Niccolò Piccinni

La buona figliola

Dramma giocoso in tre atti

Libretto von Carlo Goldoni

Uraufführung: 06.02.1760, Teatro Marsigli Rossi, Bologna

Personaggi

La marchesa Lucinda (Soprano)

Il cavaliere Armidoro (Soprano)

Cecchina (giardiniera) (Soprano)

Sandrina (contadina) (Soprano)

Paoluccia (cameriera) (Mezzo Soprano)

Il marchese della Conchiglia (Tenore)

Tagliaferro (corazziere tedesco) (Baritono)

Mengotto (contadino) (Basso Comico)

L'azione si finge nel feudo del marchese della Conchiglia.
Atto Primo

Scena prima

Giardino delizioso adorno di vari fiori, con veduta del palazzo del Marchese.

CECCHINA sola.
Che piacer, che bel diletto
È il vedere in sul mattino
Colla rosa il gelsomino
In bellezza gareggiar!
E potere all'erbe e ai fiori
Dir: Son io, coi freschi umori,
Che vi vengo ad inaffiar.

Ah, non potea la sorte,
In mezzo al caso mio duro e funesto,
Esercizio miglior darmi di questo.
Povera sventurata!
Non so da chi son nata:
Questo è il triste pensier che mi tormenta.
Pur, tra le piante e i fiori
Trovo il solo piacer che mi contenta.
Godo colle mie mani
un germoglio troncar dall'arboscello,
E mirarlo cresciuto arbor novello.
Godo io stessa innestar sul prun selvaggio,
In dolce primavera,
Or le pesche succose ed or le pera.

Scena seconda

Mengotto e detta.

MENGOTTO.
Oh, Cecchina, buon giorno.
CECCHINA.
Mengotto, ti saluto.
MENGOTTO.
Eccomi: ad aiutarti io son venuto.
CECCHINA.
Tardi venisti, affè.
Ho inaffiato da me quanti tu vedi,
Nei bei recinti erbosi,
Opra delle mie man, fiori odorosi.
MENGOTTO.
Manca nel tuo giardino,
Manca, Cecchina bella, il più bel fiore.
CECCHINA.
Qual'è il fior che vi manca?
MENGOTTO.
Il fior d'amore.
CECCHINA.
Non so che cosa sia.
MENGOTTO.
Cara Cecchina mia,
Senti che fiore è questo, e dimmi poi
Se in beltà, se in piacer sorpassa i tuoi.
Quel che d'amore
Si chiama il fiore.
È d'un bel core
La fedeltà.
D'un'alma fida,
D'un core onesto,
Più bell'innesto
No, non si dà.
CECCHINA.
Eh, Mengotto, Mengotto,
Di questo fior sì bello
Che il tuo labbro e il tuo cor vanta così,
Intesi a dir questa canzone un dì.
Ogni amatore
Nel proprio core
Il fior d'amore
Vantando va.
Ma dove nasca
La bella pianta
Che il labbro vanta,
Nessuno il sa.
MENGOTTO.
Posso farti vedere
Che la pianta felice
Di Mengotto nel seno ha la radice.
Sì, ti sarò fedele, fedelone:
Bastami solo un po‘ di compassione.
CECCHINA.
Compassione da me ne avrai da vendere,
Ma di più non so dar: più non pretendere.
MENGOTTO.
Niente, niente d'amor?
CECCHINA.
Sì: se ti basta
Quell'amor con cui s'amano
I fratelli, gli amici,
Nell'innocente amor c'entri anche tu,
Come amico e fratello, e niente più.
MENGOTTO.
Ah, Cecchina, al mio foco
Fratellanza, amicizia, è troppo poco.
Ma piuttosto che niente,
Amami da parente: un dì, chi sa?
Parentela fra noi cangiar potrà.
Non comoda all'amante
L'affetto di parente,
Però meglio è che niente:
Mi voglio contentar.
Se mi ami da fratello,
Un dì, visetto bello,
Potrà la sorellina
Sposina diventar.

Parte.

Scena terza

Cecchina, poi il Marchese.

CECCHINA.
Per dir la verità,
Sento qualche pietà per lui nel core;
Ma mi fa ingrata un mio segreto amore.
Non ardisco di dirlo,
Mai nessuno il saprà …
Oh Ciel! dove m'ascondo? Eccolo qua.
IL MARCHESE.
Brava, sei di buon'ora
Questa mane venuta al tuo mestiere.
CECCHINA.
Signor, fo il mio dovere.
IL MARCHESE.
Ma non voglio
Che così ti affatichi. Altri ci sono,
E villani e villane.
Fatti per queste cose grossolane.
Tu sei una ragazza tenerina.
Tu sei …
CECCHINA.
Cosa, signor?
IL MARCHESE.
La mia Cecchina!
CECCHINA.
Certo, son cosa vostra;
Se voi mi date il pane,
Comandar mi potete.
IL MARCHESE.
Ben, comando
E voglio e dico, ed obbedir conviene,
Che tu, Cecchina mia … mi voglia bene.
CECCHINA.
Signor, con sua licenza.

Vuol partire.

IL MARCHESE.
Dove vai?
CECCHINA.
Ancor non inaffiai
Certe piante novelle …
IL MARCHESE.
Eh! che c'è tempo!
Senti … ti vo‘ parlar … vo‘ confidarti …
(Non posso più: voglio scoprirle il core.)
CECCHINA.
(Mi batte il seno … Ah, non tradirmi, Amore!)
IL MARCHESE.
Tu sei una fanciulla
Che merita un tesoro;
Un amante son io che da te brama
Grata corrispondenza.
Cara, non mi negar …
CECCHINA.
Con sua licenza.

Parte correndo.

Scena quarta

Il Marchese solo.

Senti, senti, Cecchi … Va come il vento!
Eh, dal suo turbamento
Capisco che mi adora:
Ma teme a dirlo, ed è innocente ancora.

Scena quinta

Sandrina con due canestri di frutti, e detto.

SANDRINA.
Poverina, tutto il dì
Faticar deggio così!
Lavorare e coltivar,
E le frutta ho da portar.
E son tanto tenerina.
Poverina,
Chi mi viene ad aiutar?
IL MARCHESE.
(Costei amica è di Cecchina. Io voglio
Confidarmi con lei.) Sandrina, appunto
Ho bisogno di te.
SANDRINA.
Con questo peso
Trattenermi non vo‘.
IL MARCHESE.
Via, non ci vede alcun: t'aiuterò.

Leva a Sandrina i cesti dalle spalle, e li pone in terra.

SANDRINA.
(Oh, credere conviene
Che il padrone davver mi voglia bene.)
IL MARCHESE.
Dimmi … Ma pria ch'io passi
A confidarti il core,
Vorrei saper se mai provasti amore.
SANDRINA.
Dirò … così e così …
IL MARCHESE.
Dunque sai cosa è amore?
SANDRINA.
Eh, signor sì!
IL MARCHESE.
Sappi, te lo confido,
Ch'io sono innamorato,
E bisogno ho di te.
SANDRINA.
(Eh, già lo vedo: è innamorato in me.)
IL MARCHESE.
Altri che te, Sandrina,
Non mi puole aiutar.
SANDRINA.
Oh, sì signore!
Comandatemi pur: son di buon core.
IL MARCHESE.
Amo.
SANDRINA.
L'avete detto.
IL MARCHESE.
Ma sai qual sia l'oggetto?
SANDRINA.
Non so dire …
Ma quasi il mio cervello
Se ‚l pensa e l'indovina.

Mostrandosi lieta.

IL MARCHESE.
Senti, te lo confido: amo Cecchina.
SANDRINA.

Si mortifica.

IL MARCHESE.
So che amica le sei; fra voi ragazze
Confidarvi solete;
E a ragionar con te
Non avrà quel rossor ch'ella ha con me.
SANDRINA.
Signore, vi dirò …
Contadina son nata,
Ma non mi piace far quest'imbasciata.
IL MARCHESE.
Oh, che sciocco discorso!
Si tratta d'un'amica,
Si tratta d'un padrone:
E ti regalerò.
SANDRINA.
(Mi voglio vendicar.) Vi servirò.
IL MARCHESE.
Poc'anzi le parlai,
Ma dir non terminai.
Tu, Sandrina, per me le parla un poco.
Dille che tutto foco …
Dille che gli occhi suoi …
Dille che, se vorrà … capir mi puoi.
È pur bella la Cecchina!
Mi fa tutto giubilar.
Quando parla modestina,
Mi fa proprio innamorar.
Quel bocchino piccinino,
Quegli occhietti sì furbetti …
Ah, di più non si può far.
Ma tant'altre vanarelle,
Che von‘ far le pazzarelle,
Non le posso sopportar.
Via le belle, via le brutte
Vadan tutte:
Sol Cecchina voglio amar.

