Baldassare Galuppi

La diavolessa

Dramma giocoso per musica

Personaggi

Il Conte Nastri
La Contessa, sua Moglie
Dorina, Avventuriera
Don Poppone, Gentiluomo
Ghiandina, Cameriera
Giannino, Amante di Dorina
Falco, Locandiere
Gabrino, Servitore, che non parla

Atto primo.

Scena prima.

Camera nobile di Locanda.

Dorina, e Giannino, poi Falco.

DORINA.
Ho risolto, voglio andar.
Non mi state a tormentar.
GIANNINO.
Ah, Dorina, per pietà,
Mi volete lasciar quà?
DORINA.
Vostro danno Voglio andar.
GIANNINO.
Mi volete abbandonar?
FALCO.
Che c'è, che c'è di nuovo,
Che mi par di sentirvi un po‘ alterati?
DORINA.
Fateci i nostri conti.
Per me voglio andar via.
GIANNINO.
Mi vuole abbandonar Dorina mia.

A Falco.

FALCO.
Ma perchè mai? Oh povero ragazzo!
DORINA.
Perchè nel duro caso,
In cui ci ritroviamo,
E‘ necessario, che ci separiamo.
GIANNINO.
Ch'e è l'istesso che dir, che a dirittura.
Vada a porsi Giannino in sepoltura.
FALCO.
Non mi credeva mai,
Con vostra permissione,

A Dorina.

Che aveste così poca compassione.
DORINA.
Egli di casa mia
M‘ ha fatto venir via,
Ed or per sua cagion son nell'intrico.
GIANNINO.
Ma la voglio sposar …
DORINA.
Sposar mi vuole,
Ma non ha un soldo in tasca,
Onde sfogate le amorose brame,
Presto ci converrà morir di fame.
FALCO.
Dorina m'ha spiegato i sensi suoi.
Ora, Signor Giannino, che dite voi?
GIANNINO.
Io dico … che … vorrei …
FALCO.
Sposarla?
GIANNINO.
Sì, Signore.
FALCO.
E poi?
GIANNINO.
E poi,
Quando morrà mio Padre,
Ch'è vecchio, ed ammalato,
In casa mia vivremo in buono stato.
FALCO.
Dite la verità, Dorina mia,
Gli volete voi ben?
DORINA.
Se non l'amassi
Non avrei seguitati i di lui passi.
FALCO.
Dunque sta tutto il mal, per quel, ch'io sento,
Nel non aver denaro.
DORINA.
E vi par poco?
FALCO.
E quando in questo loco
Vi trovassi un‘ onesto assegnamento?
DORINA.
Gli porgerei la mano in quel momento.
FALCO.
Lasciate fare a me.
GIANNINO.
Falco vi prego.
DORINA.
Caro Falco gentil.
GIANNINO.
Falco garbato.
DORINA.
M'obbligherete assai.
GIANNINO.
Vi sarò grato.
FALCO.
Udite; evvi un riccone,
Che ha nome Don Poppone,
Il quale amando assai l'argento e l'oro,
Cerca sempre trovar qualche tesoro,
Basta che un forastier gli si presenti,
E con franchezza ostenti
L'abilità per tali scavazioni,
Gli leva dalla man scudi, e dobloni.
GIANNINO.
Ma io non ne so niente.
FALCO.
Cosa importa?
Istruirvi saprò, se voi volete.
Fidatevi di me, mi conoscete.
DORINA.
Tutto farò quello che far si puote
Per aver saviamente un po‘ di dote.
FALCO.
Basta, che col maestro
Si divida la preda.
DORINA.
E‘ cosa giusta.
GIANNINO.
Voi farete il comparto.
FALCO.
Di quello che verrà mi basta il quarto.
V'insegnerò la casa.
Andrete soli per non dar sospetto,
E vi dirò quello che dir dovrete.
Poi quando in casa siete,
Anch'io vengo a drittura
Per dar credito, e forza all‘ impostura.
GIANNINO.
Intanto ci darete
Da mangiare, cred‘ io …
FALCO.
Siete Padroni,
Tutto Dorina avrà quel che comanda;
E‘ a sua disposizion
La mia Locanda.
Se non fossi maritato
Non so dir cosa farei.
Oh Giannino fortunato,

A Giannino.

Che costei si goderà!
DORINA.
Oh davver siete garbato!
GIANNINO.
Ma non tanta carità.

A Falco.

FALCO.
E‘ graziosa, ed è gentile;
Non conosco la simile.
DORINA.
Obbligata in verità.
GIANNINO.
Ma non tanta carità.

A Falco.

FALCO.
Sei geloso poverino
E‘ geloso il mio Giannino,
E da ridere mi fa.

Parte.

GIANNINO.
Ho a soffrir questo dolore.
DORINA.
Colla fame, mio Signore,
Gelosia non si confà.

Parte.

GIANNINO.
La Signora dice bene,
E soffrire mi conviene
Per la mia necessità.

Parte.

Scena II.

Il Conte, e la Contessa, poi Gabrino.

CONTESSA.
Eh ben Signor Consorte,
Quanto dovremo noi
Stare in questa Locanda?
IL CONTE NASTRI.
Un po‘ di flemma,
Cara Contessa mia.
CONTESSA.
Quà non ci voglio star, voglio andar via.
IL CONTE NASTRI.
La lettera ho mandata
Al Signor Don Poppone,
Cui siam raccomandati,
E faremo da lui forse alloggiati.
CONTESSA.
Lo staffiere non vien colla risposta?
IL CONTE NASTRI.
Napoli è Citta grande.
Da Don Poppone a noi
V‘ è non poca distanza;
Aver conviene un po‘ di tolleranza.
CONTESSA.
Aspetterò che torni;
Sentirem la risposta; ma se mai
Noi questo Don Poppone
Ad invitar non manda,
Tosto voglio partir, cambiar Locanda.
IL CONTE NASTRI.
Perchè? Non siamo noi
Ben trattati fin‘ ora?
CONTESSA.
Eh sì, Signore,
Siam trattati benissimo.
Lo so, che contentissimo
Ci sta il Signor Consorte mio garbato,
Della bella straniera innamorato.
IL CONTE NASTRI.
Oh! di chi? di Dorina, V'ingannate.
CONTESSA.
Ch'io m'ingannassi si potrebbe dare;
Ma quì Io torno a dir non ci vo‘ stare.
IL CONTE NASTRI.
Ecco Gabrin che torna: or si sapra.
CONTESSA.
Bastami che si vada via di quà.
IL CONTE NASTRI.
Che risposta mi rechi?
Un foglio? Sentiremo.
Temo, che per esimersi
Trovi qualche pretesto.
CONTESSA.
Sia com'esser si voglia, io qui non resto.
IL CONTE NASTRI.
V‘ ho inteso; cento volte
L'avete replicato,
E mi avete stancato in verità.
Leggiamo.
CONTESSA.
Ma andar voglio via di quà.
IL CONTE NASTRI.
Che pazienza!

S'inchina.

Don Poppone Corbelli
Al Conte Nastri, e alla Contessa ancora.
Non potendo per ora
Venirli a riverire alla Locanda,
A supplicar li manda,
Che si degnin passar nel di lui tetto,
Esibito di cor per lor ricetto.
CONTESSA.
Andiam subito dunque …
IL CONTE NASTRI.
Adagio un poco,
Andar tosto in un loco
Senza saper … senza conoscer chi …
CONTESSA.
Ve lo ritorno a dir: non vo‘ star quì.
IL CONTE NASTRI.
Dunque andiamo, e sarà quel che sarà.
CONTESSA.
Bastami, che si vada via di quà.
IL CONTE NASTRI.
Via, tacete una volta;
Andremo sì, vi renderò contenta,
Ma fate, che gridar più non vi senta.

Parte.

Scena III.

LA CONTESSA sola.
Pretendono i mariti
Esser da noi trattati dolcemente.
Ma se non si fa niente colle buone
Convien gridare per aver ragione.
Tant'è. La Forastiera
M'ha dato gelosia;
Di quà voglio andar via. L'ho detto assai,
E son disposta a non tacer più mai.
S‘ inganna chi crede.
La Donna sia schiava,
Se il peso l‘ aggrava,
Defiosa si vede
Di sua libertà.
Compagno è lo sposo,
Non Prence tiranno.
E‘ un misero inganno
Di cuore orgoglioso.
L'usar crudeltà.

Scena IV.

Camera in Casa di Don Poppone.

Don Poppone, poi Ghiandina.

DON POPPONE.
Eh! ci mancava adesso
Questo novello imbroglio.
Alloggiar Forestieri … E mi dispiace …
Non vorrei, che sturbassero
L'operazion vicina
Del Tesor, che cavar deggio in cantina.
Dopo tant‘ anni, e tanti
Alfin sono arrivato
Un Tesoro a trovar sicuro, e certo;
E in casa mia, l‘ ho in casa mia scoperto,
Ma i forestier … Ghiandina.
GHIANDINA.
Signor, la mi comandi.
DON POPPONE.
Un amico di Roma,
Cui disgustar non voglio,
Mi ha mandato un imbroglio.
Un Conte e una Contessa
Mi son raccommandati
Alloggiar li ho invitati in casa mia:
Fate, che tutto preparato sia.
GHIANDINA.
Caro Signor Padrone,
E‘ ver che ricco siete;
Ma se così spendete allegramente,
Lo stato vostro ridurassi al niente.
DON POPPONE.
Cosa importa? Domani
Piene le casse avrem d'argento, e d'oro.
Ho scoperto un Tesoro.

