Arrigo Boito
Mefistofele
Opera in un prologo, quattro atti e un epilogo
Personaggi
Parte prima:
Mefistofele (Basso)
Faust (Tenore)
Margherita (Soprano)
Marta (Contralto)
Wagner (Tenore)
Parte seconda:
Elena (Soprano)
Faust (Tenore)
Mefistofele (Basso)
Pantalis (Contralto)
Nerèo (Tenore)
Cori: Falangi celesti – Chorus Mysticus – Cherubini – Penitenti – Passeggiatori – Balestrieri – Cacciatori – Studenti – Villici – Popolane – Borghesi – Streghe – Stregoni – Coretidi Greche – Sirene – Doridi – Corifei – Greci – Guerrieri
Comparse: Passeggiatori – Passeggiatrici – Streghe – Folletti – Stregoni – Paggi – Trabanti – Nobili – Dignitari – Soldati – Fauni – un Buffone – un Banditore – un Cerretano – Hanswurst – un Birraio – il Principe Elettore – il Carnefice – un Mendicante
Danze:
Atto I. Scena I. »L’Obertas« (Popolani e Popolane). – Atto II. Scena II. »La ridda del Sabba« (Streghe e Stregoni). – Atto IV. Scena II. »Chorea« (Danza greca) (Coretidi, Sirene, Doridi).
Prologo in Cielo
T’è noto Faust?
(Goethe: Prologo in cielo.)
Nebulosa. – Lo squillo delle sette trombe. – I sette tuoni. – Le Falangi celesti dietro le nebulosa, invisibili. – Chorus Mysticus. I Cherubini, le Penitenti. – Poi Mefistofele, solo, nell’ombra.
PRIMA FALANGE.
»Ave«, Signor degli angeli e dei santi
E delle sfere erranti
E dei volanti – cherubini d’ôr.
Dall’eterna armonia dell’Universo
Nel glauco spazio immerso
Emana un verso – di supremo amor:
E s’erge a Te per l’aure azzurre e cave
In suon soave.
ECHI.
»Ave«.
MEFISTOFELE coi pie‘ fermi sul lembo del suo mantello.
Ave, Signor, perdona se il mio gergo
Si lascia un po‘ da tergo
Le superne teodie del paradiso;
Perdona se il mio viso
Non porta il raggio che inghirlanda i crini
Degli alti cherubini:
Perdona se dicendo io corro rischio
Di buscar qualche fischio.
Il Dio piccin della piccina terra
Ognor traligna ed erra
E, al par di grillo saltellante, a caso
Spinge fra gli astri il naso.
Poi con tenace fatuità superba
Fa il suo trillo nell’erba.
Boriosa polve! tracotato atòmo!
Fantasima dell’uomo!
E tale il fa quell’ebra illusïone
Ch’egli chiama Ragione.
Sì, Maestro divino, in buio fondo
Crolla il padron del mondo.
E non mi dà più il cuor, tant‘ è fiaccato,
Di tentarlo al mal.
CHORUS MYSTICUS.
T’è noto Faust?
MEFISTOFELE.
Il più bizzarro pazzo
Ch’io mi conosca, in curïosa forma
Ei ti serve da senno. Inassopita
Bramosia di saper il fa tapino
Ed anelante; egli vorrebbe quasi
Trasumanar e nulla scienza al cupo
Suo delirio è confine. Io mi sobbarco
Ad aescarlo per modo ch’ei si trovi
Nelle mie reti; or vuoi farne scommessa?
CHORUS MYSTICUS.
E sia.
MEFISTOFELE.
Sia! vecchio Padre, a un rude gioco
T’avventurasti. Ei morderà nel dolce
Pomo de‘ vizi e sovra il Re del ciel
Avrò vittoria!
Arpe, cetere, trombe.
FALANGI CELESTI.
Sanctus! Sanctus! Sanctus!
MEFISTOFELE.
(Di tratto in tratto m’è piacevol cosa
Vedere il Vecchio e dal guastarmi seco
Molto mi guardo: è bello udir l’Eterno
Col diavolo parlar sì umanamente.)
I CHERUBINI.
Dietro la nebulosa, avvicinandosi in turbini leggeri.
Siam nimbi – volanti – dai limbi,
Nei santi – splendori – vaganti,
Siam cori – di bimbi, – d’amori.
Siam nimbi – volanti – dai limbi,
Nei santi …, ecc., ecc., ecc.
Sempre a capo, svanendo.
MEFISTOFELE.
È lo sciame legger degli angioletti;
Come dell’api n’ho ribrezzo e noia.
Scompare.
I CHERUBINI.
Un giorno nel fango mortale
Perdemmo il tripudio dell’ale,
L’aureola di luce e di fior;
Ma sciolti dal lugubre bando,
Pregando, cantando, danzando,
Torniamo fra gli angioli ancor.
La danza in angelica spira
Si gira, si gira, si gira.
Fratelli, teniamci per mano;
Fin l’ultimo cielo lontano
Noi sempre dobbiamo danzar:
Fratelli, le morbide penne
Non cessino il volo perenne
Che intorno al Santissimo Altar.
La danza in angelica spira
Si gira, si gira, si gira.
Siam nimbi – volanti – dai limbi,
Nei santi – splendori – vaganti,
Siam cori – di bimbi, – d’amori.
Siam nimbi, ecc., ecc.
Ricircolando e perdendosi.
LE PENITENTI dalla terra.
Salve, Regina! – S’innalzi un’eco
Dal mondo cieco – alla divina
Reggia del ciel.
Col nostro canto, – col nostro pianto
Domiam l’intenso – foco del senso,
Col nostro canto mite e fedel.
Odi la pia – prece serena:
»Ave Maria, – gratïa plena«.
I CHERUBINI.
Sugli astri, sui venti, sui mondi,
Sui limpidi azzurri profondi,
Sui raggi del sol …
La danza in angelica spira
Si gira, si gira, si gira.