Parte.

Scena sesta

Sandrina, poi il Cavaliere Armidoro.

SANDRINA.
Dille, parlale … Oh certo! sì signore!
Affè, non son sì pazza!
Anch'io son tal ragazza
Che può avere l'amor d'un cavaliere,
Né per altri vo‘ far questo mestiere.
IL CAVALIERE.
Villanella gentil …
SANDRINA.
La riverisco.
IL CAVALIERE.
Siete voi del recinto?
SANDRINA.
Sì, signore.
IL CAVALIERE.
Saper vorrei se la padrona è alzata.
SANDRINA.
Nol so, ché ritornata
Son di lontano or ora
A portar questa frutta alla signora.

Accennando i cesti.

IL CAVALIERE.
Si può veder?
SANDRINA.
Chi siete?
IL CAVALIERE.
Il Cavaliere
Armidoro son io, cui la Marchesa
Destinata è in isposa: e qui mi sprona
Desio di riverirla.
SANDRINA.
Mi consolo, signor: vado a servirla.
Oh, che la mia padrona
È tanto e tanto buona!
Con lei, certo sarete fortunato:
Ma … vi tocca un gran pessimo cognato.
IL CAVALIERE.
Il Marchese?
SANDRINA.
Signore …
Io non voglio dir mal … ma se sapeste …
Basta, non vo‘ parlare,
Perché il vizio non ho di mormorare.
IL CAVALIERE.
Ditemi in cortesia:
Meco parlar potete.
SANDRINA.
Ve ‚l dirò in confidenza: ma tacete.
IL CAVALIERE.
Levatemi di pena.
SANDRINA.
È innamorato
Di certa simoncina
Nominata Cecchina,
Giovane forestiera
Che fa la giardiniera. Non si sa
Dove sia nata, né di chi sia figlia.
Ed ei non si vergogna,
Non dico sol d'amarla,
Ma si crede che voglia anche sposarla.
IL CAVALIERE.
Possibil che ciò sia?
SANDRINA.
Ve l'assicuro.
IL CAVALIERE.
Ah, se ciò fosse vero,
Pria di porger la mano alla Marchesa
Ci penserei ben bene.
SANDRINA.
È tanto vero,
E con tal fondamento ora vi parlo,
Che anche sull'onor mio posso giurarlo.
Sono una giovane
Che in vita mia
Tacciar non possono
D'una bugia;
E non so fingere
Non so mentir.
Il mio padrone …
Non vo‘ parlare.
La giardiniera …
Non vo‘ ciarlare.
So tutto il resto,
Ma più di questo
Non voglio dir.

Parte con i suoi cesti.

Scena settima

Il Cavaliere Armidoro solo.

Amo è ver, la Marchesa,
Son contento di lei:
Ma un sì vil parentado io sdegnerei.
E innanzi che mi giunga
Ad accecare il faretrato arciero,
Scoprir vogl'io se un tal periglio è vero.
Della sposa il bel sembiante
Favellar mi sento al core:
Ma la gloria, ma l'onore
Son costretto a consigliar.
Ché l'amor nel seno amante
Può languire e venir meno,
Ma l'onor nel nostro seno
Colla vita ha da durar.

Parte.

Scena ottava

Appartamenti terreni corrispondenti al giardino.

La Marchesa, poi Paoluccia.

LA MARCHESA.
Caro albergo di pace,
Lungi dal mormorio, lungi dal tedio
Di città popolosa,
Sempre dolce mi fosti. A te d'intorno
Spira un aere giocondo, un ciel sereno,
Ma or sei al cuor mio piacevol meno:
Mancami il bel che adoro,
Mancami d'Armidoro il dolce aspetto,
A compir fra quest'aure il mio diletto.
PAOLUCCIA.
Presto, presto, la mancia: in questo punto,
Sarà contenta, il Cavaliere è giunto.
LA MARCHESA.
Va, che impaziente l'amor mio l'aspetta.
PAOLUCCIA.
(Capperi! la signora ha una gran fretta.)

Parte.

LA MARCHESA.
Ah, convien dir che i nostri cuori amanti
S'intendano assai bene:
Io pensavo allo sposo, ed ei sen viene.

Scena nona

Il Cavaliere Armidoro, Paoluccia e detta.

PAOLUCCIA.
Via, si va così lento
A riveder la sposa?

Al Cavaliere.

LA MARCHESA.
Ah, che opportuno
Vi ha guidato il destino.
IL CAVALIERE.
Adorata Marchesa, a voi m'inchino.
LA MARCHESA.
Ohimè! nel vostro ciglio
Veder non parmi il bel sereno usato.
PAOLUCCIA.
(Lo diceva ancor io: pare insensato.)
IL CAVALIERE.
Compatite un affanno
Che mi turba la quiete. Il mio costume
Per lungo uso vi è noto: allor che in seno
Nutro qualche dolor, qualche sospetto,
Deggio in viso mostrarlo a mio dispetto.
PAOLUCCIA.
(Certo un uomo sincero è un gran portento:
Credo non se ne dian quattro per cento.)
IL CAVALIERE.
Detto mi vien per certo
Che il Marchese invaghito
Sia di femmina vile, e che destina
Sposarla ancor.
LA MARCHESA.
E chi è costei?
IL CAVALIERE.
Cecchina.
LA MARCHESA.
Spero che non sarà; di mio germano
Conosco il cor: ma se dal cieco Amore
Si lasciasse tradir? Se mai cedesse
Al desio delle nozze inonorate,
Armidoro crudel, voi mi lasciate?
IL CAVALIERE.
Quel che farei non so. So che vi adoro,
So che mi costerebbe,
Il perdervi, la vita; ma non deggio,
Ad onta dell'amor che mi consiglia,
Il decor tradir di mia famiglia.
Deh, procurate in tempo
Impedir che ciò segua. Idolo mio,
Che sarebbe di me, se mai perdessi
D'un sì bel core il prezioso acquisto?
Ah, il pensarvi m'uccide! Ah, non resisto!

Parte.

Scena decima

La Marchesa e Paoluccia.

LA MARCHESA.
Temeraria! Per lei
Perderò chi m'adora?
Chiamami la Cecchina.

A Paoluccia.

PAOLUCCIA.
Sì, signora,
La chiamerò; sgridatela ben bene,
Quest'incognita ardita e presuntuosa,
Ch'esser vorria d'un cavalier la sposa.
Che superbia maledetta
Che si vede a dominar!
Ogni misera donnetta
Si procura d'innalzar.
Non vi è più fra le persone
Quella giusta proporzione
Che si usava praticar.
Ciascuna oggidì,
Col chicchirichì,
Lustrissima sì …
Bracciere di qua,
Bracciere di là!
Pomposa … vezzosa …
Brillando sen va.

Parte.

Scena undicesima

La Marchesa, poi Cecchina.