Piano.

GHIANDINA.
Scoperto veramente,
O al solito trovato con la mente?
DON POPPONE.
Questa volta è sicuro.
L'ho trovato Ghiandina.
GHIANDINA.
Dove? Si può saper?
DON POPPONE.
Zitto. In cantina.
GHIANDINA.
Che al solito non sia …
DON POPPONE.
La cosa è certa;
Ho fatto la scoperta
Per via di certi sogni;
E ho fatto l'esperienza sopra il suolo
Anche colla bacchetta di nocciuolo.
GHIANDINA.
Per me non me ne intendo.
L'oro vedere attendo,
E quando lo vedrò,
Che l'abbiate trovato io crederò.
DON POPPONE.
E quando lo vedrete
Escir dalla cantina,
La padrona sarà … sarà Ghiandina.
GHIANDINA.
Se fosse ver.
DON POPPONE.
Verissimo;
Lo vedrete a momenti.
Ho imparato in un libro a far portenti.
Fin‘ or da più di un restai gabato;
Ma or sono illuminato,
Ed opero al sicuro,
E i Tesori trovar posso all‘ oscuro.
GHIANDINA.
Voglia il Ciel, che sia vero; e poi Signore
Un altro tesorretto
Di farvi ritrovare anch'io prometto.
DON POPPONE.
Dove? Come?
GHIANDINA.
Un tesoro
Voi troverete in me
D‘ onestà, di costanza, amore e fe.

Una donna, che apprezza il decoro
E‘ un tesoro, che pari non ha.
La bella onestà,
La mia fedeltà
Potrà farvi felice e contento,
Che l‘ argento – col tempo sen va.
Ma l'amore – nel core – si sta.

Parte.

Scene V.

Don Poppone, poi Ghiandina, che torna.

DON POPPONE.
E‘ vero; una fanciulla, come questa
Certamente è un tesoro;
Ma mi preme trovar quello dell‘ oro;
Perche fin‘ or poco nell‘ arte esperto,
Ho consumato il certo per l'incerto;
Ma ora sono al sicuro.
GHIANDINA.
Son venuti
Due forastieri a domandar di voi.
DON POPPONE.
Uomo, e donna?
GHIANDINA.
Sicuro.
DON POPPONE.
Saranno il Conte, e la Contessa; o bene,
Venghino pur; riceverli conviene.
GHIANDINA.
Spiacemi.
DON POPPONE.
Di che cosa?
GHIANDINA.
Niente, niente.
DON POPPONE.
Parlate.
GHIANDINA.
La Contessa
Mi pare un pò bellina:
Non vorrei vi scordaste di Ghiandina.

Parte.

Scena VI.

Don Poppone.

DON POPPONE.
No no, non dubitar … S'ella è gelosa
Segno è, che mi vuol bene.
Tosto che del Tesoro
Fatta ho l'operazione,
La vo‘ sposar senz‘ altra dilazione.
Criticato sarò, perch'è una serva?
Che cosa importa a me?
Ognuno in questo ha da pensar per se.

Scena VII.

Dorina, Giannino e il suddetto.

DORINA.
Serva di Don Poppone.
GIANNINO.
Riverisco.
DON POPPONE.
M'inchino al Signor Conte

A Giannino.

Alla nobil Contessa umil m'inchino.

A Dorina.

DORINA.
(Contessa a me?)
GIANNINO.
(Che non son'io Giannino?)
DON POPPONE.
Alloggiar in mia casa
Mi chiamo fortunato
La Dama illustre, il Cavalier garbato.
GIANNINO.
Ci conoscete voi?
DON POPPONE.
Certo; l'amico
Che li ha diretti a me, di lor Signori
M‘ accenna il grado, ed i sublimi onori.
GIANNINO.
Falco ci ha posti in qualche brutto impegno

Piano a Dorina.

DORINA.
Ei ci nobilitò, vi vuole ingegno.

Piano a Giannino.

DON POPPONE.
Saran stanchi dal viaggio;
Che vadano al riposo;
Già sono sposa e sposo,
Onde compatiranno
Se un solo, letto, ed una stanza avranno.
GIANNINO.
Questo non è gran mal.
DORINA.
No no, Signore,
Vi prego per favore,
Sono avvezza così fin da figliuola,
Piacemi nella stanza di star sola.
DON POPPONE.
Ma io non ho gran comodo.
DORINA.
Codesto poco importa
Anderò sola.
DON POPPONE.
E lui fuor della porta?

Accenando Giannino.

GIANNINO.
Io fuori Signor sì.
La Signora comanda, e vuol così.
DON POPPONE.
Oh, Signora Contessa,
Perchè così crudel con suo marito?
DORINA.
Voi non siete istruito,
Per quel ch'io sento, dell‘ usanza nuova.
(Seguitar la finzion per or mi giova.)
DON POPPONE.
So, ch'io, se avessi moglie,
Notte e giorno vorrei
Starmene in buon amor vicino a lei.
GIANNINO.
Anch'io davver son del parere istesso
Notte e giorno vorrei starle dappresso.
DORINA.
Quelli che così fanno,
Sappiano lor Signori,
Che si chiaman mariti seccatori.
Libertà, libertà.
GIANNINO.
Basta … per ora
Taccio …. ma quando poi …

A Dorina.

DORINA.
Quando poi, quando poi. Già vi capisco.
Quando verrà quel dì,
Averete di grazia a far così.

A Giannino.

GIANNINO.
Sentite?

A Don Poppone.

DON POPPONE.
Non intendo.

A Dorina.

DORINA.
Eh, che l'amore
Più candido più puro,
Vuole il suo chiaroscuro.
E poi convien distinguere
Della plebe l'amor, come si fa,
Da quello della nostra nobiltà.
Voglio che civilmente ci trattiamo.
O che siamo cospetto! o che non siamo.

Si distingue dal nobile il vile
Anch'in questo, mio caro Signor.
Una donna ch‘ è nata civile
Non si lascia avvilir dall‘ amor.
Il villano, che sempre sta lì,
Alla moglie suol dire così:
Vieni quà – passa là – non ti vo‘.
Vien di su – va di giù – ti darò.
Ma alla donna, che sempre non va
Il marito gentile dirà:
Perdonate … vorrei … compatite …
Fate grazia … venir … favorite …
E la donna fa il proprio dovere
Con piacere – ma con nobiltà.

Parte.

Scena VIII.

Don Poppone, e Giannino.

DON POPPONE.
In questo io mi rimetto.
In casa mia quel che si vuol si fa,
E lascio a ciaschedun la libertà.
GIANNINO.
Ma, Signor, favorite.
Voi non mi conoscete.
DON POPPONE.
Eh, sì Signore.
Voi siete il Conte Nastri,
Un Cavalier Romano,
Che a Napoli sen vien per suo diporto
Colla Contessa sposa.
L'amico mi ha informato d'ogni cosa.
GIANNINO.
(Oh gran Falco briccone!)
Discorreremo poi
Sull‘ affar del Tesoro.
DON POPPONE.
E che Tesoro?
Io non so di tesori.
Io non cavo tesori; e chi v'ha detto,
Che si cercan tesori in casa mia?
GIANNINO.
Quel che mi manda da Vossignoria.
DON POPPONE.
Non è ver, non è vero,
Vi replico di no.
E all'amico di Roma io scriverò.
(Se si sa del tesoro
Sarà la mia rovina.
Lontani li terrò dalla cantina.)
GIANNINO.
Dunque voi non volete,
Che v'ajuti a cavar …
DON POPPONE.
Mi maraviglio;
Di tacer vi consiglio un tal proposito,
O mi vedrete far qualche sproposito.

Chi v‘ ha detto del Tesoro
Se ne mente per la gola.
Ah, mi manca la parala
Dalla bile, ch‘ ho nel cor …
La mia casa è tutta qui;
Le mie stanze, eccole lì
E di quà v‘ è la cucina …
Casa mia non ha cantina,
E Tesoro quì non c'è …
E pensar non so perchè …
Chi lo crede non sa niente.
Stia pur certo l‘ Illustrissimo
Signor Conte stimatissimo,
Non c'è niente in verità.

Parte.

Scena IX.

GIANNINO solo.
Io non la so capire
Siam restati d'accordo
Con Falco d'una cosa; ed or ne trovo
Un altra bella di caratter nuovo.
Che Diavolo sarà?
Con questa nobiltà
Certo m'imbroglio assai.
Che il gentil‘ uomo non l'ho fatto mai.
A farlo mi vorrei un po‘ provare,
Ma non so da qual parte principiare.
Colle Dame, colle Dame:
Di Madama servitor.
Di buon cor
All‘ onor … della beltà.
Non ci ho grazia in verità.
Coi Signori. Riverisco.
Mi esibisco
Mi offerisco
Colla nostra autorità …
Oh malissimo andera.
Vo‘ provar con bassa gente:
E vo‘ fare il Prepotente.
Insolente,
Non do niente …
Pagherò, quanda vorrò.
Ne ho bisogno: Via di quà.
Ah, ah ah

Ridendo.

