Gaetano Donizetti
L’elisir d’amore
Melodramma in due atti
Libretto von Felice Romani
Uraufführung: 12.05.1832, Teatro della Canobbiana (heute: Teatro Lirico), Mailand
Personaggi
Adina, ricca e capricciosa fittaiuola (Soprano)
Nemorino, coltivatore; giovine semplice, innamorato di Adina (Tenore)
Belcore, sergente di guarnigione nel villaggio (Baritono)
Il Dottore Dulcamara, medico ambulante (Basso comico)
Giannetta, villanella (Soprano)
Cori e Comparse:
Villani e Villanelle, Soldati e Suonatori del Reggimento, un Notaio, due Servitori, un Moro
L’azione è in un villaggio nel paese dei Baschi.
Atto primo
Scena prima
L’ingresso d’una fattoria.
Campagna in fondo ove scorre un ruscello sulla cui riva alcune lavandaie preparano il bucato. In mezzo un grande albero, sotto il quale riposano Giannetta, i mietitori e le mietitrici. Adina siede in disparte leggendo. Nemorino l’osserva da lontano.
GIANNETTA E CORO.
Bel conforto al mietitore,
Quando il sol più ferve e bolle,
Sotto un faggio, appie‘ di un colle,
Riposarsi e respirar!
Del meriggio il vivo ardore
Tempran l’ombre e il rio corrente;
Ma d’amor la vampa ardente
Ombra o rio non può temprar.
Fortunato il mietitore,
Che da lui si può guardar!
NEMORINO osservando Adina che legge.
Quanto è bella, quanto è cara!
Più la vedo e più mi piace …
Ma in quel cor non son capace
Lieve affetto d’inspirar.
Essa legge, studia, impara …
Non vi ha cosa ad essa ignota …
Io son sempre un idïota,
Io non so che sospirar.
Chi la mente mi rischiara?
Chi m’insegna a farmi amar?
ADINA ridendo.
Benedette queste carte!
È bizzarra l’avventura.
GIANNETTA.
Di che ridi? fanne a parte
Di tua lepida lettura.
ADINA.
È la storia di Tristano!
È una cronaca d’amor.
CORO.
Leggi, leggi.
NEMORINO.
(A lei pian piano
Vo accostarmi, entrar fra lor.)
ADINA.
Della crudele Isotta
Il bel Tristano ardea,
Né fil di speme avea
Di possederla un dì.
Quando si trasse al piede
Di saggio incantatore,
Che in un vasel gli diede
Certo elisir d’amore,
Per cui la bella Isotta
Da lui più non fuggì.
TUTTI.
Elisir di sì perfetta,
Di sì rara qualità,
Ne sapessi la ricetta,
Conoscessi chi ti fa!
ADINA.
Appena ei bebbe un sorso
Del magico vasello,
Che tosto il cor rubello
D’Isotta intenerì.
Cambiata in un istante,
Quella beltà crudele
Fu di Tristano amante,
Visse a Tristan fedele;
E quel primiero sorso
Per sempre benedì.
TUTTI.
Elisir di sì perfetta,
Di sì rara qualità,
Ne sapessi la ricetta,
Conoscessi chi ti fa!
Scena seconda
Suona il tamburo, tutti si alzano. Giunge Belcore guidando un drappello di Soldati che rimangono schierati nel fondo. Si appressa ad Adina, la saluta e le presenta un mazzetto.
BELCORE.
Come Paride vezzoso
Porse il pomo alla più bella,
Mia diletta villanella,
Io ti porgo questi fior.
Ma di lui più glorïoso,
Più di lui felice io sono,
Poiché in premio del mio dono
Ne riporto il tuo bel cor.
ADINA alle donne.
(È modesto il signorino!)
GIANNETTA E CORO.
(Sì, davvero.)
NEMORINO.
(Oh! mio dispetto!)
BELCORE.
Veggo chiaro in quel visino
Ch’io fo breccia nel tuo petto.
Non è cosa sorprendente;
Son galante, son sergente.
Non v’ha bella che resista
Alla vista d’un cimiero;
Cede a Marte, Dio guerriero,
Fin la madre dell’Amor.
ADINA.
(È modesto!)
GIANNETTA E CORO.
(Sì, davvero.)
NEMORINO.
(Essa ride … oh! mio dolor!)
BELCORE.
Or se m’ami, com’io t’amo,
Che più tardi a render l’armi?
Idol mio, capitoliamo;
In qual dì vuoi tu sposarmi?
ADINA.
Signorino, io non ho fretta;
Un tantin pensar ci vo‘.
NEMORINO.
(Me infelice! s’ella accetta,
Disperato io morirò.)
BELCORE.
Più tempo, oh Dio, non perdere:
Volano i giorni e l’ore:
In guerra ed in amore
È fallo l’indugiar.
Al vincitore arrenditi;
Da me non puoi scappar.
ADINA.
Vedete di quest’uomini,
Vedete un po‘ la boria!
Già cantano vittoria
Innanzi di pugnar.
Non è, non è sì facile
Adina conquistar.
NEMORINO.
(Un po‘ del suo coraggio
Amor mi desse almeno!
Direi siccome io peno,
Pietà potrei trovar.
Ma sono troppo timido,
Ma non poss’io parlar.)
GIANNETTA E CORO.
(Davver, saria da ridere
Se Adina ci cascasse,
Se tutti vendicasse
Codesto militar!
Sì, sì; ma è volpe vecchia;
E a lei non si può far.)
BELCORE.
Intanto o mia ragazza,
Occuperò la piazza. – Alcuni istanti
Concedi a‘ miei guerrieri
Al coperto posar.
ADINA.
Ben volentieri.
Mi chiamo fortunata
Di potervi offerir una bottiglia.
BELCORE.
Obbligato. (Io son già della famiglia.)
ADINA.
Voi ripigliar potete
Gl’interrotti lavori. Il sol declina.