LA MARCHESA.
Manderò la sfacciata
A far vita meschina e ritirata.
Ma per sfuggire col german l'impegno
Fingere è forza, e simular lo sdegno.
CECCHINA.
Eccomi a‘ suoi comandi.
LA MARCHESA.
Sì, Cecchina,
Fosti sempre bonina, e lo sarai;
E un piacer che ti chiedo or mi farai.
CECCHINA.
Vuol, parlando così, mortificarmi:
La padrona ha il poter di comandarmi.
LA MARCHESA.
Aspasia mia sorella
Brama una giardiniera. Ella pregommi
Ch'io t'avessi al suo desir concesso,
E di cederti ad essa ho già promesso!
CECCHINA.
(Povera me!)
LA MARCHESA.
Sollecita
Renditi al cenno mio.
CECCHINA.
Dunque, signora,
Seco non mi vuol più?
Non l'è più cara la mia servitù?
LA MARCHESA.
Sì, mi sei cara; e se di te mi privo,
Alfin ti mando dai congiunti miei.
CECCHINA.
Ma io … padrona … voglio star con lei.
LA MARCHESA.
Lo dici per amor?
CECCHINA.
Certo … lo giuro.
LA MARCHESA.
Dunque, se dell'amore
Per la padrona tua vanti sincero,
Mostra coll'obbedir che dici il vero.
CECCHINA.
Signora mia … con vostra permissione …
L'ha saputo il padrone?
LA MARCHESA.
Colle donne
Ei non ci deve entrare.
Vattene, e non mi far più replicare.
CECCHINA.
Obbedirò: ma se il padrone mio …
LA MARCHESA.
La padrona son io.
CECCHINA.
Non dico, ma l'andarmene di qua
Senza dirlo al padrone, è inciviltà.
LA MARCHESA.
Che giovane civile!
Vanne, non replicare:
O, disgraziata, ti farò portare.

Cecchina resta mortificata e piangente.

Scena dodicesima

Il Marchese e dette.

IL MARCHESE.
Cecchina, di te appunto
Cerco e ricerco, e non ti trovo mai.
Piangi? perché? cos'hai?
LA MARCHESA.
Da mia germana
A me fu ricercata,
Ed io per civiltà gliel'ho accordata.
IL MARCHESE.
Oh, signora sorella,
Vi è una difficoltà:
Io non voglio che vada, e non andrà.
LA MARCHESA.
Sì, Sì, cotal ripulsa,
Amabil cavaliero,
Quel che in dubbio credea mostra esser vero:
Voi l'amate, l'indegna.
IL MARCHESE.
E perché no?
LA MARCHESA.
La volete sposar?
IL MARCHESE.
Questo no ‚l so.
LA MARCHESA.
Perfida, disgraziata!
Se pentir non ti fo, non son chi sono.
CECCHINA.
Signor, meco si sdegna,
Ed io colpa non ho.
LA MARCHESA.
Sei un'indegna.
CECCHINA.
Una povera ragazza,
Padre e madre che non ha,
Si maltratta, si strapazza …
Questa è troppa crudeltà.
Sì, signora, sì, padrone,
Che con vostra permissione
Voglio andarmene di qua.
Partirò … me ne andrò
A cercar la carità.
Poverina, la Cecchina.
Qualche cosa troverà.
Sì, signore, sì, padrona,
So che il Ciel non abbandona
L'innocenza e l'onestà.

Parte.

Scena tredicesima

Il Marchese e la Marchesa.

LA MARCHESA.
Bell'onor della casa!
Bel rispetto che avete a una germana!
IL MARCHESE.
Per voi ho del rispetto,
Per voi ho dell'affetto,
Vi venero, vi stimo,
Siete del sangue mio:
Ma, signora, vo‘ far quel che vogl'io.

Parte.

Scena quattordicesima

La Marchesa sola.

No, non gli riuscirà, lo giuro al Cielo.
A costo di morire,
No, non la vo‘ soffrire.
Vanne, perfida, e aspetta,
Che lontana non è la mia vendetta.
Furie di donna irata
In mio soccorso invoco.
Ah, che mi accresce il foco
Un disperato amor.
Resa per un'ingrata
Gioco d'avversa sorte,
Stragi, vendetta e morte
Medita il mio furor.

Parte.

Scena quindicesima

Boschetto con veduta di campagna.

Paoluccia e Sandrina.

PAOLUCCIA.
Si sa dov'è Cecchina?
SANDRINA.
Io non so certo
Dove se ne sia ita.
PAOLUCCIA.
Chi sa che per timor non sia fuggita.
SANDRINA.
Vorrei che se ne andasse
Lontan le mille miglia.
Non solo fa all'amor con il padrone,
Ma con tutti i villani; e il mio Mengotto,
Innamorato e cotto
Un dì de‘ fatti miei,
Ora spasima e muor solo per lei.
PAOLUCCIA.
E non si sa nemmeno
Chi diavolo ella sia.
SANDRINA.
Fu ritrovata
Sulla strada bambina.
PAOLUCCIA.
I suoi parenti
Assassini saranno
Che l'hanno abbandonata.
SANDRINA.
Credo che da una zingara sia nata.

Scena sedicesima

Cecchina e dette, poi Mengotto, poi il Marchese.

CECCHINA.
Vo cercando, e non ritrovo
La mia pace, il mio conforto,
E per tutto meco porto
Una spina in mezzo al cor.
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Che si fa per di qua?
Signorina, dove va?
CECCHINA.
Care amiche, addio per sempre:
Già vi lascio, e m'incammino
A cercar miglior destino,
A cercar sorte miglior.

S'avvia verso la scena.

SANDRINA E PAOLUCCIA.
Vada pur, se se ne va,
Mille miglia via di qua.
MENGOTTO s'incontra in Cecchina, e la trattiene.
Dove vai, Cecchina bella?
Dove vai, mio dolce amor?
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Sì, signore, già si sa,
Coll'amante se ne andrà.
CECCHINA.
Donne ingrate, m'insultate,
Non avete carità.
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Mi condoni, mi perdoni
Della mia temerità.

Deridendola.

MENGOTTO.
Vieni via, che mi contento
Dell'amor di sorellina.
CECCHINA.
D'una povera meschina
Sia Mengotto il difensor.
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Sia Mengotto il conduttor
Dell'amante del padrone,
Ed il povero babbione
Sia mezzan del protettor.

A Mengotto.

MENGOTTO.
Del padrone?
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Così è.
Il suo cor non è per te.
MENGOTTO.
Resta pur, se d'altri sei.

A Cecchina.

CECCHINA.
Ah! congiura a‘ danni miei
Tutto il mondo traditor.

Sopraggiunge il Marchese.

IL MARCHESE.
Vual Cecchina abbandonarmi?
Ah, crudel, no, non lasciarmi!
Dove vai, mio bel tesor?
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Con Mengotto se ne va,
Ch'è l'amato fortunato
Che il suo cor si goderà.
IL MARCHESE.
Con Mengotto?
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Sì, signore.
IL MARCHESE.
Vanne pur, ingrato core:
Più di te non ho pietà.
CECCHINA.
Sventurata … sciagurata …
Ah, di me cosa sarà?
IL MARCHESE.
Vanne pur col tuo amorino.
MENGOTTO.
Vanne pur col padroncino.
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Bella … bella in verità!
CECCHINA.
Ah, signor …

Al Marchese.

IL MARCHESE.
Più non ti ascolto.
CECCHINA.
Senti tu …

A Mengotto.

MENGOTTO.
Non son sì stolto.
CECCHINA.
Care amiche: in carità! …
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Mi perdoni, mi condoni
Della mia temerità.
SANDRINA, PAOLUCCIA, IL MARCHESE E MENGOTTO.
No, per te non v'è pietà.
Chi di un sol non si contenta,
Si martelli, se ne penta:
A chi finge così va.
No, per te non v'è pietà.
CECCHINA.
Chi mi aiuta, per pietà?

Fine dell'Atto Primo.

Atto Secondo

Scena prima

Bosco in vicinanza della villa.

Il Marchese solo.

Dov'è Cecchina, oh Ciel?
Dov'è fuggita, ohimè?
Ah, che son io crudel!
Ah, m'ingannai da me!
Barbaro fato!
Sorte spietata!
Dove sei andata?
Dov'è il mio cor?
La cerco e non la trovo,
Non so dov'ella sia.
Maledetta sia pur la gelosia!
Il mio temperamento
Si scalda in sul momento;
L'ho scacciata da me, pazzo furente,
E dopo ritrovai ch'ella è innocente.
Ma la ritroverò:
Sì, la ricercherò per mari e monti;
Ai fiumi, ai colli, ai fonti
Di lei domanderò.
Sì, la ritroverò.

Parte.

Scena seconda

Il Cavaliere Armidoro e Cecchina scortata da vari uomini armati.

IL CAVALIERE.
Amici, sia condotta
Alla città costei; sia consegnata
Al Cavalier cui va diretto il foglio.
Sciocca! ti pentirai del folle orgoglio.

Parte.

Scena terza

Cecchina e uomini armati.