Bene va.
L'ho trovata in verità.

Parte.

Scena X.

Don Poppone, poi Falco.

DON POPPONE.
Come Diavolo mai l'hanno saputo?
Possibile, che sia
Sino a Roma passata la notizia
Del Tesoro? … Eh pensate,
Queste son chiaccherate
Che fa Ghiandina. Lei l'averà detto.
Oh vizio delle donne maledetto!
FALCO.
Si può venir?
DON POPPONE.
Falco, venite pure.
FOLCO.
Compatisca di grazia.
DON POPPONE.
Eh, lo sapete
Vi vedo volontieri.
FALCO.
Son venuti da voi due Forastieri?
DON POPPONE.
Si; un Conte e una Contessa,
Che vengono di Roma.
FALCO.
Altri?
DON POPPONE.
Non altri.
FALCO.
(Che Dorina, e Giannino
Sbagliatò abbian la casa?)
DON POPPONE.
E chi doveva
Da me venir?
FALCO.
Un giovane di garbo,
Che Giannino s'appella,
Unito ad una bella,
Venuti a posta sino di Turchia
Per ricercare di Vossignoria.
DON POPPONE.
Che vogliono da me?
FALCO.
Per quel che intesi
A ragionar fra loro,
Credo vadano in cerca d'un Tesoro.
DON POPPONE.
San Tesori cavar?
FALCO.
Credo di sì.
DON POPPONE.
Fateli venir quì.
FALCO.
Par che dovrebbero
Essere già venuti.
Son Forastieri; si saran perduti.
DON POPPONE.
Trovateli di grazia.
FALCO.
A ritrovarli
Subito andrò.
DON POPPONE.
Ehi non crediate mica,
Ch'io pensi di cavar qualche Tesoro;
Ma parlo volontier di certe cose …
E mi piaccion le genti spiritose.
FALCO.
Io di quelli non sono,
Che cercan gli altrui fatti, ma ho sentito
Così per accidente,
A dir da quella gente,
Che al Signor Don Poppone, il Cielo, il Fate
Una fortuna grande ha preparato.

Il Cielo vi precipiti
Sul capo d'oro i fulmini,
E d'oro una voragine
Vi possa subissar.
Marte, Saturno, e Venere
Coll'oro vi tempestino,
Ed i Tesor vi facciano
Nel giubilo creppar.

Parte.

Scena XI.

Don Poppone, poi Ghiandina.

DON POPPONE.
Messer Falco gentil troppo m'onora,
Io non mi sento di creppar per ora.
GHIANDINA.
E‘ questo il giorno delle seccature.
Altri due forestier, che vi domandano.
DON POPPONE.
Chi sono?
GHIANDINA.
Io non lo so.
DON POPPONE.
Falco li vide?
GHIANDINA.
Signor no; venuti
Son eglino di quà,
E Falco se n'è andato per di là.
So ben, per quel che intesi
A dir da loro stessi
Che abitavan da lui …
DON POPPONE.
Sì, saran dessi.
Fa, che venghino tosto.
GHIANDINA.
Allegramente,
Che se cala il denar, cresce la gente.

Parte.

Scena XII.

Don Poppone, poi la Contessa, ed il Conte.

DON POPPONE.
Falco non li ha incontrati.
Essi per altra via sono arrivati.
Ti ringrazio, Fortuna: eccoli quì.
Mi seconda la sorte in questo dì.
IL CONTE NASTRI.
Riverente m'inchino.
DON POPPONE.
Oh, galant‘ uomo,
Che siate il ben venuto.
CONTESSA.
Serva sua.
DON POPPONE.
Giovinetta, io vi saluto.
CONTESSA.
(Che inciviltà.)
IL CONTE NASTRI.
(Che trattamento abietto.)
DON POPPONE.
(Si vede che son gente d'intelletto.)
IL CONTE NASTRI.
Signor, siam quì venuti …
DON POPPONE.
Sono di già informato;
Discorreremo insieme.
Quello che più mi preme
E che voi con la vostra Signorina
Meco venghiate nella mia cantina.
IL CONTE NASTRI.
Signor mi maraviglio;
Non si fa un tal invito à‘ nostri pari.
DON POPPONE.
Nella cantina mia sono i denari.
CONTESSA.
Per chi presi ci avete?
DON POPPONE.
Lo so, lo so chi siete
Falco m'ha detto tutto;
So, che per me veniste di lontano,
E in casa mia non resterete in vano.
IL CONTE NASTRI.
Spiegatevi, Signore, non capisco.
DON POPPONE.
Sappiate che in cantina …
Ma vien gente; non voglio,
Che sappian quel che passa fra di noi.
Andate, andate; parleremo poi.
CONTESSA.
Come!
DON POPPONE.
Non vo‘ che siate
In casa mia veduti.
IL CONTE NASTRI.
Perchè?
DON POPPONE.
Se conosciuti
Siete, mi può accadere qualche intrico.
CONTESSA.
Ma noi chi siamo?
DON POPPONE.
Andate via vi dico
CONTESSA.
Ad una Dama?
IL CONTE NASTRI.
A un Cavalier?
DON POPPONE.
Va bene.
So, che finger conviene
Nobiltà in casi tali, e Signoria;
Ma viene gente, vi dico, andate via.
CONTESSA.
Parto per or, ma si saprà perchè;
Conto di tutta renderete a me.

Parte.

Scena XIII.

Don Poppone, ed il Conte.

IL CONTE NASTRI.
Un simil trattamento,
Un simile strapazzo
Vi fa credere un pazzo. Io son chi sono;
E in grazia dell‘ amico vi perdono.

Pensa fellon, chi sei
Rammentati chi sono,
E cher serbar mi dei
Rispetto, e Ciuiltà.
Tutto sopporto, e dono
Alla mia cruda sorte
Punir quest‘ alma forte
Sdegno la tua viltà.

Parte.

Scena XIV.

Don Poppone, poi Dorina.

DON POPPONE.
In fatti quest'è il solito
Di quei, che voglion far certi mestieri,
Di spacciarsi per Dame, e cavalieri.
Ecco quì la Contessa,
Che sola a me si appressa.
Non mi spiace per dir la verità;
Ma la deggio trattar con nobiltà.
DORINA.
Il Signor Don Poppone
Perchè ci priva della sua presenza?
DON POPPONE.
Faccio a lei riverenza.

Fa vari inchini.

A lei chiedo perdono;
E servitor della Contessa io sono.
DORINA.
E la Contessa a voi
Fa can rispetto i complimenti suoi.

S'inchina.

DON POPPONE.
(Com'è graziosa!)

Guardandola.

DORINA.
(Parm‘ innamorato.)
DON POPPONE.
S'io fossi in altro stato,
S'io fossi un Cavaliere, come lei,
Forse mi esibirei …
DORINA.
Con libertà
Già intendo, e l'aggradisco.
DON POPPONE.
Oh gran bontà!
DORINA.
Per dirvela, Signore,
Io son venuta quì …
E mi trattiene un certo non so che …
Non posso dirlo.
DON POPPONE.
(E‘ innamorata in me.)
DORINA.
(Allettarlo conviene il Turlulu.)
DON POPPONE.
(Qualche cosa scoprir voglio di più.)
Di che paese è lei?
DORINA.
Non ve lo dice
L'amico nella lettera?
DON POPPONE.
Da Roma
Dice che vien, ma non se sia Romana.
DORINA.
Io sono … Signor mio … Palermitana.
DON POPPONE.
E il marito?
DORINA.
Spagnuolo.
DON POPPONE.
E dove vanno
Se è lecito il saperlo?
DORINA.
Per il mondo
A conoscer la gente
Di merito, di mente,
Ch'io venero, ch'io stimo,
Fra quali certo Don Poppone il primo,
DON POPPONE.
Grazie di tanto onor …
DORINA.
Con sua licenza
Ora ritorno subito.
(Vo‘ ritrovar Giannino,
E renderlo avvisato,
Come ha da dir, se fosse ricercato.)

Parte.

Scena XV.

Don Poppone, e poi Giannino.

DON POPPONE.
Ora ci avevo gusto, e se n'è andata.
Spero ritornerà.
Mi piace in verità,
E parmi che a lei pur vada a fagiublo.
Oh s‘ ella lo Spagnuolo
Non avesse in consorte,
Non escirebbe più da queste porte.
Eccolo quì.
GIANNINO.
Saprebbe
Dirmi Vossignoria,
Dove si trovi la consorte mia?
DON POPPONE.
Poc‘ anzi è stata quì. Se l'illustrissimo
Signor Conte comanda,
A richiamar la mando diviato.
GIANNINO.
Non importa, Signor; bene obbligato.

Con gravità.