FALANGI.
Oriam per quelle di morienti ignave
Anime schiave.
ECHI.
»Ave«.
LE PENITENTI.
Il pentimento – lacrime spande.
Di queste blande – turbe il lamento
Accolga il ciel.
Odi la pia – prece serena:
»Ave Maria, – gratïa plena«.
ECHI.
»Ave! Ave! Ave!«
TUTTE LE FALANGI.
Ave, Signor degli angeli e dei santi
E delle sfere erranti
E dei volanti – cherubini d’ôr.
Dall’eterna armonia dell’Universo
Nel glauco spazio immerso
Emana un verso – di supremo amor.
E s’erge a Te per l’aure azzurre e cave
In suon soave.
ECHI.
»Ave!«
Fine del prologo
Parte prima
Atto primo
Faust: Se avvien ch’io dica all’attimo fuggente:
Arrestati sei bello: allor ch’io muoia!
(Goethe: Officina di Faust.)
La domenica di pasqua
Scena prima
Francoforte sul Meno. – Porta e bastioni. – Passeggiatori d’ogni sorta ch’escono dalla città a gruppi. – Chiacchiere, risate, grida, mormorio di folla, andirivieni. A intervalli campane a festa. Poi Faust e Wagner.
TRE STUDENTI, QUATTRO BORGHESI E DUE CACCIATORI divisi in due gruppi.
Perché di là?
– Volgiamo – verso il casin di caccia.
– E noi verso il mulino.
OTTO FANCIULLE traversando la scena cantando.
Del vago April la traccia
Brilla e ride d’intorno
Baldezza e leggiadria.
. . . . . . . . . . . . .
Passano.
IL CROCCHIO DI PRIMA.
– Che fate voi, compari?
– Stiam colla compagnia.
– Messeri, andiamo a Burgdorf. Costà son le più buffe
Mattie, la miglior birra, le donne e le baruffe
Più dilettose.
– Pazzi! Vi prude ancor la schiena?
Un banditore con una scritta in mano e a suon di tromba attrae la folla dai passeggiatori: sta con lui un araldo. Dalla parte opposta un cerretano seguito da Hanswurst. La passeggiata diventa sempre più vivace.
Un gruppo di balestrieri e popolani avvicinandosi ad un rivenditore di birra.
– Qua un bicchier!
– Vogliam ber!
– E fare un brindisi …
– Ai folli amor!
– E alla beltà corriva!
– Evviva!
– Beviam, ridiam, cantiamo!
Bevono e passano.
Un »Frate grigio« col cappuccio sul volto cammina tra la folla; alcuni lo inchinano, altri lo sfuggono. Passa.
LA FOLLA traendo verso un lato della scena.
Guarda là! – quanti focosi destrier
Scalpitan là!
DONNE.
C’è il buffon … C’è il falconier …
UOMINI.
Rendiamo omaggio al Prence!
LA FOLLA.
Largo, largo al suo passaggio!
Che abbarbaglio di gualdane!
Che frastuono di campane!
BORGHESI.
Vien la folla a onde a onde,
S’arrabatta, si confonde …
LA FOLLA.
Largo! – Largo! …
Risate, frastuono, la cavalcata passa. Alla sua testa il Principe elettore, Dame, Dignitari, Paggi, il buffone, il falconiere, ecc., ecc. Molti passeggiatori seguono curiosamente la cavalcata.
Faust e Wagner discendono da un’altura.
FAUST.
Al soave raggiar di primavera
Si scoscendono i ghiacci e già rinverda
Di speranze la valle; il vecchio inverno
Fugge al monte ed il sol rallegra e avviva
Forme e colori; se per anco al piano
Non isbocciano i fior, la somma luce
Fa pullular in cambio i bei borghesi
Azzimati da festa.
Entra in scena rumorosamente una frotta di popolani e popolane.
WAGNER.
Movere a diporto
Con voi, Dottor, è onorevole e saggio:
Pur da me solo, qui mi schiferei
Fra questa gente. M’è di noia il vulgo.
Faust e Wagner si ritirano nel fondo.
CORO DI POPOLANI.
Juhé! Juhé!
Juhéisa! héisa! he!
I.
Il bel giovanetto – sen viene alla festa,
Coi nastri al farsetto, – coi fior sulla testa.
E sotto ad un pioppo – fanciulle e compar
Si dànno a danzar – un matto galoppo.
Incominciano a danzare l’»Obertas«.
Juhé! Juhé!
Tutti vanno alla rinfusa
Sulla musica confusa.
II.
Sorridon le donne – al bel torneamento,
Svolazzan le gonne – portate dal vento.
Il bruno e la bionda – son stretti in un vol
E scalpita al suol – la danza rotonda.
Juhé! Juhé!
Le danze cessano. Il giorno s’oscura lentamente e la scena va spopolandosi a poco a poco.
FAUST a Wagner.
Sediam sovra quel sasso. Osserva come
Fulgoreggiano a vespro le capanne.
Declina il giorno.
WAGNER.
È l’ora degli spettri; essi sen vanno
Fra i vapor della sera ordendo reti
Sotto i piedi dell’uom. Andiam; s’impregna
L’orizzonte di nebbia; a notte bruna
Torna dolce la casa. A che sogguardi,
Nel crepuscolo assorto immobilmente?
Ritorna il »Frate grigio« e si dirige lento e spettrale alla volta di Faust.
FAUST.
Vedi quel frate grigio in mezzo ai campi
Vagolante laggiù?
WAGNER.
Da lungo tratto,
Maestro, l’avvisai; nulla di strano
Appare in esso.
FAUST.
Aguzza ben lo sguardo.
Per chi tieni quel frate?
WAGNER.
È un questüante
Che va alla cerca.
FAUST.
Lo contempla. Ei move
In tortüose spire e s’avvicina
Lento alla nostra volta. Oh, se non erro …
Orme di foco imprime al suol!
