Umberto Giordano
Andrea Chénier
Dramma di ambiente storico scritto in quattro quadri
Libretto von Luigi Illica
Uraufführung: 28.03.1896, Teatro alla Scala, Mailand
I Personaggi
Andrea Chénier
Carlo Gérard
La Contessa di Coigny
Maddalena di Coigny
La Mulatta Bersi
Roucher
Il Sanculotto Mathieu detto »Populus«
Madelon
Un »Incredibile«
Il Romanziero, pensionato del Re (Pietro Fléville)
L’Abate, poeta
Schmidt, carceriere a San Lazzaro
Il Maestro di Casa
Dumas, presidente del tribunale di Salute Pubblica
Fouquier Tinville, accusatore pubblico
Dame, Signori, Abati, Lacchè, Staffieri, Conduttori di slitte, Ungheri volanti, Musici, Servi, Paggi, Val letti, Pastorelle, Straccioni
Borghesi, Sanculotti, Carmagnole, Guardie nazionali, Soldati della Repubblica, Gendarmi, Mercatine, Pescivendole, Calzettaje, Venditrici ambulanti, Meravigliose, Incredibili, Rappresentanti della Nazione, Giudici, Giurati, Prigionieri, Condannati, Ragazzi strilloni
Un maestro di musica, Alberto Roger, Filandro Fiorinelli, Orazio Coclite, Un bambino, Un cancelliere, Il vecchio Gérard, Robespierre, Couthon, Barras, Un Fratello servente (garzone di caffè), ecc.
Quadro primo
In provincia; – nel castello della signoria dei conti di Coigny. – Il giardino d’inverno. La gran serra; imitazione pretenziosa di quella di Casa Orléans o di quella Kunsky.
La serra offre ora – sul finire di una giornata dell’inverno del 1789 – un curioso aspetto; sembra un giardino colle sue statue di Bacco, di Flora, coll‘ altare di Minerva, ed è sala, talmente ovunque vi sono sparsi mobili, – e, perfino fra vasi di piante esotiche, un clavicembalo Silbermann – ed è campagna, anche, verso l‘ estremo lato sinistro dove, per una mite e microscopica collinetta, aprentesi ai piedi in grotta da ninfe, si sale a una casetta rustica da latteria e pastorelle addossata a un infantile mulino.
»Tal de‘ tempi il costume!«
All‘ alzarsi della tela, sotto i rigidi comandi di un arrogante e gallonato Maestro di Casa, corrono Lacchè, Servi, Valletti carichi di mobili e vasi, completando l‘ assetto dalla serra. Carlo Gérard, in livrea, entra sostenendo con altri servi un azzurro e pesante sofà.
È a lui che principalmente si rivolge il maestro di casa con piglio altezzoso, borioso ed ironico impartendo ordini. Dal giorno che Gérard fu sorpreso a leggere Jean Jacques Rousseau e gli Enciclopedisti, non ironia o servizio più umile o più basso gli è risparmiato.
Il Maestro di Casa.
Questo azzurro sofà
là collochiam …
Gérard e i lacchè eseguiscono.
Poi il Maestro di Casa accenna verso le sale interne e vi entra seguito da tutti i lacchè, eccettuato Gérard che, inginocchiato avanti all’azzurro sofà ne liscia le frangie arricciatesi e ridona il lucido alla seta rasata, sprimacciandone i cuscini.
Al sofà.
GÉRARD.
Compiacente a‘ colloquî
del cicisbeo
che a dame maturate
porgeva qui la mano!
Qui il Tacco Rosso al Neo
sospirando dicea:
»Oritia … o Clori … o Nice … incipriate,
vecchiette e imbellettate,
io vi bramo
ed, anzi sol per questo, forse, io v’amo!«
Tal dei tempi il costume!
Dal giardino si avanza trascinandosi penosamente un vecchio giardiniere curvo sotto il peso di un mobile. – È il padre di Gérard. – Questi gitta lo spolveraccio che tiene in mano e corre a porgere ajuto al padre che tutto tremulo si allontana pei contorti sentieri del giardino.
Guardando commosso allontanarsi il padre.
Son sessant’anni, o vecchio, che tu servi! …
A‘ tuoi protervi
arroganti signori
hai prodigato fedeltà, sudori,
la forza dei tuoi nervi,
l’anima tua, la mente …
e – quasi non bastasse la tua vita
a renderne infinita
eternamente
l’orrenda sofferenza –
hai data l’esistenza
dei figli tuoi …
Con immenso sdegno si picchia colla larga mano il petto susurrando fra le lagrime.
Hai figliato dei servi!
Poi si asciuga sdegnosamente le lagrime, torna a guardare fieramente intorno a sè la gran serra.
T’odio, casa dorata!
L’imagin sei d’un secolo
inciprïato e vano! …
Fasti, splendori, orgogli di Re Sole!
Regno di Cortigiane tu, o Reggenza,
e dei Lebel
onnipotenza
tu, Luigi Lussuria! …
O vaghi dami in seta ed in merletti,
volgono al fin le gaje vostre giornate
e le serate
a inchini e a minuetti!
Fissa è la vostra sorte!
Razza leggiadra e rea,
figlio di servi e servo,
qui – giudice in livrea –
ti grido: – È giunta l’ora della Morte! –
La contessa, Maddalena e a Bersi (questa stranamente vestita) appajono al di là dell’arco d’ingresso alla serra.-La Contessa si sofferma a dare alcuni ordini al Maestro di Casa. Maddalena si avanza lentamente con la Bersi.
MADDALENA.
Il giorno
intorno già s’insera
lentamente!
