Antonio Vivaldi

Griselda

Drama per musica

Libretto von Carlo Goldoni und Apostolo Zeno

Uraufführung: Mai 1735, Teatro San Samuele, Venedig

Attori

Gualtiero, Re di Tessaglia

Griselda, sua Moglie

Costanza, Principessa loro figlia non conosciuta dalla Madre, amante di Roberto

Roberto, Principe di Atene suo amante

Ottone, Cavalier di Teffaglia

Corrado, Fratello di Roberto, amico di Gualtiero

Everardo Figlio di Gualtiero, e Griselda, che non parla

Mutazioni di Scene.

Atto Primo.

Luogo magnifico della Reggia destinato alle publiche udienze.

Atto Secondo.

Appartamenti Reali.
Campagna con veduta di una Capanna da un lato della medesima.

Atto Terzo.

Camere di Costanza.
Attrio Maestoso nella Reggia destinato alle Nozze.

Atto Primo.

Scena Prima.

Luogo Magnifico della Reggia destinato alle publiche Udienze.

Gultiero in Trono. Popolo.

GULTIERO.
Questo, ò Popoli, è il giorno, in cui le leggi
Da Voi prende il Re vostro.A’Voi fa sdegno
Vedermi assifa accanto
Donna tratta da Boschi,
Donna avvezza à vestir rustico ammanto
Tal Griselda à me piaque,
Tal la sdegnaste; Alfine
Miro lei co‘ vostr‘ occhi
Decretato è il ripudio, e Voi ne siate
Giudici, e spettatori; or, che la rendo
Alle natie sue selve,
Col vostro amor quel del mio core emendo.

Scena II.

Griselda, e desso.

GRISELDA.
Eccoti, Sire innanzi
L’umil tua serva.
GUALTIERO.
E‘ grave
L’affar, per cui sul primo albor del giorno
Qui ti tragge Gualtier;
GRISELDA.
Tutta quest‘ alma
Pende da labbri tuoi.
GUALTIERO.
Siedi.

Siede.

GRISELDA.
Ubbidisco.
GUALTIERO.
Il ripetter ci giovi
Gl’andati eventi. Dimmi.
Qual io fui, qual tu fosti.
GRISELDA.
(Alto principio)
In vil Tugurio io naqui,
Tu frà gl’ostri Reali.
GUALTIERO.
Era il tuo incarco ….
GRISELDA.
Pascer gl’armenti.
GUALTIERO.
Il mio ….
GRISELDA.
Dar leggi al mondo.
GUALTIERO.
Come al Soglio salisti?
GRISELDA.
Tua bontà fù, cui piaque
Sollevarmi dal pondo
Della mia povertà vile, ed abietta;
GUALTIERO.
Così al Regno ti ammisi;
GRISELDA.
E fui tua serva.
GUALTIERO.
Tal ti accolsi nel letto.
GRISELDA.
Ed io nel core.
GUALTIERO.
(Meritar men d’un Regno
Non dovea tanta fede, e tant’amore.)
Prole avemmo?
GRISELDA.
Una Figlia
GUALTIERO.
E tolta questa
Ti venne dalla Cuna.
GRISELDA.
Epiù non ebbi, Oh Dio? notiziaalcuna:
GUALTIERO.
Quant’à?
GRISELDA.
Quindeci volte
Compì d’allor l’annua carriera il Solo.
GUALTIERO.
Ti affligesti?
GRISELDA.
Fù legge
Al mio duol il tuo cenno.
GUALTIERO.
Io fui per essa
E Carnesice e Padre.
GRISELDA.
Era tuo Sangue,
E versar lo Potevi à tuo piacere
GUALTIERO.
E m’ami ancor crudel?
GRISELDA.
Meno amar, io
Non ti potrei, s’ancor versassi il mio:
GUALTIERO.
Alfin ….
GRISELDA.
Naque Everardo
Unica tua delizia.
GUALTIERO.
In si gran tempo
Ti spiaqui? t’oltraggiai?
GRISELDA.
Grazie sol n’ebbi.
GUALTIERO.
Di quanto feci io non mi pento. Il Cielo
Testimonio mi fia. Ma pur conviene
Che i mie doni ritratti. Il Rè tavolta
Dee servire a Vassalli, e seco stesso
Per serbarne il Dominio esser Tiranno:
GRISELDA.
Dove tu imperi ogni raggion condanno;
GUALTIERO.
La Tessaglia, ov’io regno,
Ubbidirmi ricusa. Ella mi sgrida
Che i Talami Reali abbia avviliti
Con sposare Grifelda, e non attende,
Da Boschi, ove se’nata il suo Monarca:
A chiamar m’à costretto
Spofa di Reggio Sangue al Trono, al letto.
GRISELDA.
La Provincia vassatla
Tanti lustri soffrì mè per Reggina,
Ed or solo mi sdegua?
GUALTIERO.
Ella è gran tempo,
Che ricalcitra al giogo. Io gia fvenai
Di stato alla raggion la cara prole
Gl’odj alquanto sopì, ma non estinse
Or, che naque Everardo, impaziente
Torna all’ire, e m’insulta.
GRISELDA.
S’Everardo sol rompe
Tai bei nodi d’amor; dunque Everardo ….

S’alza.

Ah nò …. Griselda mora.
Son moglie è ver, ma sono madre ancora.
GUALTIERO.
Moglie già più non sei.
GRISELDA.
Mi condonna, o mio Re, se troppo chiesi,
E se troppo tardai.
Forse à renderti un nome a me si caro.
Il tuo voler dovea
Esser norma al mio affetto. Ecco mi spoglie
Il Diadema, e lo scettro, e a quella destra,
Che me’l einse, e me’l diede
Riverente il ritorno.
GUALTIERO.
(Alma ressisti.)
GRISELDA.
Se ti piaccio in tal guisa
Nelle perdite ancor trovo gl ‚aquisti.

Scena III.

Ottone, a detti.

OTTONE.
Signor or‘ ora al Porto
Giunta è la Reggia Sposa:
GUALTIERO.
Giunta è la Reggia Sposa? Addio Griselda.
GRISELDA.
Così tosto mi lasci?
GUALTIERO.
Atteso io sono.
GRISELDA.
Almeno un solo sguardo
Volgimi per pietà.
GUALTIERO.
Tropo mi chiedi:
GRISELDA.
Dunque Gualtiero addio.
GUALTIERO.
Ti lascio

À parte.