TUTTI.
Andiam, andiam.
Partono Belcore, Giannetta e il Coro.
Scena terza
Nemorino e Adina.
NEMORINO.
Una parola, o Adina.
ADINA.
L’usata seccatura!
I soliti sospir! Faresti meglio
A recarti in città presso tuo zio,
Che si dice malato, e gravemente.
NEMORINO.
Il suo mal non è niente – appresso al mio.
Partirmi non poss’io …
Mille volte il tentai …
ADINA.
Ma s’egli more,
E lascia erede un altro? …
NEMORINO.
E che m’importa? …
ADINA.
Morrai di fame, e senza appoggio alcuno …
NEMORINO.
O di fame o d’amor … per me è tutt’uno.
ADINA.
Odimi. Tu sei buono,
Modesto sei, né al par di quel sergente
Ti credi certo d’inspirarmi affetto;
Così ti parlo schietto,
E ti dico che invano amor tu speri,
Ché capricciosa io sono, e non v’ha brama.
Che in me tosto non muoia appena è desta.
NEMORINO.
Oh! Adina! … e perché mai? …
ADINA.
Bella richiesta!
Chiedi all’aura lusinghiera
Perché vola senza posa
Or sul giglio, or sulla rosa,
Or sul prato, or sul ruscel;
Ti dirà che è in lei natura
L’esser mobile e infedel.
NEMORINO.
Dunque io deggio? …
ADINA.
All’amor mio
Rinunziar, fuggir da me.
NEMORINO.
Cara Adina! … non poss’io.
ADINA.
Tu nol puoi? Perché?
NEMORINO.
Perché!
Chiedi al rio perché gemente
Dalla balza ov’ebbe vita
Corre al mar che a sè l’invita,
E nel mar sen va a morir:
Ti dirà che lo trascina
Un poter che non sa dir.
ADINA.
Dunque vuoi?
NEMORINO.
Morir com’esso,
Ma morir seguendo te.
ADINA.
Ama altrove: è a te concesso.
NEMORINO.
Ah! possibile non è.
ADINA.
Per guarir di tal pazzia,
Ch’è pazzia l’amor costante,
Dêi seguir l’usanza mia,
Ogni dì cambiar d’amante.
Come chiodo scaccia chiodo,
Così amor discaccia amor.
In tal guisa io me la godo,
In tal guisa ho sciolto il cor.
NEMORINO.
Ah! te sola io vedo, io sento,
Giorno e notte, e in ogni oggetto;
D’obliarti invano io tento.
Il tuo viso ho sculto in petto …
Col cambiarti qual tu fai,
Può cambiarsi ogn’altro amor,
Ma non può, non può giammai
Il primiero uscir dal cor.
Partono.
Scena quarta
Piazza nel villaggio.
Osteria della Pernice da un lato. Paesani che vanno e che vengono occupati in varie faccende. Odesi un suono di tromba; escono dalle case le Donne con curiosità; vengono quindi gli Uomini, ecc. ecc.
DONNE.
Che vuol dire codesta sonata?
UOMINI.
La gran nuova! venite a vedere.
DONNE.
Cos’è stato?
UOMINI.
In carrozza dorata
È arrivato un signor forestiere.
Se vedeste che nobil sembiante!
Che vestito! che treno brillante!
TUTTI.
Certo, certo egli è un gran personaggio …
Un barone, un marchese in viaggio …
Qualche grande che corre la posta …
Forse un duca … fors’anche di più.
Osservate … si avanza … si accosta:
Giù i berretti, i cappelli; giù, giù.
Scena quinta
Dottore Dulcamara sopra un carro dorato, in piedi, avendo in mano delle carte e delle bottiglie. Dietro ad esso un servitore che suona la tromba. Tutti i Paesani lo circondano.
DULCAMARA.
Udite, udite, o rustici;
Attenti, non fiatate.
Io già suppongo e imagino
Che al par di me sappiate
Ch’io sono quel gran medico,
Dottore enciclopedico
Chiamato Dulcamara,
La cui virtù preclara,
E i portenti infiniti
Son noti all’universo … e in altri siti.
Benefattor degli uomini,
Riparator de‘ mali,
In pochi giorni io sgombero,
Io spazzo gli ospedali,
E la salute a vendere
Per tutto il mondo io vo.
Compratela, compratela,
Per poco io ve la do.
È questo l’odontalgico
Mirabile liquore,
Dei topi e delle cimici
Possente distruttore.
I cui certificati
Autentici, bollati
Toccar, vedere e leggere
A ciaschedun farò.
Per questo mio specifico,
Simpatico, prolifico,
Un uom settuagenario
E valetudinario,
Nonno di dieci bamboli
Ancora diventò.
Per questo Tocca e sana
In breve settimana
Più d’un’afflitta vedova
Di piangere cessò.
O voi matrone rigide,
Ringiovanir bramate?
Le vostre rughe incomode
Con esso cancellate.
Volete voi, donzelle,
Ben liscia aver la pelle?
Voi, giovani galanti,
Per sempre aver amanti?
Comprate il mio specifico,
Per poco io ve lo do.
Ei muove i paralitici;
Spedisce gli apopletici,
Gli asmatici, gli asfitici,
Gl’isterici, i diabetici,
Guarisce i timpanitidi,
E scrofole e rachitidi,
E fino il mal di fegato
Che in moda diventò.
Comprate il mio specifico,
Per poco io ve lo do.
L’ho portato per la posta
Da lontano mille miglia,
Mi direte: quanto costa?
Quanto vale la bottiglia?
Cento scudi? … trenta? … venti? …
No … nessuno si sgomenti.
Per provarvi il mio contento
Di sì amico accoglimento,
Io vi voglio, o buona gente,
Uno scudo regalar.
CORO.
Uno scudo veramente?
Più brav’uom non si può dar.
DULCAMARA.