In queste misteriose
ombre forme fantastiche
assumono le cose! …
Or l’anime s‘ acquetano
umanamente! …
GÉRARD fra sè guardando ammirato Maddalena.
Della bellezza
o blanda commozione!
Quanta dolcezza,
per te, nell‘ anima
soave penetra!
Muojon le idee; tu sopravvivi ai secoli
eterna … e aristocratica,
tu, la Eterna Canzone!
CONTESSA entra nella serra e coll’occhialetto e con fare altezzoso guarda attentamente se e come è stata disposta.
A Gérard ed altri lacchè.
Via, v’affrettate
e alla lumiera
luce date!
I lacchè, Gérard compreso, montano su alcuni sgabelli e cominciano ad accendere i bracciali, i doppieri e a dar luce a tutta la serra, – a poco a poco tutto sfolgora di luce allegra.
A Gérard.
E – dite – tutto è pronto?
GÉRARD.
Tutto!
CONTESSA.
I cori?
GÉRARD.
Stanno di già vestendosi.
CONTESSA.
E i suonatori?
GÉRARD.
Accordan gli strumenti
CONTESSA volgendogli le spalle.
A momenti
arriveranno gli ospiti …
MADDALENA.
Uno è il signor? …
CONTESSA con grande compiacenza.
Uno scrittore emerito …
un romanzier pensionato dal Re,
Anton Pietro Fléville.
MADDALENA.
E l’altro chi è?
CONTESSA con sussiego.
L’Abate, l’Abatino! …
È un improvvisatore! … Un dicitore! …
MADDALENA.
Un viene dall’Italia? …
CONTESSA accenna che sì.
L’Abate da Parigi!
Poi, sorpresa, osservando che ancora sua figlia è in vestaglia.
Maddalena,
ancor così? Ancor non sei vestita?
Maddalena accenna a sua madre che anderà ad abbigliarsi. – La Contessa la accarezza e va ad esaminare se nulla manca anche nelle sale superiori.
BERSI corre a Maddalena e si accoccola grottescamente ai suoi piedi con gesti strani e bizzarri.
Sospiri?
MADDALENA.
Sì; – io penso alla tortura
del farsi belle!
BERSI crollando la testa vivacemente.
Ah tu, sì, belle fai le vesti! – Sì! –
Io le fo brutte – tutte! …
Si guarda curiosamente gualcendo le pieghe della veste, esclamando.
Tutte … Tutte! …
MADDALENA si avvicina alla Bersi e la calma dicendole sorridendo.
Soffoco … moro
tutta chiusa
in busto stretto
sia pur »squame di moro«
o in un corsetto,
sì come si usa,
in seta di nakara! …
BERSI la interrompe imitando il gesto caricato, il fare, il sospirare di un patito.
Il tuo corsetto
è cosa rara!
MADDALENA.
La orribile gonnella
»coscia-di-ninfa-bianca«
mi inceppa e stanca
mi sfianca tutta
e, aggiungivi un cappello
»Cassa-di-sconto« o quello
alla »Basilio« od alla »Montgolfier,«
e tu sei sorda e cieca
e, nata bella,
eccoti fatta brutta.
Ma lontane grida annunciano l’avvicinarsi delle visite. Ma ecco la Contessa che rientra.
MADDALENA affrontandola coraggiosa.
Per stasera pazienza!
Mamma, non odi?
CONTESSA.
Sono di già gli ospiti! –
MADDALENA.
Così mi metto: – Bianca vesta
ed una rosa d’ogni mese in testa!
E corre via seguita dalla Bersi.
Già si anima tutto il castello. – I valletti corrono animatamente in su ed in giù apparecchiando le torcie nell’attesa delle slitte.
CONTESSA nervosa, imparte ordini, ora all’uno, ora all’altro.
Presto avvertite i cori;
ed a tempo opportuno
pastorelle e pastori!
E che non manchi alcuno!
Su, presto, i suonatori in cantoria!
Un’ondata di volanti colle loro mazze adorne, quale di nastri, quale di lanterne, irrompe per l’arco d’ingresso precedendo e seguendo le dorate slitte.
Ogni slitta ha a lato un nobilissimo ed elegantissimo signore che poi premuroso ajuta a discenderne, porgendole il braccio, la dama che vi è dentro tutta avvolta in pelliccie, e della quale egli è il cavaliere.
Il cavaliere e la dama, poscia, passando attraverso a due ali di fronti curve, si avvicinano alla Contessa che va loro incontro sorridente.
Prima di stringersi la mano le due dame s’inchinano tre volte, con doppio inchino ogni volta, come vuole l’etichetta – poi la Contessa porge la mano a baciare al cavaliere, al quale essa graziosa susurra le lodi della dama che egli serve.
Il cavaliere le bacia la mano, sorride e raggiunge la sua dama.
Tolte le pelliccie e i manicotti giganteschi e consegnati ai premurosi donzelli, ecco le belle dame apparire nelle loro curiose e sapienti toelette.
Il »grand panier« se ne è ito anche lui! I fianchi possono disegnarsi un po‘ più naturalmente.
La »dama« forse vi ha perduto, ma la »donna« vi ha acquistato in sincerità.
La levita ha ridonato al corpo della donna le pure linee femminili, – la testa si conserva tuttora la parte più discutibile.
La moda inglese la irrigidisce nei gesti; Maria Antonietta colle sue »lattivendole« la rende più infantile.
E gli uomini?
L’abatino si conserva snello e donnajolo, l’uomo di finanza ancora donnajolo e adiposo.
Il Maestro di Casa annuncia ad alta voce.
MAESTRO DI CASA.