DON POPPONE.
Ah, come si conosce
In un‘ occhiata sola
Nel Signor Conte la Nazion Spagnuola?
GIANNINO.
Io Spagnuolo non sono.
DON POPPONE.
No; di dove?
GIANNINO.
Son Fiorentino.
DON POPPONE.
(Averò inteso male.)
E la sua Dama?
GIANNINO.
E la mia Dama … è nata
Signore … in Macerata.
DON POPPONE.
Non è nata in Palermo?
GIANNINO.
Cibò. Perchè?
DON POPPONE.
(Non la capisco.)
GIANNINO.
(Qualche imbroglio c'è.)
DON POPPONE.
E, se si può sapere,
Perchè venuti sono
In questo nostro stato?
GIANNINO.
Siam venuti a comprare un Marchesato.
DON POPPONE.
La Signora Contessa
Detto non hà così.
GIANNINO.
Che vi disse la Dama?
DON POPPONE.
Eccola quì.

Scena XVI.

Dorina, e detti.

DORINA.
(Non vorrei che Giannino
M‘ avesse contradetto.)
GIANNINO.
(Qualche imbroglio m'aspetto. Or si saprà.)
DON POPPONE.
(Voglio un poco scoprir la verità.)
Signora

A Dorina.

con licenza

A Giannino.

Non mi ricordo ben la patria sua.

Piano a Dorina.

DORINA.
Palermo.

Forte che Giannino senta.

DON POPPONE.
Sente lei, Signor Toscana.

Piano a Giannino.

GIANNINO.
E‘ vero, è vero, io son Palermitano.

Forte.

DORINA.
(Diavolo!)
DON POPPONE.
Non è lui? Non è Spagnuolo?

A Dorina.

DORINA.
Egli è oriondo di Spagna.
GIANNINO.
Orionda è la Contessa di Romagna
DORINA.
Io son …
GIANNINO.
Di Macerata.
DORINA.
In Palermo allevata.
Egli è del suolo Ispano.
GIANNINO.
Ma per educazion sono Toscano.
DON POPPONE.
E sono quì venuti …
DORINA.
Si sa …
GIANNINO.
Già l‘ ho svelato …
DORINA.
Per conoscenze …
GIANNINO.
E per il Marchesato.
DORINA.
Titolo rispettoso …
GIANNINO.
Che vogliamo comprare …
DORINA.
Oh Signor sì.
GIANNINO.
Non è vero Contessa?
DORINA.
Ella e così.
DON POPPONE.
Vi è un pocchino d‘ imbroglio.
Ma tutto creder voglio,
Quando trovi che sia la verità
Che abbiate in mio favor della bontà.

Piano a Dorina.

DORINA.
Di ciò siete sicuro.

Piano a Don Poppone.

DON POPPONE.
Il Signor Conte,
Ch'io la possa servir sarà contento?

Piano a Dorina.

DORINA.
Contento contentissimo.

Piano a Don Poppone.

Non è vero Marito?

Forte a Giannino.

GIANNINO.
Sì è verissimo.
(Per dubbio di fallire
Tutto quel ch'ella vuol mi convien dire.)
DON POPPONE.
Conte mio, per tutti i titoli
Or vi voglio venerar;
Per il sangue, e per il merito,
Perchè siete ricco e nobile,
E per questa sposa amabile
Ch'io mi pregio di onorar.
GIANNINO.
Obbligato per i termini;
Obbligato del buon‘ animo;
Ma poi tanto per la femmina
Non vi stata a incomodar.
DORINA.
Non ricuso di ricevere
Le sue grazie preziosissime.

A Don Poppone.

Egli è un uom di buone viscere,
Non lo voglio disgustar.
GIANNINO.
Di grazie carico
Non vo‘ lo stomaco.
DORINA.
Son cibi teneri
Si digeriscono.
DON POPPONE.
Non si esibiscono
Che cose lecite,
Che cose facili
Da digerir.
DORINA.
Signor Conte una parola,

A Giannino.

GIANNINO.
Con licenza.

A Don Poppone.

Eccomi quà.

A Dorina accostandosi.

DORINA.
Se non facilita,
Se non s‘ accommoda,
Signor soffistico,
Non mangiera.

Piano a Giannino.

GIANNINO.
Dice benissimo
Non so rispondere:
Quel ch'è possibile
Si soffrirà.

Piano a Dorina.

DORINA.
Don Poppone
Una parola.
DON POPPONE.
Con licenza,

A Giannino.

Eccomi quà.

A Dorina accostandosi.

DORINA.
Quell‘ occhio languido,
Quel labbro tenero
In me cuor docile
Ritroverà.

Piano a Don Poppone.

DON POPPONE.
Fermo qual rovere
Qual scoglio stabile
Per lei gratissimo
Mio cuor vivrà.

Piano a Dorina.

GIANNINO.
Favorisca.

A Don Poppone.

DON POPPONE.
Mi comandi.
GIANNINO.
Cosa dice?
DON POPPONE.
Lo domandi
Dalla Dama lo saprà.
GIANNINO.
Faccia grazia.

A Dorina.

DORINA.
Cosa vuole?
GIANNINO.
Cos'ha detto?
DORINA.
Non si sa.
GIANNINO.
Questa è poca civiltà.

A tutti e due.

DON POPPONE.
Signor mio …
GIANNINO.
Mi meraviglio.
DORINA.
Cos'è stato?
GIANNINO.
Son chi sono.
DON POPPONE.
Non vorrei …

A Giannino.

GIANNINO.
Troppa licenza,
DORINA.
Pazzo siete,

A Giannino.

GIANNINO.
E'un‘ insolenza.
DORINA.
Non badate.

A Don Poppone.

GIANNINO.
Son marito.
DON POPPONE.
Oh padron mio riverito.
DORINA, GIANNINO, DON POPPONE.
Che si taccia – non si faccia
Fra di noi pubblicità.
Che si salvi almen la mostra
Della nostra nobiltà.

Fine dell‘ Atto Primo.

Atto secondo.

Scena prima.

Cortile in Casa di Don Poppone.

La Contessa, ed il Conte.

IL CONTE NASTRI.
Strepiti, precipizi? adagio un poco.
Vuol la mia convenienza,
Che pria della partenza,
Sappiasi la cagione
Del trattamento vil di Don Poppone.
CONTESSA.
Eh, che siam conosciuti;
Un pazzo non offende,
E l'oro, si suol dir, macchia non prende.
IL CONTE NASTRI.
Ma l'affronto richiede …
CONTESSA.
Non è questo,
Che vi trattien, ma vi conosco in ciera,
Evvi l'avventuriera.
Dorina ho quì veduta,
E d‘ accordo con voi sarà venuta.
IL CONTE NASTRI.
Ma voi pensate mal …
CONTESSA.
Non parlo in vano.
Don Poppone il mezzano
Fa in casa sua così?
Don Poppone è un villan …
IL CONTE NASTRI.
Zitto gli è quì.

Scena II.

Don Poppone, e detti.

DON POPPONE.
Che rumore è mai questo?
CONTESSA.
In casa vostra
Non mi credeva mai
Veder quel che ho veduto.
DON POPPONE.
Avete visto?
CONTESSA.
Siete assai ben provisto
Non vi mancherà certo argento ed oro.
DON POPPONE.
Mi lusingo ancor io d'un Tesoro.
IL CONTE NASTRI.
Non le state a badar.

A Don Poppone.

CONTESSA.
E‘ mio marito
Volete far a parte
Di si bella fortuna?
DON POPPONE.
In verità
Ho intenzione di far seco a metà.
CONTESSA.
Bravissimo davvero.
Cotesto è un bel mestiero;
Ma non vi riuscirà, lo giuro al Cielo;
Ch'io scoprirò di queste trame il velo.
DON POPPONE.
Non fate per pietà!
CONTESSA.
Col mio Consorte
Perchè voler dividere
Delle vostre fatichi il tristo frutto?
DON POPPONE.
La metà non gli basta? E che? vuol tutto?
CONTESSA.
Quel ch'ei voglia non so, ma so ben‘ io,
Che non lo soffro al certo,
E che il disegno rio sarà scoperto.
DON POPPONE.
Voi mi volete rovinar …
CONTESSA.
Tacete.
DON POPPONE.
Ma per pietade …
CONTESSA.
Un perfido voi siete

Chi son‘ io pensate prima,
Traditor della mia pace,
Ah da voi si poca stima
Dell'onor dunque si fa?
Che viltà! Che rio costume!
Qualche Nume – qualche Stella
L‘ alma fella punirà.
Sposo ingrato; amico indegno
Siate certi, che l‘ mio sdegno
Sue vendette far saprà.

Scena III.

Il Conte, e Don Poppone.