(quasi dissi Idolo mio.)
Se ria procella
Sorge dall‘ onde
Saggio nocchiero
Non si confonde
Ne teme audace
L‘ onda del mar.
Serve il consiglio
Di guida al forte
E della sorte
Nemica infesta
Ogni periglio
Sa superar.

Se ria ec.

Scena IV.

Ottone, Griselda.

GRISELDA.
Ecco il tempo, in cui l’alma
Dia saggio di se stessa.
OTTONE.
Reggina, le più badi
Più Reggina non sei.
GRISELDA.

À parte.

(Custui quant’è importun!)
OTTONE.
Sulle tue chiome
La Corona vacilla.
A‘ Serbartela Ottone è sol bastante,
Fido Vassalo, e Cavaliero amante.
GRISELDA.
Chi mi toglie il Diadema
Mi ritoglieun suo Don. Se perde il Capo
L’insegne di Reggina, à me costante
Resta il cor di Griselda.
OTTONE.
Io se l‘ imponi
Anch‘ in braccio à Gualtiero
Svenerò chi ti toglie
Il nome di Reggina, e quel di Moglie.
GRISELDA.
Iniquo, e lo potresti? e tal mi credi?
OTTONE.
Pensa, ch‘ in un tifiuto
Perdi troppo.
GRISELDA.
Che perdo?
OTTONE.
Regno.
GRISELDA.
Che mio non era;
OTTONE.
Grandezze.
GRISELDA.
Oggetto vile.
OTTONE.
Sposo.
GRISELDA.
Che meco resta
Nell’alma mia scolpito.
OTTONE.
Figlio.
GRISELDA.
Mel diede il Cielo, ed ei me’l toglie
Ah, che pur troppo io sento
Nel lasciarti, Everardo,
Delle perdite mie tutto il tormento.
OTTONE.
Un tuo sguardo, Griselda,
Dà tempra à questo ferro, ed un sol colpo
Troncherà i tuoi perigli, e se’l rionsi
Forse ti pentirai. La mia pietade
Mal conosci, Griselda, e verrà un giorno,
Che sordo à tuoi lamenti,
Anchio mi riderò de tuoi tormenti.
GRISELDA.
Che favellar è il tuo l’amor lo sdegno
Troppo consondi, ed oltrepassi il segno.

Brami le mie catene,
E mi rinfacci?
Piangi delle mie pene
E poi minacci?
Credimi, tù sei stolto
E non t’intendo.

Tu sai, ch’ie son fedele
Al primo affetto
Ne mai sarò erudele
Al primo oggetto
Tí lagni ancor,
Ne la raggion comprendo:

Brami ec.

Scena V.

Ottone solo.

OTTONE.
Troppo avvezza è Griselda
Trà le porpore, e’l fasto,
Adito non le lascia à miei sospiri.
Ma forse col Diadema
Deporrà la fierezza,
E lontana dal soglio
Avrà forse pierà del mio cordoglio?

Vede orgogliosa l’onda
Conosce il Mare infido
E pur l’amata sponda
Saggio Nochier ardito
Spera di ribacciar.

Così quest’alma amante
Adonta del rigore
Non teme, non paventa
Costante nell’amore
Alfin più bella sorte
Spera di ritrovar.

Vede ec.

Scena VI.

Roberto. Costanza.

ROBERTO.
Costanza, eccoti in porto
Questa, che premi è la Tessaglia, e quefia
E’l’alta Reggia, ove Gualtiero attende
leggi dal eiglio tuo per darle al Mondo:
COSTANZA.
Ah Roberto, Roberto:
ROBERTO.
Tu sospiri! ed accogli
Mesta le tue grandezze?
COSTANZA.
Io mi torrei
Più volentier viver privata, e lunge
Da quella Reggia à mè di gioie avara
Pur che di tè, tù di me fossi.
ROBERTO.
Oh cara!
COSTANZA.
Un solo de tuoi sguadi.
Val più d’ogni grandezza.
ROBERTO.
Ah, che un sol lampo appena:
Dell’aureo Scetro, e del Reale ammanto
Ti verrà à balenar sulle pupille,
Che ti parrà à quel lume
Vile l’amor, che per mè t’arde, e cinta
Di Corona le chiome
Accostarti all’udito
Non lascierai pur di Roberto il nome.
COSTANZA.
Poco incredulo, poco
Il mio cor tu conosci,
E pur tutto il possiedi. Al Cielo, ai numi
Giuro, che più ….
ROBERTO.
Deh taci.
Col grado cangierai sensi, e costumi.
COSTANZA.
Andiam ora se vuoi,
Ov’è meno di rischio, e più di pace
Verrò, se pur ti piace.
ROBERTO.
Nò, nò; regna nel mondo
Come nell’alma mia; Si vil non sono
Ch’à discender dal Trono io t’essortassi;
Non t’amerei, so à prezzo tal ti amassi.
COSTANZA.
Pensa, che giunta al Regno, e altrui Consorte
Mi vieteran d’amarti,
per tuo, per mio castigo, onore, e fede.
ROBERTO.
Io sò; ma pur desio
Più la grandezza tua, che il piacer mio:
COSTANZA.
Poscia in van ti dorrai.
ROBERTO.
La tua beltade,
Che pur amo, e non spero,
Più che degna di me, degna è d’Impero

Scena VII.

Gualtiero. Corrado, e detti.

GUALTIERO.
L’arcano in tè racchiudi.

Piano à Corrado.

CORRADO.
E’mia cura obbedir.
GUALTIERO.
Bella Costanza!
COSTANZA.
Mio Rè.
GUALTIERO.
Qual mai ti stringo? e qual nel core
Mi nasce in abbracciarti
Tenerezza, e piacer figli d’àmore?
COSTANZA.
Signor da tua bontà l’alma sorpresa
Tace, e i timidi affetti
Più, ch’il mio labbro il suo tacer palesa
ROBERTO.

À parte.

(Soffri ò misero cor.)
COSTANZA.

À parte.

(Mesto è il Germano.)
GUALTIERO.
Omai vien meco à parte
Di quello Scetro, e di quegl’ostri, ò bella
Che in benefico influsso,
Già destinaro al tuo natal le Stelle.
Tu pur vetrai Roberto,
O‘ di ceppo Real germe ben degno.
Oggi da voi riceva
Ornamento la Reggia, e gioia il Regno.
ROBERTO.
Gran Rè, troppo mi onori.
GUALTIERO.
Andiam: più non s’induggi Idolom’o parte

Parte.