Ecco qua: così stupendo,
Sì balsamico elisire,
Tutta Europa sa ch’io vendo
Niente men di nove lire:
Ma siccome è pur palese,
Ch’io son nato nel paese,
Per tre lire a voi lo cedo:
Sol tre lire a voi richiedo;
Così chiaro è come il sole,
Che a ciascuno che lo vuole
Uno scudo bello e netto
In saccoccia io faccio entrar.
Ah! di patria il caldo affetto
Gran miracoli può far.
CORO.
È verissimo: porgete.
Gran dottore che voi siete!
Noi ci abbiam del vostro arrivo
Lungamente a ricordar.
Scena sesta
Nemorino e detti.
NEMORINO.
(Ardir! Ha forse il cielo
Mandato espressamente per mio bene
Quest’uom miracoloso nel villaggio.
Della scïenza sua voglio far saggio.)
Dottore, perdonate …
È ver che possediate
Segreti portentosi? …
DULCAMARA.
Sorprendenti.
La mia saccoccia è di Pandora il vaso.
NEMORINO.
Avreste voi … per caso …
La bevanda amorosa
Della regina Isotta?
DULCAMARA.
Ah! … che? … che cosa?
NEMORINO.
Voglio dire … lo stupendo
Elisir che desta amore …
DULCAMARA.
Ah! sì, sì, capisco, intendo,
Io ne son distillatore.
NEMORINO.
E fia vero?
DULCAMARA.
Se ne fa
Gran consumo in questa età.
NEMORINO.
Oh fortuna! e ne vendete? …
DULCAMARA.
Ogni giorno a tutto il mondo.
NEMORINO.
E qual prezzo ne volete?
DULCAMARA.
Poco … assai … cioè … secondo …
NEMORINO.
Un zecchin … null’altro ho qua …
DULCAMARA.
È la somma che ci va.
NEMORINO.
Ah! prendetelo, dottore.
DULCAMARA.
Ecco il magico liquore.
NEMORINO.
Obbligato, ah! sì, obbligato!
Son felice, son beato.
Elisir di tal bontà,
Benedetto chi ti fa!
DULCAMARA.
(Nel paese che ho girato
Più d’un gonzo ho ritrovato,
Ma un eguale, in verità,
Non si trova, non si dà.)
NEMORINO.
Ehi … Dottore … un momentino …
In qual modo usar si puote?
DULCAMARA.
Con riguadro; pian, pianino
La bottiglia un po‘ si scuote …
Poi si stura … ma si bada …
Che il vapor non se ne vada.
Quindi al labbro lo avvicini
E lo bevi a centellini,
E l’effetto sorprendente
Non ne tardi a conseguir.
NEMORINO.
Sul momento?
DULCAMARA.
A dire il vero,
Necessario è un giorno intero.
(Tanto tempo sufficiente
Per cavarmela e fuggir.)
NEMORINO.
E il sapore?
DULCAMARA.
Egli è eccellente …
(È Bordò, non elisir.)
Giovinotto! ehi? ehi?
NEMORINO.
Signore?
DULCAMARA.
Sovra ciò … silenzio … sai?
Oggidì spacciar l’amore
È un affar geloso assai:
Impacciar se ne potria
Un tantin l’Autorità.
NEMORINO.
Ve ne do la fede mia:
Neanche un’anima il saprà.
DULCAMARA.
Va, mortale avventurato;
Un tesoro io t’ho donato:
Tutto il sesso femminino
Te doman sospirerà.
(Ma doman di buon mattino
Ben lontan sarò di qua.)
NEMORINO.
Ah! dottor, vi do parola
Ch’io berrò per una sola:
Né per altra, e sia pur bella,
Né una stilla avanzerà.
(Veramente amica stella
Ha costui mandato qua.)
Dulcamara entra nell’osteria.
Scena settima
Nemorino solo.
NEMORINO.
Caro elisir! sei mio!
Sì, tutto mio … – Com’esser dee possente
La tua virtù, se, non bevuto ancora,
Di tanta gioia già mi colmi il petto!
Ma perché mai l’effetto
Non ne poss’io vedere
Prima che un giorno intier non sia trascorso?
Bevasi.
Beve.
Oh! buono! – Oh! caro! – un altro sorso.
Beve ancora.
Oh! qual di vena in vena
Dolce calor mi scorre! … Ah! forse anch’essa …
Forse la fiamma istessa
Incomincia a sentir … Certo la sente …
Me l’annunzia la gioia e l’appetito
Che in me si risvegliò tutto in un tratto …
Siede sulla panca dell’osteria; si cava di saccoccia pane e frutti, e mangia cantando a gola piena.
La rà, la rà, la rà.
Scena ottava
Adina e detto.
ADINA.
(Chi è mai quel matto?
Traveggo? O è Nemorino?
Così allegro! E perché?)
NEMORINO.
(Diamine! è dessa …
Si alza per correre a lei, ma si arresta e siede di nuovo.
Ma no … Non ci appressiam … De‘ miei sospiri
Non si stanchi per or. Tant’è … domani
Adorar mi dovrà quel cor spietato.)
ADINA.
(Non mi guarda neppur! com’è cambiato!)
NEMORINO.
La rà, la rà, la lera
La rà, la rà, la rà …
ADINA.
(Non so se è finta o vera
La sua giocondità.)
NEMORINO.
(Finora amor non sente.)
ADINA.
(Vuol far l’indifferente.)
NEMORINO.
(Esulti pur la barbara
Per poco alle mie pene!
Domani avranno termine,
Domani mi amerà.)
ADINA.
(Spezzar vorria lo stolido,
Gettar le sue catene;
Ma gravi più del solito
Pesar le sentirà.)
NEMORINO.
La rà, la rà …
ADINA avvicinandosi a lui.
Bravissimo!
La lezïon ti giova.
NEMORINO.
È ver; la metto in opera
Così per una prova.
ADINA.
Dunque il soffrir primiero?
NEMORINO.
