderò.
Io più non chiedo. – Io son felice.
OROVESO.
Ah! consolarmene – mai non potrò.
CORO.
Piange … prega … che mai spera?
Qui respinta è la preghiera.
Le si spogli il crin del serto:
Sia coperto di squallor.
I Druidi coprono d’un velo nero la Sacerdotessa.
Vanne al rogo: ed al tuo scempio
Purghi l’ara e lavi il tempio;
Maledetta all’ultim’ora,
Maledetta estinta ancor!
OROVESO.
Va, infelice!
NORMA incamminandosi.
Padre … addio.
POLLIONE.
Il tuo rogo, o Norma, è il mio.
Là più puro, là più santo
Incomincia eterno amor.
OROVESO.
Sgorga alfin, prorompi, o pianto:
Sei permesso a un genitor.
Fine