WAGNER.
Fantasima
Quest’è del tuo cervello, io non iscorgo
Che un frate grigio.
FAUST.
Par vada filando
De‘ lacci intorno a noi.
WAGNER.
Timidamente
Ei va per la sua via; due sconosciuti
Noi siam per esso.
FAUST con ribrezzo.
La spira si stringe.
Ei n’è vicin …
WAGNER freddamente.
L’osserva: è un frate grigio.
Non è uno spettro; brontola orazioni
Rigirando un rosario. Andiam, Maestro.
Il Frate li segue.
Canti lontani. Mutamento di scena.
Il patto
Scena seconda
Officina di Faust – Alcova – Notte – Canti lontanissimi.
FAUST Entra. Il »Frate grigio« lo segue e si nasconde entro l’alcova.
Dai campi, dai prati, che innonda
La notte, dai queti sentier
Ritorno e di calma profonda
Son pieno e di sacro mister.
Le torve passioni del core
S’assonnano in placido oblio;
Mi ferve soltanto l’amore
Dell’uomo! l’amore di Dio!
Dai prati torno e verso l’Evangel
Mi sento attratto,
M’accingo a meditar.
Apre un Vangelo posto su d’un alto leggìo. Mentre si accinge a meditare, è scosso dall’urlo del Frate che esce dall’alcova.
Olà! chi urla? il frate! che vegg’io …
Divider la mia cella io t’acconsento,
Frate, se tu non muggi … e che? …mi guarda
E non fa motto … che orribil fantasma
Trascinai dietro a me?
Furia, demonio o spettro, sarai mio!
Sulla tua razza è onnipotente il segno
Di Salomon.
All’ultime parole di Faust il Frate si trasforma e appare Mefistofele in abito da cavaliere con un mantello nero sul braccio.
MEFISTOFELE.
Che baccano! Messer, mi comandate?
FAUST.
Questo era dunque il nocciolo del frate!?
Un cavalier! fa rider la facezia.
Come ti chiami?
MEFISTOFELE.
La domanda è inezia
Puërile per tal che gli argomenti
Sdegna del Verbo e crede solo agli Enti.
FAUST.
In voi, messeri, il nome ha tal virtù
Che rivela l’Essenza. Dimmi or su,
Chi sei tu dunque?
MEFISTOFELE.
Una parte vivente
Di quella forza che perpetuamente
Pensa il Male e fa il Bene.
FAUST.
E che dir vuole
Codesto gioco di strane parole?
MEFISTOFELE.
I.
Son lo spirito che nega
Sempre, tutto: l’astro, il fior.
Il mio ghigno e la mai bega
Turban gli ozi al Crëator.
Voglio il Nulla e del Creato
La ruina universal.
È atmosfera mia vital
Ciò che chiamasi peccato,
Morte e Mal!
Rido e avvento – questa sillaba:
»No.«
Struggo, tento, – ruggo, sibilo.
»No.«
Mordo, invischio.
Fischio! fischio! fischio!
Fischia violentemente colle dita fra le labbra.
II.
Parte son d’una latèbra
Del gran Tutto: Oscurità.
Son figliuol della Tenèbra
Che Tenèbra tornerà.
S’or la luce usurpa e afferra
Il mio scettro a ribellion,
Poco andrà la sua tenzon;
V’è sul Sole e sulla Terra
Distruzion!
Rido e avvento – questa sillaba:
»No.«
Struggo, tento, – ruggo, sibilo.
»No.«
Mordo, invischio.
Fischio! fischio! fischio!
FAUST.
Strano figlio del Caos.
MEFISTOFELE.
E tu, se brami
Farti mio socio, di buon grado accetto
Fin da quest’ora e tuo compar mi chiamo,
O, se ti piace, tuo schiavo, tuo servo.
FAUST.
Quali patti in ricambio adempier deggio?
MEFISTOFELE.
V’è tempo a ciò.
FAUST.
No, i patti e parla chiaro.
MEFISTOFELE.
Io qui mi lego
Ai tuoi servigi e senza tregua accorro
Alle tue voglie; ma »laggiù« (m’intendi?)
La vece muterà.
FAUST.
Per l’altra vita
Non mi turba pensier. Se tu mi doni
Su questa terra un’ora di riposo
In cui s’acqueti l’anima; se sveli
Al mio buio pensier me stesso e il mondo:
»Se avvien ch’io dica all’attimo fuggente:
Arrestati, sei bello! Allor ch’io muoia!«
E m’inghiotta l’Averno.
MEFISTOFELE.
Sta ben!
FAUST.
Venga il contratto.
Si dànno la mano.
MEFISTOFELE.
»Top«, è già fatto.
Fin da stanotte – nell’orgie ghiotte
Del mio messere – da cameriere
Lo servirò.
FAUST.
E quando s’incomincia?
MEFISTOFELE.
Tosto.
FAUST.
Or bene,
Presto, a noi, dove andiam?
MEFISTOFELE.
Dove t’aggrada.
FAUST.
Come s’esce di qua? dove i cavalli,
Le carrozze, i staffier?
MEFISTOFELE.
Pur ch’io distenda
Questo mantel noi viaggerem sull’aria.
Mefistofele distende sul suolo il mantello fatato, poi con Faust vi monta su: intanto cade lentamente il sipario.
Fine del primo atto
Atto secondo
Faust: Chi oserebbe affermare tal detto: »Credo in Dio?«
(Goethe: Giardino di Marta.)
Il giardino
Scena prima
Un giardino di rustica apparenza. – Faust sotto il nome di Enrico, Margherita, Mefistofele, Marta. Passeggiano due a due in lungo e in largo.
MARGHERITA.
Cavaliero illustre e saggio,
Come mai vi può allettar
La fanciulla del villaggio
Col suo rustico parlar?
FAUST.
Dalle labbra imporporate
Spandi accento sovruman.