COSTANZA.
Seguo il tuo piè. Prence
ROBERTO.
Reggina
COSTANZA. ROBERTO.
Addio.
COSTANZA.
Ritorna à lusingarmi
La mia speranza infida
E amor per consolarmi
Già par, che scherzi, e rida
Volando, e vezzegiando
Intorno a questo Corrado.

Ma poi se ben altiero
Il pargoletto arciero
Già fugge, e lascia l’armi
A fronte del timor.

Ritorna ec.

Scena VIII.

Roberto, e Corrado.

ROBERTO.
German, s’avevi à tormi
L’amabile Costanza
Perchè fin da prim’anni
Non mi vietar d’amarla! Io l’ò perduta
Altro ben non mi resta, e non mi lie:
Sperarlo più.
CORRADO.
Roberto.
Pria, che termini il dì sarai felice.
ROBERTO.
Quai lusinghe? Si chiara
E’la perdita mia, che il dubitarne
Sarebbe ingãno. Al Reggio sguardo ahi troppo
Piaque la mia Costanza. Ed a chi mai
Non piacerie quel volto?
Sol per mio mal le Stelle
O pupille adorate
Fecer mè così amante, e voi si belle:

Estinguere vorrei
La fiamma ond’io sospiro,
Ma se quegl’occhi miro
Ritorno à sospirar.

Deh per pietade, oh Dei,
O scemate in mè l’amore.
O cangiate quel rigore,
Ch’e cagion del mio penar.
Estingnere ec.

Scena IX.

Corrado, poi Griselda.

CORRADO.
Infelice Roberto ancor non sà ….
Ma Griselda s’avvanza; Il reggio cenno
S’ad mpisea così.
GRISELDA.
Numi del Cielo,
Che fia di me?
CORRADO.
Griselda,
Vanne fuor della Reggia; Il Rè l’impone.
GRISELDA.
Vnol ch’io parta Gualtier senea, ch’il miri?
CORRADO.
Deh tosto ….
GRISELDA.
Io quì l’attendo. E tù, se nulla
Ti muovono à pietà le mie querelle ….
CORRADO.
Che far potrei?
GRISELDA.
Reccarmi il Figlio, ond’io
Nell’ultimo congedo
Possa imprimere almeno
Su quel tenero labro un baccio solo.
CORRADO.
Sì sì, vuò compiacerti.
(Chi pierà non avria di tanto duolo!)

Parte.

Scena X.

Griselda, poi Corrado con Everardo poi Ottone nascoste.

GRISELDA.
Misera in quante guise
M’assale il crudo fato
Ah Sposo i Ah Figlio! ah mio destin spietato.
CORRADO.
Ecco Griselda il Figlio
Te’l concedo un momento,
T’uso questa pierà con mio periglio.
GRISELDA.
Everardo, ò soave
Frutto dell’amor mio
In tè già di quest’alma
Baccio una parte; Baccio
L’imagine adorata
Del mio Gualtiero, e in un sol punto io sento
Ralentarsi il rigor del mio tormento.
Labbro vezzoso, e caro ….
CORRADO.
Basta.
GRISELDA.
Arcora un momento ….
CORRADO.
Non posso.
GRISELDA.
Ahime! la vita
Toglimi ancor.
CORRADO.
In vano.
GRISELDA.
Chi è di cor si spietato,
Che neghi ad’una Madre un dolce amplesso?
OTTONE.
Il tuo Gualtiero istesso.
GRISELDA.
Da labbro più odioso
Giunger non mi potea nome più caro.
OTTONE.
Io pietoso tel lascio.
CORRADO.
(Che stravaganza è questà!)
GRISELDA.
Ricuso il dono
OTTONE.
Ingrata,
In pena del tuo sdegno
Questo t’involerò tenero pegno.

Parte con Everardo.

Scena XI.

Griselda, e Corrado.

GRISELDA.
Ferma, t’arresta (Oh Dio!) rendimi il Figlio.
Corrado per pietà siegui l’indegno
Misera! il figlio mio. …
CORRADO.
Sulla mia fede
Riposa pue: non perirà:
GRISELDA.
Qual via
Troverai per salvarlo?
CORRADO.
A me la cura
Di ciò lasciarne dei, vivi sicura.
Alle minaccie di fiera Belva
Non si fpaventa buon Cacciatore
La rete stende, ò impugna l arco
Cauto l’attende a certo varco,
E se ritorna, morte le dà.
Vivi sicura, che chi t’offende
Pagherà un giorno la giusta pena
Ai l’innocenza, che ti difende,
Spera, ch’il fato si cangterà.

Alle ec.

Scena XII.

Griselda solo.

GRISELDA.
Infelice Griselda!
Che più temer poss’io?
Ah che non veggio
Laraggion di sperar. Tutte à miei danni
Congiurano le Stelle, abbandonata,
Tradita, vilipesa,
O peiduto la pace, e il mio riposo.
Ahi destino crudele! ahi figlio! ah Sposo
O il cor già lacero
Da mille affanni
Empj congiurano
Tutti a miei danni
Vorrei nascondermi
Fuggir vorrei
Del Cielo i Fulmini
Mi fan tremar.
Divengo stupida
Nel colpo attroce
Non ò più lagrime
Non ò più voce
Non posso piangere
Non sò parlar.

O il cor ec.

Fine dell‘ Atto Primo.

Atto Secondo.

Scena Prima.

Appartamenti Reali.

Costanza, e Corrado.

CORRADO.
Dimmi, come amorosa
A Gualtier corrispondi?
COSTANZA.
Con quell’amor, che si con viene à Sposa.
CORRADO.
E quel d’amante a cui risserbi?
COSTANZA.
Aime?
CORRADO.
Non arossirti; Parla.
Più, che Gualtiero ami Roberto
COSTANZA.
Oh Dio!
L’amai pria col tuo core, e poi col mio.
CORRADO.
Ed ora?
COSTANZA.
O’per lo Sposo
Tema, e rispetto. Il suo Diadema inchino,
La sua grandezza onoro,
Stimo il suo grado, e sol Roberto adoro:
CORRADO.
Non ti affligger, Costanza, e chi ti viera
D’amare ancor Roberto?
COSTANZA.
Son moglie.
CORRADO.
Ancor di Sposa
Non giurasti la fede.
COSTANZA.
Ah che onor mel divicta.
CORRADO.
E amor tel chiede.
La Rondinella amante
Lungi dal proprio nido
Serba costante, e fide
Al suo diletto il cor.
Non è possibil mai
Cacciar dal proprio petto
Il radicato affetto
Il primo dolce amor.