CECCHINA.
Dove mi conducete?

Mostrano parlar piano gli armati con lei.

Scena quarta

Mengotto, poi alcuni cacciatori che passano, e detti.

MENGOTTO.
Oh, povera Cecchina!
Di lei che vonno far? Pazzo, briccone!
Perché aver gelosia del mio padrone?
Ah, se sapessi almeno
Di liberarla il modo!
Ecco qui i cacciatori.

Si vedono venire i cacciatori.

Vi supplico, signori:
Se avete il cuor clemente,
Di man degli assassini
Venite a liberar quell'innocente.

I cacciatori colle loro armi sorprendono i custodi di Cecchina, ed essi fuggono inseguiti dai cacciatori medesimi, e nel fuggire cade ad uno la spada di mano, e l'abbandona.

Scena quinta

Cecchina, Mengotto, poi il Marchese.

CECCHINA.
Ah, povero Mengotto!
Alfin mi ha liberata.
E il padrone crudel mi ha abbandonata.
MENGOTTO.
Obbligato, signori. Avete fatto

Verso la scena.

Un'opra di giustizia e di pietà.
Ah, mia cara Cecchina, eccomi qua.
CECCHINA.
A te deggio la vita.
MENGOTTO.
In ricompensa
Posso sperare amore?
CECCHINA.
Lasciami respirar: mi manca il core.
MENGOTTO.
Vieni alla mia capanna:
Là prenderai ristoro.

Prendendola per mano.

IL MARCHESE.
Vieni meco, Cecchina. Ah, mio tesoro!

Leva Cecchina di mano a Mengotto, e la conduce seco correndo.

Scena sesta

Mengotto, poi Tagliaferro.

MENGOTTO.
Ah, povero Mengotto,
Cosa soffrir mi tocca!
Mi ha levato il boccon quasi di bocca.
Dagli empi liberata
Fu per opera mia,
E il mio padron me la conduce via.
Povero sfortunato!
Sì, mi voglio ammazzar. Son disperato.
Con questa spada, ch'è di man caduta

Prende la spada.

A un assassin vinto dal suo timore,
Vo‘ per disperazion passarmi il core.
Ah, Cecchina … il tuo Mengotto …
Si ferisce … e per te more …
Ma mi sento a dir dal core:
Poverino, non lo far.
Eh … coraggio … S'ha d'andar:
Sì, mi voglio sbudellar.
TAGLIAFERRO.
Eh, tartaifle, che tu far?

Impedisce il colpo.

MENGOTTO.
Caro signor soldato,
Lasciatemi morir; son disperato.
TAGLIAFERRO.
Tu, canaglia, poltrone,
Foler disperazione
Spata per ti passar? Se foi morire
Calantome onorate,
Alla querra fenir, morir soldate.
MENGOTTO.
Sì, signore, alla guerra
Voglio venir con voi.
Così, sorte assassina,
Mi leverò dal cor la mia Cecchina.
TAGLIAFERRO.
Jò, Cecchina chi star?
MENGOTTO.
Star una giovane
Che ho tanto, tanto amato.
TAGLIAFERRO.
E per donna talian star disperato?
Tatesco niente importa,
Per querra, per onor perder la pelle;
Ma non morir per queste pacatelle.
Fenir, fenir con me.
MENGOTTO.
Ma, in cortesia,
Chi è vossignoria?
TAGLIAFERRO.
Star bon soldate,
Corazzier, che serfir mio colonnello.
Stato Italia altra folta, e star fenuto
Atesso per cercar
Picchla racazzina dofe star.
MENGOTTO.
Basta! Verrò con voi.
Ma non mi so dar pace … Ahi … che tormento,
Che fiero tradimento!
Levarmela di man …
TAGLIAFERRO.
O nix tu donne più pensar, paesan.
Fenir, fenir con me,
Che alla querra, contenti,
Star tutte sorte de difertimenti.
Star trompette, star tampurri,
Star chitarre e ciuffoletti,
Star strumenti in quantità.
Racazzine craziosine
Per ballare, hessassà.
Se nemiche star lontan,
Trinche vain, paesan.
Se nemiche star vicin,
Zitte zitte nasconder.
Quando in campo star fenuto,
Je andate, tu restate,
E tu panze conservate
Per ballare, per trincar.
Sempre allegre fatte star.

Parte.

Scena settima

Logge terrene.

La Marchesa ed il Cavaliere Armidoro.

LA MARCHESA.
Dunque, per quel ch'io sento,
Se n'è ita l'indegna.
IL CAVALIERE.
Sì, è passata
A viver ritirata alla città,
E il Marchese mai più non la vedrà.
LA MARCHESA.
Ora vivrete quieto.
IL CAVALIERE.
Sì, mia cara.
Or contento son io.
LA MARCHESA.
Ma contento però non è il cor mio.
IL CAVALIERE.
Perché?
LA MARCHESA.
Perché pavento
Debole il vostro amor. Giusta ragione
Vi sdegnava, lo so, con il germano;
Ma un amante, uno sposo
Tenero ed amoroso,
No, non avea per questo,
Di lasciarmi, crudel, giusto pretesto.
IL CAVALIERE.
Nol dissi ancor, né, di lasciarvi, in seno
Nutria il pensier.
LA MARCHESA.
Lo minacciaste almeno.
IL CAVALIERE.
Ah! che distante è troppo
L'opera dal pensier. V'amo, v'adoro,
E so che nel mio petto
Potria l'amor ch'io sento
Vincer ogni passione a mio dispetto.
Cara, s'è ver ch'io v'ami
La mia costanza il dica:
Sorte crudel, nemica,
No, non mi cambia il cor.
Se di piacervi io brami,
Se l'idol mio voi siete,
Prove sincere avrete,
Ve ne offerisco ancor.

Parte.

Scena ottava

La Marchesa, poi Sandrina e Paoluccia.

LA MARCHESA.
Fuor di ragion non parla;
Lo comprendo, lo so, ma vo‘ ch'ei sappia
Ch'io voglio esser amata
Senz'alcuna riserva, e rispettata.
SANDRINA.
(Chi l'avesse mai detto!)

Piano a Paoluccia.

PAOLUCCIA.
(Io non so come
Una nuova recarle
Che le sarà importuna.)

Piano a Sandrina.

SANDRINA.
(Gliela possiamo dire un po‘ per una.)

Piano a Paoluccia.

LA MARCHESA.
Che parlate fra voi?
PAOLUCCIA.
Dirò, signora …
Lo saprà che Cecchina …
LA MARCHESA.
È già partita.
Questo lo so.
PAOLUCCIA.
Ma poi …
Ella deve saper … Ditelo voi.

A Sandrina.

LA MARCHESA.
Vi è qualche novità?
SANDRINA.
Dirò, signora …
Sappia che presto, presto …
Ho principiato a dir: voi dite il resto.

A Paoluccia.

LA MARCHESA.
Spicciatevi una volta.
SANDRINA.
Ha da sapere …
PAOLUCCIA.
Che indietro ritornata …
SANDRINA.
È in una stanza …
PAOLUCCIA.
Dal padron serrata.
LA MARCHESA.
Come? Chi è che m'inganna?
Il Cavaliere? … ovvero
Un vil german colle violenze sue?
PAOLUCCIA.
Dubito che vi burlin tutt'e due.
LA MARCHESA.
Va tu dal Cavalier. Digli che tosto

A Paoluccia.

A me sen rieda. E tu va dal Marchese.

A Sandrina.

Digli placidamente
Che parlargli desio.
SANDRINA.
Vado, signora, sì.

Incamminandosi.

PAOLUCCIA.
Vado ancor io.

Incamminandosi.

LA MARCHESA.
Aspettate.
SANDRINA.
Son qui.
PAOLUCCIA.
Dica, signora.
LA MARCHESA.
Quel che ho da dir non ho pensato ancora.
PAOLUCCIA.
Prima si pensa ben …
SANDRINA.
Poi si destina.
LA MARCHESA.
Voglio prima saper che fa Cecchina.
SANDRINA.
Vado.

In atto di partire.

PAOLUCCIA.
Glielo dirò.

In atto di partire.

LA MARCHESA.
Presto: badate
Che fa colei; andate
Dal Cavalier; tosto da mio fratello.
PAOLUCCIA.
Una cosa alla volta.

