Wolfgang Amadeus Mozart
Il dissoluto punito o sia Il Don Giovanni
Dramma giocoso in due atti
Libretto von Lorenzo da Ponte
Uraufführung: 29.10.1787, Gräflich Nostitzsches Nationaltheater (heute: Tyltheater), Prag
Personaggi
Don Giovanni, Giovane Cavaliere estremamente licenzioso
Donna Ana, Dama promessa sposa di
Don Ottavio
Commendatore
Donna Elvira, Dama di Burgos abbandonata da D. Giovanni
Leporello, Serv. di Don Giovanni
Masetto, amante di
Zerlina, Contadina
Coro di contadini
E di contadine
Suonatori
La Scena si finge in una città della Spagna.
Atto primo.
Scena. I.
Giardino.
Notte.
Leporello con ferrajuolo che passeggia davanti la casa di D‘ Anna: poi D. Giovanni e D. Anna; indi il Commendatore.
LEPORELLO.
Notte e giorno faticar
Per chi nulla sa gradir;
Piova e vento sopportar,
Mangiar male e mal dormir …
Voglio far il gentiluomo,
E non voglio più servir.
Oh che caro galantuomo.
Voi star dentro colla Bella,
Ed io far la sentinella! – –
Ma mi par che venga gente;
Non mi voglio far sentir
S‘ asconde.
D. ANNA.
Non sperar se non m’uccidi
D. Anna tenendo forte pel braccio.
D. Giovanni ed egli cercando sempre di celarsi.
Ch’io ti lasci fuggir mai.
D. GIOVANNI.
Donna folle! indarno gridi.
Chi son io tu non saprai.
LEPORELLO.
Che tumulto! oh ciel, che gridi!
Il padron in nuovi guai:
D. ANNA.
Gente! servi! al traditore! – –
D. GIOVANNI.
Taci e trema al mio furore;
D. ANNA.
Scellerato!
D. GIOVANNI.
Sconsigliata!
D. GIOVANNI, D. ANNA, LEPORELLO.
Questa furia disperata
Mi vuol far precipitar.
D. ANNA.
Come furia disperata
Ti saprò perseguitar.
LEPORELLO.
Sta a veder che il malandrino
D. Anna sentendo il Commendatore lascia D. Giovanni ed entra in casa.
Mi farà precipitar.
IL COMMENDATORE.
Lasciala indegno
Battiti meco:
D. GIOVANNI.
Va, non mi degno
Di pugnar teco.
IL COMMENDATORE.
Così pretendi
Da me fuggir?
LEPORELLO.
Potessi almeno
Di quà partir!
D. GIOVANNI.
Misero attendi
Se vuoi morir.
D. Giovanni ferisce mortalm: il Commendatore.
Il Commendatore, D. Giovanni e Leporello.
IL COMMENDATORE.
Ah soccorso – – son‘ tradito – –
L’assassino – m’ha ferito –
E dal seno palpitante –
Sento – l’anima – partir –
Qui il Commendatore more.
D. GIOVANNI a parte.
Ah già cadde il sciagurato
Affannosa e agonizzante
Già dal seno palpitante
Veggo l’anima partir.
LEPORELLO.
Qual misfatto! qual eccesso!
Entro il sen dallo spavento
Palpitar il cor mi sento,
Io non so che far, che dir.
Scena. II.
D. GIOVANNI sotto voce sempre.
Leporello ove sei?
LEPORELLO.
Son qui per mia disgrazia, e voi?
D. GIOVANNI.
Son qui.
LEPORELLO.
Chi è morto voi, o il vecchio?
D. GIOVANNI.
Che domanda da bestia? il vecchio.
LEPORELLO.
Bravo!
Due imprese leggiadre!
Sforzar la figlia ed ammazzar il Padre,
D. GIOVANNI.
L’ha voluto, suo danno.
LEPORELLO.
Ma donn‘ Anna
Cosa ha voluto?
D. GIOVANNI.
Taci;
In atto di batterlo.
Non mi seccar, vien meco, se non vuoi
Qualche cosa ancor tu.
LEPORELLO.
Non vo nulla, Signor, non parlo più
Partono.
Scena. III.
D. Ottavio, D. Anna con servi
Che portano diversi lumi.
D. ANNA con risolutezza.
Ah del Padre in periglio.
In soccorso voliam.
D. OTTAVIO con ferro ignudo in mano.
Tutto il mio sangue
Verserò se bisogna:
Ma dov è il scellerato?
D. ANNA.
In questo loco …
Ma qual mai s’offre, oh Dei
Spettacolo funesto agli occhi miei!
Vede il cadavere.
Il padre … Padre mio … mio caro
Padre …
D. OTTAVIO.
Signore …
D. ANNA.
Ah l’assassino
Mel trucidò; quel sangue …
Quella piaga … quel volto …
Tinto e coperto dei color di morte …
Ei non respira più … fredde ha le membra …
Padre mio … Padre amato … io manco … io moro …
D. OTTAVIO.
Ah soccorrete, amici, il mio tesoro.
Cercatemi, recatemi …
Qualche odor … qualche spirto … ah non tardate …
Donn‘ Anna … sposa … amica … il duolo estremo
La meschinella uccide …
D. ANNA.
Ahi …
D. OTTAVIO.
Già rinviene …
Datele nuovi ajuti …
D. ANNA.
Padre mio …
D. OTTAVIO.
Celate, allontanate agli occhi suoi
Quell‘ oggetto d’orrore.
Anima mia, consolati … fa core …
D. ANNA.
Fuggi, crudele, fuggi:
Lascia che mora anch’io,
Ora ch‘ è morto, oddio!
Chi a me la vita diè.
D. OTTAVIO.
Senti cor mio, deh senti,
Guardami un solo istante,
Ti parla il caro amante,
Che vive sol per te.
D. ANNA.
Tu sei – perdon – mio bene
L’affanno mio, le pene –
Ah il Padre mio dòv’è?
D. OTTAVIO.
Il Padre – lascia o cara,
La rimembranza amara:
Hai sposo e Padre in me.
D. ANNA.
Ah vendicar se il puoi,
Giura quel sangue ognor.
D. OTTAVIO.
Lo giuro agli occhi tuoi,
Lo giuro al nostro amor.
D. OTTAVIO, D. ANNA.
Che giuramento oh Dei!
Che barbaro momento!
Tra cento affetti e cento
Vammi ondeggiando il cor.
Partono.
Scena. IV.
Strada.
Alba chiara.
D. Giovanni, Leporello poi. D. Elvira in abito da viaggio.
D. GIOVANNI.
Orsù spicciati presto … cosa vuoi?
LEPORELLO.
L’affar di cui si tratta
E‘ importante.
D. GIOVANNI.
Lo credo.
LEPORELLO.
E‘ importantissimo.
D. GIOVANNI.
Meglio ancora: finiscila.
LEPORELLO.
Giurate
Di non andar in collera.
D. GIOVANNI.
Lo giuro sul mio onore,
Purchè non parli del Commendatore.
LEPORELLO.
Siamo soli?
D. GIOVANNI.
Lo vedo.
LEPORELLO.
Nessun ci sente.
D. GIOVANNI.
Via.
LEPORELLO.
Vi posso dire
Tutto liberamente.
D. GIOVANNI.
Sì.
LEPORELLO.
Dunque quand‘ è così,
Caro signor padrone,
La vita che menate è da briccone.
D. GIOVANNI.
Temerario! in tal guisa …
LEPORELLO.
E il giunamento …
D. GIOVANNI.
Non so di giuramento … taci … o ch’io …
LEPORELLO.
Non parlo più, non fiato, o padron mio.
D. GIOVANNI.
Cosi saremo amici; or odi un poco,
Sai tu perchè son quì?
LEPORELLO.
Non ne so nulla:
Ma essendo l’alba chiara, non sarebbe
Qualche nuova conquista?
Io lo devo saper per porla in lista
D. GIOVANNI.
Va là che sei il grand‘ uom: sappi ch‘ io sono
Innamorato d’una bella Dama,
E son certo che m’ama.
La vidi … le parlai … meco al casino.
Questa notte verrà … zitto: mi pare
Sentir odor di femmina …
LEPORELLO.
Cospetto!
Che odorato perfetto!
D. GIOVANNI.
All’aria mi par bella;
LEPORELLO.
(E che occhio, dico!)
D. GIOVANNI.
Ritiriamoci un poco,
E scopriamo terren:
LEPORELLO.
Già prese foco.
Scena. V.
D. ELVIRA.
Ah chi mi dice mai
Quel barbaro dov’è,
Che per mio scorno amai
Che mi mancò di fé?
Ah se ritrovo l’empio
E a me non torna ancor,
Vo farne orrendo scempio,
Gli vo cavar il cor.
D. GIOVANNI.
Udisti: qualche bella
Dal vago abbandonata? poverina!
Cerchiam di consolare il suo tormento.
LEPORELLO.
Così ne consolò mille, e ottocento.
D. GIOVANNI.
Signorina!
D. ELVIRA.
Chi è là.
D. GIOVANNI.
Stelle! che vedo!
LEPORELLO.
O bella! D. Elvira!
D. ELVIRA.
D. Giovanni!
Sei qui mostro, fellon, nido d’inganni.
LEPORELLO.
Che titoli cruscanti! manco male
Che lo conosce bene.