La Rondinella ec.

Scena II.

Costanza, poi Roberto.

COSTANZA.
Pria, che d‘ amar ti lasci
La vita lascierò, dolce mio bene.
Ecco, ch‘ ei vien. Mi giovi
Il finger crudeltà per le sue pene.
ROBERTO.
Mia Costanza …. Tu nieghi
Al tuo fedel Roberto
Anche d’un guar do il misero diletto?
COSTANZA.
Sdegna amore il mio grado, e vuol rispetto.
ROBERTO.
Infelice amor mio, non v’e più speme.
COSTANZA.
Udisti?
ROBERTO.
Udii: Reggina ….
COSTANZA.
Or che chiedi?
ROBERTO.
Inchinarti.
COSTANZA.
Altro?
ROBERTO.
Non più.
COSTANZA.
Rispetta il grado, e parti.
ROBERTO.
E fi tosto obliasti
L’amor?
COSTANZA.
Reggina, e Moglie
In amore, ò Roberto
Più non devo ascoltar, ch’il Remio sposo:
ROBERTO.

À parte.

(Mie tradite speranze!)
COSTANZA.

À parte.

(Fosle almeno Gualtier cosi vezzoso!)
Agitata da due venti
Freme l’onda in mar turbato
E’l Nocchiero spaventato
Già s’aspetta naufraggar.
Dal dovere, e dall’amore
Combattuto questo core
Non refiste; par, che ceda,
E comincj à disperar.

Agitata ec.

Scena III.

Roberto solo.

ROBERTO.
Enel cuor di Costanza
Cosi l’antioa fiamma, il forte laccio
Languì, s’infranse? al fasto
Cedè l’amor? spergiura ….
Ma di che mi querelo?
Di che mi dolgo? Ella è Reggina, e Sposa.
Non si pianga il suo grado.
Nell’amor di Costanza
Sia conforto, ò mercede
La gloria dell’amar senza speranza.
Dal Tribunal d’amore
Il misero mio core
Giustizia non desia
Ma sol pietade.
Di tal felicità
Privar quella beltà
Fara em pietade.

Dal ec.

Scena IV.

Campagna con veduta d‘ una Capauna da un lato.

Griselda in abiso di Pastorella con Dardo.

GRISELDA.
Andiam Griselda, andiamo
Ove il rustico letto in nude paglie
Stanca m’invita à riposar per poco;
E là scordando alfine
Gualtier non già, ma la Real grandezza
Al silenzio, e alla pace il duolo avvezza.

Scena V.

Ottone, e detto poi Corrado.

OTTONE.
Ferma Griselda
GRISELDA.
Che importuno!
OTTONE.
Ancora
Torna à pregarti, ò cara un, che t’adora.
Pietà, ben mio, pietade,
Ch’è troppo gran rigore
Vibrar dardi di sdegno
A chi ti porge incatenato il core.
GRISELDA.
Qual pietà mi si chiede?
OTTONE.
Quella, che merta alfine amor, e fede.
GRISELDA.
Indegno.
OTTONE.
E che? Ti chiedo
Dono, che sia delitto?
Col ripudio Real libera torni
Dal marital tuo letto.
Io ten prometto un altro.
Non men casto, e più fermo.
Anch’in rustico ammanto, anche frà Boschi
Ripudiata, sprezzata
Ti bramo in moglie; E se non porto in fionte
L’aureo Diadema, io conto
Più Rè per avi, e sù più terre anch’io
O’titoli, e commandi.
GRISELDA.
Ottone, addio.
OTTONE.
E’l tuo figlio?
GRISELDA.
Ah’che ancora il dolce nome
Mi richiama pietosa.
OTTONE.
Ascolta: O à me di Sposa
Dia la fede Griselda, o mora il Figlio.
GRISELDA.
Ad’traditor, son questi
D’alma ben nata i vanti?
Dove, ò crudo apprendesti
Si spietato consiglio?
Si barbara empietà? Rendimi il Figlio.
OTTONE.
Il Figlio non fi rende,
Che Cadavere esangue.
GRISELDA.
Ah’Ottone! Ah Figlio! Ah’Sangue!
Lassa! che fò? che penso?
Sarò infida à Gualtiero? ah’che non deggio
Sarò crudele al Figlio? ah’che non posto
Ed egualmente io veggio
Nell’istesso periglio
L’alma mia, la mia fè: Rendimi il Figlio.
OTTONE.
Vuò confolatti: O’là. Mira Griselda
Il tuo vago Everardo.

Viene Everardo condotto da nun guardia.

CORRADO.
Eterni Dei, che miro!

À parte.

GRISELDA.
Oh’d’un seno infelice
Parto più sventurato
Per toglierti al tuo Fato
Tu veds, ò Figlio, esser conviemmi in fida;
Purche non cada estinto
Everardo il mio bene, in me s’uccida,
Di Griselda la fede. Ottone hai vinto
Prendi la destra.
CORRADO.
(Cede
Forse Griselda!)

À parte.

OTTONE.
Oh’cara
GRISELDA.
Ah’nò; Fui prima
Moglie, che Madre, al mio Gualtier si serbi
Sempre l’istessa fè dell’alma mia.
OTTONE.
Deliri ancor?
GRISELDA.
Và pur, sazia l’ingorda
Sete della sua morte.
Questo agl’altri tuoi fasti
Aggiongi, ò crudo, e ti dia pregio, e van to
Il narrar, che versasti
D’un Figlio il Sangue alla sua Madre accanto.
Mira, ch’il colpo attende
Quel misero innocente;
Ardisci pur. Non sente
Ben l’altrui crudeltà chi non l’intende.
E tardi? Il tuo contento
Così diferir puoi?
Sù via s’altro non vuoi,
Che del mio Figlio il Sangue
Trafiggi, impiaga; e se à ferir quel seno
Il tuo ferro non basta
Prendine un altro ancora

Getta il darde.

Fida la madre viva, e il figlio mora.
CORRADO.
(Si deluda l’indegno) e si ostinata
Con chi t’ama fedel farai Griselda?
OTTONE.
Amico
CORRADO.
In tuo soccorso
Aurai Corrado ancor

Ad Ottone.