Parla, parla …
Baciandole la mano.
MARGHERITA.
Ah! non baciate
Questa ruvida mia man.
Passano.
MEFISTOFELE a Marta.
Sta ben al nubile – correr giocondo,
In traccia d’ilari – venture, il mondo.
Ma quando lugubre – tempo verrà,
Vecchio nel vedovo – letto morrà.
Pur troppo! e trepido – vedo quell’ora.
MARTA.
Baie! pensateci. – C’è tempo ancora.
Passano.
FAUST tornando in scena con Margherita.
Mi perdona l’ardimento
Che dal labbro mi sfuggì
Quando il magico portento
Del tuo viso m’apparì
MARGHERITA.
Fui dolente, fui turbata,
Dubitai nel mio pensier
Che fanciulla scostumata
Mi credeste, cavalier.
Piansi molto, piansi molto,
Ma rimasemi nel cor
Sempre fiso il vostro volto.
FAUST.
Segui, segui, o mio tesor.
Passano.
MEFISTOFELE tornando in scena con Marta.
Da un antichissimo – detto s’impara
Che moglie saggia – è cosa rara.
MARTA.
Davver? né in trappola – cadeste ancor?
MEFISTOFELE.
Non so, credetelo, – che sia l’amor.
MARTA.
Né mai d’un palpito, – né mai d’un sogno
V’arse bisogno – fascinator?
MEFISTOFELE.
Non so, credetelo, – che sia l’amor.
Passano.
Margherita ritorna in scena con Faust.
MARGHERITA.
Dimmi, se credi, Enrico, – nella religïone.
FAUST.
Non vo‘ turbar le fedi – delle coscienze buone.
D’altro parliam; darei – per chi amo, fanciulla,
Sangue e vita.
MARGHERITA.
Non basta. – Creder bisogna, e a nulla
Tu credi, Enrico.
FAUST.
Ascolta, – vezzoso angelo mio.
»Chi oserebbe affermare – tal detto: Credo in Dio?«
Le parole dei santi – son beffe al ver ch’io chiedo,
E quale uomo oserebbe – tanto da dir: »non credo?«
Colma il tuo cor d’un palpito – ineffabil e vero.
E chiama poi quell’estasi: – Natura! Amor! Mistero!
Vita! Dio! poco importa, – non è che fumo e fola
A paragon del senso – il nome e la parola.
MARGHERITA.
Convien ch’io vada: addio.
Per andarsene.
FAUST.
Dimmi, in casa sei sola
Sovente?
MARGHERITA semplicemente.
È piccioletta – la nostra famigliola.
Io veglio all’orto, al desco, – al moggio ed allo staio,
Attendo ad ogni cura, – filo sull’arcolaio.
È assai minuzïosa – la mamma, eppur beate
Placidamente passo – tutte le mie giornate.
FAUST.
Di‘, non potrò giammai – dolce un’ora d’amore
Viver teco e confondere – il mio cuor col tuo cuore?
MARGHERITA.
Non dormo sola e in lieve – sopor mia madre giace;
S’ella t’udisse, credo, – ne morrei …
FAUST.
Datti pace.
Porgendole un’ampollina.
A te, di questo succo – tre sole gocce ponno
Addormentare in placido, – in letargico sonno.
MARGHERITA prendendo l’ampolla.
Porgi … né può venirne – alcun male a mia madre? …
FAUST.
Nessuno, angiol soave – dalle guance leggiadre! …
MARGHERITA.
Dio clemente, nuova, ignara
Son del mondo e dell’amor;
Sento un’aura arcana e cara
Che mi penetra nel cor.
FAUST.
È l’anelito superno,
È il miracol divin
Della vita; immenso! eterno!
Senza freno, senza fin!
Margherita si svincola dalle mani di Faust: Faust rimane un istante pensieroso, poi insegue Margherita. Ritornano Marta e Mefistofele.
FAUST.
Margherita!
MARGHERITA.
Fuggo …
FAUST.
Resta!
È fuggita – lesta, lesta.
MEFISTOFELE Insegne Marta..
Marta!
MARTA fuggendo.
Addio!
MARGHERITA.
Sono qua!
TUTTI ridendo.
Ah! ah! ah!
MARGHERITA E FAUST.
T’amo! T’amo!
Tutti si disperdono.
La notte del sabba
Scena seconda
Scena deserta e selvaggia nella vallea di Schirk, costeggiata dagli spaventosi culmini del Brocken (monte delle streghe). I sinistri profili delle rocce staccano in nero sul cielo grigio; un’aurora rossiccia di luna illumina stranamente la scena. Una caverna da un lato. Il picco di Rosstrappe a sinistra. Il vento soffia nei burroni; poi la voce di Mefistofele che aizza Faust a salir la montagna.
MEFISTOFELE assai lontano con suono lungo e sotterraneo.
Su, cammina, cammina, cammina;
Buio è il cielo, scoscesa è la china;
Su, cammina, cammina, cammina.
Pausa.
Su, cammina, cammina, cammina,
Ché lontano, lontano, lontan
S’erge il monte del vecchio Satan.
Appariscono dei fuochi fatui, uno dei quali si dirige alla volta di Faust e Mefistofele.
FAUST.
Folletto, folletto, – veloce, legger,
Che splendi soletto – per l’ermo sentier,
A noi t’avvicina, – ché buia è la china.
MEFISTOFELE.
Cammina, cammina, cammina, cammina!
Mefistofele e Faust appariranno sovra un’alta roccia isolati ed immobili.
Ascolta!
S’agita il bosco e gli alti pini antichi
Cozzan furenti
Colle giganti braccia. Ascolta, ascolta!
Ad imo della valle un ululato
Di mille voci odo sonar … s’accosta
L’infernale congrega … oh meraviglia!
Già i nembi, il monte, le boscaglie e i cieli
Un furioso intonâr magico carme!
STREGHE dalla montagna.