Madama de Bissy e il cavaliere di Villacerf! …
CONTESSA al cavaliere di Villacerf.
Oh! quanto commifò!
Come elegante …
e voi gentil Galante!
MAESTRO DI CASA.
La marchesa d’Entragnes e il barone Berwik!
CONTESSA al barone.
Vera galanteria!
MAESTRO DI CASA.
La duchessa di Villemain e il marchese d’Harcout!
CONTESSA al marchese.
A ben più d’una brama
la vostra dama
accender saprà l’esca! …
MAESTRO DI CASA.
La principessa di Saint-Médard e il conte d’Aubetaire!
CONTESSA alla principessa.
Mi ricordate
i dì della Reggenza …
La Parabère, ecco, mi rassembrate!
MAESTRO DI CASA.
Donna Anna da Torcy e don Enrico de Nangis!
CONTESSA a don Enrico de Nangis.
Quanta munificenza!
MAESTRO DI CASA.
La contessa Etiolle d’Étoile e il reverendo Fragnont!
CONTESSA alla vecchia dama colla quale senza inchinarsi si abbracciano, vecchia dama che ha a cavaliere un grosso ecclesiastico.
Appariscente e fresca
sempre! – Contessa,
sempre, sempre la stessa!
MAESTRO DI CASA.
La marchesa di Lorge e il conte Fleury!
CONTESSA alla bella marchesina, accarezzandole la guancia.
Come siete vezzosa!
Siete un amore!
MAESTRO DI CASA.
La baronessa Boisguilbert e l’abate Crécy!
CONTESSA all’abate Crécy.
Con voi me ne congratulo …
Quale amica! … Perfetta! …
Alla baronessa.
Sublime! Quanta grazia!
Ad altra dama.
Dotta maestra! … Invero è maestria!
Mirabile toeletta!
Ma ecco un tintinnìo di sonagliere. – La acuta curiosità punge cavalieri e dame che si affannano intorno alla Contessa interrogandola.
Chi avremo? Dite!
Mesmer?
Dugazon?
L’arlecchino Bordier? …
Vestri?
Jeannot? …
CONTESSA misteriosa abbassando la voce.
L’Abate!
TUTTI con gridi di gioja.
L’Abatino? …
La Contessa accenna che sì. – Ed ecco i personaggi del carabas. Son tre: Uno avanzato di età, con un esagerato manicotto, il romanziere; un giovane imberbe, Chénier; uno senza età, un musicista.
MAGGIORDOMO annuncia il più grave dei tre personaggi, l’uomo maturo.
Il cavaliere Anton Pietro Fléville.
FLÉVILLE.
Commosso … lusingato …
a … tanti complimenti
e … a questo, più che omaggio …
Cerca la parola adatta.
… amabil persiflaggio! …
Imbrogliato a continuare in quel silenzio, presenta i due personaggi che son venuti con lui.
Ch‘ io vi presenti Flandro Fiorinelli,
è cavaliere, italïano e musico!
e …
Cerca invano i titoli del presentato e dice umilmente.
Andrea Chénier …
un che fa versi e … che promette molto.
Maddalena entra vestita con tutta la semplicità di una veste bianca e una rosa fra i capelli.
Alcuni damigelli servono i rinfreschi, allorchè.
IL MAGGIORDOMO annuncia.
Sua Reverenza l’Abate …
Le dame a questo annuncio si commuovono, rompono l’ordine fino allora tenuto e rumorosamente, con piccoli gemiti di gioja, attorniano il nuovo personaggio, soffocandolo quasi sotto le cortesie.
LE DAME.
L’Abate
È l’Abate!
I CAVALIERI.
È l’Abate!
I MARITI.
Finalmente!
LE DAME.
Venite da Parigi?
TUTTI.
Da Parigi?
LE DAME.
Sì?
I CAVALIERI.
Dite?
I MARITI.
Che novelle della Corte?
LE DAME.
Noi siam curiose!
I CAVALIERI.
Presto!
TUTTI.
Dite! dite!
L’ABATINO graziosamente lusingato da quella dimostrazione bacia molte mani e fa inchini che sembrano genuflessioni.
La Contessa intanto lo serve personalmente di una marmellata.
L’ABATINO.
Debole è il Re …
MARITI.
Ha ceduto?
L’ABATINO.
Fu male consigliato! …
CONTESSA.
Necker?
L’ABATINO.
Non ne parliamo!
Degusta la marmellata sospirando in atto di suprema afflizione.
TUTTI.
Quel Necker! …
DAME.
Noi moriamo
dalla curiosità!
L’ABATINO questa volta attacca risolutamente la marmellata penetrandovi con tutto il cucchiajo.
Abbiamo un Terzo stato!
TUTTI.
Oh! Ah! Ah! Oh!
Ma no! Ma no!
L’ABATINO.
E ho veduto
offender …
TUTTI.
Chi?
L’ABATINO.
La statua
di Enrico IV!
TUTTI.
Orrore!
DONNE.
Dove andremo a finire? …
L’ABATINO.
COSÌ GIUDICO ANCH’IO!
Contessa.
Non temono più Dio!
L’Abatino consegna ad un donzello la sua tazza.
L’ABATINO.
Assai, madame belle,
sono dolente de le mie novelle …
FLÉVILLE affettatissimo, in atto da inspirato.
Passiam la sera
allegramente! – Della primavera
a i zefiri gentili
codeste nubi svaniranno! Il sole
noi rivedremo e rose e gigli e viole,
e udrem ne l’aria satura de‘ fiori
l’eco ridir l’egloghe dè‘ pastori –
Ed ecco a un tratto escire alcune pastorelle che in vaghe pose si fanno intorno a Fléville che meravigliato le guarda.