GRISELDA.
Come! congiura
Corrado à danni miei? quest’ò la fede,
Che serbi al tuo Signore?
CORRADO.
Gualtier ti sprezza,
Ottone ti desia,
Se saggia sei la prima fiamma oblia.
OTTONE.
Non giovano lusinghe,
La forza valerà.
CORRADO.
Femina ingrata
Cederat tuo mal grado.
GRISELDA.
Indegni, entrambi
Nò, non mi spaventate;
Tanto hò valor nel petto,
Che resister mi basta à tanti oltraggj.
Scelerati Ministri, empj, malvaggj.
Nò, non tanta crudeltà.

Ad Ottone.

Deh’ti muova almen pietà.

A Corrado.

D’un’in felice figlio.
Spietato, Tiranno

Ai due.

Presto ti pentirai

Ad Ott.

Ben presto piangerai

A Corrado.

Mitate, che gvà cade
Il Folgore dal Ciel

Ai due.

Di mie sciagure, ò Barbari
Per poco gloitete
Fl figlio mio prendete,
Egli dal Ciel aspetta
La sua, la mia vendetta;
Saraì punito o perfido

Ad Ottone.

Sì lo sarai crudel.

A Corrado.

Nò ec.

Scena VI.

Corrado, Ottone.

OTTONE.
Sprezzami quanto sai, vedrai superba
Quanto sia il mio poter; Sentimi amico
Già destino rapirla. Io mentre all’opra
Raccolgo i miei, tu col Real bambino
Riedi alla Roggia, e taci.
CORR.
Della mia Fè sei certo
(Si deluda l’inganno, or ch’è scoperto.)

Parte col figlio.

Scena VII.

Ottone solo.

OTTONE.
Perdonami Griselda
Se coll’amor r’offendo; Il foco ond’ardo
Tu m’accendesti in sen. Spegner non posso
Questa nel petto mio fiamma rubella.
Troppo amante son io, tù troppo bella.
Scocca dardi l’altero tuo Ciglio
E piagando quest’anima allecta.
Il mio core comprende il periglio,
Mà costante non fugge, l’aspetta
Volontario si lascia piagar.
Così suol volontaria nel lume
Farfalletta le tenere piume
Saltellando sovense abbrucciar.

Scocca ec.

Scena VIII.

S’apre la Capanna.

Costanza, Roberto; Griselda, che dorme.

COSTANZA.
Fuggi:
ROBERTO.
Perche?
COSTANZA.
Non posso
Senza colpa mirarti: Il Rè mio Sposo
Qui s’aggira d’intorno.
ROBERTO.
E dourò dunque
Morir cruda Costanza,
Senza il dolce piacer d’un de tuoi sguardi?
COSTANZA.
Non tormentarmi più.
ROBERTO.
Dimmi spergiura
Ti scordasti di me?
COSTANZA.
Nò, che pur troppo
T’adoro ancor.
ROBERTO.
Mia vita ….
COSTANZA.
(Ah’che diceste mai labbri loquaci!)
ROBERTO.
Dunque amarti poss’io?
COSTANZA.
Ma soffri, e taci.
ROBERTO.
Che legge tiranna!
Che sorte spietata?
A’che mi condanna
Un’anima ingrata
Un barbaro Corrado.
Crudel tacerò
Ma pensa, che questo
Silenzio molesto
A’un misero Amante
E’troppo dolor.

Che ec.

Scena IX.

Griselda, che dorme. Costanza.

COSTANZA.
Sola se ben mi lasci,
Non rimango, Roberto, anco entro a quella
Vil Capanna …. Che miro!
Donna sul letto assisa, e dorme, e piagne
Come in rustico ammanto
Volto hà gentil. Sento a mirarla un forte
Movimento dell’alma. Entro alle vene
S’agita il Sangue; il Cor mi balza in petto.
GRISELDA.
Vieni ……

Dormendo.

COSTANZA.
M’apre le braccia, e al dolceamplesso
Il suo sono m’invita.
Non ressisto più nò.
GRISELDA.
Diletta figlia …. Aime!

Svegliata.

COSTANZA.
Non temer Ninfa
(Il più bel del suo volto aprì negl’occhi.)
GRISELDA.
(Siete ben desti ò lumi?
O‘ tù pensier m’inganni?)
COSTANZA.
Come attenta m’osserva!
GRISELDA.
(All’aria al volto
La raffiguro è dessa
Troppo nel cor restò l’imago impressa.)
COSTANZA.
Cessa di più stupirti.
GRISELDA.
E qual destino
Ti trasse al rozzo albergo
Donna Real, che tal ti credo?
COSTANZA.
Io stanca
Dal seguir cacciatrice il Rè mio Sposo
A’riposar quì venni.
GRISELDA.
Stanza è questa di duol non di riposo
COSTANZA.
Prenderà ognor pietosa
Le tue sciagure à consolar Costanza.
GRISELDA.
Tal’è il tuo nome?
COSTANZA.
Appunto.
GRISELDA.
Costanza avea pur nome,
E le sembianze avea cosà leggiadre
L’uccisa figlia mia.
COSTANZA.
Povera Madre.
GRISELDA.
E il tuo Sposo?
COSTANZA.
E’Gualtiero,
Che alla Tessaglia impera.
GRISELDA.
Ben ne sei degna (ingannator mio sogno)
Penso in tenero laccio
Stringer la figlia, e la rivale abbraccio.

Scena X.

Gualtiero, e dette.

GUALTIERO.
De tuoi bei sguardi, ò cara, indegno è troppo
Questo rustico sito.
COSTANZA.
Illustre, e degno
La sua gentile abitatrice il rende.
GUALTIERO.
Anche qui vieni à tormentarmi, ò Donna
GRISELDA.
Mio Rè non è mia colpa
Quèsto è il povero mio sogiorno antico.
GUALTIERO.
Più non dirmi tuo Rè, ma tuo nemico
COSTANZA.
Se i preghi miei, del tuo favor son degni ….
GUALTIERO.
E che non può Costanza
Sù questo cor;
COSTANZA.
Concedi
Che più dal fianco mio costei non parta;
Nella Reggia, ne Boschi, ovunqueio vada
Mi sia compagna, ò serva.
GUALTIERO.
A’tè serva costei; chi sia t’è noto;
COSTANZA.
Sè miro à panni è vile,
Nobil se al volto.
GUALTIERO.
E questa
Quella un tempo mia Moglie,
Che amai per mia sciagura. Alzata al Trono
Perchè ne fosse eterna macchia.
GRISELDA.
(Oh’Dio!)
COSTANZA.
Griselda;
GUALTIERO.
Ah‘ più non dirlo. Anche al mio labbro
Venne il nome aborito, e pur lo taque
Più ignobil moglie.
GRISELDA.
(E più fedel.)
GUALTIERO.
Non naque.
COSTANZA.
Si, vile, oscura sia, con sorza ignota
Un’amor non inteso à lei mi stringe.