Dimenticarlo io spero.
ADINA.
Dunque l’antico foco?
NEMORINO.
Si estiguerà fra poco.
Ancora un giorno solo,
E il core guarirà.
ADINA.
Davver me ne consolo …
Ma pure … si vedrà.
Scena nona
Belcore di dentro, indi in scena, e detti.
BELCORE cantando.
Tran tran, tran tran, tran tran.
In guerra ed in amore
L’assedio annoia e stanca.
ADINA.
(A tempo vien Belcore.)
NEMORINO.
(È qua quel seccator.)
BELCORE entrando.
Io vado all’arma bianca
In guerra ed in amor.
ADINA.
Ebben, gentil sergente,
La piazza vi è piaciuta?
BELCORE.
Difesa è bravamente
E invano ell’è battuta.
ADINA.
E non vi dice il core
Che presto cederà?
BELCORE.
Ah, lo volesse Amore!
ADINA.
Vedrete che vorrà.
BELCORE.
Quando? saria possibile!
NEMORINO.
(A mio dispetto io tremo.)
BELCORE.
Favella, o mio bell’angelo;
Quando ci sposeremo?
ADINA.
Prestissimo.
NEMORINO.
(Che sento?)
DULCAMARA.
Ma quando?
ADINA guardando Nemorino.
Fra sei dì.
BELCORE.
O gioia! son contento.
NEMORINO ridendo.
Ah! ah! va ben così.
BELCORE.
(Che cosa trova a ridere
Cotesto scimunito?
Or or lo piglio a scopole
Se non va via di qua.)
ADINA.
(E può sì lieto ed ilare
Sentir che mi marito!
Non posso più nascondere
La rabbia che mi fa.)
NEMORINO.
(Gradasso! Ei già s’imagina
Toccare il ciel col dito:
Ma tesa è già la trappola,
Doman se ne avvedrà.)
Scena decima
Suona il tamburo; Giannetta con le contadine, indi accorrono i Soldati di Belcore.
GIANNETTA.
Signor sergente, signor sergente,
Di voi richiede la vostra gente.
BELCORE.
Son qua: che è stato? perché tal fretta?
SOLDATO.
Son due minuti che una staffetta
Non so qual ordine per voi recò.
BELCORE leggendo.
Il capitano! … ah! ah! va bene.
Su, camerati; partir conviene.
CORO.
Partire e quando?
BELCORE.
Doman mattina.
CORO.
O ciel, sì presto!
NEMORINO.
(Afflitta è Adina.)
BELCORE.
Espresso è l’ordine. – Che dir non so.
CORO.
Maledettissima combinazione!
Cambiar sì spesso di guarnigione!
Dover le / gli amanti abbandonar.
BELCORE.
Espresso è l’ordine, – non so che far.
Carina! Udisti? domani, addio!
Ad Adina.
Almen ricordati – dell’amor mio.
NEMORINO.
(Sì, sì, domani ne udrai la nuova.)
ADINA.
Di mia costanza ti darò prova:
La mia promessa rammenterò.
NEMORINO.
(Sì, sì, domani te lo dirò.)
BELCORE.
Se a mantenerla tu sei disposta,
Ché non anticipi? che mai ti costa?
Fin da quest’oggi non puoi sposarmi?
NEMORINO.
(Fin da quest’oggi! …)
ADINA osservando Nemorino.
(Si turba, parmi.)
Ebben, quest’oggi …
NEMORINO.
Quest’oggi! o Adina!
Quest’oggi, dici? …
ADINA.
E perché no? …
NEMORINO.
Aspetta almeno fin domattina.
BELCORE.
E tu che c’entri? vediamo un po‘.
NEMORINO.
Adina, credimi, te ne scongiuro..
Non puoi sposarlo … te ne assicuro …
Aspetta ancora … un giorno appena …
Un breve giorno … io so perché,
Domani, o cara, ne avresti pena;
Te ne dorresti al par di me.
BELCORE.
Il ciel ringrazia, o babbuino,
Che matto, o preso tu sei dal vino!
Ti avrei strozzato, ridotto in brani,
Se in questo istante tu fossi in te.
Infin ch’io tengo a fren le mani,
Va via, buffone, ti ascondi a me.
ADINA.
Lo compatite, egli è un ragazzo;
Un malaccorto, un mezzo pazzo.
Si è fitto in capo ch’io debba amarlo,
Perch’ei delira d’amor per me.
(Vo‘ vendicarmi, vo‘ tormentarlo,
Vo‘ che pentito mi cada al pie‘.)
GIANNETTA.
Vedete un poco quel semplicione!
CORO.
Ha pur la strana presunzïone;
Ei pensa farla ad un sergente,
A un uom di mondo, cui par non è.
Oh sì, perbacco, è veramente
La bella Adina boccon per te!
ADINA con risoluzione.
Andiamo, Belcore,
Si avverta il notaro.
NEMORINO smanioso.
Dottore! Dottore …
Soccorso! riparo!
GIANNETTA E CORO.
È matto davvero.
ADINA.
(Me l’hai da pagar.)
A lieto convito,
Amici, v’invito.
BELCORE.
Giannetta, ragazze,
Vi aspetto a ballar.
GIANNETTA E CORO.
Un ballo! un banchetto!
Chi può ricusar?
ADINA, BELCORE, GIANNETTA E CORO.
Fra lieti concenti, – gioconda brigata,
Vogliamo contenti – passar la giornata;
Presente alla festa – Amore verrà.
(Ei perde la testa: – da rider mi fa.)
NEMORINO.
Mi sprezza il Sergente, – mi burla l’ingrata,
Zimbello alla gente – mi fa la spietata.
L’oppresso mio core – più speme non ha.
Dottore! Dottore! – Soccorso! pietà!
Adina dà la mano a Belcore e si avvia con esso. Raddoppiano le smanie di Nemorino; gli astanti lo dileggiano.
Fine dell’atto primo.