Dalla cantoria, nello stesso tempo, viene sospirando un susurro di violini imitanti il vento. – Le pastorelle, durante il piccolo preludio, compongono graziosissimi gruppi a gesti, a movenze, a pose svenevoli ed affettate. – Intanto le dame guardano sedute, mentre, dietro, in piedi, alla sedia di ogni dama, stanno i rispettivi cavalieri. – I mariti giuocano nel fondo. – Fléville solo è lasciato in mezzo ai pastori del suo romanzo. – Chénier in disparte, sommamente annojato, osserva. – Maddalena si sente attratta verso di lui; sovente essa lo guarda osservandolo profondamente. – Dal fondo appare qualche volta la faccia pallida di Gérard come una minaccia. – Il susurro dei violini, le pose delle pastorelle fanno andare in solluchero i cavalieri e sdilinquire le dame.
Tronche e gaje esclamazioni, quasi gemiti, escono dai loro petti.
O soave bisbiglio!
È il vento!
È zefiro! …
È mormorìo di fonte! …
È fruscìo d’ali
Bacio è di nubi! …
Molce il cuor!
Vallea
veggiamo aprica!
Io, un prato!
Un ruscelletto
ascolto mormorar!
Parlan le fronde!
Sospira un salce!
Querula la canna
di Dafne geme.
Ecco il suo gregge!
Rezzo
divin!
Sublime!
FLÉVILLE scoppiando quasi in pianto per la commozione e per la vanità.
È questo il mio romanzo!
LE PASTORELLE imitando il sospirare dei pastori.
Pastorelle, addio! Ne andiamo
verso, ahi! lidi ignoti e strani!
Ahi! sarem lungi dimani!
Questi lochi abbandoniamo!
Non avrà, fino al ritorno,
gioje il cuore!
Non piacer fino a quel giorno,
non amore!
Lungo sospiro. – I cavalieri sospirano, le dame piagnucolano, i mariti giocano sottovoce per non disturbare.
PASTORELLE alla loro volta, rispondono.
O pastori, ahi! che dolori
agli acerbi vostri detti!
Treman dentro ai nostri petti
languidetti i nostri cori!
Ed … ahi! ahi! fino al ritorno
che cruciori!
Non piacer fino a quel giorno,
non amori!
Un subisso di applausi prorompe da quella comitiva commossa.
Intanto alcune dame insistono animatamente coll’Abatino, questi si schermisce vezzosamente, ma quelle gli fanno forza e lo trascinano in mezzo alla sala perchè vi declami qualche brano di sue poesie. – L’Abatino sta muto gli occhî al cielo … ad invocarvi l’inspirazione.
L’ABATINO sorride a una subitanea idea e con fare maliziosetto annuncia.
»Il Volpe e l‘ Uva, favola.
Si fa un profondo silenzio.
Un volpe rodomonte – sospinto dalla fame
sovra alta vite tremula, vermilia
rama carca di grappoli
adocchia e cura
ammalïato.
Ma … oh! … come … come
tropp‘ alto pende il pampino!
E il volpe esclama: Oh, cosa vana
l’uva immatura! –
E, sospirando, s’allontana!
Ride, e con lui ridono piacevolmente le dame; ma l’Abatino con uno sguardo pieno di sottintesi rivolgendosi al suo uditorio, dimanda.
Del volpe chi sa il nome? …
Si fa ancora più profondo il silenzio pieno di aspettativa, e l’Abatino conclude veramente da grande attore nel modo di dire e nel gesto.
Terzo stato!«
E gli applausi e le risate fanno tremare i vetri della serra.
La Contessa si avvicina a Chénier.
CONTESSA.
Signor Chénier …
CHÉNIER.
Madama la Contessa?
CONTESSA.
La vostra Musa tace?
CHÉNIER.
È una ritrosa
che di tacer desìa.
CONTESSA ironica.
La vostra Musa è la Malinconia!
E si allontana agitando piccata il ventaglio, dicendo a Fléville.
Davver poco cortese!
FLÉVILLE.
È un po‘ bizzarro!
ABATINO.
Musa ognor pronta è donna a molti vieta! …
CONTESSA.
Musa ognor pronta! … È ver … Ecco il poeta! …
Prende il braccio dell’Abatino e con lui si avvicina a Fiorinelli, inducendolo gentilmente al clavicembalo. Maddalena, che con alcune giovani amiche ha sentito la risposta data da Chénier a sua madre e che le sue amiche hanno vivacemente commentato, se le raccoglie intorno e dice loro.
MADDALENA.
Io lo farò poetare! Scommettiamo? …
E si avvicina a Chénier, seguita dalle amiche, mentre Fiorinelli incomincia a suonare.
MADDALENA.
Al mio dire perdono ed al mio ardire! …
Ma viva bramosìa
mi spinge … Poi … son donna e son curiosa!
Bramo di udire …
Cerca un po‘ l’insolenza che può colpire Chénier, dà una rapida occhiata alle amiche e dice.
un’egloga da voi o una poesia
per monaca o per sposa.
LE AMICHE.
Benissimo!
E aggiungono in coro, sottolineando l‘ ironia di Maddalena.
Per monaca o per sposa!
CHÉNIER.
Desio che muove da due labbra rosa
è comando gentile a gentil cuore.
Ma – ohimè – la fantasia
non si piega a comando o a prece umìle …
è capricciosa assai la poesia …
a guisa dell’amore! …
Alla parola »amore« Maddalena e le ragazze escono fuori in una rumorosa risata. Fiorinelli interrompe; tutti si avvicinano al gruppo di Chénier e Maddalena.