Scena XI.

Corrado con Soldati, e detti.

CORRADO.
Auvisato, che Otton ver questa parte
Voglier dovea con gente armata il piede.
Co’tuoi fidi u’accorsi.
GUALTIERO.
Ottone armato!
Ed à qual sine, ò Prence?
CORRADO.
Per rapire Griselda.
GUALTIERO.
Rapirla!
CORRADO.
E all’opra or’ora
Si aceinge
GRISELDA.
E questo ancora?
COSTANZA.
Del temerario ecceslo
Si punisca l’indegno.
CORRADO.
E mora Ottone, il rapitore indegno
GUALTIERO.
Dia luogo ogn’un. Che perdo
Se rapita è Griselda?
CORRADO.
Tanto rigor?
GUALTIERO.
Così mi giova.
COSTANZA.
Ed io ….
GUALTIERO.
L’abbandona al suo sato
COSTANZA.
Troppo è crudel il tuo Signore, e mio:
GRISELDA.
Ed è ver? ….

A Griselda.

GUALTIERO.
Ti alontana.

A Costanza.

GRISELDA.
Non lasciar, che in tal sorte
Ti tolga altri l’onor della mia morte.
GUALTIERO.
Tu vorresti col tno pianto,
Cò sospiri aver il vanto
Di svegliare in mè pietà
L’alma tua mentre solpita
Emendar del fato l’ira
Col suo duolo ancornon sà.

Partono tutti fuer che Griselda.

Tu ec.

Scena XII.

Griselda, poi Ottone con gente armata.

GRISELDA.
Ecco Otton, sola, inerme
Che far posso? Il mio Dardo
Sia almen la mia difesa.
OTTONE.
Qual difesa à te cerchi?
GRISELDA.
Empio, vien pure
A’svenar doppo il figlio anco la madre:
OTTONE.
Siegui il mio piè,
GRISELDA.
Più tosto
Di, ch’io vada alla Tomba;
OTTONE.
F che far pensi?
GRISELDA.
Ciò, che può far cor disperato, e forte
Darti, ò ricever morte.
OTTONE.
Ora il vedremo.
GRISELDA.
Ti scosta, ò questo Dardo
T’immergerò nel core.
OTTONE.
Bella vi aperse altre ferite amore.
GRISELDA.
Numi, soccorso, aita.
OTTONE.
Sù miei fidi, eseguite, il Rè l’impone.

Scena XIII.

Gualtiero con soldari, Costanza, e detti.

GUALTIERO.
L’impone il Rè? Sei troppo fido Ottone.
OTTONE.
(Il Rè! Barbara sotte!)
GUALTIERO.
E’da leal vassallo il far, che l’opra
Al commando preceda,
Giusto non è ch’io lasci
Senza premio il tuo zelo.
GRISELDA.
Scudo tu sosti all’innocenza, ò Cielo.
GUALTIERO.
Soldati alle mia Reggia Otton si guidi
In amico soggiorno,
Otton, si einge inutilmenteil brando;
Puoi deporlo in mia mano.
OTTONE.
Eccolo à piedi tuoi (fato inumano?)

Parte colle guardie.

Scena XIV.

Gualtiero. Griselda. Costanza.

GRISELDA.
Qual grazie posso ….
GUALTIERO.
Alla piera le rendi
Non di mè, di Costanza.
GRISELDA.
Ah’si crudele
Gualtier con mè!
GUALTIERO.
Parla con più rispetto
GRISELDA.
Sire; pierà, perdono.
COSTANZA.
Lo merta ben.
GUALTIERO.
Pensa chi sei, chi sono:
GRISELDA.
Non piu Reggina, ma pastorella
Non son tua Sposa, sarò tua ancella
COSTANZA.
Dona alla misera qualche pietà
Che ben lo merta sua fedeltà
GUALTIERO.
Guardami, e trema: sono il tuo Rè
GRISELDA. COSTANZA.
Pietà. Mercè.
GRISELDA.
Sentimi. Gualtiero Taci
COSTANZA.
Mirala. Gualtiero In vano
GRISELDA. COSTANZA.
Che ria fentenzal che fier dolor!
GRISELDA. COSTANZA. GUALTIERO.
Che gran violenza sento al mio Corrado.
GRISELDA.
Non ti ramenti del primo affetro;
GUALTIERO.
Nò, fei mia ferva.
COSTANZA.
Fù nel tuo lecco
GRISELDA.
Vezzosa, e belia tù m’appellafli
GUALTIERO.
Non sei più quella, tanto ti bafti
GRISELDA. COSTANZA. GUALTIERO.
Variano i fati, varia l’amor.

Non più ec.

Fine del Secondo Atto.

Atto Terzo.

Scena Prima.

Cameré di Costanza.

Roberto, Costanza.

ROBERTO.
Rissoluta è quest’alma …
COSTANZA.
Di partir?
ROBERTO.
Dall‘ induggio
Non attendo, che morte.
COSTANZA.
Tu partir, o Roberto
Da questa Reggia, ove il tuo cor mi lasci,
E d’onde il mio t’involi?
ROBERTO.
Una Reggina, e moglie
Che da me può voler? vederne i pianti?
Ascoltarne i sospiri?
O d‘ un alma crudel batbari vanti!
COSTANZA.
Onor, nume tiranno,
Offensor di natura à che m’astringi?
Va pur Roberto; e poichè rea mi lasci,
Sappi tutto il mio errore
D’altri sia questa man, tuo questo core:
ROBERTO.
Cessa d‘ amarmi, o taci
E porterò lontano
Se non più lieto, almen più ratto il piede:
Gran lusinga all‘ induggio è la tua Fede.
COSTANZA.
Parti.
ROBERTO.
Ti lascio, ò cara:
COSTANZA.
Amor, che dal mio sen l’alma dividi
ROBERTO. COSTANZA.
O per empre ne unisei, o qui m’uccidi.

Scena II.

Griselda, Corrado, e detti.