D. GIOVANNI.
Via cara D. Elvira
Calmate quella collera … sentite …
Lasciatemi parlar …
D. ELVIRA.
Cosa puoi dire,
Dopo azion sì nera? in casa mia
Entri furtivamente, a forza d’arte
Di giuramenti e di lusinghe arrivi
A sedurre il cor mio;
M‘ innamori o crudele,
Mi dichiari tua sposa, è poi mancando
Della terra, e del cielo al santo dritto
Con enorme delitto
Dopo tre dì da Burgos t’allontani,
M’abbandoni, mi fuggi e lasci in preda
Al rimorso, ed al pianto,
Per pena forse che t’amai cotanto.
LEPORELLO.
(Pare un libro stampato.)
D. GIOVANNI a Leporello.
Oh in quanto a questo
Ebbi le mie ragioni: è vero?
LEPORELLO ironicam.
E vero.
E che ragioni forti?
D. ELVIRA.
E quali sono,
Se non la tua perfidia,
La leggerezza tua: ma il giusto Cielo
Volle ch‘ io ti trovassi
Per far le sue, le mie vendette
D. GIOVANNI.
Eh via
Siate più ragionevole: (mi pone
A cimento costei) Se non credete
Al labbro mio, credete
A questo galantuomo.
LEPORELLO.
(Salvo il vero.)
D. GIOVANNI forte.
Via dille un poco …
LEPORELLO piano.
E cosa devo dirle?
D. GIOVANNI forte partendo, senza esser visto.
Si Si dille pur tutto.
D. ELVIRA a Leporello.
Ebben fa presto …
LEPORELLO.
Madama … veramente … in questo mondo
Conciossia cosa quando fosse che
Il quadro non è tondo …
D. ELVIRA.
Sciagurato!
Cosi del mio dolor gioco ti prendi?
Verso D. Giovanni che non crede partito.
Ah voi … stelle! l‘ iniquo
Fuggì! misera me! dove? in qual parte …
LEPORELLO.
Eh lasciate che vada; egli non merta
Che dí lui ci pensiate …
D. ELVIRA.
Il scellerato
M‘ ingannó, mi tradi …
LEPORELLO.
Eh consolatevi:
Non siete voi, non foste, e non sarete
Né la prima, né l‘ ultima, guardate
Questo non picciol libro; è tutto pieno
Dei nomi di sue belle;
Ogni villa, ogni borgo, ogni paese
E testimon di sue donnesche imprese.
Madamina il catalogo è questo.
Delle belle, che amò il padron mio,
Un catalogo egli è che ho fatto io,
Osservate, leggete con me.
In Italia seicento, e quaranta
In Lamagna duecento, e trentuna,
Cento in Francia, in Turchia novantuna,
Ma in Ispagna son già mille e tre.
V’han fra queste contadine,
Cameriere, cittadine,
V’han contesse, baronesse,
Marchesane, Principesse
E v’han donne d’ogni grado
D’ogni forma, d’ogni età?
Nella bionda egli ha l’usanza
Di lodar la gentilezza,
Nella bruna la costanza,
Nella bianca la dolcezza,
Vuol d’inverno la grassotta,
Vuol d’estate la magrotta,
E‘ la grande maestosa,
La piccina è ognor vezzosa,
Delle vecchie fa conquista
Pel piacer di porle in lista,
Ma passion predominante
E la giovin principiante;
Non si picca se sia ricca,
Se sia brutta se sia bella,
Purchè porti la gonnella
Voi sapete quel che fa.
Parte.
Scena. VI.
D. Elvira sola.
D. ELVIRA.
In questa forma dunque
Mi tradì il scellerato? è questo il premio
Che quel barbaro rende all‘ amor mio?
Ah vendicar voglio io
L’ingannato mio cor: pria ch‘ ei mi fugga …
Si ricorra … si vada … io sento in petto
Sol vendetta parlar, rabbia, e dispetto.
Parte.
Scena. VII.
Masetto, Zerlina e coro di contadini e contadine che suonano, ballano, e cantano.
ZERLINA.
Giovinette che fate all amore
Non lasciate che passi l’età?
Se nel seno vi bulica il core
Il rimedio vedetelo quà.
La la la la la la la la lera.
Che piacer, che piacer che sarà.
CORO DI CONTADINE.
La la etc.
Che piacer etc.
MASETTO.
Giovinotti leggeri di testa
Non andate girando quà, e là,
Poco dura de‘ matti la festa,
Ma per me cominiciato non ha.
La la la la etc.
I CONTADINI.
la la la etc.
MASETTO.
Vieni vieni carina godiamo
ZERLINA, MASETTO.
E cantiamo, e balliamo, e suoniamo
La la là etc.
TUTTI.
La la la la la la etc.
Scena. VIII.
L. sud: D. Giovanni e Leporello da parte.
D. GIOVANNI.
Manco male è partita; oh guarda guarda
Che bella gioventù! che belle donne!
LEPORELLO.
Tra tante per mia fê
Vi sarà qualche cosa anche per me.
D. GIOVANNI.
Cari amici, buon giorno- seguitate
A stare allegramente,
Seguitate a suonar, o buona gente.
C‘ è qualche sposalizio?
ZERLINA.
Si signore,
E la sposa son io.
D. GIOVANNI.
Me ne consolo:
Lo sposo?
MASETTO.
Io; per servirla:
D. GIOVANNI.
Oh bravo! per servirmi: questo è vero
Parlar da galantuomo!
LEPORELLO.
Basta che sia marito!
ZERLINA.
Oh il mio Masetto
E‘ un uom d‘ ottimo core:
GIOVANNI.
Oh anch‘ io vedete!
Voglio che siamo amici: il vostro nome?
ZERLINA.
Zerlina.
D. GIOVANNI.
E il tuo?
MASETTO.
Masetto.
D. GIOVANNI.
O caro il mio Masetto!
Cara la mia Zerlina! t’esibisco
La mia protezione … Leporello …
A Leporello che fa dei scherzi all, altre contadine.
Cosa fai lì birbone?
LEPORELLO.
Anch‘ io caro padrone.
Esibisco la mia protezione.
D. GIOVANNI.
Presto va con costor: Nel mio palazzo
Conducili sul fatto: ordina ch‘ abbiano
Cioccolatte, caffe, vini, presciutti;
Cerca divertir tutti,
Mostra loro il giardino,
La galeria, le camere, in effetto
Fa che resti contento il mio Masetto.
Hai Capito?
LEPORELLO.
Ho capito: andiam:
MASETTO.
Signore:
D. GIOVANNI.
Cosa c’è?
ZERLINA.
La Zerlina
Senza me non può star:
LEPORELLO.
In vostro loco
Ci sarà sua eccellenza: e saprà bene
Fare le vostre parti:
D. GIOVANNI.
Oh la Zerlina
E‘ in man d‘ un Cavalier: va pur, fra, poco
Ella meco verrà.
ZERLINA.
Va non temere:
Nelle mani son io d’un Cavaliere;
MASETTO.
E per questo?
ZERLINA.
E per questo
Non c‘ è da dubitar.
MASETTO.
Ed io cospetto …
D. GIOVANNI.
Olà, finiam le dispute, se subito
Senza altro replicar non te ne vai,
Mostrandogli la spada.
Masetto guarda ben, ti pentirai.
MASETTO.
Ho capito signor si,
Chino il capo, e me ne vo,
Già che piace a voi cosi.
Altre repliche non fo.
Cavalier voi siete gìà,
Dubitar non posso affe:
Me lo dice la bontà!
Che volete aver per me.
Da parte a Zerlina.
Bricconaccia, malandrina,
Fosti ognor la mia ruina;
A Leporello che lo vuo condur seco.
Vengo, vengo:
A Zerlina.
resta resta
E’una cosa molto onesta:
Faccia il nostro cavaliere
Cavaliera ancora te.
Scena. IX.
D. Giovanni e Zerlina.
D. GIOVANNI.
Alfin siam liberati
Zerlinetta gentil, da quel scioccone.
Che ne dite, mio ben, so far pulito?
ZERLINA.
Signore è mio marito …
D. GIOVANNI.
Chi? colui?
Vi par che un onest‘ uomo
Un nobil cavalier, qual io mi vanto,
Possa soffrir, che quel visetto d’oro,
Quel viso inzuccherato
Da un bifolcaccio vil sia strapazzato?
ZERLINA.
Ma signore io gli diedi
Parola di sposarlo.
D. GIOVANNI.
Tal parola
Non vale un zero: voi non siete fatta
Per esser paesana: un‘ altra sorte
Vi procuran quegli occhi bricconcelli,
Quei labbretti si belli,
Quelle dituccia candide e odorose;
Parmi toccar giuncata, e fiutar rose.
ZERLINA.
Ah non vorrei …
D. GIOVANNI.
Che non vorreste?
ZERLINA.
Al fine
Ingannata restar? io so che rado
Colle donne voi altri cavalieri
Siete onesti, e sinceri.
D. GIOVANNI.
Eh un impostura
Della gente plebea! la nobiltà
Ha dipinta negli occhi l’onestà.
Orsù non perdiam tempo; in questo istante
Io vi voglio sposar.
ZERLINA.
Voi?
D. GIOVANNI.
Certo: io
Quel casinetto è mio: soli saremo,
E là giojello mio, ci sposeremo.
La ci darem la mano,
La mi dirai di sì,
Vedi non è lontano,
Partiam ben mio da qui
ZERLINA.
Vorrei, e non vorrei
Mi trema un poco il cor;
Felice è ver sarei,
Ma può burlarmi ancor.
D. GIOVANNI.
Vieni mio bel diletto:
ZERLINA.
Mi fa pietà Masetto;
D. GIOVANNI.
Io cangerò tua sorte.
ZERLINA.
Presto non son più forte;
D. GIOVANNI, ZERLINA.
Andiam andiam mio bene
A ristorar le pene
D’un innocente amor-
Vanno verso il casino di D. Giovanni abbracciati etc.