Rampiamo, rampiamo – che il tempo ci gabba,
E il ballo perdiamo – di Re Belzebu:
È notte fatale – la notte del Sabba;
Il primo che sale – ha un premio di più.
Su, su, su, su!
STREGONI come sopra.
Su, svelti, su, forti – che il tempo ci gabba,
Le nostre consorti – son giunte lassù.
È notte tremenda – la notte del Sabba,
E il primo che ascenda – ha un premio di più.
Su, su, su, su!
Irrompendo tutti freneticamente sulla scena.
Siam salvi in tutta l’eternità!
»Saboè! har Sabbah!«
MEFISTOFELE fendendo la folla.
Largo, largo a Mefistofele,
Al vostro Re!
O razza putrida, – vôta di fe‘.
Che ognun m’adori ed umile
Si prostri al Re.
CORO.
Ci prostriamo a Mefistofele,
Al nostro Re.
Ognuno atterrasi – dinanzi a te.
Streghe e Stregoni inginocchiati in circolo attorno a Mefistofele. Breve danza di Streghe.
MEFISTOFELE su d’un sasso in forma di trono.
Popoli! e scettro e clamide
Non date al Re sovrano?
La formidabil mano
Vôta dovrò serrar?
CORO porgendo una clamide a Mefistofele.
Ecco la clamide, – non t’adirar;
Or t’ubbidiscono – ciel, terra e mar.
MEFISTOFELE.
Ho soglio, ho scettro e despota
Son del mio regno fiero,
Ma voglio il mondo intero
Nel pugno mio serrar.
PRIMA PARTE DEL CORO.
Sotto la pentola corri a soffiar!
SECONDA PARTE DEL CORO.
Entro la pentola corri a mischiar!
TERZA PARTE DEL CORO.
Sopra la pentola corri a danzar.
Correndo intorno ad una caldaia che sta nel fondo della scena. Breve danza.
TUTTO IL CORO porgendo a Mefistofele un globo di vetro.
Eccoti, o principe, il mondo inter.
MEFISTOFELE col globo di vetro in mano.
I.
Ecco il mondo, – vuoto e tondo,
S’alza, scende, – balza, splende,
Fa carole – intorno al sole,
Trema, rugge, – dà e distrugge,
Ora sterile, or fecondo.
Ecco il mondo.
II.
Sul suo grosso – antico dosso
V’è una schiatta – e sozza e matta,
Fiera, vile, – ria, sottile,
Che ad ogn’ora – si divora
Dalla cima sino al fondo
Del reo mondo.
III.
Fola vana – è a lei Satàna,
Riso e scherno – è a lei l’Inferno,
Scherno e riso – il Paradiso.
Oh per Dio! – che or rido anch’io
Nel pensar ciò che le ascondo …
Ecco il mondo.
Getta con impeto il globo di vetro che si frange.
CORO E RIDDA.
Riddiamo! Riddiamo! che il mondo è caduto!
Riddiamo! Riddiamo! che il mondo è perduto!
Sui morti frantumi del globo fatal
S’accenda, s’intrecci la ridda infernal.
L’ombra di Margherita si disegna celestialmente nel fondo della diabolica scena. Cessa la ridda, tutti rimangono immobili contemplando la visione.
FAUST.
Stupor! Stupor!
MEFISTOFELE.
Che di‘?
FAUST.
Là nel lontano,
Nel nebuloso ciel, una fanciulla
Pallida e mesta, non la scerni? …il piede
Lento conduce e di catene avvinto!
Pietosa visïon … mi rassomiglia
Quella dolce figura a Margherita.
MEFISTOFELE.
Torci il guardo, torci il guardo!
Quello è spettro seduttor.
È fantasma malïardo,
A chi il fissa ammorba il cor.
Torci il guardo, anima illusa,
Dalla testa di Medusa!
FAUST.
Quell’occhio da celeste spalancato
Cadavericamente! e il bianco sen
Che tanti ebbe da me baci d’amor!
È Margherita, sì, l’angelo mio!
MEFISTOFELE.
Torci il guardo! nella fata
Sogna ognun colei che amò.
FAUST.
Ah! strano vezzo il collo le circonda
D’una riga sanguigna.
MEFISTOFELE.
Ha la testa distaccata,
Perseo fu che la tagliò.
La visione scompare. – Ridda e fuga infernale.
TUTTI.
Riddiamo, riddiamo, che il mondo è caduto!
Riddiamo, riddiamo, che il mondo è perduto!
Sui vecchi rottami del globo fatal
S’accenda, s’intrecci la ridda infernal.
»Saboè! har Sabbah!«
Fine del secondo atto
Atto terzo
Mefistofele: È giudicata.
(Goethe: Un carcere.)
Morte di Margherita
Scena prima
Carcere. Margherita stesa a terra su di un giaciglio, canticchiando e vaneggiando. Notte. Una lampada accesa inchiodata al muro. Un cancello nel fondo.
MARGHERITA.
L’altra notte in fondo al mare
Il mio bimbo hanno gittato;
Or per farmi delirare
Voglion ch’io l’abbia affogato.
L’aura è fredda, il carcer fosco,
E la mesta anima mia
Come il passero del bosco
Vola via …
In letargico sopore
È mia madre addormentata,
E per colmo dell’orrore
Dicon ch’io l’abbia attoscata.
L’aura è fredda, il carcer fosco,
E la mesta anima mia
Come il passero del bosco
Vola via …
Ah! pietà di me!
Faust e Mefistofele fuori del cancello
FAUST.
Salvala!
MEFISTOFELE.
E chi la spinse nell’abisso?
Io? o tu? Ciò che posso farò.
Ecco le chiavi. Dormono i carcerieri,
I puledri fatati son pronti
Per la fuga.
Mefistofele porge a Faust un mazzo di chiavi ed esce. Faust apre il cancello ed entra in carcere.
MARGHERITA.