CONTESSA.
Perchè ridete voi?
Che c’è?
Che c’è? …
Che avviene?
Dite!
LE AMICHE sempre ridendo. Chénier interdetto ascolta.
Udite! Udite che il racconto è bello!
Il poetino è caduto in un tranello.
MADDALENA.
A tua preghiera, mamma, disdegnoso
opponeva un rifiuto …
Allor bizzarro
pensier mi venne …
LE AMICHE.
È vero …
La vendetta!
MADDALENA.
Io dissi: Scommettiamo? …
CONTESSA E TUTTI.
Di che cosa?
MADDALENA.
Che nel risponder alle preci nostre
volgarmente parlato avria d’amore.
CONTESSA.
Ebben?
TUTTI.
Ebben?
CHÉNIER in atto di preghiera.
No, signorina!
MADDALENA.
Ebbene …
Imita Chénier.
Levò la fronte al cielo! –
Chiamò la Musa! – E la implorata musa
per sua bocca ridisse la parola
che a me voi,
Si rivolge ad un vecchio ridicolo.
voi,
A un abate.
e voi,
A un marchese grasso.
e voi, più volte
A un giovinotto strano per la sua bruttezza.
a me dite ogni sera … senza Musa.
Tutti ridono.
Chénier pallidissimo guarda quella fanciulla e stendendo la mano verso di lei la costringe ad ascoltarlo.
CHÉNIER.
Colpito qui m’avete … ov’io geloso
celo il più puro palpitar dell’anima.
Accenna il cuore.
Or vedrete, fanciulla, qual poema
è la parola »Amore« per voi scherno!
Sorpresi tutti all’armonia strana di quella voce dolcissima, tutti, cavalieri, dame, abati, stanno curiosi ad udirlo.
Un dì all’azzurro spazio
guardai profondo,
e ai prati colmi di viole,
pioveva l’oro il sole
e folgorava d’oro
il mondo;
parea la Terra un immane tesoro,
e a lei servìa di scrigno il firmamento.
Dal cuore de la Terra a la mia fronte
veniva una carezza viva, un bacio.
Gridai, vinto d’amore: T’amo, t’amo
tu che mi baci, tu divinamente
bella, o patria!
E volli pien d’amore
pregar! …
Varcai d’una chiesa la soglia;
là un prete ne le nicchie
de‘ santi e de la Vergine
accumulava doni … e al sordo orecchio
un tremulo vegliardo invano
chiedeva pane e invan stendea la mano!
L’Abatino e con lui altri abatini si levano scandalizzati.
Entrai nell’abituro;
un uom vi calunniava bestemmiando
il suolo che l’erario a pena sazia
e contro a Dio scagliava e contro a li uomini
le lacrime de‘ figli.
Questa volta sono i cassieri generali che gesticolano animatamente, rossi dalla collera, contro Chénier. – Gérard solo, vinto alla eloquenza di Chénier, lo ascolta dal fondo della serra agitatissimo.
A Maddalena.
In cotanta miseria
e di cose e di genti – qui la patrizia prole
a che pensa e che fa?
E con un rapido colpo d’occhio abbraccia tutto quel bizzarro quadro di gaudenti di tutte le età che sdegnosi o minacciosi o sprezzanti, lontani o vicini, fingono di non udirlo o lo ascoltano altezzosi.
Sol l’occhio vostro esprime umanamente
qui un guardo di pietà,
ond’io ho guardato a voi sì come a un angelo.
E dissi: Se bugiardo fu il miraggio
che mi venne dal sole,
eccola la bellezza della vita
nel glauco raggio
soave di pietà che vibra in voi!
Ma, poi,
a le vostre parole,
un novello dolore
m’ha còlto in pieno petto …
S’interrompe e guardando Maddalena le dice con estrema dolcezza.
O giovinetta bella, d’un poeta
non disprezzate il detto:
Udite! – Amate pria
e prima di schernir sappiate Amore!
Allora da quella folla dorata erompe un urlo di sdegno. Fléville si scusa colla Contessa. – L’Abatino è rosso e si agita a gran gesti, furibondo, intorno a Chénier. – I giovani violentemente si aggirano come per provocarlo. – Maddalena allora risolutamente si frappone e con un gesto, imposto silenzio, commossa dice a Chénier.
MADDALENA.
Perdonatemi!
Chénier commosso si allontana e scompare.
CONTESSA scusando Maddalena cogli invitati.
Creatura strana assai! Va perdonata!..
È capricciosa e un po‘ romantichetta.
Ma il preludio di una gavotta viene dall’alto della cantoria e la Contessa dice.
Ma … udite! … È il gajo suon de la gavotta.
Su, cavalieri! – Ognun scelga la dama! …
Mentre i servi fanno posto e i cavalieri e le dame si preparano, lontanissime appena distinte, si sentono venire avvicinandosi confuse cantilene.
LE VOCI si avvicinano. – Sono lugubremente dolorose, gemiti che risuonano cupi e minacciosi.
La notte e il giorno
portiamo intorno
il dolore; –
Siam genti grame
che di fame
or si muore; –
A mammelle avvizzite
chieggon le vite
de‘ bimbi moribondi!
Affamate, languenti
cadiam morenti
sovra suoli infecondi!
All’arco d’ingresso della serra appare Gérard alla testa di una folla di gente livida, stracciata, languente, d’uomini emaciati, di donne stremate con dei bimbi scheletriti a braccia, che imitando l’annuncio di maggiordomo.
GÉRARD grida.
È Sua Grandezza la Miseria!
Mentre quegli straccioni, lamentosamente stendendo le mani, susurrano.