Scena. X.
I sud: e D. Elvira che ferma con atti disperatissimi D. Giovanni etc.
D. ELVIRA.
Fermati scellerato: il ciel mi fece
Vdir le tue perfidie; io sono a tempo
Di salvar questa misera innocente
Dal tuo barbaro artiglio.
ZERLINA.
Meschina cosa sento!
D. GIOVANNI.
Amor consiglio!
A D. Elvira piano.
Idol mio non vedete,
Ch‘ io voglio divertirmi …
D. ELVIRA forte.
Divertirti
è vero! divertirti! io so crudele,
Come tu ti diverti:
ZERLINA.
Ma signor cavaliere.
E‘ ver quel ch’ella dice?
D. GIOVANNI.
La povera infelice
E‘ di me innamorata, e per pietà
Deggio fingere amore;
Piano a Zerlina.
Ch‘ io son per mia disgrazia uom di buon core.
D. ELVIRA.
Ah fuggi il traditor
Non lo lasciar più dir:
Il labbro è mentitor,
Fallace il ciglio.
Da miei tormenti impara
A creder a quel cor,
E nasca il tuo timor
Dal mio periglio.
Parte conducendo seco Zerlina.
Scena. XI.
D. Giovanni solo poi D. Ottavio e D. Anna.
D. GIOVANNI.
Mi par ch‘ oggi il demonio si diverta
D’opporsi a miei piacevoli progressi
Vanno mal tutti quanti.
D. OTTAVIO.
Ah ch‘ ora, idolo mio, son vani i pianti!
Di vendetta si parli: oh D. Giovanni!
D. GIOVANNI.
Mancava questo intoppo.
D. ANNA.
Amico a tempo
Vi ritroviam: avete core, avete
Anima generosa!
D. GIOVANNI.
(Sta a vedere
Che il diavolo gli ha detto qualche cosa)
Che domanda! perche?
D. OTTAVIO.
Bisogno abbiamo
Della vostra amicizia:
D. GIOVANNI.
Mi torna il fiato in corpo comandate:
I congiunti, i parenti,
Con molto foco.
Questa man, questo ferro, i beni, il sangue
Spenderò per servirvi:
Ma voi bella Donn‘ Anna,
Perchè cosi piangete?
Il crudele chi fu, che osò la calma
Turbar del viver vostro …
Scena. XII.
I. sud: D. Elvira.
D. ELVIRA.
Ah ti ritrovo ancor perfido mostro?
Non ti fidar o misera
Di quel ribaldo cor?
Me già tradì quel barbaro
Te vuol tradir ancor.
D. OTTAVIO, D. ANNA.
Cieli che aspetto nobile!
Che dolce maestà!
Il suo dolor, le lagrime
M’empiono di pietà.
D. GIOVANNI.
La povera ragazza
E pazza amici miei:
Lasciatemi con lei,
Forse si calmerà!
D. ELVIRA.
Ah non credete al perfido!
Restate oh Dei! restate:
D. GIOVANNI.
E pazza non badate.
D. ANNA, D. OTTAVIO.
A chi si crederà!
D. ANNA, D. OTTAVIO, D. GIOVANNI.
Certo moto d’ignoto tormento
Dentro l’alma girare mi sento
Che mi dice per quella infelice
Cento cose che intender non sa.
D. ELVIRA.
Sdegno, rabbia, dispetto, pavento
Dentro l’alma girare mi sento
Che mi dice per quel traditore
Cento cose che intender non sa.
D. OTTAVIO.
Io di qua non vado via
Se non so com’è l’affar.
D. ANNA.
Non ha l’aria di pazzia
Il suo tratto, il suo parlar.
D. GIOVANNI.
Se men vado, si potria
Qualche cosa sospettar.
D. ELVIRA.
Da quel ceffo si dovria
La ner‘ alma giudicar.
D. OTTAVIO a D. Giovanni.
Dunque quella
D. GIOVANNI.
E‘ pazzarella:
D. ANNA a D. Elvira.
Dunque quegli:
D. ELVIRA.
E‘ un traditore:
D. GIOVANNI.
Infelice!
D. ELVIRA.
Mentitore!
D. ANNA, D. OTTAVIO.
Incomincio a dubitar.
D. GIOVANNI.
Zitto zitto che la gente
Si raduna a noi d’intorno,
Piano a D. Elvira.
Siate un poco più prudente,
Vi farete criticar.
D. ELVIRA forte a D. Giovanni.
Non sperarlo o scellerato,
Ho perduta la prudenza
Le tue colpe, ed il mio stató
Voglio a tutti palesar.
D. OTTAVIO, D. ANNA a parte guardando D. Giovanni.
Quegli accenti si sommessi,
Quel cangiarsi di colore,
Son indizi troppo espressi
Che mi fan determinar.
Parte D. Elvira.
D. GIOVANNI.
Povera sventurata! i passi suoi
Voglio seguir: non voglio
Che faccia un precipizio: perdonate,
Bellissima Donn‘ Anna;
Se servir vi poss’io
In mia casa v‘ aspetto: amici addio.
Scena. XIII.
D. Ottavio e D. Anna.
D. ANNA.
Don Ottavio, son morta!
D. OTTAVIO.
Cosa è stato?
D. ANNA.
Per pietà soccorretemi:
D. OTTAVIO.
Mio bene …
Fate coraggio!
D. ANNA.
Oh Dei!
Quegli e il carnefice
Del Padre mio
D. OTTAVIO.
Che dite
D. ANNA.
Non dubitate più: gli ultimi accenti,
Che l’empio proferì tutta la voce
Richiamar nel cor mio di quell‘ in degno
Che nel mio appartamento …
D. OTTAVIO.
Oh ciel! possibile
Che sotto il sacro manto d’amicizia..
Ma come fù, narratemi
Lo strano avvenimento.
D. ANNA.
Era già alquanto
Avanzata la notte,
Quando nelle mie stanze ove soletta
Mi trovai per sventura entrar io vidi
In un mantello avvolto
Un uom che al primo istante
Avea preso per voi:
Ma riconobbi poi
Che un inganno era il mio:
D. OTTAVIO con affanno.
Stelle! seguite:
D. ANNA.
Tacito a me s‘ appressa
E mi vuole abbraciar: scioglermi cerco,
Ei più mi stringe: grido:
Non viene alcun: con una mano cerca
D’impedire la voce
E coll‘ altra m’afferra
Stretta così, che già mi credo vinta.
D. OTTAVIO.
Perfido! e alfin?
D. ANNA.
Al fine il duol, l’orrore
Dell‘ infame attentato
Accrebbe sì la lena mia, che a forza
Di svinco larmi, torcermi, e piegarmi
Da lui mi sciolsi.
D. OTTAVIO.
Ohimè respiro.
D. ANNA.
Allora
Rinforzo i stridi miei, chiamo soccorso,
Fugge il fellon, arditamente il seguo
Fin nella strada per fermarlo, e sono
Assalltrice d’assalita: il Padre
V’accorre, vuol conoscerlo, e l’iniquo
Che del povero vecchio era più forte
Compie il misfatto suo col dargli morte.
Or sai chi l’onore
Rapire a me volse,
Chi fu il traditore
Che il padre mi tolse,
Vendetta ti chieggio,
La chiede il tuo cor.
Rammenta la piaga
Del misero seno,
Rimira di sangue
Coperto il terreno,
Se l’ira in te langue,
D’un giusto furor.
Parte.
Scena. XIV.
D. OTTAVIO solo.
Come mai creder deggio
Di si nero delitto
Capace un cavaliero!
Ah di scoprire il vero
Ogni mezzo si cerchi io sento in petto
E di sposo e d’amico
Il dover che mi parla:
Disingañar la voglio, e vendicarla.
Scena. XV.
Leporello solo poi D. Giovanni.
LEPORELLO.
Io deggio ad ogni patto
Per sempre abbandonar questo bel matto!
Eccolo quì: guardate
Con qual indifferenza se ne viene?
D. GIOVANNI.
Oh Leporello mio, va tutto bene!
LEPORELLO.
Don Giovannino mio, va tutto male!
D. GIOVANNI.
Come va tutto male?
LEPORELLO.
Vado a casa
Come voi m‘ ordinaste,
Contutta quella gente:
D. GIOVANNI.
Bravo!
LEPORELLO.
A forza
Di chiacchere, di vezzi, e di bugie,
Ch‘ ho imparato si bene a star con voi,
Cerco d intrattenerli …
D. GIOVANNI.
Bravo!
LEPORELLO.
Dico
Mille cose a Masetto, per placarlo,
Per trargli dal pensier la gelosia,
D. GIOVANNI.
Bravo in coscienza mia:
LEPORELLO.
Faccio che bevano
E gli uomini, e le donne:
Son già mezzo ubbriachi,
Altri canta altri scherza,
Altri seguita a ber; in sul più bello
Chi credete che capiti?
D. GIOVANNI.
Zerlina!
LEPORELLO.
Bravo! e con lei chi venne?
D. GIOVANNI.
Donna Elvira.
LEPORELLO.
Bravo! e disse di voi
D. GIOVANNI.
Tutto quel mal che in bocca le venia:
LEPORELLO.
Bravo in coscienza mia!
D. GIOVANNI.
E tu cosa facesti?
LEPORELLO.
Tacqui.
D. GIOVANNI.
Ed ella?
LEPORELLO.
Seguì a gridar.
D. GIOVANNI.
E tu?
LEPORELLO.
Quando mi parve
Che già fosse sfogata, dolcemente
Fuor dell’orto la trassi, e con bell‘ arte
Chiusa la porta a chiave io mi cavai,
E sulla via soletta la lasciai.