DON POPPONE.
Che diavolo ha con me quella ragazza?
Ditemi il ver; la poverina è pazza?
IL CONTE NASTRI.
Tutta la sua pazzia
Sta nella gelosia.
DON POPPONE.
Di chi è gelosa?
IL CONTE NASTRI.
Di quella Forastiera
Che'è allogiata da voi. Crede ch'io l'ami;
Crede, che voi l‘ abbiate
Quì introdotta da me. Crede …
DON POPPONE.
Pian piano.
Crede dunque …
IL CONTE NASTRI.
Che a me fate il mezzano.
DON POPPONE.
Ora, ora capisco
La sua bestialità.
IL CONTE NASTRI.
E crede che vogliam far a metà.
DON POPPONE.
Io dicea del Tesoro.
IL CONTE NASTRI.
Ed ella intese
Che voleste un Tesor chiamar Dorina.
DON POPPONE.
Io m‘ intesi il Tesor della cantina.
IL CONTE NASTRI.
Eccoci quì; vi pare
Che consista nel ber tutto il decoro?
DON POPPONE.
Non vi parlo del vin; parlo dell'oro.
IL CONTE NASTRI.
L'oro nella cantina?
DON POPPONE.
Nol sapete?
Quà venuti non siete
Per ajutarmi a far la scavazione?
Falco m‘ ha detto pure,
Che in ciò siete eccellenti,
E che, circa ai tesor, fate portenti.
IL CONTE NASTRI.
(Vo‘ secondar per iscoprir il vero.)
In fatti il mio mestiero
E‘ di cavar tesori.
DON POPPONE.
E per nascondervi
Fingete nobiltà.
IL CONTE NASTRI.
Certo.
DON POPPONE.
Va bene;
Ma assicurar conviene
Della vostra Signora il dubbio strano
Che si crede, ch'io far voglia il mezzano.
Perchè per dirla schietta, Padron mio.
La grazia di Madama la vogl'io.
IL CONTE NASTRI.
Siete di lei amante?
DON POPPONE.
Ch'io l'ami non dirò con grande amore,
Ma mi ha fatto l'onore
Di dirmi tante cose
Dolcissime amorose,
Che quantunque da ciò fossi lontano,
Di lei mi fece innamorar pian piano.
IL CONTE NASTRI.
Anch'io per dir il vero
Ho per lei della stima; evvi per altro
Uno non so s'io dica
Di lui amante, o sposo,
Che m'inquieta non poco, ed è geloso.
DON POPPONE.
All‘ incontro con me quel galant uomo
Facilita a tal segno,
Che dimostra per me tutto l'impegno.
IL CONTE NASTRI.
Non so che dire; invidio il vostro stato
Siete assai fortunato.
DON POPPONE.
Altro non manca
Per rendermi contento,
Che caviamo il Tesor.
IL CONTE NASTRI.
Per me son quì.
(Mi consiglia l'amor finger così.)

S‘ io moro, e se ascolto
Parlar d'un Amante
De fida, e costante
Mantenne la fè,
Io penso che allora
Pur parla con mè
Fedel t‘ adorai
I‘ adora e Voglio
Varcare l‘ oblio
Fedele per tè.

Parte.

Scena IV.

Don Poppone, poi Falco.

DON POPPONE.
A me doppia fortuna
In questo dì s'appressa.
Avrò il ricco Tesoro, e la Contessa.
FALCO.
E ben, sono venuti
Quei del Tesoro?
DON POPPONE.
Sì, sono arrivati,
Ed ambo in casa mia sono alloggiati.
FALCO.
Che ve ne par?
DON POPPONE.
Volevano
Negar la scienza loro.
FALCO.
Fanno per mantenerla con decoro.
DON POPPONE.
Si voleano spacciare
L'uno per Cavalier, l'altro per Dama.
FALCO.
Fan per accreditar la loro fama.
DON POPPONE.
Ma io con buona grazia
Mostrai d'essere istrutto,
E l'uomo a fin m‘ ha confessato tutto.
FALCO.
Li avete regalati?
DON POPPONE.
Non ancora;
Farlo destina allora,
Ch'avrò veduto l'opra sua valente.
FALCO.
Signor mio caro, non farete niente.
Quando abbiate di loro
Fede, concetto, e stima,
Io vi consiglio regalarli in prima.
DON POPPONE.
Perchè?
FALCO.
Perchè in tal guisa
Vedendo che voi siete
Uom generoso e onesto
Faran le cose più polito e presto.
DON POPPONE.
Cosa gli potrei dar?
FALCO.
Potreste dare
Un'anel di Diamanti alla Signora,
E all'uom di genio avaro
Una borsa con dentro del denaro.
DON POPPONE.
Un'anello? Una borsa?
L'anello eccolo quì.
La borsa ora non l'ho.
FALCO.
Convien trovarla.
DON POPPONE.
A ritrovarla andrò,

Parte.

Scena V.

Falco, poi Dorina.

DORINA.
Eh ehm! Un passo in là,
Un po più di rispetto e civiltà.

Affettando gravità.

FALCO.
Che vuol dire?
DORINA.
Vuol dir ch'io son chi sono.
FALCO.
Oh questa sì è bellissima.
DORINA.
E mi viene un pochin dell‘ Illustrissima.
FALCO.
Buono! da quanto in quà
Questa gran nobiltà?
DORINA.
Dall'ora istessa
Che mi facesti diventar Contessa.
FALCO.
Io?
DORINA.
Chi dunque ha piantato
A Don Poppone con astuzie pronte,
Ch'io son Contessa, e che Giannino è Conte.
FALCO.
E per tali vi crede?
DORINA.
Avrebbe forse
D'aver difficoltà?
Vi par che nobiltà non abbia in volto?
So favellare anch'io con labra sciolto.
So dire, e comandare,
E volere, e mandare,
E passeggiare altera,
E minacciar severa,
Difendere, proteggere,
Decidere, correggere,
E so, come si fa,
E so anch'io sostener la gravità.
FALCO.
Adagio, adagio un poco.
DORINA.
Si può saper com'è?
FALCO.
Quì v'è un'imbroglio
Don Poppone senz'altro ha equivocato;
Vi crede il Conte e la Contessa Nastri.
DORINA.
Egli mi creda nastro
O fettuccia, o cordella, o stringa, o spago,
Quest'accidente è vago; e fin che dura
Da Dama voglio far la mia figura.
FALCO.
Ci perderete poi.
DORINA.
Perchè?
FALCO.
So io
Che per consiglio mio
Regalarvi doveva;
Ora non lo farà
Per soggezione della nobiltà.
DORINA.
Per un regalo poi,
Se avesse tal'idea,
Gli rinunzio il Damato, e la Contessa.
FALCO.
Procurate d'averlo
Con la vostra prudenza, e con bell'arte.
DORINA.
A voi la vostra parte
Riserbata sarà.
FALCO.
Da voi non voglio
Altro, Dorina amata,
Per parte mia che una benigna occhiata.

Se con quell'occhio moro,
Voi mi guardate un po‘.
Sarà per me un Tesoro
Che più bramar non so.
Se poi quel labbro dice,
Di te pietade avrò,
Sarò, mio ben, felice.
Di gioja morirò.
Ma non crediate già …
Mi piace l‘ onestà.
Son uom che si contenta
Di quel che aver si può.

Parte.

Scena VI.

Dorina, poi Giannino.

DORINA.
Confessar poi conviene,
Che Falco è un uom dabbene,
Che in lui non v'e malizia,
E che fa quel che fa per amicizia.
GIANNINO.
E quando si conclude?
E quando si va via?
Io non posso più star, Dorina mia.
DORINA.
Il Signor Don Poppone
Ha preparato, lo sepp'io test'è,
Un regalo per voi, uno per me.
GIANNINO.
Pigliam, quel che si puole
Ch'io più impazzir non voglio
Il Tesor, la Contessa … quest'è un'imbroglio.

Scena VII.

Don Poppone, e detti.

DON POPPONE.
Eccomi di ritorno,
Compatite di grazia,
Se vi trattai fin'or con malagrazia.
DORINA.
Per verità, Signore,
Mi parve un poco strana
La privazione della sua presenza.
GIANNINO.
Ma se vuol tornar via gli diam licenza.
DON POPPONE.
Garbato Cavaliere in verità,
Amante qual son io di libertà.
DORINA.
Che avete nelle mani?
DON POPPONE.
Niente niente,
Una biccosa borsa
Con un po di denaro.
GIANNINO.
E per che fare?
DON POPPONE.
Cosí per impiegare
In un certo negozio.
DORINA.
Affé scommetto
Che far volete un qualche regaletto,
DON POPPONE.
Brava, brava Contessa,
L'avete indovinata.
DORINA.
Esser dee regalata
Una femmina forse?
GIANNINO.
E un uomo ancora?
DON POPPONE.
L'anello, a una Signora
Di dare ho destinato,
E ad un uom questa borsa ho preparato.
DORINA.
(Buono.)
GIANNINO.
(Buono davvero.)
DORINA.
E può sapersi
Chi sia colei che quest'anello avrà?
GIANNINO.
Si può sapere a chi la borsa va?
DON POPPONE.
Va la borsa e l'anello a due persone
Di bassa condizione.
DORINA.
In verità
Quell'anello sarebbe il caso mio.
GIANNINO.
Mi degnerei di quella borsa anch'io.
DON POPPONE.
E so ben, che scherzate.
A un Conte, a una Contessa
Non mancano denari, e pietre belle,
Nè si degnan di queste bagatelle.
DORINA.
Se volete provar.
GIANNINO.
Su via provate.
DON POPPONE.
Che caro Cavalier! So, che scherzate.

Scena VIII.

Il Conte, la Contessa, e detti.

IL CONTE NASTRI.
Signor, la Sposa mia
Vuol senz'altro andar via.
CONTESSA.
Voglio partire,
Vel son per civiltà venuta a dire.
DON POPPONE.
Fermatevi, Signora,
Deh non partite ancora.
Preparato ho per voi qualche cosetta;

Al Contessa.