Anime umane,
deh, le nostre preghiere
non ci tornino vane!
Genti cristiane,
sollievo a queste fiere
torture aspre, inumane!
CONTESSA livida dall’ira.
Chi ha introdotto costoro?
GÉRARD.
Io, Gérard!
CONTESSA ai suoi valletti, lacchè.
Questa ciurmaglia via!
A Gérard.
E tu pel primo!
Ma ecco accorrere il vecchio giardiniere, il padre di Gérard, che si butta in ginocchio avanti alla Contessa: Gérard corre sdegnato a rialzare suo padre dicendo fieramente alla Contessa.
GÉRARD.
Sì, me ne vo – Contessa!
questa livrea – m‘ è di tortura;
è vile per me il pane
che qui mi sfama!
La voce di chi soffre a sè mi chiama!
Vien, padre mio, con me!
Perchè ti curvi ai piè
di chi non ode voce di pietà?
Poi, strappandosi la livrea di dosso, grida.
Dalle mie carni giù questa viltà.
CONTESSA imbizzita.
Via! … Via! … Via! …
Il Maestro di Casa, i servi, i lacchè, gli staffieri, respingono la folla. – La Contessa si lascia cadere sul sofà ansante dalla bile che la soffoca mentre la folla si allontana.
Gérard costringe suo padre ad allontanarsi con lui.
CONTESSA.
Ah, quel Gérard! … L’ha rovinato il leggere! …
Credetemi … Fu l’Enciclopedia! …
Ed io … che … tutti i giorni … facevo l’elemosina
e … a non fare … arrossire … di sè la povertà …
perfin m‘ ho fatto … un abito costume di pietà!..
E si lascia cadere come svenuta sull’azzurro sofà. – Un gran da fare in tutti! … – chi vuol somministrarle goccie del General Lamothe, chi d’Inghilterra, chi invece vuol slacciarle il busto. Questo la fa rinvenire.
Al Maestro di Casa che torna.
Son tutti andati?
MAESTRO DI CASA.
Sì.
CONTESSA agli invitati.
Scusate! L’interrotta,
mie dame, ripigliamo, gentil, nobil gavotta!
Ai cavalieri.
Invitate le dame!
Ritorni l’allegria!
Quadro secondo
La scena a destra: nel primo piano un altare dedicato a Marat, sopportante il suo busto, avanti al quale stanno appese collane di fiori appassiti, nastri, e una lampada spenta. Il dado, il piedestallo e i gradini sono qua e là coperti di cartelli appiccicativi sopra. Uno dice: Unità e individualità della Repubblica! un altro: Libertà, Eguaglianza, Fratellanza! un terzo, più terribile: Così, o Morte! altri sono solamente votivi e si accontentano di un: Gloria a Marat! qualche altro non è che un avviso teatrale e annuncia pomposamente il: Gran Yerodramma pantomimo-lirico di X Y Z.
A sinistra: nel primo piano la terrazza del Feuillants e il Caffè Hottot; tavolini e sedie fuori all’aperto tra alberi e vasi enormi di fiori.
Nel fondo: l’ex »Cours-la-Reine« che diagonalmente attraversa la scena, allargandosi a destra, restringendosi a sinistra, difeso dalla Senna, che gli scorre parallela: da parapetto, platani, lanterne. Di scorcio, obliquamente, il ponte Peronnet che attraversa la Senna e conduce al palazzo dei Cinquecento.
È una giornata del giugno del 1794 nel pomeriggio.
La scena è animatissima. Alla terrazza del Caffè vi è discreta affluenza di avventori. Vi si distingue la mulatta Bersi per la sua acconciatura bizzarra in contrasto colla tinta olivastra della sua pelle e per quell’esagerato modo di vestire che fa già qualificare la donnina elegante di allora per una Meravigliosa, prodotto voluttuoso che, da poco tempo, coll‘ Incredibile, non ostante il Terrore, osa mostrarsi in pubblico e gittare il suo lusso e la sua risata gaja come una sfida audace.Infatti là vi è ascoltatissimo un Incredibile, sbalodditivamente elegante, coll’abito a grandi risvolti, colletto nero, parrucca bionda, il randello Costituzione e il mento immerso nella immensa cravatta, che non lascia mai di osservare attentamente tutto quanto fa la Bersi e ne scruta ogni sguardo, gesto e parola. Presso all’altare stanno il Sanculotto Mathieu detto Populus e la Carmagnola Orazio Coclite, costui forse chiamato così per una gran benda nera che di sotto al berretto frigio gli copre l’occhio sinistro.
Andrea Chénier siede tutto solo ad un tavolino in disparte.
MATHIEU »POPULUS« indica ad Orazio Coclite il busto di Marat che egli ha tolto dall’altare e ripulisce, a sferzate energiche di fazzoletto, dalla pol vere.
Per l‘ ex inferno!
ecco ancor della polvere
sul capo di Marat! …
Strizza l’occhio all’amico e con una rapida mossa di capo accenna verso il Caffè Hottot alla Bersi, borbottando sospettoso.
Che ci covasse scherno? …
Ah, troppo spesso
da un poco sgualdrineggiano
quelle donnine là! …
Trincia l’aria con un gran gesto di gigantesca falciata. La Carmagnola ride col suo occhio solo, egli pure sottolineando il gesto dell’amico con un altro pure minaccioso.
MATHIEU ripone con riguardi pieni di devozione il busto sull’altare esclamando.
È male! … male! … male!