Atto secondo
Scena prima
Interno della fattoria d’Adina.
Da un lato tavola apparecchiata a cui sono seduti Adina, Belcore, Dulcamara e Giannetta. Gli abitanti del villaggio in piedi bevendo e cantando. Di contro i suonatori del reggimento montati sopra una specie d’orchestra suonando le trombe.
CORO.
Cantiamo, facciam brindisi.
A sposi così amabili.
Per lor sian lunghi e stabili
I giorni del piacer.
BELCORE.
Per me l’amore e il vino
Due numi ognor saranno.
Compensan d’ogni affanno
La donna ed il bicchier.
ADINA.
(Ci fosse Nemorino!
Me lo vorrei goder.)
DULCAMARA.
Poiché cantar vi alletta,
Uditemi, signori:
Ho qua una canzonetta
Di fresco data fuori.
Vivace, grazïosa
Che gusto vi può dar;
Purché la bella sposa
Mi voglia secondar.
TUTTI.
Sì, sì, l’avremo cara:
Dev’esser cosa rara,
Se il grande Dulcamara
È giunta a contentar.
DULCAMARA.
Cava di saccoccia alcuni libretti e ne dà uno ad Adina.
La Nina Gondoliera,
E il Senator Tredenti.
Barcarola a due voci. – Attenti!
TUTTI.
Attenti!
Strofa I.
DULCAMARA.
Io son ricco, e tu sei bella,
Io ducati, e vezzi hai tu.
Perché a me sarai rubella,
Nina mia, che vuoi di più?
ADINA.
Quale onore! – un senatore
Me d’amore – supplicar!
Ma, modesta gondoliera,
Un par mio mi vo‘ sposar.
DULCAMARA.
Idol mio, non più rigor,
Fa felice un senator.
ADINA.
Eccellenza! troppo onor;
Io non merto un senator.
Strofa II.
DULCAMARA.
Adorata Barcarola,
Prendi l’oro e lascia amor.
Lieve è questo, e lieve vola:
Pesa quello, e resta ognor.
ADINA.
Quale onore! – un senatore
Me d’amore – supplicar!
Ma Zanetto – è giovinetto;
Ei mi piace, e il vo‘ sposar.
DULCAMARA.
Idol mio, non più rigor;
Fa felice un senator.
ADINA.
Eccellenza! troppo onor;
Io non merto un senator.
TUTTI.
Bravo, bravo Dulcamara!
La canzone è cosa rara;
Sceglier meglio non può certo
Il più esperto – cantator.
DULCAMARA.
Il dottore Dulcamara
In ogni arte è professor.
Si presenta un Notaro.
BELCORE.
Silenzio!
Tutti si fermano.
È qua il Notaro
Che viene a compier l’atto
Di mia felicità.
TUTTI.
Sia il ben venuto.
DULCAMARA.
T’abbraccio e ti saluto,
Primo uffizial, reclutator d’Imene.
ADINA.
(Giunto è il notaro, e Nemorin non viene!)
UOMINI.
Andiam, mia bella Venere …
Ma in quelle luci tenere
Qual veggo nuvoletto?
ADINA.
Non è niente.
(S’egli non è presente,
Compita non mi par la mia vendetta.)
BELCORE.
Andiamo a segnar l’atto: il tempo affretta.
Partono tutti: Dulcamara ritorna indietro, e si mette a tavola.
Scena seconda
Dulcamara e Nemorino.
DULCAMARA.
Le feste nuzïali
Son piacevoli assai; ma quel che in esse
Mi dà maggior diletto
È l’amabile vista del banchetto.
NEMORINO sopra pensiero.
Ho veduto il notaro;
Sì, l’ho veduto … Non v’ha più speranza,
Nemorino, per te: spezzato ho il core.
DULCAMARA cantando fra i denti.
Idol mio, non più rigor;
Fa felice un senator.
NEMORINO.
Voi qui, dottore!
DULCAMARA.
Sì, m’han voluto a pranzo
Questi amabili sposi, e mi diverto
Con questi avanzi.
NEMORINO.
Ed io son disperato,
Fuori di me son io. Dottore, ho d’uopo
D’essere amato … prima di domani …
Adesso … su‘ due pie‘.
DULCAMARA S’alza.
(Cospetto, è matto!)
Recipe l’elisir, e il colpo è fatto.
NEMORINO.
E veramente amato
Sarò da lei?
DULCAMARA.
Da tutte: io tel prometto.
Se anticipar l’effetto
Dell’elisir tu vuoi, bevine tosto
Un’altra dose. (Io parto fra mezz’ora.)
NEMORINO.
Caro dottor, una bottiglia ancora.
DULCAMARA.
Ben volentier. Mi piace
Giovare a‘ bisognosi. – Hai tu danaro?
NEMORINO.
Ah! non ne ho più.
DULCAMARA.
Mio caro,
La cosa cambia aspetto. A me verrai
Subito che ne avrai. – Vieni a trovarmi
Qui presso alla Pernice,
Ci hai tempo un quarto d’ora.
Parte.
Scena terza
Nemorino, indi Belcore.
NEMORINO Si getta sopra una panca.
Oh me infelice!
BELCORE.
La donna è un animale
Stravagante davvero. Adina m’ama,
Di sposarmi è contenta, e differire
Pur vuol fino a stasera!
NEMORINO Si straccia i capelli.
(Ecco il rivale!
Mi spezzerei la testa di mia mano.)
BELCORE.
(Ebbene, – che cos’ha questo baggiano?)
Ehi, ehi, quel giovinotto;
Cos’hai che ti disperi?
NEMORINO.
Io mi dispero
Perché non ho denaro …
Né so dove trovarne.
BELCORE.
Ehi! scimunito!
Se denari non hai,
Fatti soldato… e venti scudi avrai.
NEMORINO.
Venti scudi?
BELCORE.
E ben sonanti.
NEMORINO.