D. GIOVANNI.
Bravo, bravo, arcibravo:
L’affar non può andar meglio: incominciasti
Io saprò terminar: troppo mi premono
Queste contadinotte:
Le voglio divertir fin che vien notte.
Fin ch‘ han dal vino
Calda la testa
Una gran festa
Fa preparar.
Se trovi in piazza
Qualche ragazza
Teco ancor quella
Cerca menar
Senza alcun ordine
La dama sia
Chi ‚l minuetto,
Chi la follia,
Chi l‘ alemana
Farai ballar
Ed io fra tanto
Dall‘ altro canto
Con questa, e quella
Vo amoreggiar.
Ah la mia lista
Doman mattina
D’una decina
Devi aumentar.
Partono.
Scena. XVI.
Giardino con due porte chiuse a chiave per di fuori Musetto e Zerlina coro di contadini, e di contadine sparse qua e la che dormono e sedeno sopra sofà d‘ erbe etc. etc.
ZERLINA.
Masetto: senti un po: Masetto dico:
MASETTO.
Non mi toccar:
ZERLINA.
Perche?
MASETTO.
Perche mi chièdi?
Perfida! il tatto sopportar dovrei
D‘ una man infedele?
ZERLINA.
Ah no: taci crudele:
Io non merto da te tal trattamento!
MASETTO.
Come? ed hai l‘ ardimento di scusarti?
Star sola con un uom: abbandonarmi
Il dì delle mie nozze! porre in fronte
A un villano d’onore
Questa marca d‘ infamia! ah se non fosse,
Se non fosse lo scandalo! vorrei …
ZERLINA.
Ma se colpa io non ho! ma se da lui
Ingannata rimasi: e poi che temi?
Tranquillati, mia vita:
Non mi toccò la punta delle dita.
Non me lo credi? ingrato!
Vien quì; sfogati; ammazzami, fa tutto
Di me quel che ti piace
Ma poi, Masetto mio, ma poi fa pace.
Batti batti, o bel Masetto,
La tua povera Zerlina:
Starò quì come Agnellina
Le tue botte ad aspettar.
Lascierò straziarmi il crine,
Lascierò cavarmi gli occhi,
E le care tue manine
Lieta poi saprò baciar
Ah lo vedo non hai core:
Pace pace o vita mia,
In contenti, ed allegria
Notte e dì vogliam passar.
Parte.
MASETTO.
Guarda un po come seppe
Questa strega sedurmi! siamo pure
I deboli di testa!
D. GIOVANNI di dentro.
Sia preparato tutto a una gran festa
ZERLINA.
Ah Masetto Masetto! odi la voce
Del monsu cavaliero!
MASETTO.
Ebben che c‘ è?
ZERLINA.
Verrà!
MASETTO.
Lascia che venga.
ZERLINA.
Ah se vi fosse
Un bucco da fuggir!
MASETTO.
Di cosa temi?
Perchè diventi pallida! ah capisco?
Capisco briconcella
Hai timor ch’io comprenda
Com’è tra voi passata la facenda
Finale
Presto presto pria ch‘ ei venga
Por mi vo da qualche lato:
C’è una nicchia … qui celato
Cheto cheto mi vo star.
ZERLINA.
Senti … senti dove vai!
Non t’asconder, o Masetto,
Se ti trova poveretto
Tu non sai quel che può far.
MASETTO.
Facia dica quel che vuole:
ZERLINA.
Ah non giovan le parole!
MASETTO.
Parla forte, e qui t’aresta.
ZERLINA.
Che capriccio ha nella testa!
MASETTO, ZERLINA.
Capirò se mè fedele,
E in qual modo andò i’affar
Quell ingrato, quel crudele
Entra nella nicchia.
Oggi vuol precipitar:
Scena. XVII.
Zerlina, D. Giovanni con quattro servi nobilm vestiti.
D. GIOVANNI.
Su svegliatevi da bravi
Su coraggio, o buona gente,
Vogliam stare allegramente,
Vogliam rider, e scherzar.
Coro di servi su svegliatevi da bravi su coraggio etc.
D. GIOVANNI a servi.
Alla stanza della danza
Conducete tutti quanti,
Ed a tutti in abbondanza
Gran rifreschi fate dar.
Su svegliatevi etc.
Partono i servi ei contadini.
Scena. XVIII.
D. Giovanni, Zerlina, Masetto nella nicchia.
ZERLINA vuol nascondersi.
Tra quest arbori celata
Si può dar che non mi veda.
D. GIOVANNI la prende.
Zerlinetta mia garbata
T’ho già visto non scappar.
ZERLINA.
Ah lasciatemi andar via …
D. GIOVANNI.
No no resta gioja mia:
ZERLINA.
Se pietade avete in core …
D. GIOVANNI.
Sì ben mio son tutto amore.
D. GIOVANNI, ZERLINA.
Vieni un poco in questo loco
Fortunata io ti vo far.
ZERLINA.
Ah s’ei vede il sposo mio
So ben io quel che può far.
D. Giovanni nel l‘ aprire la nicchia e vedendo Masetto fa un moto di stupore.
D. GIOVANNI.
Masetto!
MASETTO.
Si Masetto:
D. GIOVANNI un poco confuso.
E chiuso la perchè?
La bella tua Zerlina
Riprende ardire.
Non può la poverina
Più star senza di te.
MASETTO un poco ironico.
Capisco si signore:
D. GIOVANNI a Zerlina:
Adesso fate core:
Si sente il preludio della danza.
O suonatori udite
Venite omai con me.
MASETTO, ZERLINA.
Si si facciamo core:
Ed a ballar cogli altri
Andiamo tutti tre.
Partono.
Scena. XIX.
D. Ottavio, D. Anna e D. Elvira in maschera poi Leporello e D. Giovanni alla finestra.
D. ELVIRA.
Bisogna aver coraggio
O cari amici miei,
E i suoi misfatti rei
Scoprir potremo allor.
D. OTTAVIO.
L‘ amica dice bene
Coraggio aver conviene
Discaccia o vita mia
L’affanno ed il timor.
D. ANNA.
Il passo è periglioso
Può nascer qualche inbroglio:
Temo pel caro sposo
E per noi temo ancor.
LEPORELLO fuori dalle finestre.
Signor guardate un poco
Che maschere galanti:
D. GIOVANNI.
Falle passar avanti
Di che ci fanno onor.
D. ANNA, D. OTTAVIO, D. ELVIRA piano.
Al volto ed alla voce
Si scopre il traditore:
LEPORELLO.
Zi zi signore maschere:
Zi zi …
D. ANNA, D. ELVIRA a D. Ottavio piano.
Via rispondete:
LEPORELLO.
Zi zi …
D. OTTAVIO.
Cosa chiedete?
LEPORELLO.
Al ballo se vi piace
V’invita il mio signore.
D. OTTAVIO.
Grazie di tanto onore
Andiam compagne belle:
LEPORELLO entra.
L‘ amico anche su quelle
Prova farà d‘ amor.
D. ANNA, D. OTTAVIO, D. ELVIRA.
Protegga il giusto cielo
Il zelo del mio cor.
D. ELVIRA.
Vendichi il giusto cielo
Il mio tradito amor.
Scena. XX.
Sala illuminata, e preparata per una gran festa di ballo.
D. Giovanni, Masetto, Zerlina, Leporello, Contadini, e contadine, poi D. Anna, D. Elvira, e D. Ottavio in Maschera etc. serv. conrinfreschi etc.
D. Giovanni fa seder le ragazze, e Leporello i ragazzi che saranno in atto di aver finito un ballo.
D. GIOVANNI.
Riposate vezzose ragazze,
LEPORELLO.
Rinfrescatevi bei giovinotti,
D. GIOVANNI, LEPORELLO.
Tornerete a far presto le pazze
Tornerete a scherzar, e ballar.
D. GIOVANNI si portano i rinfreschi.
Ehi Caffè!
LEPORELLO.
Cioccolate!
D. GIOVANNI.
Sorbetti!
MASETTO.
Ah Zerlina giudizio!
LEPORELLO.
Confetti!
ZERLINA, MASETTO a parte.
Troppo dolce comincia la scena,
In amaro potria terminar.
D. GIOVANNI.
Sei pur vaga brillante Zerlina!
D. Giovanni fa carezze a Zerlina.
ZERLINA.
Sua bontà!
MASETTO guarda e freme.
(La briccona fa festa.)
LEPORELLO imita il padrone colle altre ragazze.
Sei pur cara, Giannotta, fandrina,
MASETTO.
Tocca pur, che ti cada la testa,
ZERLINA a parte.
Quel Masetto mi par stralunato,
Brutto brutto si fa quest‘ affar.
D. GIOVANNI, LEPORELLO.
Quel Masetto mi par stralunato
Qui bisogna cervello adoprar,
LEPORELLO catrono D. Ottavio D. Anna, D. Elvira mascherate.
Venite pur avanti
Vezzose Mascherette;
D. GIOVANNI.
E aperto a tutti quanti,
Viva la libertà!
D. ANNA, D. ELVIRA, D. OTTAVIO.
Siam grati a tanti segni
Di generosità!
D. GIOVANNI li suona come prima.
Ricominciate il suono,
A Leporello che porrà in ordine etc.
Tu accoppia i ballerini:
Il tuo Compagno io sono
Si mette a ballar con Zerlina.
Zerlina vien pur quà.
LEPORELLO qui ballano.
Da bravi via ballate:
D. ELVIRA a D. Anna.
(Quella è la contadina.)
D. ANNA.
Io moro!
D. OTTAVIO.
Simulate:
LEPORELLO, MASETTO, D. GIOVANNI.