Parte, indi ritornando.

SANDRINA.
Andiam bel bello.

Parte, indi ritornando.

LA MARCHESA.
Non so quel che mi faccia,
Non so quel che mi dica.
Tu mi fai delirar, sorte nemica.
PAOLUCCIA.
Per il buco della chiave
Ho veduto la ragazza,
Che pareva mezzo pazza.
Da sé sola a taroccar.

Parte.

SANDRINA.
Ho veduto dalla porta
La Cecchina giardiniera
Che passeggia e si dispera,
Ch'è vicina a delirar.

Parte.

PAOLUCCIA.
Ho veduto che il padrone

Ritornando.

S'avvicina a quella stanza,
E mi par, secondo usanza,
Che la voglia consolar.

Parte.

SANDRINA.
Il padrone vuol aprire,

Ritornando.

Vuol parlar con la fanciulla …
Ma non voglio dirle nulla,
Non mi voglio far sgridar.
PAOLUCCIA.
La Cecchina è uscita fuori.

Ritornando.

SANDRINA.
Parleran de‘ loro amori.
SANDRINA E PAOLUCCIA.
O signora, ve lo dico:
Io per ora non m'intrico,
Non ci voglio più tornar.

Parton da un altro lato.

Scena nona

La Marchesa sola.

Che risolvo, che fo? Se vado io stessa
Mi cimento, lo vedo, a un rio periglio.
Penserò: prenderò miglior consiglio.
Il Cavaliere almeno
Venisse a consolarmi.
Ragion d'abbandonarmi
Non può avere per ciò: s'ei meco fosse
Sì barbaro e crudele,
Non avria, qual si vanta, un cor fedele.
So che fedel m'adora,
So che sincero ha il core:
È un cavalier d'onore,
Né mi saprà tradir.
Pria mancheranno al mare
Le copiose arene,
Che voglia il caro bene
Farmi così languir.

Parte.

Scena decima

Cecchina ed il Marchese.

CECCHINA.
Voglio andare, signor.

Quasi fuggendo.

IL MARCHESE.
Dove?
CECCHINA.
A gettarmi
A piè della padrona,
A chiederle perdono
Se degli sdegni suoi la causa io sono.
IL MARCHESE.
No, non andar: colei
È una donna furente,
E colla tua bontà non farai niente.
CECCHINA.
Pazienza, proverò:
E se vuole ch'io parta, io partirò!
Finalmente io son serva, ella è padrona.
IL MARCHESE.
Cara Cecchina, mia, tu sei pur buona!
CECCHINA.
Non è ver, son cattiva.
Se buona fossi stata
Non avrei nel core
Dato ricetto a un insolente amore.
IL MARCHESE.
Come! insolente chiami
Quell'amor che hai per me?
CECCHINA.
Sì, signor, cosi è;
Una povera serva
Che abbia un po‘ di ragione,
Non si dee innamorar del suo padrone.
Ma io, povera matta …
Ma io, senza pensar … Basta, l'ho fatta.
IL MARCHESE.
Tutto quel che facesti hai fatto bene.
Pentirti non conviene:
Anzi, dell'amor tuo voglio premiarti,
E a dispetto di tutto io vo‘ sposarti.
CECCHINA.
Sposarmi?

Dolcemente.

IL MARCHESE.
Sì, carina.
CECCHINA.
Degna non ne son io. Son poverina.
IL MARCHESE.
Orsù, ti opponi invano.
Presto, dammi la mano.

Vuol prendergliela.

CECCHINA.
Oh, signor no.

S'allontana.

IL MARCHESE.
Eh, che ti arriverò.

La seguita.

CECCHINA.
Dove m'ascondo?

Schermendosi.

IL MARCHESE.
Dietro ti correrei per tutto il mondo.
CECCHINA.
Via, lasciatemi stare.

Si scuote.

IL MARCHESE.
Sta zitta, non gridare.

La tien salda.

CECCHINA.
Via di qua.

Si scioglie.

Un po‘ più di rispetto e d'onestà.
Alla larga, alla larga, signore.
Io non vo‘ che nessuno mi tocchi.
Ah, purtroppo, purtroppo quegl'occhi
M'hanno fatto una piaga nel core.
Ahi, misera me!
Amor mi ferì,
Rimedio non c'è.
Vi basti così.

Il Marchese s'accosta.

No, vi dico, non vo‘ che l'affetto
Tradisca il rispetto che vuol l'onestà.
Cessate … lasciate … Così non si fa.

Parte.

Scena undicesima

Il Marchese solo, poi Tagliaferro.

IL MARCHESE.
Ah! costei mi ha incantato,
E son, più che non ero, innamorato.
Certo, quando io ci penso,
Sposar femmina vil non mi conviene.
Ma è sì bella e gentil … ma le vo‘ bene.
TAGLIAFERRO.
Chi star casa?
IL MARCHESE.
Signor? …
TAGLIAFERRO.
Chi star patrone?
IL MARCHESE.
Son io, per obbedirla.
TAGLIAFERRO.
Je fol parlar …
IL MARCHESE.
Son qui, sono a servirla!
TAGLIAFERRO.
Star fostra signoria
Della casa patron?
IL MARCHESE.
La casa è mia.
TAGLIAFERRO.
Star molto che patron?
IL MARCHESE.
Degl'anni assai;
Da mio padre, signor, l'ereditai.
TAGLIAFERRO.
Je recordar; mi stato
In fostro Marchesato
Quando per querra star tateschi Italia.
Qua recordar che picchla racazzina
Per marcia afer perduta,
E mai più picchlina afer feduta.
IL MARCHESE.
Una figlia perdeste?
TAGLIAFERRO.
Jò, main Herr,
Figlia de mio patrone,
Qua restata con matre;
Star fenuto nemiche, e so picchetto
Batter de nostra marcia … come dir?
Retroguardia. E pavura
Fatto matre morir; persa creatura.
IL MARCHESE.
Quanti anni saran?

Con agitazione.

TAGLIAFERRO.
Star finti, e più.
IL MARCHESE.
Ah, ditemi, monsieur …
TAGLIAFERRO.
Je monsieur? Star tatesco, e non monsieur
A tatesco dir: Herr, non dir mai più
A tatesco monsieur.
IL MARCHESE.
Ditemi, Herr:
La perduta figliola avea nel seno
Macchia di color blu?
TAGLIAFERRO.
Macchia di vain, jò.
IL MARCHESE.
Cecchina fortunata!
La fanciulla, signor si è ritrovata.
TAGLIAFERRO.
Oh, main Schatz! Dofe star?
IL MARCHESE.
In casa mia.
TAGLIAFERO.
Wo ist?
IL MARCHESE.
È qui con me.
TAGLIAFERRO.
Mariandel dof'è?
IL MARCHESE.
Ah, venite, signor, voi la vedrete.
Non so dove mi sia. Tutto saprete.
Seguitemi, monsieur.

S'incammina.

TAGLIAFERRO.
Ah, tartaifle, main Herr! Nix dir: monsieur.
IL MARCHESE.
Ma di grazia, signore,

Torna indietro.

Il padre della figlia
Si può saper chi sia?
TAGLIAFERRO.
Star colonnello de cafalleria.
IL MARCHESE.
Oh, me felice! Andiamo.

S'incammina poi torna indietro.

Dite: il vostro padrone
È cavalier?
TAGLIAFERRO.
Tartaifle! Star Barone!
IL MARCHESE.
Ah, venite con me.
TAGLIAFERRO.
Sì, fol fenir.

S'incammina, poi lo tira indietro.

Calantome, sentir:
Afer bon trinche vain?
IL MARCHESE.
Sì, venite.
TAGLIAFERRO.
Subite fol fenir.

Come sopra.

Calantome, sentir:
Mariandel star bella?
IL MARCHESE.
Mariandel
È il nome vero della figlia?
TAGLIAFERRO.
Jò.
IL MARCHESE.
Vederete una figliola
La raccolse bambina,
Fu chiamata Cecchina.
Mi chiedete s'è bella? Io vi rispondo
Che più bella di lei non vidi al mondo.
TAGLIAFERRO.
Ah, star furbo talian!
IL MARCHESE.
Dirovvi, poi,
Dirovvi un mio pensier.
TAGLIAFERRO.
Ah, star furbo talian, main liber Herr!
IL MARCHESE.
Vederete una figliola
Che diletta, che consola.
I suoi occhi son due stelle,
Quel visin due rose belle:
Non si può bramar di più.
Ah, venir, venir, monsieur …
No, main Herr. Non v'adirate,
Quella spada non toccate.
Amicizia voler far:
Trinche vain e allegri star.