Quando? adesso?
BELCORE.
Sul momento.
NEMORINO.
(Che far deggio?)
BELCORE.
E coi contanti
Gloria e onore al reggimento.
NEMORINO.
Ah! non è l’ambizïone,
Che seduce questo cor.
BELCORE.
Se è l’amore, in guarnigione
Non ti può mancar l’amor.
NEMORINO.
(Ai perigli della guerra
Io so ben che esposto sono,
Che doman la patria terra,
Zio, congiunti, ahimè! abbandono …
Ma so pur che, fuor di questa,
Altra strada a me non resta
Per poter del cor d’Adina
Un sol giorno trïonfar.
Ah! chi un giorno ottiene Adina
Fin la vita può lasciar.)
BELCORE.
Del tamburo al suon vivace,
Tra le file e le bandiere,
Aggirarsi Amor si piace,
Con le vispe vivandiere:
Sempre lieto, sempre gaio
Ha di belle un centinaio,
Di costanza non s’annoia,
Non si perde a sospirar.
Credi a me; la vera gioia
Accompagna il militar.
NEMORINO.
Venti scudi!
BELCORE.
Su due piedi.
NEMORINO.
Ebben, vada. Li prepara.
BELCORE.
Ma la carta che tu vedi
Pria di tutto dêi segnar.
Qua una croce.
Nemorino segna rapidamente e prende la borsa.
NEMORINO.
(Dulcamara
Volo tosto a ricercar.)
BELCORE.
Qua la mano, giovinotto,
Dell’acquisto mi consolo:
In complesso, sopra e sotto,
Tu mi sembri un buon figliuolo.
Sarai presto caporale
Se me prendi ad esemplar.
(Ho ingaggiato il mio rivale:
Anche questa è da contar.)
NEMORINO.
Ah! non sai chi m’ha ridotto
A tal passo, a tal partito:
Tu non sai qual cor sta sotto
A sì semplice vestito;
Quel che a me tal somma vale
Non potresti imaginar.
(Ah! non v’ha tesoro eguale
Se riesco a farmi amar.)
Partono.
Scena quarta
Rustico cortile aperto nel fondo.
Giannetta e Paesane.
CORO.
Saria possibile?
GIANNETTA.
Possibilissimo.
CORO.
Non è probabile.
GIANNETTA.
Probabilissimo.
CORO.
Ma come mai? Ma d’onde il sai?
Chi te lo disse? chi è? dov’è?
GIANNETTA.
Non fate strepito; parlate piano:
Non ancor spargere si può l’arcano:
È noto solo – al merciaiuolo,
Che in confidenza l’ha detto a me.
CORO.
Il merciaiuolo l’ha detto a te!
Sarà verissimo … oh bella affè!
GIANNETTA.
Sappiate dunque che l’altro dì
Di Nemorino lo zio morì,
Che al giovinotto lasciata egli ha
Cospicua, immensa eredità …
Ma zitte … piano, per carità.
Non deve dirsi.
CORO.
Non si dirà.
GIANNETTA.
Or Nemorino è milionario …
È l’Epulone del circondario …
Un uom di vaglia, un buon partito …
Felice quella cui fia marito!
Ma zitte… piano… per carità.
Non deve dirsi.
CORO.
Non si dirà.
Veggono Nemorino che si avvicina, e si ritirano in disparte curiosamente osservandolo.
Scena quinta
Nemorino e dette.
NEMORINO.
Dell’elisir mirabile
Bevuto ho in abbondanza,
E mi promette il medico
Cortese ogni beltà.
In me maggior del solito
Rinata è la speranza;
L’effetto di quel farmaco
Già, già sentir si fa.
CORO.
(È ognor negletto ed umile:
La cosa ancor non sa.)
NEMORINO per uscire.
Andiam.
GIANNETTA arrestandolo e inchinandolo.
Serva umilissima.
NEMORINO.
Giannetta!
CORO l’una dopo l’altra.
A voi m’inchino.
NEMORINO fra sè meravigliato.
(Cos’han codeste giovani!)
GIANNETTA E CORO.
Caro quel Nemorino!
Davvero ch’egli è amabile;
Ha l’aria da signor.
NEMORINO.
(Capisco: è questa l’opera
Del magico liquor.)
Scena sesta
Adina e Dulcamara escono da varie parti, si fermano in disparte meravigliati a veder Nemorino corteggiato dalle villanelle, e detti.
ADINA E DULCAMARA.
Che vedo?
NEMORINO vedendo Dulcamara.
Ah! ah! è bellissima!
Dottor, diceste il vero.
Già per virtù simpatica
Toccato ho a tutte il cor.
ADINA.
Che sento?
DULCAMARA.
E il deggio credere!
Alle paesane.
Vi piace?
CORO.
Oh sì, davvero.
È un giovane che merita
Da noi riguardi e onor.
DULCAMARA.
(Io cado dalle nuvole,
Il caso è strano e nuovo;
Sarei d’un filtro magico
Davvero possessor?)
NEMORINO.
(Non ho parole a esprimere
Il giubilo ch’io provo;
Se tutte, tutte m’amano,
Dev’ella amarmi ancor.)
ADINA.
(Credea trovarlo a piangere,
E in gioco, in festa il trovo;
Ah! non saria possibile
Se a me pensasse ancor!)
GIANNETTA E CORO.
(Oh il vago, il caro giovane;
Da lui più non mi movo.
Vo‘ fare l’impossibile
Per inspirargli amor.)
GIANNETTA a Nemorino.
Qui presso all’ombra è aperto il ballo.
Voi pur verrete?
NEMORINO.
Oh, senza fallo.
GIANNETTA E CORO.
E ballerete?
GIANNETTA.
Con me.
CORO.
Con me.
GIANNETTA.
Io son la prima.
CORO.
Son io, son io.
GIANNETTA.
Io l’ho impegnato.
CORO.
Anch’io, anch’io.