GRISELDA.
E’er sempre v’unisca amanti fidi.
COSTANZA.
Griselda?
ROBERTO.
(Aimè!)
GRISELDA.
Con si soave affetto
Vai consorte allo Sposo?
Con si onesto rispetto
Vieni amico alla Reggia? è questa, e questa
Dell‘ Imeneo la Fede?
Dell‘ Ospizio la legge?
Nel dì delle tue Nozze
Nel suo stesso Soggiorno
Un Marito non ami? Un Re non temi?
Oh indegni affetti? Oh vilipendi estremi!
COSTANZA.
Misera!
ROBERTO.
(Qual consiglio!)
GRISELDA.
Ei sospiri? ed i pianti? onesta Moglie
Non ha cor, non ha voti
Che per lo Sposo. All’onor suo fa macchia
Anche l’ombra leggiera
Anche il pensier fugace;
Saprallo il Rè: l‘ offende
Chi le gravi onte sue simula, e tace!

Scena III.

Gualtiero, e Detti.

GUALTIERO.
Griselda.
COSTANZA.
(Il Re!)
ROBERTO.
(Son morto.)
GUALTIERO.
Perchè tu si sdegnosa? e voi bell’alme
Perchè confusa?
GRISELDA.
(E dovrò dirlo?)
GUALTIERO.
Esponi.
GRISELDA.
Non m’astringer ten priego
A ridir ciò, che vidi.
GUALTIERO.
Corrado il dica.
Tu se parli, o se taci ogn’or m’offendi:
CORRADO.
Signore in brevi accenti il tutto intendi.
COSTANZA.
(Non v’è più speme.)
ROBERTO.
(O sorte!)
CORRADO.
Roberto, e la tua Sposa
In questo loco or ora
Favellando d’amor faccan dimora:
GUALTIERO.
E perciò d’ira accesa?
CORRADO.
Forse, che l’alta offesa
Dell‘ onor tuo le accele in sen lo sdegno.
GUALTIERO.
Ben si vede, che nata
Sei frà Boschi, o vil donna! E che! Ti trassi
Di la perchè tu vegli
Sug l’affari Reali? Eh ti ramenta
Ch‘ altra è la Reggia Sposa, e tu sei serva,
Oblia qual fosti, e le sue leggi osserva.
GRISELDA.
Quel zelo …..
GUALTIERO.
Io non tel chiedo:
GRISELDA.
Il rispetto …..
GUALTIERO.
Lo devi
Alla real Consorte.
GRISELDA.
L’onor tuo …..
GUALTIERO.
Chi t‘ elesse
Del Talamo Custode?
Che ti cal se Costanza.
Abbia più d’un amante?
Che divida il suo cuor! Ch’ami a sua voglia
O Roberto, o Gualtier? verun tormento
Deve questo a te dar s’io son convento,
Udisti?
GRISELDA.
Udij.
ROBERTO.
(Che sento?)
GUALTIERO.
Ti sovenga il suo grado.
GRISELDA.
E‘ di Reggina.
GUALTIERO.
Il tuo uffizio?
GRISELDA.
F‘ di ancella.
GUALTIERO.
E se tal or’per altri arder la miri?
GRISELDA.
Cieche avrò le pupille.
GUALTIERO.
Se sospirar la senti?
GRISELDA.
Sordo l’udito.
GUALTIERO.
E se fia, ch‘ a Roberto
Anco sugl‘ occhi tuoi
Scopra tal or dell‘ amor suo le faci
Non trasgredir le leggi; e servi, e taci?
GRISELDA.
Numi, qual Legge è questa? a qual tormento
Condannata son io?
Chi vide mai dolor simile al mio?
Son infelice tanto
Che non mi basta il pianto
A dileguar mie pene
La Morte chi mi dona?
Che sol quest’alma aflitta
Morte può consolar.
Se veggo il mio crudele
Tradir da un infedele
Tacer dovrò? perchè?
Un anima sincera
Non sa dissimular.

Son infelice ec.

Scena IV.

Gualtiero, Roberto, Costanza.

ROBERTO.
Temo;
COSTANZA.
Pavento;
GUALTIERO.
Eh non estingua adesso
Freda tema importuna i vostri ardori;
Perdono al genio, ed all’età perdono.
COSTANZA.
Perdono io non vorrei, se offelo avessi
L’onor tuo, l’onor mio.
ROBERTO.
Un volontario esilio
Quindi prendea
GUALTIERO.
Tacete,
Che più del vostro amore
La discolpa m‘ offende
Col non amar Roberto
Rea saresti, o Costanza, e tu più reo
Se da lei ti dividi
Prosseguite ad amarvi, e siate fidi

Parte.

ROBERTO.
(Non m’inganno!)
COSTANZA.
(Lo credo!)
CORRADO.
Ormai scacciate
L’importuno timore
ROBERTO.
Addio Costanza
Ritornami nel sen dolce speranza.
Moribonda quest‘ alma dolente
Va cercando dal seno l’uscita
Ma un bel reggio di speme lucente
Mi prolonga nel seno la vita
Forse il fato cangiarsi potrà?
Mio bel sol se per te lacrimai
Tu lo sai. La speranza mi dice
Che felice il mio cor riderà.

Parte con Corrado.

Moribonda ec.

Scena V.

Costanza sola.

CONSTANZA.
Posso Roberto amar? e mel’impone
Gualtiero istesso? I miei timori adunque
Furo vani fin ora. I miei sospiri
Furono ingiusti: ah da me lungi andate
Del passato mio duol memorie odiate.
Ombre vane, vani orrori
Che agitate l’alma mia
Le mie pene, i miei timori
Dileguate per pietà.
Sento (oh Dio) che più non posso
Sopportar cotanti affanni
Deh cangiate aftri tiranni
L’empia vostra crudeltà.

Ombre ec.

Scena VI.

Gualtiero, poi Ottone.

GUALTIERO.
L’empio s’ascolti. Forse
Dall‘ amor di costui preser fomento
Le publiche querele.
OTTONE.
Al Reggio piede:….
GUALTIERO.
Sorgi; libero parla: ami Griselda?
OTTONE.
Nol niego; amor fu solo
Ch‘ à rapirla m’indusse
GUALTIERO.
Ne del Real mio sdegno
Ti trattene il timore?
OTTONE.
E un tuo risiuto.
GUALTIERO.
Di te, degl‘ avi al sangue
Sparfo à prò del mio Regno to dono il fallo
OTTONE.
Signor, una, ch’un tempo
Fu Reggina, e tua moglie è scorno tuo
Ch’erri frà monti, e Boschi.
GUALTIERO.
T’intendo. Ottone il giuro
Sulla mia fede; allora
Ch’io mi sposi à Costanza avrai Griselda
OTTONE.
Oh donò. Oh gioja! al reggio pie prostrato
I ascia ….
GUALTIERO.
Nò, prima attendi
Che la grazia s’adempia, e poi la rendi;
Va mi precedi al loco
Destinato alle Nozze; Ivi vedrai
La nuova Sposa, ch’al mio Trono alzai:
OTTONE.
Doppo un orida tempesta
Splende chiaro il Ciel sereno
Che disgombra il nostro seno
Dell‘ affanno, e del timor.
Così suole la fortuna
Ristorare i danni suoi
Vicendevoli con Noi
Alternando il suo rigor.