Partono.

Scena dodicesima

Luogo solitario.

Cecchina sola.

Almen fra queste piante
Avrò un po‘ di riposo. Ah, son sì stanca
Di sofferir gl'insulti
Della spietata sorte,
Che son costretta a desiar la morte.
Pria di morire almeno,
Povera sfortunata,
Se potessi saper da chi son nata!
Parmi che soffrirei
Ogni pena con pace, ogni dolore,
Se abbracciar mi potesse il genitore.
Ma vano è il sospirar; vano, infelice,
È il desio che m'ingombra.
Vo‘ sedere a quest'ombra. Almen venisse
A ristorar quest'alma
Di sonno lusinghier la dolce calma.

Siede.

Vieni, il mio seno
Di duol ripieno,
Dolce riposo,
A consolar.

S'addormenta.

Scena tredicesima

Il Marchese e Tagliaferro (osservano Cecchina che dorme, sottovoce tra di loro.

IL MARCHESE.
Ecco, dorme Cecchina.

A Tagliaferro.

TAGLIAFERRO.
Pofra picchlina!
IL MARCHESE.
Già sapete
Tutto quel che ha passato:
Ogni travaglio suo già vi ho narrato.
Lasciamola dormire.
TAGLIAFERRO.
Jò, main Schatz

Amorosamente verso Cecchina.

IL MARCHESE.
Quand'ella si risvegli
Tutto da me saprà. Voglio al fattore
Parlare intanto, perché pronto e lesto
Sia per le nozze mie. Ritorno presto:
Senza di me, vi prego
Non le parlar. Voglio essere presente
Alla sorpresa sua. Ritornerò.
Mi raccomando.
TAGLIAFERRO.
Jò.
IL MARCHESE.
Giubilo di contento. Addio, monsieur.
TAGLIAFERRO.
Du bist ain Narr.

In collera.

IL MARCHESE.
Non lo dirò mai più.

Parte.

Scena quattordicesima

Tagliaferro e Cecchina.

TAGLIAFERRO.
Quanto star consolato
Mio patron colonnello,
Che Mariandel trofato!
CECCHINA.
Padre mio, dove sei tu?
Vieni a me …

Sognando.

TAGLIAFERRO.
Mariandel mi chiama?
Star dorme ancora. Sì, dormir, picchlina.
CECCHINA.
Al mio sen …

Dormendo apre le braccia.

TAGLIAFERRO.
Ti foler? je fenir … Star pur bellina!

S'accosta.

Scena quindicesima

Sandrina e Paoluccia in lontano osservando Cecchina e Tagliaferro; poi il Marchese.

CECCHINA.
Il mio cor … puoi consolar.

Dormendo.

TAGLIAFERRO.
Oh, povero tatesco, mi sentir …
Puh! non saver mi dir.

Paoluccia e Sandrina si accennano fra di loro di aver veduto, e si avvicinano.

CECCHINA.
Caro padre, per pietà.

Dormendo.

TAGLIAFERRO.
Poferina, dormir, cercar papà.
SANDRINA.
Bravo, signor soldato!
PAOLUCCIA.
Qui come siete entrato?
CECCHINA.
Ahi! dove sono?

Si desta.

TAGLIAFERRO.
Femmine, che foler?
PAOLUCCIA.
Gli piace il buono!

A Sandrina.

CECCHINA.
Questo signor chi è? Come si appella?

A Sandrina.

SANDRINA.
Povera sfacciatella,
È da te sconosciuto?
PAOLUCCIA.
Eh, non serve mentire. Abbiam veduto.
CECCHINA.
Non intendo, che dite?
PAOLUCCIA.
Oh, brava in fede mia!
SANDRINA.
Così vossignorìa,
Bel bello, in questo loco,
Colla ragazza si diverte un poco.

A Tagliaferro.

TAGLIAFERRO.
Femmine, cosa entrar?
CECCHINA.
Io non so niente.
SANDRINA.
Eh, abbiam veduto!
PAOLUCCIA.
Povera innocente!
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Sì, signora, di lassù
Si è veduto che quaggiù
Col soldato fortunato
Si badava a divertir.
CECCHINA.
Sventurata, io mi sognai …
Cosa dite? Come mai?
Ah, mi fate tramortir!
TAGLIAFERRO.
Questa ciofane star mia,
E foi altre passa fia:
Star patron de qua fenir.
CECCHINA.
Ma chi siete?

A Tagliaferro.

TAGLIAFERRO.
Star soldato …
SANDRINA E PAOLUCCIA.
È un amante.
TAGLIAFERRO.
Star mandato …
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Si è veduto.
TAGLIAFERRO.
Lasciar dir!
Colonnello …
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Non lo credo.
TAGLIAFERRO.
Mi mandato …
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Non è vero.
TAGLIAFERRO.
Per trofar …
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Non sa che dir.
TAGLIAFERRO.
Maledette, lasciar dir!
CECCHINA.
Io non so …
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Sappiamo noi!
CECCHINA.
Io dormia …
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Celar non puoi …
CECCHINA.
Non so niente.
SANDRINA E PAOLUCCIA.
A che mentir?
TAGLIAFERRO.
Maledette, lasciar dir!
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Oh che ardita!
Che briccone!
Il padrone
Lo saprà.
CECCHINA E TAGLIAFERRO.
Non paventa,
L'innocenza:
L'insolenza
Finirà.
IL MARCHESE sopraggiungendo.
Ah, Cecchina è risvegliata!
Sarà tutta consolata,
Più timor non averà.
CECCHINA.
Ah, signor …
SANDRINA E PAOLUCCIA.
La sfacciatella …
TAGLIAFERRO.
Je star qui …
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Colla sua bella …
CECCHINA.
Non so niente!
SANDRINA E PAOLUCCIA.
È innamorata.
TAGLIAFERRO.
Poferina!
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Era abbracciata!
CECCHINA E TAGLIAFERRO.
Non è vero.
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Signor sì!
E l'amico è questo qui.
IL MARCHESE.
Abbracciata?

A Sandrina.

SANDRINA.
Sì, signore.
IL MARCHESE.
Coll'amico?

A Paoluccia.

PAOLUCCIA.
Ella è così.
IL MARCHESE.
Coll'amico?

A Sandrina.

SANDRINA.
Castigatela.
IL MARCHESE.
Abbracciata?

A Paoluccia.

PAOLUCCIA.
Via cacciatela.

Il Marchese resta sospeso.

CECCHINA, TAGLIAFERRO, SANDRINA E PAOLUCCIA.
Cosa pensa? che dirà?
IL MARCHESE.
Donne mie, non me ne importa,
Il soldato so chi è:
E se non importa a me,
Non vi avete da scaldar.

A Sandrina e Paoluccia.

SANDRINA E PAOLUCCIA.
Bravo! Bravo!
TAGLIAFERRO.
Viva! Viva!
CECCHINA.
Il soldata vada via.

Al Marchese.

IL MARCHESE.
Anzi voglio che ci stia,
E di qua non ha d'andar.

A Cecchina.

SANDRINA E PAOLUCCIA.
Buono pro faccia, padron mio!

Al Marchese.

Buon pro faccia al corazzier!

A Tagliaferro.

IL MARCHESE E TAGLIAFERRO.
Insolenti, temerarie!
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Questa qui la vo‘ goder!
IL MARCHESE.
Mano a me.

Prende la mano a Cecchina.

CECCHINA.
Signore no.
IL MARCHESE.
Io comando, e così vo‘!

Tagliaferro prende la mano a Cecchina.

SANDRINA E PAOLUCCIA.
Bravo, bravo! dividete …

Al Marchese.