Va bene in venità!
Masetto dirà questo verso in tuono ironico.
D. GIOVANNI.
A bada tien Masetto;
LEPORELLO.
Non balli poveretto.
Vien quà Masetto caro
Facciam quel ch‘ altri fa.
MASETTO.
No no, ballar non voglio:
Fa ballar per forze Masetto.
LEPORELLO.
Eh balla amico mio:
D. ANNA a D. Elvira.
(Resister non poss’io:)
D. ELVIRA, D. OTTAVIO.
(Fingete per pietà.)
D. GIOVANNI.
Vieni con me mia vita …
Ballando conduce Zerlina presso una porta e la fa entrare quasi per forza.
ZERLINA.
Oh Numi! son tradita!
MASETTO.
Lasciami! ah no! Zerlina! …
Si cava dalle mari di Leporello e sequitala Zerlina.
LEPORELLO.
Qui nasce una ruina
Sorte in fretta.
D. ELVIRA, D. OTTAVIO, D. ANNA.
L’iniquo da se stesso
Nel laccio se ne va.
ZERLINA di dentro adalta voce strepito di pedi a destra.
Gente ajuto, ajuto gente:
D. ANNA, D. ELVIRA, D. OTTAVIO.
Soccorriamo l’innocente:
I suonatori, e gli altri partono confusi.
MASETTO di dentro e. 3.
Ah Zerlina! …
ZERLINA.
Scellerato!
D. ANNA, D. ELVIRA, D. OTTAVIO.
Ora grida da quel lato:
Si sente il grido e le strepito dalla parte opposta.
Ah gittiamo giù la porta:
Gittano giù la porta!
ZERLINA esce da un‘ altra parte.
Soccorretemi, o fon morta
D. ANNA, D. ELVIRA, D. OTTAVIO, MASETTO.
Siam quì noi per tua difesa.
D. GIOVANNI esce con spada in mano. Conduce seco per un braccio Leporello, e finge di voler ferirlo ma la spada non esce dal fodero.
Ecco il birbo che t’ha offesa:
Ma da me la pena avrà!
Mori iniquo!
LEPORELLO.
Ah cosa fate!
D. GIOVANNI.
Mori dico!
D. OTTAVIO cava una pistola contro D. Giovanni.
Nol sperate!
D. ELVIRA, D. ANNA, D. OTTAVIO, MASETTO
L’empio crede con tal frode
Si cavano la maschera.
Di nasconder L’empietà.
D. GIOVANNI.
Donna Elvira!
D. ELVIRA.
Sì malvaggio!
D. GIOVANNI.
D. Ottavio!
D. OTTAVIO.
Sì Signore!
D. GIOVANNI a D. Anna.
Ah credece!
D. ANNA, ZERLINA, MASETTO.
Traditorè!
Tutti salvo D. Giovanni e Leporello.
ZERLINA, D. ANNA, D. ELVIRA, D. OTTAVIO, MASETTO.
Tutto tutto già si sa.
Trema trema scellerato.
Saprà tosto il mondo intero
Il misfatto orrendo, e nero,
La tua fiera crudeltà.
Odi il tuon de la vendetta,
Che ti fischia intorno intorno;
Sul tuo capo in questo giorno
Il suo fulmine cadrà!
D. GIOVANNI. LEPORELLO.
E‘ confusa la mia / sua testa
Non so / sa più quel ch‘ io mi / ei si faccia,
E un orribile tempesta
Minacciando oddio mi / lo va.
Ma non manca in me / lui coraggio
Non mi / si perdo o mi / si confondo
Se cadesse ancora il mondo
Nulla mai temer mi / lo fa.
Atto secondo.
Scena. I.
Strada D. Giovanni, Leporello.
D. GIOVANNI.
Eh via buffone,
Non mi seccar
LEPORELLO.
No no padrone
Non vo restar?
D. GIOVANNI.
Sentimi amico:
LEPORELLO.
Vo andar vi dico.
D. GIOVANNI.
Ma che ti ho fatto,
Che vuoi lasciarmi?
LEPORELLO.
Oh niente affatto!
Quasi ammazzarmi!
D. GIOVANNI.
Va che sei matto:
Fù per burlar.
LEPORELLO.
Ed io non burlo,
Ma voglio andar.
Va per partire D. Giovanni lo richiama.
D. GIOVANNI.
Leporello.
LEPORELLO.
Signore.
D. GIOVANNI.
Vien qui, facciamo pace: prendi.
LEPORELLO gli dà del danaro.
Cosa?
D. GIOVANNI.
Quattro doppie.
LEPORELLO.
Oh sentite
Per questa volta ancora
La cerimonia accetto:
Ma non vi si avvezzaste; non credeste
Di sedurre i miei pari,
Come le donne, a forza di danari.
D. GIOVANNI.
Non parliam piu di cio! ti basta l’animo
Di far quel ch‘ io ti dico?
LEPORELLO.
Purchè lasciam le donne,
D. GIOVANNI.
Lasciar le donne! pazzo,
Lasciar le donne? sai ch’elle per me
Son necessarie più del pan che mangio,
Più dell’aria che spiro!
LEPORELLO.
E avete core
D’ingannarle poi tutte?
D. GIOVANNI.
E‘ tutto amore.
Chi a una sola è fedele
Verso l‘ altre è crudele; io che in me sento
Si esteso sentimento,
Vo bene a tutte quante:
Le donne poi che calcolar non sanno
Il mio buon natural chiamano inganno.
LEPORELLO.
Non ho veduto mai
Naturale più vasto, e più benigno.
Orsù cosa vorreste?
D. GIOVANNI.
Odi, vedesti tu la cameriera
Di D. Elvira?
LEPORELLO.
Io no.
D. GIOVANNI.
Non hai veduto
Qualche cosa di bello,
Caro il mio Leporello: ora io con lei
Vo tentar la mia sorte; ed ho pensato
Già chè siam verso sera,
Per aguzzarle meglio l‘ appetito
Di presentarmi a lei col tuo vestito.
LEPORELLO.
E perchè non potreste
Presentarvi col vostro?
D. GIOVANNI.
Han poco credito
Con gente di tal rango
Gli abiti signorili.
Si cava il propria abito, e si mette quello di Leporello.
Sbrigati via.
LEPORELLO con collera: Leporello si mette l’abito di D. Giovanni.
Signor … per più ragioni …
D. GIOVANNI.
Finiscila, non soffro opposizioni.
Scena. II.
Si fa notte a poco a poco.
D. Giovanni, Leporello, D. Elvira alla finestra.
D. ELVIRA.
Ah taci ingiusto core
Non palpitarmi in seno;
E‘ un empio, è un traditore,
E‘ colpa aver pietà.
LEPORELLO.
Zitto; di D. Elvira
Signor la voce io sento:
D. GIOVANNI.
Cogliere io vo il momento,
Tu fermati un po là!
D. Giovanni si mette dietro Leporello e parla a D. Elvira.
Elvira, idolo mio …
D. ELVIRA.
Non è costui l’ingrato?
D. GIOVANNI.
Si vita mia, son io,
E chieggo carità.
D. ELVIRA, LEPORELLO.
Numi che strano effetto,
Mi si risveglia in petto!
State a veder la pazza,
Che ancor gli crederà.
D. GIOVANNI.
Discendi, o gioja bella:
Vedrai che tu sei quella,
Che adora l’alma mia,
Pentito io sono già
D. ELVIRA.
No non ti credo o barbaro!
D. GIOVANNI con affettato dolore.
Ah credimi, o m’uccido!
LEPORELLO a D. Giovanni.
Se seguitate io rido.
D. GIOVANNI.
Idolo mio, vien quà.
D. ELVIRA ognuno a parte.
Dei! che cimento è questo?
Non so s’io vado, o resto?
Ah proteggete voi
La mia credulità.
D. Elvira parte dalla finestra.
LEPORELLO.
Già quel mendace labro
Torna a sedur costei:
Deh proteggete o Dei
La sua credulità!
D. GIOVANNI.
Spero che cada presto!
Che bel colpetto è questo?
Più fertile talento
Del mio no non si dà.
D. GIOVANNI allegrissìmo.
Amico, che ti par?
LEPORELLO.
Mi par che abbiate
Un‘ anima di bronzo.
D. GIOVANNI.
Va là che se‘ il gran gonzo! ascolta bene
Quanto costei quì viene
Tu corri ad abbraciarla,
Falle quattro carezze
Fingi la voce mia: poi con bell‘ arte
Cerca teco condurla in altra parte …
LEPORELLO.
Ma signor …
D. GIOVANNI.
Non più repliche.
LEPORELLO.
E se poi mi conosce?
Mette presso il naso una pistola a Leporello.
D. GIOVANNI.
Non ti conoscerà se tu non vuoi.
Zitto: ell‘ apre: ehi giudizio.
D. Giovanni In dispar.
Scena. III.
I. sud. D. Elvira.
D. ELVIRA.
Eccomi a voi.
D. GIOVANNI.
Veggiamo che farà.
LEPORELLO.
(Che bell’imbroglio!)
D. ELVIRA.
Dunque creder potrò che i pianti miei
Abbian vinto quel cor? Dunque pentito
L’amato D. Giovanni al suo dovere
E all’amor mio ritorna? …
LEPORELLO.
Si carina!
D. ELVIRA.
Crudele! se sapeste.
Quante lagrime, e quanti
Sospir voi mi costate!
LEPORELLO.
Io vita mia?
D. ELVIRA.
Voi.
LEPORELLO.
Poverina! quanto mi dispiace!
D. ELVIRA.
Mi fuggirete più?