GIANNETTA E CORO strappandoselo l’una dall’altra.
Venite.
NEMORINO.
Piano.
CORO.
Scegliete.
NEMORINO.
Adesso.
A Giannetta.
Te per la prima;
Alle altre.
poi te, poi te.
DULCAMARA.
Misericordia! con tutto il sesso!
Liquor eguale del mio non v’è.
ADINA avanzandosi.
Ehi, Nemorino.
NEMORINO.
(Oh cielo! anch’essa!)
DULCAMARA.
(Ma tutte, tutte!)
ADINA.
A me t’appressa.
Belcor m’ha detto, che, lusingato
Da pochi scudi, ti fai soldato.
CORO.
Soldato! oh! diamine!
ADINA.
Tu fai gran fallo.
Su tale oggetto parlar ti vo‘.
NEMORINO.
Parlate pure.
Mentre vuol por mente ad Adina, odesi la musica del ballo: accorrono i paesani. Giannetta e le donne trascinano Nemorino.
GIANNETTA E CORO.
Al ballo, al ballo!
NEMORINO.
È vero, è vero,
Ad Adina
Or or v’udrò.
(Io già m’immagino che cosa brami,
Già senti il farmaco, di cor già m’ami;
Le smanie, i palpiti di core amante
Un solo istante – tu dêi provar.)
ADINA.
(Oh, come rapido fu il cambiamento:
Dispetto insolito in cor ne sento.
O Amor, ti vendichi di mia freddezza;
Chi mi disprezza – mi è forza amar.)
DULCAMARA.
(Sì, tutte l’amano, oh maraviglia!
Cara, mirabile la mia bottiglia!
Già mille piovono zecchin di peso;
Comincio un Creso – a diventar.)
GIANNETTA E CORO.
(Di tutti gli uomini del suo villaggio
Costei s’immagina avere omaggio:
Ma questo giovane sarà, lo giuro,
Un osso duro – da rosicchiar.)
Nemorino parte con Giannetta e il Coro.
Scena settima
Adina e Dulcamara.
ADINA.
Come sen va contento!
DULCAMARA.
La lode è mia.
ADINA.
Vostra, o dottor?
DULCAMARA.
Sì, tutta.
La gioia è al mio comando,
Io distillo il piacer, l’amor lambicco
Come l’acqua di rose; e ciò che adesso
Vi fa meravigliar nel giovinotto,
Tutto portento egli è del mio decotto.
ADINA.
Pazzie!
DULCAMARA.
Pazzie, voi dite?
Incredula! pazzie? Sapete voi
Dell’Alchimia il poter, il gran valore
Dell’Elisir d’amore
Della regina Isotta?
ADINA.
Isotta?
DULCAMARA.
Isotta.
Io n’ho d’ogni mistura e d’ogni cotta.
ADINA.
(Che ascolto?) E a Nemorino
Voi deste l’Elisir?
DULCAMARA.
Ei me lo chiese
Per ottener l’affetto
Di non so qual crudele …
ADINA.
Ei dunque amava?
DULCAMARA.
Languiva, sospirava
Senz’ombra di speranza; e per avere
Una goccia di farmaco incantato,
Vende‘ la libertà, si fe‘ soldato.
ADINA.
(Quanto amore! ed io, spietata!
Tormentai sì nobil cor!)
DULCAMARA.
(Essa pure è innamorata:
Ha bisogno del liquor.)
ADINA S’avvicina a Dulcamara.
Dunque … adesso … è Nemorino
In amor sì fortunato!
DULCAMARA.
Tutto il sesso femminino
È pel giovine impazzato.
ADINA.
E qual donna è a lui gradita?
Qual fra tante è preferita?
DULCAMARA.
Egli è il gallo della Checca,
Tutte segue, tutte becca.
ADINA.
(Ed io sola, sconsigliata,
Possedea quel nobil cor!)
DULCAMARA.
(Essa pure è innamorata:
Ha bisogno del liquor.)
Bella Adina! qua un momento …
Più dappresso … su la testa.
Tu sei cotta … io l’argomento
A quell’aria afflitta e mesta.
Se tu vuoi? …
ADINA.
S’io vo? che cosa?
DULCAMARA.
Su la testa, schizzinosa!
Se tu vuoi, ci ho la ricetta,
Che il tuo mal guarir potrà.
ADINA.
Ah, Dottor, sarà perfetta,
Ma per me virtù non ha.
DULCAMARA.
Vuoi vederti mille amanti
Spasimar, languire al piede?
ADINA.
Non saprei che far di tanti;
Il mio core un sol ne chiede.
DULCAMARA.
Render vuoi gelose, pazze
Donne, vedove, ragazze?
ADINA.
Non mi alletta, non mi piace
Di turbar altrui la pace.
DULCAMARA.
Conquistar vorresti un ricco?
ADINA.
Di ricchezze non mi picco.
DULCAMARA.
Un contino? Un marchesino?
ADINA.
No, non vo‘ che Nemorino.
DULCAMARA.
Prendi, su, la mia ricetta,
Che l’effetto ti farà.
ADINA.
Ah! Dottor, sarà perfetta,
Ma per me virtù non ha.
DULCAMARA.
Sciagurata! e avresti core
Di negare il suo valore?
ADINA.
Io rispetto l’elisire,
Ma per me ve n’ha un maggiore:
Nemorin, lasciata ogni altra,
Tutto mio, sol mio sarà.
DULCAMARA.
(Ahi! Dottore! è troppo scaltra:
Più di te costei ne sa.)
ADINA.
Una tenera occhiatina,
Un sorriso, una carezza,
Vincer può chi più si ostina,
Ammollir chi più ci sprezza.
Ne ho veduti tanti e tanti
Presi, cotti, spasimanti,
Che nemmanco Nemorino
Non potrà da me fuggir.
La ricetta è il mio visino,
In quest’occhi è l’elisir.
DULCAMARA.