A voi l'anello

Alla Contessa.

e a voi questa borsetta.
IL CONTE NASTRI.
A me denaro? A me tal villania?
Chi credete ch'io sia?
Mi renderete conto
Uomo incivil del replicato affronto.

Parte.

CONTESSA.
Signor, mi maraviglio.
Chiamomi offesa anch'io
Un'anello non si offre ad un par mio.

Parte.

Scena IX.

Don Poppone, Dorina, Giannino.

DORINA.
Chi son questi superbi?
DON POPPONE.
Gente vile.
GIANNINO.
Non san la civiltà.
DORINA.
Ricusar i regali? oh che viltà!
Chi è nato ben gradisce.
GIANNINO.
Se un‘ amico offerisce
Si accetta la finezza.
DORINA.
Un regalo così non si disprezza.
DON POPPONE.
Sdegnarvi non vorrei;
Per altro offerirei …
DORINA.
No, non mi sdegno
Accetterò dell‘ amicizia in pegno.
DON POPPONE.
L'anello? …

A Dorina.

DORINA.
Obbligatissima.

Prende l'anello.

DON POPPONE.
La borsa? …

A Giannino.

GIANNINO.
Obbligatissimo.

Prende la borsa.

DON POPPONE.
Cavaliere umanissimo.
Dama di cor gentile, ed amorevole!
DORINA.
Io son grata, Signore.
GIANNINO.
Io son degnevole.

M'han lasciato in Testamento
Gli avi miei del cinquecento
Accettar per civiltà
Tutto quel che venirà.
Venga poco, venga assai
Ricusar non soglio mai;
E vorrei, se fossi donna,
Di mio nonno, e di mia nonna
Esequir la volontà.

Parte.

Scena X.

Don Poppone, e Dorina.

DON POPPONE.
Gli antenati del Conte
Han fatto Testamento
Rispettabile certo ai giorni nostri;
Così avessero fatto ancora i vostri.
DORINA.
Ma vivere soggetta
Degg'io, seguendo delle nozze il rito,
Sotto le leggi anch'io di mio marito.
DON POPPONE.
Dunque per obbedire
Agli antenati suoi
Tutto quel che vi dan prendete voi?
DORINA.
Tutto, non so.
V'è un certo Codicillo,
Che permette tal‘ ora il dir di no.
DON POPPONE.
Per esempio se io
Vi donassi un Tesor?
DORINA.
L'accetterei.
DON POPPONE.
E se v‘ offrissi il cor?
DORINA.
Ci penserei.
Dirò, come diceva
In Venezia, sua patria, una Ragazza:
Del vostro cuor cossa voleu che fazza?
E poi su tal proposito,
Con quella Veneziana sua grazietta,
Gli cantava così la canzonetta.

Sior omo generoso,
El cuor vu me offerì?
Cossa m'importa a mi
De sto regalo?
Co no gh'avè de meggio
Con mi per farve onor,
Tolè sto mio con seggio,
No ste a parlar d‘ amor;
Tegnivelo, godevelo,
Salvevelo pettevelo,
Sior generoso, el cuor.

El cuor val un tesoro,
Lo so, che me dirè,
Ma pochi ghe ne xe,
Che sia sinceri.
No sta in te le parole
El merito maggior,
Ghe xe delle cariole
Che gha un bell‘ esterior;
Tegnivelo, godevelo,
Salvevelo, pettevelo,
Che mi no credo al cuor.

La xe una bella prova
Per dir, che se vol ben,
Quando, che zo se vien
Coi regaletti.
La xe una cossa equivoca
Sto dir ve porto amor.
Ma penetra le viscere
Dell‘ oro el bel splendor,
Tegnivelo, godevelo,
Salvevelo, pettevelo,
Che no ve vedo el cuor.
No l'è certo interesse
Quello, che parla in mi,
Me fa pensar cusì
L‘ usanza sola.
Se a vu no se ve crede,
No, no ve se stupor,
Che se conosce, e vede
Dall‘ opere l‘ amor.
Tegnivelo, godevelo,
Salvevelo, pettevelo,
Senza le prove el cuor.

Parte.

Scena XI.

Don Poppone, poi Ghiandina.

DON POPPONE.
La testa non so più dove ch'io l'abbia.
Cento cose contrarie
Ritrovo ogni momento,
E deluso restare alfin pavento.
Questa mi diè speranza;
Ora cambia linguaggio … I due stranieri
Venuti per cavar meco il Tesoro,
Ricusano gli anei, ricusan l‘ oro.
E intanto il tempo perdo,
E l'amore s'avvanza … ecco Ghiandina;
E lei la poverina
Lasciata in abbandono? …
Oh davvero, davver, confuso io sono.
GHIANDINA.
Signor Padron, mi dia
La mia buona licenza; io vado via.
DON POPPONE.
Come! Perchè?
GHIANDINA.
Perchè s'è ritrovata
Un‘ altra innamorata,
Ed io, Signor, non ve ne abbiate a male,
Io non voglio servire una rivale.
DON POPPONE.
Chi v'ha detto?
GHIANDINA.
So io quel che ragiono;
Sorda, e cieca non sono.
In fatti, lo confesso da me stessa,
Devo ceder il loco alla Contessa.
DON POPPONE.
Ma … non è ver …
GHIANDINA.
Eh, sì Signor, ch'è vero.
Ho veduto, ho sentito;
So dei teneri affetti;
E so che le faceste i regaletti.
DON POPPONE.
(Come lo sa?)
GHIANDINA.
Però mi maraviglio
Veder da voi cambiata
Una fanciulla in una maritata.
DON POPPONE.
(Ha ragione costei.)
GHIANDINA.
Già ve l‘ ho detto,
E ve lo torno a dire.
Datemi la licenza; io vo‘ partire.
DON POPPONE.
No, Ghiandina, restate.
Se voi mi abbandonate, io morirò.
GHIANDINA.
Certo non resterò,
Se voi più non mi amate.
Se voi non licenziate
Una rivale, che mi dà tormento.
DON POPPONE.
Vado in questo momento
A licenziarla; a far che vada via.
Non vi vo‘ disgustar, Ghiandina mia.
Idol mio, non posso star
Io mi sento intenerir
Quando penso a quel bel volto,
Che m‘ ha colto in mezzo al cor.
Luci belle, – vaghe stelle,
Bei rubini – porporini
Latte, e rose – cento cose
Vorrei dire, e non so dir
Idol mio … oh che bellezza
Io mi sento intenerir.

Scena XII.

GHIANDINA sola.
Pur mi lusingo, e spero,
Ch'egli mi dica il vero.
Un‘ uomo innamorato
Qualche volta si scorda il primo amore;
Ma torna poi dove ha fissato il core.

Donne belle, che bramate
Sian fedeli i vostri amanti;
Se vi sembrano incostanti
Non li state a tormentar.
Colle buone procurate
Di ridurli al primo foco
Li vedrete a poco a poco
Nella rete ritornar.

Scena XIII.

Cantina oscura.

Falco con lume, poi Don Poppone, poi Dorina, e Giannino travestiti da spiriti.

FALCO.
Ritiratevi pur con questo lume
Là in quell‘ interno loco,

Parla verso la scena.

Che Don Poppone quì verrà fra poco.
Per dir la verità
Non ci sto volontieri nemmen'io;
Ma vuol l'impegno mio,
Che s'approffitti un po‘ dell‘ occasione,
Della credulità di Don Poppone.
Là dentro v'è il bisogno
D'abiti, e d'altre cose necessarie.
Eccolo con il lume,
E seco ha gli strumenti.
Or ora il pazzo vederà i portenti.

Don Poppone con lume in mano, una zappa, e una vanga.

DON POPPONE.
Siete quì?
FALCO.
Si, Signor.
DON POPPONE.
Ma dove sono
I nostri operatori?
FALCO.
Zitto, son quà di fuori,
Saranno in nostro ajuto.
Questo foglio m‘ han dato,
In cui sta lo scongiuro registrato.
DON POPPONE.
Eran meco sdegnati.
Come si son placati?
FALCO.
In grazia mia;
Poi, cavato il Tesoro, andranno via.
DON POPPONE.
Han per offesa avuto
Il regal della borsa, e dell‘ anello.
FALCO.
Dell‘ anel, della borsa.
Voi che n‘ avete fatto?
DON POPPONE.
Li regalai sul fatto
Al Conte, e alla Contessa,
Che trovaronsi là per accidente.
FALCO.
(Niuno m‘ ha detto niente.
Ancor non so capire
Chi per Conte, e Contessa intenda dire.)
DON POPPONE.
E ben, che s'ha da fare?
Ecco per iscavare
Portati ho gl‘ istrumenti.
FALCO.
Avete ori, ed argenti?
DON POPPONE.
E questi ancora
Portati ho meco.
FALCO.
Principiamo or ora.
Dite come dich‘ io.
DON POPPONE.
Mi raccomando a voi.
FALCO.
L‘ impegno è mio.
Spirti erranti,
DON POPPONE.
Spirti erranti.
FALCO.
Del Regno di Dite.
DON POPPONE.
Del Regno di Dite.
FALCO.
Quà comparite …

Don Poppone non replica.