IL MARCHESE E TAGLIAFERRO.
Via, tacete, disgraziate!
Rispettate questa qui.
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Bravo, bravo, signor sì!
IL MARCHESE E TAGLIAFERRO.
Consolata, fortunata,
La Cecchina goderà.
SANDRINA, PAOLUCCIA E CECCHINA.
Oh, che rabbia ch'ho nel petto!
Che dispetto che mi fa!

Fine dell'Atto Secondo.

Atto Terzo

Scena prima

Appartamenti terreni corrispondenti al giardino.

La Marchesa, il Cavaliere Armidoro e Paoluccia.

PAOLUCCIA.
Sì, signori, vi dico:
È una cosa da ridere. Il padrone
È tanto di Cecchina innamorato,
E poi la lascia andar con un soldato.
IL CAVALIERE.
Convien dir che non l'ami.
LA MARCHESA.
O che, pensando
Un po‘ meglio il Marchese ai casi sui,
Voglia staccarsi, e maritarla altrui.
PAOLUCCIA.
Vi dirò io, signora,
Quello che convien dir; m'accorderete
Ch'ella è la verità:
Gli uomini non mantengon fedeltà.

Parte.

Scena seconda

La Marchesa, il Cavaliere Armidoro, poi il Marchese.

LA MARCHESA.
Armidoro, sentite? È cosa vera
Quella che disse or or la cameriera?
IL CAVALIERE.
È verissima in molti, in me non già.
LA MARCHESA.
Oh, voi siete la stessa fedeltà!

Ironicamente.

IL MARCHESE.
Orsù, signori miei,
Permettetemi un poco
Che vi parli il cuor mio schietto e sincero,
Da amico, da fratel, da cavaliero.
Voi siete innamorati:
Non so che dir, vi scuso,
Ma l'affare vorrei lesto e concluso.
LA MARCHESA.
Ciò dipende da voi.
IL CAVALIERE.
Basta che meglio
Io vi veda pensar, Marchese mio.
IL MARCHESE.
Oggi senz'altro mi marito anch'io.
LA MARCHESA.
E la sposa chi è?
IL MARCHESE.
Una Baronessa,
Figlia d'un colonnello
Tedesco di nazione,
Che distinto si è sempre in ogni azione.
LA MARCHESA.
Sarà poi ver?
IL MARCHESE.
Sicuro.
IL CAVALIERE.
Si può sperar?
IL MARCHESE.
Da cavalier lo giuro.
LA MARCHESA.
E Cecchina?
IL MARCHESE.
Ho trovata
Un'altra giardiniera.
LA MARCHESA.
E come fu?
IL MARCHESE.
Cecchina in casa mia non serve più.
IL CAVALIERE.
Amico, non vorrei
Che di lei, che di me prendeste gioco.
IL MARCHESE.
Mi conoscete poco:
Son cavalier d'onore.
Non facciamo su questo altri contrasti:
Vo‘ sposare una dama, e ciò vi basti.

Parte.

Scena terza

La Marchesa ed il Cavaliere Armidoro.

IL CAVALIERE.
Lode al Ciel! son contento.
LA MARCHESA.
Anch'io son lieta.
Finito è ogni sospetto.
IL CAVALIERE.
La vostra man per mio ristoro accetto.
Chi più di me contento
Vider le stelle amiche?
Termine avrà il tormento;
Lieto il mio cor godrà.
In quelle luci amate,
In quel vezzoso ciglio,
Dopo le pene andate
Il suo riposo avrà.

Parte.

Scena quarta

La Marchesa, poi Sandrina.

LA MARCHESA.
Ah, non credea sì presto
Dover giungere al fin de‘ miei timori:
Ah, non credea gli amori
Spenti sì presto del germano acceso.
SANDRINA.
Signora, avete inteso?
LA MARCHESA.
Qual novità, Sandrina?
SANDRINA.
Questa sera il padron sposa Cecchina.
LA MARCHESA.
Ohimè! Come lo sai?
SANDRINA.
Or ora penetrai
Che al fattore ha ordinato
Per le nozze un magnifico apparato.
LA MARCHESA.
Questo sarà per me.
SANDRINA.
No, no, signora;
L'ha ordinato per lui: lo seppi or ora.
LA MARCHESA.
Ma s'ei sposa una dama! …
SANDRINA.
Eh, padroncina,
Sposerà una pedina.
LA MARCHESA.
Ei l'ha giurato!
SANDRINA.
Giuri pur quanto vuole;
Donne qui non ci sono
Fuor della giardiniera;
Chi sposerà, se vuol sposar stassera?
LA MARCHESA.
Ah, tu mi poni in core
un novello timore, un nuovo affanno
Ma non voglio temer sì nero inganno.
Sento che il cor mi dice:
Spera, sarai felice,
Non dubitare ancor.
Non è nemico amor
Di chi è fedel così.
Spera, verrà quel dì:
Non dubitare ancor.

Parte.

Scena quinta

Sandrina, poi Mengotto.

SANDRINA.
Rider mi fa; si crede
Che il padron dica il vero.
MENGOTTO.
È ver, Sandrina,
Quel che ho sentito a dir?
SANDRINA.
Cosa intendesti?
MENGOTTO.
Che il padron da Cecchina
Siasi già distaccato:
Che una dama sposare ha destinato.
SANDRINA.
Quel che ti posso dir, Mengotto, è questo:
Ch'egli sposa Cecchina, e lo fa presto.
MENGOTTO.
Ma se …
SANDRINA.
Chi te l'ha detto?
MENGOTTO.
Il disse or ora
Il Cavalier che sposa la signora.
SANDRINA.
Non è vero! Il padrone, innamorato,
La sorella deride ed il cognato.
MENGOTTO.
Oh, povero Mengotto!
SANDRINA.
Poverino!
Tu resti senza amante. In caso tale
Non potresti di me far capitale?
MENGOTTO.
Mi prenderesti tu?
SANDRINA.
So che no ‚l meriti,
Che sei un traditore …
Ma … si potrebbe dar. Son di buon core.
Son tenera di pasta,
Son docile di cor.
Una parola basta,
Mi basta un po‘ d'amor.
Oh, povero Mengotto,
Barone, furbacchiotto,
Lo so, che non lo meriti:
Ma ti vo‘ bene ancor.

Parte.

Scena sesta

Mengotto solo.

Mi spiaceria pur tanto
Perder la mia Cecchina, ma pazienza:
Voglio una sposa, e non ne vo‘ star senza.
Poco più, poco meno,
Quando intorno non han certe magagne,
Son le femmine poi tutte compagne.
Vedo la bianca,
Vedo la bruna,
So che ciascuna
Sa innamorar.
Quelle più docili
Fan giubilar,
Quelle più perfide
Fan sospirar.
Ma la consorte
Cavasi al lotto,
Ed è una sorte
L'indovinar.

Parte.

Scena settima

Il Marchese e Tagliaferro.

IL MARCHESE.
La povera fanciulla
Ancor non ne sa nulla;
Ci è sfuggita di mano a tutt'e due,
E si è rinchiusa nelle stanze sue.
TAGLIAFERRO.
Je fol feder, je fol parlar.
IL MARCHESE.
Adesso
L'ho mandata a chiamar per una donna
Ch'è di sua confidenza. Questa donna
È quella che trovata
L'ha sulla strada già vent'anni in punto.
Confronta quel che dite,
Confrontano le lettere mostrate:
Anche il segno confronta. Al certo è dessa.
La mia cara Cecchina è Baronessa.
TAGLIAFERRO.
Nain Cecchina: Mariandel.
IL MARCHESE.
Sì, Marianna,
Ho capito benissimo.
Oh, Marianna, mio ben! Son contentissimo.
TAGLIAFERRO.
Fol feder, vol parlar: poi andar subite
Con patron colonnello in Ongheria
Per combatter Turchia. No poder star
Se testa no tagliar. Esser io state …
Aine zwai drai campagne bon soldate.
Ah, comme tutte je consolar
Quando nemiche testa tagliar!
Quando fascina porta trincera,
Quando cornetta porta bandiera,
Quando cannona sente fa bu,
Fatta la breccia, subite su.
Spata alla mano sempre menar.
Ih, che la querra me consolar.
Ih, che contento sempre mi star.

Parte.

Scena ottava

Il Marchese, poi Cecchina.