LEPORELLO.
No muso bello.
D. ELVIRA.
Sarete sempre mio?
LEPORELLO.
Sempre.
D. ELVIRA.
Carissimo!
LEPORELLO.
Carissima! (la burla mi dà gusto)
D. ELVIRA.
Mio tesoro!
LEPORELLO.
Mia venere!
D. ELVIRA.
Son per voi tutta foco.
LEPORELLO.
Io tutto cenere.
D. GIOVANNI.
(Il birbo si riscalda.)
D. ELVIRA.
E non m’ingannerete?
LEPORELLO.
No sicuro.
D. ELVIRA.
Giuratemi.
LEPORELLO.
Lo giuro, a questa mano
Che bacio con trasporto, e a quei bei lumi
D GIOVANNI.
Ih eh ih eh ah ih: sei morto:
D. ELVIRA.
Oh Numi!
Fugge con Leporello.
D. Giovanni finge di uccider qualcheduno colla spada alla mano etc.
D. GIOVANNI.
Ih eh ih eh ah ih! par che la sorte
Mi secondi: veggiamo:
Le finestre son queste: ora cantiamo.
Deh vieni alla finestra o mio tesoro
Deh vieni a consolar il pianto mio:
Se neghi a me di dar qualche ristoro
Davanti agli occhi tuoi morir vogl’io.
Tu ch‘ hai la bocca dolce più che il mele,
Tu che il zucchero porti in mezzo il core,
Non esser, gioja mia, con me crudele
Lasciati almen veder, mio bell‘ amore.
V’è gente alla finestra: forse è dessa:
Zi Zi.
Scena. IV.
D. Giovanni, Masetto con contadini armati di spande e di fucili etc.
MASETTO.
Non ci stanchiamo: il cor mi dice
Che trovar lo dobbiam:
D. GIOVANNI.
(Qualcuno parla.)
MASETTO.
Fermatevi: mi pare
Che alcuno qui si muova.
D. GIOVANNI.
(Se non fallo è Masetto)
MASETTO forte.
Chi va la!
Non risponde.
Animo schioppo al muso.
Più forte.
Chi va laà
D. GIOVANNI.
(Non ê solo
Ci vuol giudizio:)
Cerca imitar la voce di Leporello.
amici …
(Non mi voglio scoprir.
Com‘ s.
Sei tu Masetto?
MASETTO in collera.
Appunto quello: e tu?
D. GIOVANNI.
Non mi conosci? il servo
Son io di D. Giovanni.
MASETTO.
Leporello!
Servodi quell‘ indegno Cavaliere!
D. GIOVANNI.
Certo di quel briccone
MASETTO.
Di quell‘ uom senza onore: ah dimmi un poco
Dove possiam trovarlo:
Lo cerco con costor per trucidarlo.
D. GIOVANNI.
(Bagatelle!) bravissimo Masetto
Anch‘ io con voi m’unisco
Per fargliela a quel birbo di padron
Ma udite un Po qual è la mia intenzione.
Metà di voi quà vadano,
Accenda destra.
Egli altri vadan là
Accenda a sinistra.
E pian pianin lo cerchino,
Lontan non fia di quà.
Se un uom, e una ragazza,
Passegian per la piazza,
Se sotto a una finestra
Fare all‘ amor sentite;
Ferite pur ferite
Il mio padron sarà
In testa egli ha un cappello
Con candidi pennacchi,
Addosso un gran mantello,
E spada al fianco egli ha;
Andate, fate presto – –
I contadini partono.
A Masetto
Tu solo vien con me;
Bisogna far il resto,
Edor vedrai cos‘ è.
Prende Masseto, e parte.
Scena. V.
D. Giovanni, Masetto.
D. GIOVANNI.
Zitto: lascia ch‘ io senta: ottimamente:
Ritorna in scena D.G. conducendo seco per la mano Masetto.
Dunquè dobbiam ucciderlo.
MASETTO.
Sicuro.
D. GIOVANNI.
E non ti basteria rompergli l’ossa,
Fracassargli le spalle …
MASETTO.
No no voglio ammazzarlo,
Vo farlo in cento brani.
D. GIOVANNI.
Hai buone arme?
MASETTO.
Cospetto!
Ho pria questo moschetto …
E poi questa pistola …
Da il moschetto e la pistola a D. Giovanni.
D. GIOVANNI.
E poi?
MASETTO.
Non basta?
D. GIOVANNI.
Eh basta certo: or prendi,
Questa per la pistola …
Questa per il moschetto …
Batto col rovescio della spada Masetto.
MASETTO.
Ahi ahi
D. GIOVANNI.
Taci o tuccido:
Questa per l’ammazzarlo,
Questa per farlo in brani,
Villano mascalzon ceffo da cani.
Parte.
Scena. VI.
Masetto poi Zerlina.
MASETTO.
Ahi ahi la testa mia
Ahi ahi le spalle, e il petto …
ZERLINA.
Mi parve di sentire
La voce di Masetto.
MASETTO.
Oddio! Zerlina …
Zerlina mia soccorso
ZERLINA.
Cosa è stato?
MASETTO.
L’iniquo, il scellerato
Mi ruppe l’ossa, e i nervi
ZERLINA.
Oh poveretta me! chi?
MASETTO.
Leporello!
O qualche diavol che somiglia a lui
ZERLINA.
Crudel! non tel diss’io
Che con questa tua pazza gelosia
Ti ridurresti a qualche brutto passo.
Dove ti duole?
MASETTO.
Qui …
ZERLINA.
E poi
MASETTO.
Qui … e ancora quì …
ZERLINA.
E poi non ti duol altro?
MASETTO.
Duolmi un poco
Questo piè, questo braccio, e questa mano.
ZERLINA.
Via via non è gran mal, se il resto è sano.
Vientene meco a casa
Purchè tu mi prometta
D’essere men geloso
Io io ti guarirò, caro il mio sposo
Vedrai carino,
Se sei buonino,
Che bel rimedio
Ti voglio dar.
E naturale,
Non dà disgusto,
E lo speciale
Non lo sa far.
E certo antidoto
Che porto addosso,
Dare tel posso
Se il vuoi provar.
Saper vorresti
Dove mi stà?
Sentilo battere
Toccami quà!
Parte.
Scena. VII.
Leporello, D. Elvira poi D. Anna, D. Ottavio con servi e lumi
Atrio terreno oscuro in casa di D. Anna.
LEPORELLO.
Di molte faci il lume
S’avvicina, o mio ben; stiemo qui un poco
Fin che da noi si scosta …
D. ELVIRA.
Ma che temi
Adoraro mio sposo:
LEPORELLO.
Nulla … nulla
Certi riguardi, io vo veder se il lume
E già lontano: (ah come)
Da costei liberarmi!)
Rimanti, anima bella.
S‘ allontana.
D. ELVIRA.
Ah non lasciarmì;
Sola sola in bujo loco
Palpitar il cor mi sento
E m’assale un tal spavento
Che mi sembra di morir.
LEPORELLO.
Più che cerco, men ritrovo
Andando a tentone etc.
Questa porta sciagurata:
Piano piano l’ho trovata,
Sbaglia la porta.
Ecco il tempo di fuggir
D. OTTAVIO entrano vestitì a lutto.
Tergi il ciglio o vita mia mia
E dà calma al tuo dolore,
L’ombra oddio del genitore
Più non vuole il tuo martir.
D. ANNA.
Lascia almen alla mia pena
Questo picciolo ristoro,
Sol la morte, o mio tesoro,
Il mio pianto può finir.
D. ELVIRA senza esser vista.
Ah dov‘ è lo sposo mio!
LEPORELLO dalla porta senza esser visto.
Se mi trova son perduto:
Una porta là veggio
Cheto cheto io vo partir.
Nel sortire s‘ incontrano in Zerlina e Masetto.
Scena. VIII.
I. sudd. Zerlina, Masetto.
ZERLINA, MASETTO.
Ferma, briccone,
Dove ten vai!
Leporello s‘ asconde la faccia.
Ecco il fellone.
D. ANNA, D. OTTAVIO.
Come era quà!
Ah mora il perfido
Che m’a tradito
D. ELVIRA.
E mio marito
Pietà pietà
D. OTTAVIO, ZERLINA, MASETTO, D. ANNA.
E‘ Donna Elvira
Quella ch‘ io vedo?
Appena il credo;
In atto di ucciderlo.
D. OTTAVIO.
No no, morrà!
LEPORELLO si scopre, e si mette in ginocchío davanti gli altri.
Perdon perdono.
Signori miei,
Quello io non sono.
Sbaglia costei;
La vita chiedovi
Per carità!
TUTTI.
Dei! Leporello!
Che inganno è questo
Stupido resto,
Che mai sarà!
Mille torbidi pensieri
Mi s’aggiran pel cervello?
Che disordin è mai quello
Che impensata novità!
LEPORELLO.
Mille torbidi pensieri
Mi si aggiran per la testa;
Se mi salvo in tal tempesta
E’un prodigio in verità!
D. Anna Parte coi servi.
Scena. IX.
Zerlina, Masetto, D. Elvira, D. Ottavio, Leporello.
ZERLINA.
Dunque quello sei tu che il mio Masetto
Poco fa crudelmente maltrattasti!
D. ELVIRA.
Dunque tu m‘ ingannasti, o scellerato,
Spacciandoti con me da D. Giovanni?
D. OTTAVIO.
Dunque tu in questi panni
Venisti qui per qualche tradimento?
D. ELVIRA.
A me tocca punirti:
D. OTTAVIO.
Anzi a me:
ZERLINA.
No no a me.
MASETTO.
Accoppatelo meco tutti tre.