Dio di pietà! Son essi … eccoli … aita!
Dura cosa è il morire …
FAUST.
Pace … pace.
Io son un che ti salva.
MARGHERITA affannosamente.
Un uom … tu sei …
Di carità … l’abbi per me …
FAUST.
Silenzio,
Margherita.
MARGHERITA.
Tu?! cielo! ah! parla ancora!
Ah, parla! ah, tu mi salvi?
Vaneggiando.
Ah! m’hai salvata! …ecco, la strada è questa
Dov’io ti vidi per la prima volta …
Ecco il giardin di Marta …
FAUST con ansia dolorosa.
Ah! vieni … vieni.
MARGHERITA tranquillamente.
Resta ancor … resta ancor …
FAUST.
T’affretta o a prezzo
Tremendo pagherem l’incauto indugio.
MARGHERITA.
Non mi baci? le tue labbra son gelo …
Che festi del tuo amor? …
FAUST.
Ah, cessa, cessa!
MARGHERITA.
Tu mi togli pietoso alle catene,
E ignori
Chi tu salvi, o pietoso? …ho avvelenata
La mia povera madre ed ho affogato
Il fantolino mio … qua la tua mano …
Vien … vo‘ narrarti il tetro ordin di tombe
Che doman scaverai … là fra le zolle
Più verdeggianti … stenderai mia madre
Nel più bel sito del cimiter … discosto …
Ma pur vicino … scaverai la mia …
La mia povera fossa … e il mio bambino
Poserà sul mio sen.
FAUST.
Deh! ti scongiuro,
Fuggiam,
MARGHERITA.
No. Sta l’inferno a quella porta.
Ah! perché fuggi? perché non t’arresti?
Non ti posso seguir … e poi … la vita
Per me è dolore: che far sulla terra?
Mendicare il mio pane a frusto a frusto
Dovrò colla coscienza paürosa
De‘ miei delitti.
FAUST.
Rivolgi a me lo sguardo!
Odi la voce dell’amor che prega!
Vieni … fuggiam.
MARGHERITA.
Sì, fuggiamo … già sogno
Un incantato asil di pace, dove
Soavemente uniti ognor vivremo.
FAUST E MARGHERITA avvinti, guardandosi negli occhi e mormorando languidamente insieme.
Lontano, lontano, lontano,
Sui flutti d’un ampio oceàno,
Fra i roridi effluvi del mar,
Fra l’alghe, fra i fior, fra le palme,
Il porto dell’intime calme
L’azzurra isoletta m’appar.
M’appare sul cielo sereno
Ricinta d’un arcobaleno
Specchiante il sorriso del sol.
La fuga dei liberi amanti,
Migranti, speranti, raggianti,
Dirige a quell’isola il vol.
MEFISTOFELE comparendo dal fondo.
Sorge il dì!
MARGHERITA.
Satana rugge!
FAUST disperatamente.
Vien, t’affretta, il tempo fugge!
MARGHERITA a Faust.
Non lasciarmi in abbandon!
MEFISTOFELE.
Squilla già da quelle porte
La fanfara della morte.
MARGHERITA.
Gran Dio, tu allontana la mia tentazion!
Staccandosi da Faust.
Mi strazian le membra – con dure ritorte.
O Dio, tu m’aiuta … – mi guidano a morte …
Già sovra il mio capo – la scure brillò.
FAUST.
Serena, fanciulla, – lo spirto sconvolto,
Ch’io vegga tranquillo – quel pallido volto;
Pon freno alla foga – de‘ vani sospir.
C’è d’uopo fuggir.
MEFISTOFELE accanto a Faust.
Cessate, cessate – le vane parole,
Dal ciel d’orïente – già levasi il sole;
De‘ neri puledri – già sento il nitrir.
C’è d’uopo fuggir.
FAUST.
Ah! non fossi mai nato!
MEFISTOFELE.
Ebben?
MARGHERITA additando Mefistofele.
Chi s’erge?
Chi s’erge dalla terra? è il mostro! è il mostro!
Misericordia! in questo santo asilo
Che vuole il maledetto? Ah! lo discaccia.
È forse me ch’ei vuol!
FAUST.
Ah! vieni e vivi.
Deh! vivi, Margherita.
MEFISTOFELE a Faust.
Mi segui,
O entrambi v’abbandono alla mannaia.
MARGHERITA.
Spunta l’aurora pallida …
L’ultimo dì già viene …
Esser doveva il fulgido
Giorno del nostro imene!
Tutto è finito in vita! …
Taci … ad ognun s’asconda
Che amasti Margherita
E ch’io ti diedi il cor …
Volgendosi al cielo.
A questa moribonda …
Perdonerai, Signor.
Padre santo … mi salva …
Armonie celestiali.
E voi, celesti, proteggete questa
Che a voi si volge … Enrico …
Mi fai ribrezzo.
Cade.
FAUST.
O strazio!
VOCI dall’alto.
È salva!
MEFISTOFELE.
A me, Faust.
Faust e Mefistofele scompaiono. Nel fondo il carnefice circondato di sgherri. Cala il sipario.
Fine del terzo atto e della prima parte
Parte seconda
Atto quarto
Elena: Dimmi, come farò a parlar l’idioma soave?
(Goethe: Faust secondo.)
La notte del sabba classico
Scena prima
Il fiume Penéios. Acque limpide, cespugli folti, fiori e fronde. La luna immobile allo Zenit spande sulla scena una luce incantevole. – Un tempio con due Sfingi a sinistra. Nel fondo Elena e Pantalis in una cimba di madreperla e d’argento; un gruppo di Sirene intorno alla barca. Faust giacerà assopito sulle zolle fiorite.
ELENA.
La luna immobile – innonda l’etere – d’un raggio pallido.
PANTALIS.
Calido balsamo – stillan le ramora – dai cespi roridi.
ELENA.
Doridi – silfidi, – cigni e nereidi – vagan sull’alighe.