Conviene seguir.
DON POPPONE.
Un po‘ di paura
Mi sento venir.
FALCO.
Coraggio.
DON POPPONE.
Coraggio.
FALCO, DON POPPONE.
Conviene soffrir.
FALCO.
Quà comparite.
DON POPPONE.
Quà comparite …
FALCO.
Al mio cospetto.
DON POPPONE.
Al mio cospetto …
FALCO.
Con orrido aspetto
DON POPPONE.
Con orrido … oimè!
FALCO.
Tremate?
DON POPPONE.
No no.
FALCO.
Coraggio.
DON POPPONE.
Coraggio.
Timor non ho.

Dentro la grotta si sente strepito di catene.

FALCO.
Sentite le catene,
Lo spirito sen viene
DON POPPONE.
Ti – ti – mor non ho.

Tremando.

FALCO.
Coraggio.
DON POPPONE.
Coraggio.
FALCO, DON POPPONE.
Timore non ho.
FALCO.
Il Diavolo s'appressa.
DON POPPONE.
Che non s'accosti quà.
FALCO.
E vi è la Diavolessa.
DON POPPONE.
Sì brutta non sarà.

Escono Dorina, e Giannino travestiti.

FALCO.
Cava cava Don Poppone.
DON POPPONE.
Oh che brutto Diavolone!
FALCO.
Cava cava la cantina.
DON POPPONE.
O che bella Diavolina!
FALCO.
Principiate a lavorar.
DON POPPONE.
Questo quì nol vo‘ mirar.
FALCO.
Via cavate,
Seguitate
La lezion, che s‘ ha da far.

Don Poppone cava la terra.

TUTTI.
Farfarello,
Gambastorta,
Porta porta
Il mio Tesoro.

Mentre Don Poppone batte la zappa.

GIANNINO, DORINA.
Oro, oro.
FALCO.
Ai spirti dell'oro
Conviene offerir.
DON POPPONE.
Dell'oro … gnor sì …
Piuttosto di quì.

Lo dà a Dorina.

FALCO.
Cavate, battete.
GIANNINO.
Monete monete.

Battendo Don Poppone.

DON POPPONE.
Oh misero me!
DORINA.
Porgetele a me.
FALCO.
Cavate il Tesoro.
GIANNINO.
Dell‘ oro, dell‘ oro.

Battendolo come sopra.

DON POPPONE.
Non più per pietà.
DORINA.
Porgetelo quà.
FALCO.
Seguite a cavar.
DON POPPONE.
Non posso durar.
GIANNINO.
Dell‘ oro per me.

Come sopra.

DON POPPONE.
Se più non ce n'è.
FALCO, GIANNINO, DORINA.
Se l'oro è finito,
L'incanto compito
Per ora sarà.
DON POPPONE.
Ma dov‘ è il tesoro?
GIANNINO, DORINA, FALCO.
Vedetelo quà.

Spengono il lume.

DON POPPONE.
Oimei, oimei!
Falco, ove sei?
GIANNINO, DORINA, FALCO.
Gambastorta, Farfarello,
Via conduci il pazzerello.
DON POPPONE.
Falco, Falco.
GIANNINO, DORINA, FALCO.
Via di quà lo strascinate.
DON POPPONE.
Falco, Falco per pietà.
GIANNINO, DORINA, FALCO.
Se non dice, evviva l'Orco
Bastonato come un porco
Don Poppone si vedrà.
DON POPPONE.
Viva l'Orco.
TUTTI.
Viva l'Orco, e l'Orca anch'essa;
E la bella Diavolessa
Il Tesor si goderà.
Diavoli quà.
Diavoli là.
La Diavolessa contenta sen va.

Fine dell‘ Atto Secondo.

Atto terzo.

Scena prima.

Camera.

Il Conte, La Contessa.

CONTESSA.
Offerirmi denari?
Tal'onta a una mia pari?
Simulare non vo‘ tale strapazzo.
IL CONTE NASTRI.
Ma nol vedete? Don Poppone è un pazzo.
CONTESSA.
No no: tal non lo credo;
Sanamente lo vedo
Oprar in altre cose. Un qualche inganno,
Che vi sia convien dire,
E prima di partir mi vo‘ chiarire.
IL CONTE NASTRI.
Certo, per dire il vero
Egli ci ha fatto un trattamento tale,
Che giudicar dobbiamo.
Che non creda che siam quelli, che siamo.
CONTESSA.
Vuole, il decoro nostro,
Che prima di partir si disinganni,
E sappia qual conviene
Rispettar una Dama.
IL CONTE NASTRI.
Eccolo, ei viene.

Scena II.

Don Poppone, e detti.

DON POPPONE.
Maledetti stregoni,
Ancora siete quì?
IL CONTE NASTRI.
Come parlate?
DON POPPONE.
Sento sul dorso ancor le bastonate,
CONTESSA.
Ma, Signor Don Poppone
Per chi voi ci credete?
DON POPPONE.
Per due, che amici siete del Demonio,
E son le spalle mie buon testimonio.
IL CONTE NASTRI.
Voi parlate da stolto.
CONTESSA.
O siete tale,
O di cantina il vin
V‘ ha fatto male.
DON POPPONE.
Sì, appunto la cantina
Mi ha fatto mal m‘ impegno.
Nol col vino però, ma con il legno.
IL CONTE NASTRI.
Che ragionare è il vostro?
DON POPPONE.
In due parole:
O fate, che il Demonio
Rendami i miei denari trappolati,
O voi farete al giudice accusati.
IL CONTE NASTRI.
Eh portate rispetto
Al Conte Nostri, e alla Contessa sposa.
DON POPPONE.
Al Conte e alla Contessa
Io son buon servitore.
Ricevo per onore
Le grazie, che mi fanno,
E voi andate via con il mal‘ anno.
CONTESSA.
Come! Chi siamo noi?
IL CONTE NASTRI.
Ci conoscete?
DON POPPONE.
Vi torno a dir, che due stregoni siete.
IL CONTE NASTRI.
Non son‘ io il Conte Nostri?
DON POPPONE.
Voi?
CONTESSA.
Non sono
Dunque io la Contessa?
DON POPPONE.
Voi?
IL CONTE NASTRI.
Da Roma
Non mi raccomandò l'amico!
DON POPPONE.
Voi?
CONTESSA.
Non c'invitaste in casa vostra?
DON POPPONE.
Voi?
IL CONTE NASTRI.
Qual maraviglia è questa?
Se dubbio alcun vi resta;
Dell‘ amico comune ecco più fogli.

Dà alcuni fogli a Don Poppone.

CONTESSA.
Siete in errore, o vi prendete spasso?
Ci conoscete voi?
DON POPPONE.
Resto di sasso.

Dopo aver letto.

IL CONTE NASTRI.
Che dite di stregoni?
CONTESSA.
Che dite di denar?
IL CONTE NASTRI.
Perchè offerirmi
Una borsa vilmente?
CONTESSA.
A me offerire
Un'anello perchè?
DON POPPONE.
Non so che dire.
Un'equivoco è stato …
So, che fui bastonato …
Dunque saran quegli altri … E come mai?
Vi domando perdono; ia m'ingannai.
Com'è stata dir non so;
Ma chiarire mi saprò.
Aspettate … non vorrei …
Perdonate … non saprei …
A chi credere dovrò?
Dubitar posso di voi;
Dubitar posso di loro.
Sono incerto del Tesoro.
Tutto dice sì è no.
Quel ch‘ è certo, e indubitato
E‘ che m‘ hanno bastonato,
E‘ Tesori più non cavo.
Ed il bravo – più non so.

Scena III.

Il Conte, e la Contessa.

CONTESSA.
Il misero è ingannato.
IL CONTE NASTRI.
Io lo previdi,
Che il facea delirar qualche pazzia.
CONTESSA.
Prima ch'altri ci turbi, andiamo via.
IL CONTE NASTRI.
Senza veder nemmeno
Napoli, che a goder venuti siamo?
CONTESSA.
A Roma ritorniamo.
Vedo che il fato al mio piacer contrasta.
Ho goduto fin'or tanto che basta.

Più bel diletto
Sperar non oso,
Oltre l‘ affetto
Del caro sposo,
Che a me fedele
Conservi il cor.
Torniamo, o caro,
Nel patrio nido;
Che'l dubbio amaro,
Che fiate infido
Rende crudele
Lo stesso amor.

Parte.

Scena IV.

Il Conte solo.

IL CONTE NASTRI.
La compatisco, e compiacerla io voglio.
Non è picciolo imbroglio
Quello, in cui m'ho trovato.
Vissi finor beato
Fido alla sposa mia nel mio paese;
Perchè perder la pace a proprie spese?

Parte.

Scena V.

Dorina, Giannino, e Ghiandina.

GHIANDINA.
Tante'è, Signori miei, scoperti siete,
Andarvene dovrete, e forse in pena.
Della vostra malizia,
Render conto dovrete alla Giustizia.
GIANNINO.
Io non so che vi dite.
DORINA.
Io non so nulla.
GHIANDINA.
Che innocente fanciulla!

A Dorina.

Che giovane dabbene!

A Giannino.