Ah, lo vedo, bricconcella,
Ne sai più dell’arte mia;
Questa bocca così bella
È d’amor la spezieria:
Hai lambicco ed hai fornello
Caldo più d’un Mongibello,
Per filtrar l’amor che vuoi,
Per bruciare e incenerir.
Ah! vorrei cambiar coi tuoi
I miei vasi d’elisir.
Partono.
Scena ottava
NEMORINO solo.
Una furtiva lacrima
Negli occhi suoi spuntò …
Quelle festose giovani
Invidïar sembrò …
Che più cercando io vo?
M’ama, lo vedo.
Un solo istante i palpiti
Del suo bel cor sentir …
I miei sospir confondere
Per poco a‘ suoi sospir! …
Cielo, si può morir;
Di più non chiedo.
Eccola … Oh! qual le accresce
Beltà l’amor nascente!
A far l’indifferente
Si seguiti così finché non viene
Ella a spiegarsi.
Scena nona
Adina e Nemorino.
ADINA.
Nemorino! … ebbene?
NEMORINO.
Non so più dove io sia: giovani e vecchie,
Belle e brutte mi voglion per marito.
ADINA.
E tu?
NEMORINO.
A verun partito
Appigliarmi non posso. Attendo ancora …
La mia felicità… (che è pur vicina.)
ADINA.
Odimi.
NEMORINO allegro.
(Ah! ah! ci siamo.) Io v’odo, Adina.
ADINA.
Dimmi: perché partire,
Perché farti soldato hai risoluto?
NEMORINO.
Perché … perché ho voluto
Tentar se con tal mezzo il mio destino
Io potea migliorar.
ADINA.
La tua persona …
La tua vita ci è cara … Io ricomprai
Il fatale contratto da Belcore.
NEMORINO.
Voi stessa! (È naturale: opra è d’amore.)
ADINA.
Prendi; per me sei libero:
Resta nel suol natio,
Non v’ha destin sì rio,
Che non si cangi un dì.
Gli porge il contratto.
Qui, dove tutti t’amano,
Saggio, amoroso, onesto,
Sempre scontento e mesto
No, non sarai così.
NEMORINO.
(Or, or si spiega.)
ADINA.
Addio.
NEMORINO.
Che! mi lasciate?
ADINA.
Io … sì …
NEMORINO.
Null’altro a dirmi avete?
ADINA.
Null’altro.
NEMORINO Le rende il contratto.
Ebben, tenete.
Poiché non sono amato,
Voglio morir soldato;
Non v’ha per me più pace
Se m’ingannò il dottor.
ADINA.
Ah! fu con te verace,
Se presti fede al cor.
Sappilo alfine, ah! sappilo,
Tu mi sei caro e t’amo:
Quanto ti fei già misero,
Farti felice io bramo:
Il mio rigor dimentica;
Ti giuro eterno amor.
NEMORINO.
Oh! gioia inesprimibile!
Non m’ingannò il dottor.
Si getta ai piedi di Adina.
Scena ultima
Belcore con soldati e detti: indi Dulcamara con tutti del villaggio.
BELCORE.
Alto! … fronte! Che vedo? al mio rivale
L’armi presento!
ADINA.
Ella è così, Belcore,
E convien darsi pace ad ogni patto.
Egli è mio sposo: quel che è fatto …
BELCORE.
È fatto.
Tientelo pur, briccona.
Peggio per te! Pieno di donne è il mondo;
E mille e mille ne otterrà Belcore.
DULCAMARA.
Ve le darà questo elisir d’amore.
NEMORINO.
Caro dottor, felice
Io son per voi.
TUTTI.
Per lui!
DULCAMARA.
Per me. – Sappiate
Che Nemorino è divenuto a un tratto
Il più ricco castaldo del villaggio …
Poiché morto è lo zio …
ADINA E NEMORINO.
Morto lo zio!
GIANNETTA E DONNE.
Io lo sapevo.
DULCAMARA.
Lo sapevo anch’io.
Ma quel che non sapete,
Né potreste saper, egli è che questo
Sovrumano elisir può in un momento,
Non solo rimediar al mal di amore,
Ma arricchir gli spiantati.
CORO.
Oh! il gran liquore!
DULCAMARA.
Ei corregge ogni difetto,
Ogni vizio di natura,
Ei fornisce di belletto
La più brutta creatura;
Camminar ei fa le rozze,
Schiaccia gobbe, appiana bozze,
Ogni incomodo tumore
Copre sì che più non è …
CORO.
Qua, dottore, a me, dottore …
Un vasetto … due … tre …
DULCAMARA.
Egli è un’offa seducente
Pei guardiani scrupolosi:
È un sonnifero eccellente
Per le vecchie, pei gelosi:
Dà coraggio alle figliuole
Che han paura a dormir sole;
Svegliarino è per l’amore
Più potente del caffè.
CORO.
Qua, dottore … a me, dottore …
Un vasetto … due … tre …
In questo mentre è giunta in scena la carrozza di Dulcamara; egli vi sale, tutti lo circondano.
DULCAMARA.
Prediletti dalle stelle,
Io vi lascio un gran tesoro.
Tutto è in lui; salute e belle,
Allegria, fortuna ed oro.
Rinverdite, rifiorite,
Impinguate ed arricchite:
Dell’amico Dulcamara
Ei vi faccia ricordar.
CORO.
Viva il grande Dulcamara,
Dei dottori la fenice!
NEMORINO.
Io gli debbo la mia cara.
ADINA.
Per lui solo io son felice!
NEMORINO E ADINA.
Del suo farmaco l’effetto
Non potrò giammai scordar.
BELCORE.
Ciarlatano maledetto,
Che tu possa ribaltar!
Il servo di Dulcamara suona la tromba. La carrozza si muove. Tutti scuotono i loro cappelli e lo salutano.
CORO.
Viva il grande Dulcamara,
Possa presto a noi tornar!
Fine