LEPORELLO.
Ah pietà signori miei
Ah pietà pietà di me,
Do ragione a voi, a lei
Ma il delitto mio non è.
Il padron con prepotenza
L’innocenza mi rubò:
Donna Elvira, compatite
Voi capite come andò!
Di Masetto non so nulla,
Vel dirà questa fanciulla,
E‘ un oretta circumcirca,
Che con lei girando vo.
A voi signore
Non dico niente
Certo timore
Certo accidente
Di fuori chiaro,
Di dentro oscuro
Non c‘ è riparo – –
La porta il muro
Vo da quel lato
Poi quì celato
L’affar si sa
Ma s’io sapeva
Fuggia per quà.
Parte.
Scena. X.
D. Elvira, Zerlina, Masetto, D. Ottavio.
D. ELVIRO.
Ferma perfido ferma …
MASETTO.
Il birbo ha l’ali ai piedi …
ZERLINA.
Con qual arte
Si sottrasse l’iniquo …
D. OTTAVIO.
Amici miei
Dopo eccessi sì enormi
Dubitar non possiam, che D. Giovanni
Non sia l’empio uccisore
Del padre di Donn‘ Anna: in questa casa
Per poche ore fermatevi.. un ricorso
Vo far a chi si deve, e in pochistanti
Vendicarvi prometto;
Così vuole dover, pietade, affetto
Il mio tesoro intanto
Andate a consolar,
E del bel ciglio il pianto
Cercate di asciugar,
Ditele, che i suoi torti
A vendicar io vado:
Che sol di stragi e morti.
Nunzio voglio io tornar.
Partono.
Scena. XI.
Loco chiuso.
In forma di Sepolcreto etc. diverse Statue equestri: Statua del Commendatore.
D. Giovanni entra pel Muretto ridendo, in di Leporello.
D. GIOVANNI.
Ah ah ah questa è buona:
Or lasciala cercar: che bella notte!
E più chiara del giorno; sembra fatta
Per gir a zonzo a caccia di raggazze.
Guarda sull‘ orol.
E tardi? Oh ancor non sono
Due della notte; avrei
Voglia un po di saper come è finito
L’affar tra Leporello, e D. Elvira:
S’egli ha avuto giudizio …
LEPORELLO.
Alfin vuole ch’io faccia un precipizio.
D. GIOVANNI.
E desso; oh Leporello.
LEPORELLO.
Chi mi chiama?
D. GIOVANNI.
Non conosci il padron?
LEPORELLO.
Così nol conoscessi!
D. GIOVANNI.
Come? birbo?
LEPORELLO.
Ah siete voi, scusate;
D. GIOVANNI.
Cosa è stato?
LEPORELLO.
Per cagion vostra io fui quasi accoppato.
D. GIOVANNI.
Ebben non era questo
Un onore per te?
LEPORELLO.
Signor vel dono.
D. GIOVANNI.
Via via, vien quà che belle cose
Ti deggio dir.
LEPORELLO.
Ma cosa fate qui?
D. GIOVANNI.
Vien dentro e lo saprai:
Diverse istorielle
Che accadutte mi son da che partisti
Ti dirò un’altra volta: or la più bella
Ti vo solo narar.
LEPORELLO.
Donnesca al certo?
D. GIOVANNI.
C‘ è dubbio! una fanciulla
Bella giovin galante
Per la strada incontrai, le vadò apresso
La prendo per la man, fuggir mi vuole
Dico poche parole, ella mi piglia
Sai per chi?
LEPORELLO.
Non lo so.
D. GIOVANNI.
Per Leporello.
LEPORELLO.
Per me?
D. GIOVANNI.
Per te.
LEPORELLO.
Va bene.
D. GIOVANNI.
Per la mano
Essa allora me prende:
LEPORELLO.
Ancora meglio.
D. GIOVANNI.
M’accarezza mi abraccia …
Caro il mio Leporello …
Leporello mio caro … allor m‘ accorsi,
Ch’era qualche tua bella.
LEPORELLO.
Oh maledetto!
D. GIOVANNI.
Dell‘ inganno approfitto: non fo come
Mi riconosce: grida; sento gente;
A fuggire mi metto; e pronto pronto
Per quel muretto in questo loco io monto.
LEPORELLO.
E mi dite la cosa
Con tale indifferenza!
D. GIOVANNI.
Perchè no?
LEPORELLO.
Ma se fosse
Costei stata mia moglie!
D. GIOVANNI.
Meglio ancora!
Ride molto forte.
IL COMMENDATORE.
Di rider finirai pria dell‘ aurora.
D. GIOVANNI.
Chi ha parlato!
LEPORELLO.
Ah qualche anima
Con àtti di paura.
Sarà dell‘ altro mondo!
Che vi conosce a fondo
D. GIOVANNI.
Tacci sciocco!
Chi va là! chi va là!
Mette mano alla spada cerca quà e la pel sepoleretto dando diverse percosse alle statue etc.
IL COMMENDATORE.
Ribaldo audace
Lascia a‘ morti la pace:
LEPORELLO.
Ve l‘ ho detto.
D. GIOVANNI.
Sarà qualcun di fuori
Che fi burla di noi …
Con indifferenza e sprenzzo.
Ehi? del commendatore
Non è questa la statua? leggiun poco
Quella iscrizion.
LEPORELLO.
Scusate …
Non ho imparato a leggere!
A raggi della luna …
D. GIOVANNI.
Leggi dico.
LEPORELLO legge.
(»Dell‘ empio, che mi trasse al passo estremo.
Qui attendo la vendetta«)
Udiste? iotremo!
D. GIOVANNI.
O vecchio buffonissimo!
Digli che questa sera
L‘ attendo a cena meco?
LEPORELLO.
Che pazzia! ma vi par … Oh Dei mirate
Che terribili occhiate egli ci dà.
Par vivo! par che senta!
E che voglia parlar …
GIOVANNI.
Orsù valà
O qui t‘ ammazzo e poi ti seppellisco.
LEPORELLO.
Piano piano, signore, ora ubbidisco.
O statua gentilissima
Del gran Commendator …
Padron mi trema il core
Non posso terminar.
D. GIOVANNI, LEPORELLO.
Finiscila o nel petto
Ti metto questo acciar.
Che gusto che spassetto
Lo voglio far tremar:
Che impicio, che capriccio
Io sentomi gelar.
LEPORELLO.
O statua gentilissima
Benche di marmo siate …
A D. Giovanni.
Ah padron mio, mirate
Che seguita a guardar
D. GIOVANNI.
Mori …
LEPORELLO.
No no attendete …
Signor il padron mio …
Badate ben, non io,
Vorria con voi cenar.
Ah ah
D. GIOVANNI.
Che scena è questa
LEPORELLO.
O ciel chinò la testa!
D. GIOVANNI.
Va là che sè un buffone …
LEPORELLO.
Guardate ancor padrone.
D. GIOVANNI.
E che deggio guardar?
LEPORELLO, D. GIOVANNI.
Colla marmorea testa
Ei fa così così;
D. GIOVANNI.
Parlate se potete
Verrete a cena?
IL COMMENDATORE.
Si
LEPORELLO, D. GIOVANNI.
Mover mi‘ posso appena …
Mi manca o Dei la lena!
Per carità partiamo
Andiamo via di quì.
Bizzarra è inver la scena
Verrà il buon vecchio a cena
A prapararla andiamo …
Partiamo via di quì.
Partono.
Scena. XII.
Camera tetra.
D. Anna, D. Ottavio.
D. OTTAVIO.
Calmatevi idol mio: di quel ribaldo
Vedrem puniti in breve i gravi eccessi!
Vendicati sarem.
D. ANNA.
Ma il padre oddio;
D. OTTAVIO.
Convien chinare il ciglio
Ai voleri del ciel: respira o cara!
Di tua perdita amara
Fia domani un compenso
Questo cor, questa mano …
Che il mio tenero amor …
D. ANNA.
Oh Dei! che dite
In si tristi momenti …
D. OTTAVIO.
E che vorresti
Con indugi novelli
Accrescer le mie pene.
Crudele!
D. ANNA.
Ah no mio bene
Troppo mi spiace
Allontanarti un ben che lungamente.
La nostra alma desia … ma il mondo … oddio – –
Non sedur la costanza
Del sensibil mio core!
Abbatanza per te mi parla amore.
Non mi dir, bell’idol mio,
Che son io crudel con te;
Tu ben sai quant‘ io t‘ amai:
Tu conosci la mia fe.
Calma calma il tuo tormento
Se di duol non vuoi ch‘ io mora;
Forse un giorno il Cielo ancora
Sentirà pietà dime.
D. OTTAVIO.
Ah si segua il suo passo: io vo con lei
Dividere i martiri;
Saran meco men gravi i suoi sospiri.
Parte.
Scena. XII.
Sala.
Finale
D. Giovanni, Leporello, alcuni suonatori, una mensa preparata per mangiare.
D. GIOVANNI.
Già la mensa è preperata,
Voi suonate, amici cari,
Già che spendo i miei danari
Io mi voglio divertir.
Leporello presto in tavola;
LEPORELLO.
Son prontissimo a ubbidir.
I servi portano in tavola mentre Leporello vuol uscire.
D. GIOVANNI.
Che ti par del bel concerto?
I suonatori cominciano a suonare e D. Giovanni mangia.
LEPORELLO.
E‘ conforme al vostro merto.
D. GIOVANNI.
Ah che piato saporito!
LEPORELLO a parte.
Ah che barbaro appetito
Che bocconi da gigante,
Mi par proprio di svenir.
D. GIOVANNI.
Nel veder i miei bocconi
Gli par proprio di svenir.