IL MARCHESE.
Il valor militare
È una bella virtù,
Ma stare a casa mia mi piace più.
Ora poi che Cecchina
Posso sposar senza oltraggiar degl'avi
La gloriosa memoria,
Parmi aver riportato una vittoria.
CECCHINA.
Ah, signor, mio malgrado
Son sforzata a venir. Che comandate?
IL MARCHESE.
(Voglio prendermi gioco,
E poi darle la nuova a poco a poco.)
CECCHINA.
Se vi posso obbedir …
IL MARCHESE.
Bene, vorrei
Che di vari colori
Andaste un mazzo a preparar di fiori.
CECCHINA.
Vi obbedirò.
IL MARCHESE.
Fermate;
Quel che ne voglio far non domandate?
CECCHINA.
Obbedirvi soltanto è il dover mio.
IL MARCHESE.
Se no ‚l chiedete voi, ve ‚l dirò io:
Han da servir quei fiori
Per la sposa ch'io prendo.
CECCHINA.
(Oh, fiero duolo!)
IL MARCHESE.
Vi do pena per ciò?
CECCHINA.
Me ne consolo.

Con mestizia, e vuol partire.

IL MARCHESE.
Piano, Cecchina mia.

La ferma.

Non chiedete la sposa almen chi sia?
CECCHINA.
Io no ‚l deggio saper.
IL MARCHESE.
Sì, più d'ogni altra
Lo dovete saper anzi voi stessa:
Ehi! Sposo una tedesca Baronessa.
CECCHINA.
Con licenza, signor …

Vuol partire.

No, no, sentite.
Il suo nome è Marianna. È tanto bella
E le vo‘ tanto bene, e le sarò
Tanto, ah, tanto fedele,
Tanto l'adorerò …
CECCHINA.
Basta, crudele!

Con forza.

Più non resiste il cor: schernirmi poi …
IL MARCHESE.
Baronessa, mio bene, ah, siete voi!

La prende per la mano, e si getta a‘ suoi piedi.

La Baronessa amabile,
Idolo mio, sei tu.
Sposina mia adorabile,
Cara, non pianger più.
CECCHINA.
Cecchina miserabile!
Gioco si prende ancor?
Almen delle mie lacrime
Senta pietade il cor.
IL MARCHESE.
Ah, ch'io ti dico il vero.
CECCHINA.
Ah, tanto ben non spero,
IL MARCHESE E CECCHINA.
Stelle, pietose stelle,
Voi disvelate il ver.
IL MARCHESE.
Cara venite, qui.
CECCHINA.
Non vo‘ morir così.
IL MARCHESE.
Tu sei di sangue nobile:
Tutto ti narrerò.
CECCHINA.
Non m'ingannate, oh barbaro!
Ah, non vi credo, no,
IL MARCHESE.
Vent'anni sono
Foste trovata
Qui, abbandonata
Da un colonnello
Per il macello
Che fe‘ la guerra
Su questa terra:
E un segno avete,
Si sa chi siete:
Marianna è il nome,
Questo si sa …
CECCHINA.
Piano, signore,
Per carità.
Con tante cose
Io mi confondo,
Son fuor del mondo:
Cosa sarà?
IL MARCHESE.
Il genitore,
Uom di valore
Ch'è in Ungheria,
Manda il soldato
Che vi ha lasciato,
Per ricercarvi,
Per consolarvi
Venuto qua.
CECCHINA.
Piano, signore,
Per carità.
Ahi, che mi sento
Il cor nel petto
Per il timore,
Per il diletto …
Non so pensare,
Non so parlar.
IL MARCHESE.
Allegramente,
Cara sposina!
CECCHINA.
Non son Cecchina?
IL MARCHESE.
Siete Mariana,
La Baronessa.
CECCHINA.
Vi posso credere?
Posso sperar?
IL MARCHESE.
Vi dico il vero:
Son cavaliero,
E la mia sposa
Non vo‘ ingannar.
CECCHINA.
Ah, sento un giubilo
Che a poco a poco
Vuol prender loco
Dentro il mio cor.
IL MARCHESE.
Dammi la mano.
CECCHINA.
Ah, non vorrei …
IL MARCHESE.
Quella tu sei.
CECCHINA.
Quello sei tu.
IL MARCHESE E CECCHINA.
Ahi, che mi moro,
Non posso più.
È tal contento
Quello ch'io sento,
Che gioia simile
Mai non vi fu.
Sorte felice
Goder mi dice …
Care catene,
Pene non più.

Partono.

Scena nona

Salone magnifico con colonnati, statue, ecc.

La Marchesa, il Cavaliere Armidoro, Sandrina, Paoluccia e Mengotto.

LA MARCHESA.
Possibil che c'inganni
Il Marchese così?

Al Cavaliere.

IL CAVALIERE.
Non crederei.
Come ei merta, se è ver, lo tratterei.
SANDRINA.
Io ci scommetto un occhio
Che nasce questo caso.
PAOLUCCIA.
Ed io, signora, ci scommetto il naso.
MENGOTTO.
Ed io son d'opinione
Che capace di ciò non sia il padrone.
LA MARCHESA.
Sarebbe un'enormissima viltà.
IL CAVALIERE.
Eccolo ch'egli vien.
LA MARCHESA.
Si sentirà.

Scena decima

Il Marchese e detti.

IL MARCHESE.
Animo! Già son pronti i testimoni:
Si concludano i nostri matrimoni.
LA MARCHESA.
Dov'è la vostra sposa?
IL MARCHESE.
Signora, non temete:
Non è molto lontan, la vederete.
IL CAVALIERE.
Marchese, se il pensiere
Aveste di scherzar …
IL MARCHESE.
Son cavaliere.
Aprasi quella porta, venga fuori
La mia sposa alemanna,
Baronessa Marianna.

S'apre la porta.

Scena ultima.

Cecchina servita di braccio da Tagliaferro, e detti.

SANDRINA.
L'ho detto?
PAOLUCCIA.
Eccola appunto.
LA MARCHESA.
Ah, mentitore!

Al Marchese.

IL CAVALIERE.
Voi cavalier?

Al Marchese.

IL MARCHESE.
Son cavalier d'onore.
Questa è la dama: e ch'io mentir non soglio,
Leggerete le prove in questo foglio.

Dà un foglio al Cavaliere, il quale in disparte lo legge piano alla Marchesa.

TAGLIAFERRO.
E chi no star fidato,
Je, tartaifle, profar da bon soldato …

Toccando la spada.

SANDRINA.
Io lo credo, signor.

Spaurita.

PAOLUCCIA.
Lo credo anch'io.

C.s.

SANDRINA.
Ebben, Mengotto mio,
Cosa mi dici tu?
MENGOTTO.
Se in isposo mi vuoi, tocca pur su.

Si dànno la mano.

IL CAVALIERE.
Veduto ho quanto basta.
LA MARCHESA.
Che sia poi tutto vero?
IL MARCHESE.
Maraviglio di voi: son cavaliero.
TAGLIAFERRO.
Je star taice onorato,
E a mio fianco portar spata soldato.
IL CAVALIERE.
Non più, non più: m'accheto.
IL CAVALIERE.
Sì, sposatela pur, che anch'io son lieto.
CECCHINA.
Ah, signori, vorrei
Far i doveri miei: ma ho ancora il core
Fra la gioia confuso e fra il timore.
IL MARCHESE.
Porgetemi la destra,
Sposina mia vezzosa.
CECCHINA.
Sarò felice sposa,
Ma umile ognor sarò.
IL CAVALIERE.
Cognata, a voi m'inchino.

A Cecchina.

IL CAVALIERE.
Madama, non v'incresca …

A Cecchina.

TAGLIAFERRO.
No star madama,
Ché star tatesca.
CECCHINA.
Vi prego perdonarmi,
E amarmi di buon cor.
SANDRINA E PAOLUCCIA.
Perdono a noi, signora.

A Cecchina.

CECCHINA.
Sì, vi vo‘ bene ancora.
MENGOTTO.
Ed io vi ho tanto amata! …
Perdon, per carità.
CECCHINA.
A te sono obbligata,
Conosco l'onestà.
TUTTI.
Scenda Cupido
Dio degl'amori,
Gli amanti cuori
Venga a legar.
E il bel diletto
D'un vero affetto
No, non si veda
Mai terminar.

Fine del Dramma