Doppo ec.

Scena VII.

Gualtiero.

GUALTIERO.
Soffri Griselda ancora
Sin che giunga per te giorno felice
Soffri …. Ma già nel core
I rimproveri tuoi, le tue querele
M’appellano a raggion Sposo crudele:
Sento, che l’alma teme
E pur non so di che
Non so se sia timore
Se sia pena, se amore
Se sia pietà, se speme
Ah Cieli, e che cos’è?
Cinto da mille affani
Non trovo loco, o pace
Temo di frodi, e inganni
E l’alma ognor si sface
E pur non so perchè.

Sento ec.

Scena VIII.

Attrio Maestoso nella Reggia destinate alle Nozze.

Griselda, Popolo.

GRISELDA.
Ministri accelerate
L’apparato, e la pompa, in dì si lieto
Elultino i Vassalli, e più giuliva
Del suo Signor senea la Reggia i Voti
E‘ legge del mio Re, ch’io stessa afiretti
E renda più superba
Delle Tragedie mie la scena accerba.

Scena Ultima.

Tutti.

GUALTIERO.
Griselda:
GRISELDA.
Altro non manca
Che il sovrano tuo impero
GUALTIERO.
Impaziente
E’un amor tutto foco.
GRISELDA.
Anche Griselda amasti!
GUALTIERO.
La tua viltà le chiare fiamme estinle.
GRISELDA.
Per l’illustre tua sposa ardano eterne.
COSTANZA.
(O bontade!)
ROBERTO.
(O virtude!)
GUALTIERO.
(Il cor si spezza)
CORRADO.
Che più chiedi?

A Gualtiero.

GUALTIERO.
L’estrema
Prova di sua fermezza Otton?
OTTONE.
Mio Sire.
GUALTIERO.
Ti avvanza, e tu Griselda
GRISELDA.
Ubidisco. che fia?
GUALTIERO.
Assai soffristi; E‘ degno
Di premio il tuo coraggio, e n‘ ho pietade
Più non sarà Griselda
Pastorella ne Boschi, o ancella in Corte.
Ma …
GRISELDA.
Che?
GUALTIERO.
(Cor mio, che tenti?)
GRISELDA.
Signor …..
GUALTIERO.
Del fido Otton sarai consorte:
OTTONE.
(Gioje non m’uccidete.)
GRISELDA.
Io d’Ottone, ch’ancora
Del sangue d’Everardo
Ha fumante la spada?
GUALTIERO.
Elà.
CORR.
T’accosta

Ad una guardia che conduce Everardo.

GUALTIERO.
Eccoti vivo il Figlio.
GRISELDA.
O Figlio, o dolce
Conforto del mio core.
GUALTIERO.
Sol d’Ottone all‘ amore.
Devi si cara vita; egli dovea
Ucciderlo, e nol fece,
Perchè troppo t’amò; giusta mercede
Or della sua pietà sia la tua fede.
GRISELDA.
Ah mio Sire …..
GUALTIERO.
Ubbidisci.
Tel commanda il tuo Re?
GRISELDA.
Mio Rè, mio Nume,
Mio Sposo un tempo, e mio diletto ancora!
Se de tuoi cenni ogn‘ ora
Legge mi feci il sai; dillo tu stesso:
Popoli il dite Voi, Voi, ch’el vedeste.
Ma, ch’io d’Otton sia Sposa? è questo è questo
Il caro ben, che solo
Libero dal tuo Impero io m’ho serbato
Tua vissi, e tua morrò Sposo adorato.
GUALTIERO.
(Lacrime non uscite) omai rissolvi.
O di Ottone, o di morte.
GRISELDA.
Morte, morte, o Signor. Servi, Custodi,
Ne tormenti inasprite
La morte mia. La gloria
Chi avrà di Voi del primo colpo? ah sposo
Alla tua mano il chiedo,
E prostrata lo chiedo.
Fa, ch‘ io vada agl‘ Elisi
Con l’onor di tua fede, e ch’ivi additi
Le tue belle ferite
Opra già de tuoi lumi, or del tuo braccio:
GUALTIERO.
Non più, cor mio, non più Sposa t’abbraccio.
OTTONE.
(Misero Otton!)
GUALTIERO.
Popoli, che rei sicte
Del Cielo, e del‘ Re vostro, omai vedere
Qual Reggina ho a voi scelta, a me qual moglie.
OTTONE.
Mio Re sol‘ è mia colpa
Il publico delitto;
Ecco perdon ti chiedo.
GUALTIERO.
Il tuo dolor mi basta, e tel concedo
COSTANZA.
(Nobil pietà!)
ROBERTO.
(Che Spero!)
GUALTIERO.
Ma tu taci, o Griselda?
GRISELDA.
Te! confesso; mi è pena
Di Costanza la sorte. Ella era degna
Di te?
GUALTIERO.
Sposa del Padre è mai la figlia?
GRISELDA. COSTANZA.
Come?
GUALTIERO.
Il dica Corrado?
CORRADO.
Sì. Costanza è tua prose
Che piangesti trasitta.
GRISELDA.
Oh figlia!
COSTANZA.
Oh Madre!
GRISELDA.
Ben mel predisse il core, e non l’intesi.
GUALTIERO.
Tu l‘ amor di Costanza
Ch‘ ora in Sposa ti dono
Tutto non m’involar Roberto amato.
ROBERTO.
Il tuo dono, o gran Re, mi fabeato.
GUALTIERO.
Meco omai riedi, o cara
Sulla real mia sede.
OTTONE.
E sia Everardo il tuo, ma tardo Erede;
CORO.
Imeneo, che se d‘ amore
Dolce ardor, nodo immortale
Della Coppia alma reale
Stringi l‘ alma, annoda il Core.

Fine del Drama.