Piato.
LEPORELLO.
Servo.
D. GIOVANNI.
Versa il vino.
Leporello versa il vino nel bicchiero.
Eccellente marzimino!
Leporello cangia il piato a D. Giovanni e mangia in fretta etc.
LEPORELLO.
Questo pezzo di fagiano
Piano piano vo inghiottir.
D. GIOVANNI.
Sta mangiando quel marrano;
Fingerò di non capir.
Lo chiama senza guardarlo.
Leporello.
LEPORELLO risponde colla bocca piena.
Padron mio …
D. GIOVANNI.
Parla schietto mascalzone:
LEPORELLO.
Non mi lascia una flussione
Le parole proferir.
D. GIOVANNI.
Mentre io mangio fischia un poco.
LEPORELLO.
Non so far:
D. GIOVANNI lo guarda, e s‘ accorge che sta mangiando.
Cos‘ è?
LEPORELLO.
Scusate:
Si eccellente è‘ il vostro cuoco
Che lo volli anch‘ io provar.
D. GIOVANNI.
Sì eccellente è‘ il cuoco mio
Che lo volle anch‘ ei provar.
Scena. XIV.
I. sudi. D. Elvira ch’entra disperatamente.
D. ELVIRA.
L’ultima prova
Dell’amor mio
Ancor vogl’io
Fare con te.
Più non ramento,
Gli inganni tuoi,
Pietade io sento …
D. GIOVANNI, LEPORELLO, D. Giovanni sorge.
Cos‘ è, cos‘ è?
D. ELVIRA s‘ insinocchia.
Da te non chiede
Quest‘ alma oppressa
Della sua fede
Qualche mercé
D. GIOVANNI.
Mi maraviglio!
Cosa volete?
D. Giovanni s‘ inginocchia davanti D. Anna, Elvira dopo alcun tratto Sorgon ambidue.
Se non sorgete
Non resto in pie!
D. ELVIRA.
Ah non deridere
Gli affanni miei!
LEPORELLO.
Quasi da piangere
Mi fa costei
D. GIOVANNI.
Io te deridere?
Cielo! perche?
D. Giovanni sempre conaffettata tenerezza.
Che vuoi mio bene?
D. ELVIRA.
Che vita cangi.
D. GIOVANNI.
Brava!
LEPORELLO, D. ELVIRA.
Cor perfido!
D. GIOVANNI.
Lascia ch’io mangi;
Torna a sedera a mange etc.
E se ti piace
Mangia con me.
D. ELVIRA.
Restati barbaro
Nel Lezzo immondo,
Esempio orribile
D‘ iniquità!
LEPORELLO.
Se non si muove
Del suo dolore
Di sasso ha il core,
O cor non ha.
D. GIOVANNI.
Vivan! le femmine,
Viva il buon vino,
Sostegno, gloria
D’umanita!
D. ELVIRA.
Ah!
D. Elvira sorte poi rientra mettendo un grido orribile, e fugge dall‘ altra parte.
D. GIOVANNI, LEPORELLO.
Che grido è questo mai!
D. GIOVANNI.
Va a veder che cosa è stato.
LEPORELLO.
Ah!
Leporello sorte, e prima di tornare mette un grido ancor più forte.
D. GIOVANNI.
Che grido indiavolato!
Leporello che cos’è?
LEPORELLO entra spaventato e chiude L’uscio.
Ah signor … per carita! …
Non andate fuordiquà …
L’uom di sasso … L’uomo bianco …
Ah padrone! … io gelo … io manco …
Se vedeste che figura! …
Se sentiste come fa.
Ta ta ta ta ta ta ta.
D. GIOVANNI.
Non capisco niente affatto:
Tu sei matto in verita!
Battono alla porta.
LEPORELLO.
Ah sentite!
D. GIOVANNI.
Qualcun batte.
Apri …
LEPORELLO.
Io tremo.
D. GIOVANNI.
Apri ti dico.
LEPORELLO.
Ah …
D. GIOVANNI.
Per togliermi d’intrico
Ad aprir io stesso andrò!
LEPORELLO s‘ asconde sotto la tavola.
Non vo più veder l’amico
Pian pianin m’asconderò!
D. Giovanni piglia il lume e va ad aprire etc.
Scena. XV.
I suddi. il Commendatore.
IL COMMENDATORE.
D. Giovanni à cenar teco
M’invitasti, e son venuto;
D. GIOVANNI.
Non l’avrei giammai creduto.
Ma farò quel che potrò?
Leporello! un‘ altra cena
Fa che subito si porti
LEPORELLO mezzo fuori col capodalla mensa.
Ah padron! siam tutti morti!
D. GIOVANNI.
Vanne dico …
Leporello con molti atti di Paura esce e va per partire.
IL COMMENDATORE.
Ferma un pò.
Non si pasce di cibo mortale
Chi si pasce di cibo celeste;
Altre cure più gravi di queste,
Altra brama quaggiù mi guidò!
LEPORELLO.
La terzana d‘ avere mi sembra,
E le membra fermar più non sò:
D. GIOVANNI.
Parla dunque: che chiedi, che vuoi?
COMMENDATORE.
Parlo, ascolta, più tempo non ho:
D. GIOVANNI.
Parla parla ascoltando ti stò,
LEPORELLO.
Ah le membra fermar più non sò.
COMMENDATORE.
Tu m’invitasti a cena,
Il tuo dovere or sai,
Rispondimi, verrai
Tu a cenar meco?
LEPORELLO da lontano tremando.
Oibò!
Tempo non ha scusate
D. GIOVANNI.
A torto di viltate
Tacciato mai sarò!
COMMENDATORE.
Risolvi
D. GIOVANNI.
Ho già risolto
COMMENDATORE.
Verrai.
LEPORELLO a D. Giovanni.
Dito di nò.
D. GIOVANNI.
Ho Fermo il core inpetto:
Non ho timor, verrò!
IL COMMENDATORE grida forte.
Dammi la mano in pegno:
D. GIOVANNI.
Eccola, ohimè!
IL COMMENDATORE.
Cos‘ hai?
D. GIOVANNI.
Che gelo è questo mai?
IL COMMENDATORE.
Pentiti: cangia vita:
E‘ L’ultimo momento
D. GIOVANNI vuol sciogliersi, ma invano.
Nò nò, ch’io non mi pento
Vanne lontan da me.
IL COMMENDATORE.
Pentiti scellerato:
D. GIOVANNI.
No vecchio infatuato!
IL COMMENDATORE.
Pentiti:
D. GIOVANNI.
No:
IL COMMENDATORE, LEPORELLO.
Si.
D. GIOVANNI.
No.
IL COMMENDATORE.
Ah tempo più non v’è
Foco da diverse parti tremuoto etc.
D. GIOVANNI.
Da qual tremore insolito,
Sento assalir gli spiriti,
Donde escono quei vortici
Di foco pien d’orror!
CORO DI CONTADINI di sotterra con voci cupe.
Tutto a tue colpe è poco
Vieni c‘ è un mal peggior.
D. GIOVANNI.
Chi L’anima milacera!
Chi m’agita le viscere!
Che strazio ohimè chesmania!
Che inferno! che terror!
LEPORELLO.
Che ceffo disperato!
Che gesti da dannato!
Che gridi, che lamenti!
Come mi fa terror!
CORO DI CONTADINI.
Tutto etc.
Il foco cresce. D. Giovanni si sprofonda.
D. GIOVANNI, LEPORELLO.
Ah!
Scena ultima.
Leporello, D. Anna, D. Elvira, Masetto, Zerlina con ministri di giustizia.
TUTTI salvo D. Giovanni.
Ah dove è il perfido,
Dov‘ è l‘ indegno,
Tutto il mio sdegno
Sfogar io vò.
D. ANNA.
Solo mirandolo
Stretto in catene.
Alle mie pene
Calma darò
LEPORELLO.
Più non sperate …
Di ritrovarlo …
Più non cercate
Lontano andò.
TUTTI.
Cos‘ è favella …
LEPORELLO.
Venne un colosso …
TUTTI.
Via presto sbrigati …
LEPORELLO.
Ma se non posso …
Tra fumo e foco …
Badate un poco …
L‘ uomo di sasso …
Fermate il passo …
Giusto là sotto …
Diede il gran botto …
Giusto là il diavolo
Sel‘ trangugiò.
TUTTI.
Stelle! che sento!
LEPORELLO.
Vero è l’evento:
D. ELVIRA.
Ah certo è l’ombra
Che miincontro!
TUTTI.
Ah certo è l’ombra
Che sincontro!
OTTAVIO.
Orche tutti o mio tesoro
Vendicati siam dal cielo,
Porgi porgi a me un ristoro
Non mi far languire ancor.
D. ANNA.
Lascia o caro un anno ancora
Allo sfogo del mio cor.
D. OTTAVIO.
Al desio di chi m’adora
Ceder deve un fido amor.
D. ANNA.
Al desio di chi t’adora
Ceder deve un fido amor.
D. ELVIRA.
Io men vado in un ritiro
A finir la vita mia.
ZERLINA.
Noi Masetto a casa andiamo
A cenar in compagnia:
MASETTO.
Noi Zerlina a casa andiamo
A cenar in compagnia:
LEPORELLO.
Ed io vado all’osteria
A trovar padron miglior.
LEPORELLO, MASETTO, ZERLINA.
Resti dunque quel birbon
Con proserpina e pluton;
E noi tutti o buona gente.
Ripetiam allegramente
L‘ antichissima canzon.
TUTTI.
Questo è il fin di chi fa mal:
E de perfidi la morte
Alla vita è sempre ugual.
Fine.