Benedetto, o Rasojo nazionale! …
Tu sol, tu solo non risenti il sesso! …
Ma dal Ponte Peronnet e dai due sbocchi dell’ex Cours-la-Reine, pei giardini delle Tuileries, si rovesciano, urlando a squarciagola, agitandoli alto colle mani, i giornali che vendono, dei ragazzi rivenditori di giornali, piccoli straccioni in berretto frigio.
MATHIEU POPULUS.
Compera un giornale e siede comodamente col suo indivisibile Orazio Coclite sui gradini del Reposoir Marat per leggerlo. Lo apre, lo distende, ma a un tratto getta un grido di sdegno, strappa il giornale, fa un gesto di minaccia, cerca con una torva occhiata il birichino del giornale, ma gli strilloni sono spariti già, chi da una parte, chi dall’altra.
M’ha appioppato un giornale
di cinque mesi fa!
BERSI all’Incredibile, accortasi di essere spiata guardandolo fisso negli occhî.
È ver che Robespierre allevi spie? …
L’INCREDIBILE alla sua volta fissando audacemente Bersi.
Vuoi dire, cittadina »Osservatori
dello spirito pubblico …«
BERSI.
Come tu vuoi.
L’INCREDIBILE.
Non so,
Subito.
nè lo posso sapere!
Fissando ancora gli occhî ostinati in quelli della Meravigliosa.
Hai tu a temere?
BERSI arrossendo, ma vedendo che l‘ attenzione di tutte e di tutti pesa su lei, si rimette.
Temer? … Perchè? Perchè temer dovrò?
Non sono, come te, una vera figlia
autentica della Rivoluzione?
Amo viver così! … Vivere in fretta
di questa febbre gaja d’un godere
rapido, acuto e quasi inconscïente! …
Qui il giuoco ed il piacere … là la morte! …
Qui il suon de le monete e il biribisso!
Laggiù il cannone e il rullo de‘ tamburi!
Qui inebria il vino … laggiù inebria il sangue!
Qui riso e amore;
Indica verso il palazzo dei Cinquecento.
là si pensa e s’odia!
Qui la Meravigliosa e l’Incredibile
che brindan col Bordeaux, collo Sciampagna;
Afferra un bicchiere colmo di Sciampagna e additando verso l’ex Cours-la-Reine di dove sbocca il »piccolo paniere« carico di condannati condotti alla ghigliottina.
le mercatine là e le pescivendole
e la carretta di Sanson che passa!
E vuotato il bicchiere ridendo, corre via dietro alla carretta dei condannati che passa rapidamente attraverso al fondo.
L’INCREDIBILE fra sè, guardando dietro a la Bersi, mentre si allontana.
No, non m’inganno! Era proprio con lei
la bella bionda! … Ho scovato la traccia! …
Estrae di tasca un piccolo taccuino e vi scrive su rapidamente.
La cittadina Bersi, far sospetto
di corruzione non spontanea;
guardò Chénier di sottecchi. Osservarla!
Andrea Chénier per qualche ora in attesa
con febbril ansia evidente. Osservarlo!
E si allontana verso il fondo.
Roucher entra dal Cours-la-Reine.
CHÉNIER vedendolo.
Roucher!
ROUCHER con gioja.
Chénier! … Tutto il giorno ti cerco!
Rapidamente e sottovoce.
La tua salvezza tengo! …
Gli mostra un foglio.
CHÉNIER.
Un passaporto?
ROUCHER.
Qui tutto intorno è periglio per te!
La tua preziosa vita salva – parti!
CHÉNIER.
Il mio nome mentir! … Fuggire! … No! …
ROUCHER.
Te ne prego, Chénier!
CHÉNIER.
Credi al destino? …
Io credo! … Credo a una possanza arcana
che benigna o maligna i nostri passi
or guida or svia pei diversi sentieri
de l‘ esistenza umana! – Una possanza
che dice a un uomo: – Tu sarai poeta!
A un altro: – A te una spada, sii soldato!
Or bene, il mio destin forse qui vuolmi! …
Risoluto.
Se quel che bramo mi si avvera, resto!
ROUCHER.
Se non si avvera? …
CHÉNIER stringendogli la mano.
Allora partirò!
Poi, con grande dolcezza.
Seguo il destino umano dell’amore.
Io non ho amato ancor! …
Pure sovente – nella vita
ho sentita
sul mio cammin vicina
passar la donna che il destin fa mia;
passare tutta bella – ideal, divina
come la poesia;
passar con lei sul mio cammin l’amor! …
Sì, più volte ha parlato
la sua voce al mio cuore;
udita io l’ho sovente
con la sua voce ardente
dirmi: »Credi all’amore;
tu sei Chénier, amato!«
E preso sottobraccio Roucher lo allontana dal caffè Hottot, narrandogli confidenzialmente.
Da tempo mi pervengon strane lettere
or soavi ed or gravi – or rampogne, or consigli!
Scrive una donna misteriosa ognora!
In quelle sue parole vibra un’anima!
Chi sia, indagato ho invano!
ROUCHER.
Ancor? …
CHÉNIER.
Finora!
Ma or guarda!
Gli mostra una lettera.
ROUCHER legge.
Qui un ritrovo?
CHÉNIER con un grido di trasporto.
Ah! la vedrò!
ROUCHER sempre gli occhî fissi sulla lettera.
La misteriosa alfin solleva il velo! …
CHÉNIER.
Non riderei
ROUCHER.
Vediam!
Prende la lettera, l’esamina e sorride ironicamente alla firma »Speranza«.
Calligrafia
invero femminil! Carta elegante! …
Fiuta la lettera.
Ma, ohimè! profumo »alla Rivoluzione!!«
Restituendo la lettera.