Da ridere mi viene. Il Signor Conte,
La Sinora Contessa.
Il Diavolone con la Diavolessa!
Il povero Padrone assassinato:
Rubato, bastonato
Tutto vidi dall‘ uscio di cantina.
GIANNINO.
Abbiateci pietà, cara Ghiandina.
DORINA.
Falco n'è la cagione
GHIANDINA.
Lo so che quel briccone l'ha ingannato;
Ma sarà, come merta, castigato.
DORINA.
Ma voi, come c'entrate?
GHIANDINA.
Ci ho da entrare
Più assai che non credete,
Poiché, se nol sapete,
Per serva sono entrata in queste porte
Ma del Padrone diverrò Consorte.

Sì, Signori, così è,
Il Padron mi sposerà.
Il Padrone premierà
Il mio amore, e la mia se.
E voi altri cabaloni,
Che faceste gli stregoni,
Partirete via di quà.
Il briccone – Diavolone
La Contessa – Diavolessa
Al Padron la pagherà.

Parte.

Scena VI.

Dorina, e Giannino.

GIANNINO.
Me la vedo imbrogliata.
DORINA.
Io per vostra cagion son rovinata.
GIANNINO.
Per me?
DORINA.
Certo per voi,
Siam giunti al precipizio,
Per il vostro pochissimo giudizio.
GIANNINO.
Qua venir non volea …
DORINA.
Senza denari,
Che s'aveva da far?Voi mi faceste
Fuggir di casa mia.
Se la miseria vostra
Avessi preveduta,
No, certamente, non sarei venuta.
GIANNINO.
L'ho fatto per amor.
DORINA.
Che bell‘ amore!
Si perdera l'onore,
Si perderà la libertà, e la vita.
Rimediarci convien.
GIANNINO.
Come?
DORINA.
Fuggire
Al meglio che si può da disperati.
GIANNINO.
Fuggirem tutti due.
DORINA.
Ma separati.
GIANNINO.
Separati perchè?
DORINA.
Perchè mi basta
Quel che fin‘ ora ho seco voi passato.
GIANNINO.
Misero disgraziato!
DORINA.
Oh povera Dorina!
GIANNINO.
Sono in disperazion.
DORINA.
Sono in rovina.

Scena VII.

Falco, e detti.

FALCO.
Siete quì.
GIANNINO.
Siamo qui precipitati.
DORINA.
Voi ci avete del tutto assassinati.
FALCO.
Buone nuove vi reco.
GIANNINO.
Se vi trovano,
Le nuove anche per voi saran cattive.
FALCO.
Questo foglio leggete.

A Giannino.

GIANNINO.
E chi lo scrive.

Prendo il foglio.

FALCO.
Leggete, e sentirete.
Che il vostro genitore,
Vi ha fatto il bel favore,
Per rendervi giocondo,
Di andarsene di trotto all'altro mondo.
DORINA.
E‘ morto il padre suo?

A Falco.

FALCO.
Certo, certissimo.
DORINA.
Giannino è ver?
GIANNINO.
Dorina mia, è verissimo.
DORINA.
Dunque mi sposerete
Dunque mi condurrete
Giorni lieti a passare in altro loco.
GIANNINO.
Lasciatemi per ‚or piangere un poco.

Siede in atto di piangere.

FALCO.
Lasciate che si sfoghi il poveretto;
La natura vorrà fare il suo effetto.
Mi consolo con voi; ma vado subito
A trovar Don Poppone.
Aggiustarla conviene.
Rendergli le monete a lui levate,
E chieder scusa delle bastonate.
DORINA.
Come si potrà far?
FALCO.
Non ci pensate.
Anch'in questo l'impegno a me lasciate.

Veleggiar secondo il vento
Noi dobbiam nel nostro mare,
E ta bussola adoprare
Se a seconda non si va.
Ho una testa – che tempesta
Non paventa in mezzo all'onda.
Si confonda – chi non ha.
La mia grande abilità.

Parte.

Scena VIII.

Dorina, e Giannino.

DORINA.
Dunque sperar possiamo,
Che tutto anderà bene il mio Giannino.
GIANNINO.
Povero padre: è morto il poverino!

Stando mesto a sedere.

DORINA.
Cosà volete far? Chi è morto è morto.
Prendiamoci conforto
Dallo sperar, come sperar conviene,
Che alfin le cose nostre anderan bene.
GIANNINO.
Non mi posso dar pace.

Come sopra.

DORINA.
Egli era vecchio,
Imperfetto, stroppiato,
E doveva morir.
GIANNINO.
Mio padre è andato.

Come sopra.

DORINA.
Anch'io quando rammento
Mio madre che per voi ho abbandonata
Son tutta appassionata,
Ma mi consolo al mio Giannino appresso,
E dovreste per me fare lo stesso.
GIANNINO.
O povero mio padre,
Che tanto buona fù!
E‘ morto il poverino
E non lo vedrò più.

Mentre Giannino canta ciò con mestizia, Dorina l‘ ascolta un poco, e poi bello s‘ allontana, e va a sedere sopra un‘ altra sedia.

DORINA.
Oh povera mia madre
Vuol tanto bene a me.
Ed io l'ho abbandonata;
E non lo vedrò oimè.

Giannino sentendo che Dorina si lamenta, s‘ alza s'accosta, ed ella seguita. Egli poi si allontana un poco, ed ella s'alza, e si vanno bel bello accostando.

GIANNINO.
Oh povero mio padre!
DORINA.
Oh povero mia madre!
GIANNINO.
Che tanto buono fù.
DORINA.
Vuol tanto bene a me.
GIANNINO.
E‘ morto il poverino.
DORINA.
Più non la vedo oimè.
GIANNINO.
E‘ morto mio padre.

Guarda Dorina.

DORINA.
Non vedo mia madre.

Guarda Giannino.

GIANNINO, DORINA.
Ed io cosa farò?
Non lo so, non lo so.
GIANNINO.
Dorina, mia cara.

Con tenerezza.

DORINA.
E‘ morta mia madre.

Mostrando discacciarlo.

GIANNINO.
Ed io piangerò.
DORINA.
Giannino, mio caro.

Con tenerezza.

GIANNINO.
E‘ morto mio padre.

Mostrando scacciarla.

DORINA.
Ed io creperò.
GIANNINO, DORINA.
Crepare perchè?
Rimedio non c'è.
Tu, caro tesoro,
Puoi darmi ristoro
Mi puoi consolar.
GIANNINO.
Tu sarai la mia Mammina.
DORINA.
Tu sarai mio Papa bello.
GIANNINO.
Crudelaccia, malandrina.
DORINA.
Furbacchiotto, ladroncello,
GIANNINO, DORINA.
Tu m'hai fatto sospirar.

Non più dolore,
Non più timore;
Non più tormenti
S‘ han da provar.
Dolce riposo,
Core amoroso
Sposi contenti
Fa giubilar.

Parte.

Scena IX.

Sala terrena.

Don Poppone, e Falco.

DON POPPONE.
No, non credo mai più, mai più a nessuno
Il Conte, e la Contessa,
E poi la Diavolessa,
L'oro che mi han carpito,
E cento baronate,
E quel che importa più le bastonate?
FALCO.
In quanto al Conte Nastri fu un'errore.
Voi prendeste, Signore,
Voi per quell'altro, e per quell'altro l'uno,
Senza che in ciò colpa ne avesse alcuno.
Circa l'oro che dite
Dal Diavolo rapito,
Sara restituito; e in quanto poi
Al complimento delle bastonate,
Basterà che una scusa riceviate.
DON POPPONE.
La scusa non mi serve
Per levarmi il dolor, che ancora sento
Che mi rendano l'oro e son contento.
FALCO.
Ora verranno i maghi
A far l'operazione
Per la restituzione.
DON POPPONE.
No, non voglio;
Piuttosto glielo dono.
FALCO.
Non temete, Signor, che amici sono.

Scena Ultima.

Tutti.

DORINA, GIANNINO.
Spiritì buoni,
Quà comparite,
Restituite
L'oro a chi va.

Vengono due giovani, che presentano a Don Poppone le sue monete.

FALCO.
Eccoli quà.
DON POPPONE.
Grazie alla vostra
Benignità.
Contento siete.
DORINA, GIANNINO, FALCO.
L'oro fu reso.
Perdonerete
A chi v'ha offeso,
Per carità.
DON POPPONE.
Il Ciel vi doni
Felicità.
IL CONTE NOSTRI, CONTESSA.
Da voi prendiam licenza.
Da voi facciam partenza.
DON POPPONE.
Buon viaggio e sanità.
DORINA, GIANNINO.
Voi siate testimonio
Del nostro matrimonio
Che quì da noi si fa.

Si toccano la mano.

DON POPPONE.
Voglio sposarmi anch'io.
Vien quà, bell'idol mio.

A Ghiandina.

GHIANDINA.
Ghiandina a voi s'appressa.
GIANNINO.
E colla Diavolessa
Giannino s'unirà.
DON POPPONE.
Tutto va bene.
Tutte le cose
Sono aggiustate
Le bastonate
Chi pagherà?
TUTTI.
Chi ha avuto ha avuto,
Questo si tace.
Ciascun la pace
Si goderà.
Liete già sono
Serva e Contessa
La Diavolessa
Lieta sen va.

Il Fine.