L’aura è serena, – la luna è piena, – l’onda beata!
Canta, o sirena! – canta, o sirena! – la serenata!
FAUST assopito.
Elèna! Elèna!
ELENA.
Viandante languido, – t’appressa al margine – del flutto flebile.
PANTALIS.
Debile – cantico – t’invita, è florida – la via di mammole.
ELENA.
Cantan le tenere – sirene, amabili – grazie del mar.
L’aura è serena, – la luna è piena, – l’onda beata!
Canta, o sirena! – canta, o sirena! – la serenata.
FAUST.
Elèna! Elèna!
La cimba s’allontana e scompare portata dalle Sirene.
Mefistofele entra. Faust si desta.
MEFISTOFELE.
Ecco la notte del classico Sabba.
Gran ventura per te che cerchi vita
Nel regno delle favole; nel regno
Delle favole sei. Saggio consiglio
È di spiar ciascun nostra fortuna
Per opposto sentier.
FAUST.
Delibo l’aura
Del suo vago idïoma cantatrice!
Son sul suolo di Grecia! Ogni mia fibra
È posseduta dall’amor.
Faust esce.
MEFISTOFELE.
Al Bròcken,
Fra le streghe del Nord, ben io sapevo
Farmi obbedir, ma qui fra stranie larve
Più me stesso non trovo. Atri vapori
Dell’irto Harz, acri catrami e resine!
O prediletti alle mie nari! un’orma
Di voi non fiuto in quest’attica terra.
Ma qual s’inoltra volante o danzante
Gaietto sciame femminil? Vediamo.
Entrano le Coretidi. »Danza in cerchi« (Chorèa). Mefistofele annoiato e confuso esce.
Elena entra.
CORETIDI cantando con varie pose in tono dorico.
Trionfi ad Elena, carmini, corone,
Danze patetiche, ludi di cetera.
Circonfusa di sol il magico viso,
Tu irradi l’anime, riverberi il cielo.
ELENA assorta in una fatale visione.
Notte cupa, truce, senza fine, funèbre!
Orrida notte l’Ilio! implacato rimorso!
Nugoli d’arsa polvere al vento surgono e fanno
Più cieca la tenèbra. Di cozzantisi scudi,
Di carri stroscianti, di catapulte sonanti
L’etere è scossa! si muta il suol in volutàbro
Di sangue. I Numi terribili già ruggono, l’ire
Inferocendo della pugna; l’ispide torri
Ergonsi tragiche, negre, fra la caligin densa.
L’incendio già lambe le case. Veggonsi l’ombre
Degli Achèi proiette (bui profili giganti)
Vagolar le pareti in mezzo ai roghi.
Ahimè! ah!
Alto silenzio regna poscia dove fu Troia.
Entra Faust splendidamente vestito coll’abito dei Cavalieri del XV secolo; è seguito da Mefistofele, Nerèo, Pantalis, da piccoli Fauni e da Sirene.
CORETIDI.
PARTE PRIMA.
Chi vien? o strana, o mirabile vista!
PARTE SECONDA.
Un eroe tutto splendido s’inoltra!
PARTE TERZA.
Sul suo viso mestissimo si legge:
»Amor!«
TUTTO IL CORO.
Volgiti, Regina! Regina, volgiti e guarda.
Gruppo.
FAUST inchinandosi davanti ad Elena.
Forma ideal! purissima – della Bellezza eterna!
Un uom ti si prosterna – innamorato al suol.
Volgi vêr me la cruna – di tua pupilla bruna,
Vaga come la luna, – ardente come il sol.
ELENA.
Dal tuo respiro pendo e me chiamo beata
Ch’unica fra tutte le troadi e le argive ninfe
Spargo i voluttuosi fascini su cotanto amante!
FAUST.
La tranquilla immagine – della fanciulla blanda
Ch’amai là fra le nebbie – d’una perduta landa
Già disvanì, conquiso – m’ha un più sublime sguardo,
Più fulgurato viso, – e adora e tremo ed ardo!
MEFISTOFELE.
Oh stupore, prodigio!
Alle Coretidi.
Zitti lassù!
CORETIDI sommessamente.
Silenzio. – Quivi l’amor li aduna!
NERÈO E PANTALIS.
Coppia celeste sembrano, – Endimione e Luna!
Mefistofele, Pantalis, Nerèo e il Coro s’allontanano.
ELENA.
O incantesimo! parla! parla! qual magico soffio
Cotanto bèa la tua dolce loquela d’amore?
Il suon tu inserti al suon quasi alito d’eco
D’estasi piena.
»Dimmi, come farò a parlar d’idïoma soave?«
FAUST.
Frugo nel cor e ti rispondo: »Ave!«
Così tu pur, come augello a richiamo …
Frughi nel cor e mi rispondi: »T’amo!«
ELENA E FAUST.
Amore! mistero! celeste, profondo!
Già il tempo dilegua! cancellasi il mondo!
Già l’ore dai tetri mortali contate
Ramingan serene per plaghe beate!
ELENA.
Per plaghe beate ramingan serene!
E brividi ignoti mi cercan le vene.
FAUST E ELENA.
E un’aura di cantici esala il mio cuore.
Guardandoci in viso cantiamo l’amore!
Cantiamo l’amore guardandoci in viso!
L’amore delirio! L’amore sorriso!
L’amore visione! L’amore canzone!
Sia sempre nel tardo futuro sommerso
L’estremo suo canto, l’estremo suo verso!
CORETIDI E CORIFEI.
Poësia libera, t’alza pe‘ cieli!
Voli di folgore! impeti d’aquila!
Spinganti all’ultime reggie del sol.
Armonie diffuse nell’aria.
ELENA.
Giace in Arcadia una placida valle …
FAUST.
Ivi insieme vivrem …
ELENA.
E avrem per nido
Le grotte delle ninfe … e per guanciale …
FAUST.
Le tue morbide chiome.
ELENA.
E i fior del prato …
. . . . . . . . . . . . . . . . .
Si perdono mormorando fra i cespugli.
Fine del quatro atto
Epilogo
Faust: …Attimo fuggente!
Arrestati, sei bello!
La morte di Faust
Scena prima
Laboratorio di Faust, come nell’atto primo, ma qua e là diroccato dal tempo. – Voci magiche sparse nell’aria. – Faust, seduto sul seggiolone e conturbato, medita. – Mefistofele gli sta dietro come un incubo. – Notte. – Una lampada arde languidamente; scena quasi oscura. – Il Vangelo aperto, come nel primo atto, sul leggio.
MEFISTOFELE sottovoce, con un accento sinistro, fissando Faust.
Cammina, cammina, – superbo pensier;
La morte è vicina, la morte s’avanza
Per buio sentier.
FAUST alzandosi, come assorto in una estatica visione.
O rimembranza!
MEFISTOFELE.
(O canti! o memorie – d’incanti e di glorie,
Guidate a ruina – quell’animo altier.)
FAUST.
Corsi attraverso il mondo e i suoi miraggi!
Ghermii pel crine il desiderio alato!
MEFISTOFELE.
Hai bramato, hai gioito e poi bramato
Novellamente,
Né ancor dicesti all’attimo fuggente:
Ironico.
Arrestati, sei bello!
FAUST.
Ogni mortale
Mister conobbi, il Real, l’Ideale,
L’Amore della Vergine, l’Amore
Della Dea … Sì … Ma il Real fu dolore
E l’Ideal fu sogno.
MEFISTOFELE.
(Spiar voglio il suo cuor.
All’erta, tentator!)
FAUST.
Giunto sul passo estremo – della più estrema età,
In un sogno supremo – si bea l’anima già;
Re d’un placido mondo, – d’una landa infinita,
A un popol fecondo – voglio donar la vita.
Sotto una savia legge – vo‘ che surgano a mille
A mille e genti e gregge – e case e campi e ville.
Voglio che questo sogno – sia la santa poesia
E l’ultimo bisogno – dell’esistenza mia.
Nel fondo della scena apparirà confusamente una visione di popoli celestiali.
Ecco, la nuova turba – al guardo mio si svela!
Ecco … un colle s’inurba – e un popolo s’inciela.
MEFISTOFELE.
(Ah, qual baglior conturba – il muto tenebror?!
Ah! Il Ben gli si rivela! – all’erta, tentator!)
FAUST.
Già mi bèo nell’augusto – raggio di tanta aurora!
Già nell’idea pregusto – l’alta ineffabil ora!
MEFISTOFELE.
(All’erta! all’erta!
È la battaglia incerta – fra Satana ed il Ciel.)
A Faust, disciogliendo il mantello come nell’atto primo.
Vien! io distendo questo mantel
E volerem sull’aria! Faust! Faust! Faust!
La visione santa si fa più fulgida.
FALANGI CELESTI.
»Ave«, Signor degli angeli e dei santi
E delle sfere erranti,
E dei volanti – cherubini d’ôr.
MEFISTOFELE esorcizzando verso l’alcova, dove appariscono le sirene in mezzo ad una luce calda.
Odi il canto d’amor
Che un dì beò il tuo cor.
Vieni a inebbriar le vene
Sul sen delle sirene!
FALANGI CELESTI continuando.
Dall’eterna armonia dell’Universo
Nel glauco spazio immerso
Emana un verso – di supremo amor;
E s’erge a Te per l’aure azzurre e cave
In suon soave. – »Ave«.
La visione delle Sirene s’oscura: quella del fondo si farà sempre più luminosa.
MEFISTOFELE avventandosi verso Faust.
Torci il guardo!
FAUST Con un gesto possente va ad afferrare il Vangelo..
Arrestati, sei bello!
Baluardo m’è il Vangelo!!
Cadendo ginocchioni e appoggiandosi sulla Bibbia.
Dio clemente, m’allontana
Dal demonio mio beffardo.
MEFISTOFELE.
Torci il guardo! Torci il guardo!
FAUST.
Non indurmi in tentazion!
MEFISTOFELE sempre più agitato.
(Già strilla l’angelico stuolo,
Ghermiamo quell’anima al volo.
Già l’opra del male distrugge
Iddio col suo stolto perdon!)
FAUST rapito nell’estasi della visione.
Vola il cantico ardente
Del celestial drappello!
»Santo attimo fuggente,
Arrestati, sei bello!«
A me l’eternità!
Cade morto.
I CHERUBINI Scende una pioggia di rose sulla salma di Faust..
Spargiamo un profluvio di rose,
Un nembo di foglie odorose,
Un effluvio di fior;
Oriamo, la povera salma
S’involi, redenta quell’alma
Nel mistico amor.
Cade una pioggia di rose e di raggi su Mefistofele.
Spargiamo un diluvio di rose
Sul mostro, e le gelide e irose
Sue membra contorca furente
In mezzo alla pioggia rovente
Che spargono i cherubi d’ôr.
Siam nimbi – volanti – dai limbi,
Nei santi – splendori – vaganti,
Siam cori – di bimbi, – d’amori.
MEFISTOFELE sotto i raggi e sotto la pioggia di rose, dibattendosi e irridendo.
Diluvian le rose – sull’arsa mia testa;
Le membra ho corrose – dai raggi e dai fior.
M’assale la mischia – di mille angioletti,
Trionfan gli eletti, – ma il reprobo fischia!
Si sprofonda.
FALANGI.
Ave, Signor degli angeli e dei santi
E delle sfere erranti
E dei volanti – cherubini d’ôr.
Dall’eterna armonia dell’Universo
Nel glauco spazio immerso
Emana un verso – di supremo amor;
E s’erge a te per l’aure azzurre e cave
In suon soave.
»Ave.«
Fine