Questo gentil biglietto,
a profumo di rosa,
provocatore,
non m’inganno, lo giuro,
esce da un salottino
troppo noto all’amore:
Chénier, te l’assicuro,
il tuo destino
ti ha dato il cuor … d’una Meravigliosa
Riprendi il passaporto e … via la lettera.
CHÉNIER.
Non credo!
ROUCHER.
Tu non credi?
CHÉNIER.
No, non credo!
ROUCHER.
La femminil marea parigina
in gaje onde irrequiete or qui rovescia!
Io le conosco tutte! Passeranno,
ed io ti mostrerò la misteriosa!
CHÉNIER colpito.
Una Meravigliosa
la bella creatura
del mio pensier sognata?!
Non donna, ma …
ROUCHER.
… una cosa.
CHÉNIER.
Una caricatura?!
Una moda?!
ROUCHER.
… Una faccia imbellettata!
CHÉNIER.
La sconosciuta mia?
ROUCHER.
La tua divina
soave poesia
in fisciù a la Bastiglia! …
CHÉNIER.
… ed il nero alle ciglia?!
ROUCHER.
… e con rimesse chiome! …
CHÉNIER.
Oh, cosa senza nome! …
Lacera la lettera.
Accetto il passaporto! …
ROUCHER offrendogli il passaporto.
È provvido consiglio!
Intanto presso il ponte Peronnet si accalca gran folla nell’attesa della uscita dei Rappresentanti dal palazzo dei Cinquecento. Folla varia, diversa e strana! Tutto il torrente dell’Opinione pubblica è là ad aspettare l’idolo dell’opinione pubblica, la bussola del patriotismo: Massimiliano Robespierre.
Eccoli i rappresentanti della Nazione!
L’entusiasmo della folla è alla maggior parte di questi uomini indifferente; sanno che non è per loro che un uomo solo ha ora quello che da tanti secoli fu privilegio di re.
E Robespierre lo sa quanto loro, ed è per questo che egli sa essere solo in quella folla.
Eccolo! Procede egli tranquillo e borghesemente bonario con quell’enigmatico sorriso che scarna ancor maggiormente il suo profilo secco e procede, l’Incorruttibile, leggermente curva la testa sulla spalla destra, la destra mano nascosta nel suo abito bleu abbottonato, la sinistra stringe la sua canna dal pomo d’oro. Passa, ed è un agitare di fazzoletti, cappelli, coccarde, berretti frigi; e un grido immenso erompe da tutti i petti – Viva Robespierre! – Le Mercatine e le Pescivendole spingono un bambino. Corre questi e va ad offrire un mazzo di fiori, e Robespierre lo solleva e lo bacia. Le donne gli inviano sorrisi e carezze.
ROUCHER.
Vedi? Dal ponte Peronnet
s’agglomera la folla.
CHÉNIER.
La eterna cortigiana!
Con amarezza.
Vi si schiera
per incurvar la fronte
al nuovo iddio!
LA FOLLA.
Ecco laggiù Gérard!
Gérard! … Viva Gérard!
Gérard saluta, ma ad un cenno Dell’Incredibile esce premuroso dalle file dei rappresentanti e gli si avvicina lasciandosi trarre da lui in disparte.
MATHIEU.
Evviva Robespierre!
LA FOLLA vedendo comparire Massimiliano Robespierre
Evviva Robespierre!
CHÉNIER accennando a Robespierre.
Egli cammina solo.
L’INCREDIBILE a Gérard.
La donna che mi hai chiesto di cercare
è bianca e bionda? …
GÉRARD con entusiasmo.
Azzurro occhio di cielo
sotto una fronte candida;
bionda la chioma con riflessi d’oro;
una dolcezza in viso
ed un sorriso
di donna non umano;
nel suo vestir modesto;
pudico velo
sovra il tesoro
d’un puro sen virgineo
ed una bianca cuffia sulla testa.
LA FOLLA.
Barère!
Collot d’Herbois!
Quello è Couthon!
Saint-Just!
David
ROUCHER.
E quanto spazio ad arte
fra il nume e i sacerdoti!
Ecco Tallien! …
CHÉNIER.
L’enigma!
LA FOLLA.
Tallien!
Fréron!
Barras!
Fouché!
ROUCHER accennando a Chénier il fratello di Robespierre che viene ultimo.
Ultimo, vedi?
CHÉNIER ironico.
Robespierre il piccolo!
LA FOLLA.
Le Bas
Sieyès!
Thuriot!
Carnot!
e Robespierre!
GÉRARD.
– Dammi codesta creatura vaga!
ti dissi – Cerca! Indaga!
Dinanzi mi è passata qual baleno
un dì, ma poscia
io l’ho perduta!
Or più non vivo; peno!
Mi salva tu da questa grande angoscia
e … tutto avrai! …
L’INCREDIBILE pigliando alcune note.
Stasera la vedrai!
L’Incredibile segue sempre con vivo interesse, attaccandosi cautamente ai loro passi, Chénier e Roucher. – Intanto, non ancora si sono allontanati pel Cours-la-Reine i rappresentanti della Nazione, che, ecco, attraverso ai giardini delle Tuileries, apparire una vivacissima e gaja schiera di bellissime donne. Sono le Meravigliose! …
La Bersi viene ultima, tiene un ventaglio tragico detto »Sangue di Foulon« ventaglio che è un’opinione.
ROUCHER a Chénier.
Eccole! … Strani tempi! Là vanno i pensatori.
Qui lo stormo chiassoso, di que‘ vivi bagliori.
Tu presso a me ti poni! Di qui facile cosa
sarà scoprir chi sia la tua misteriosa!
CHÉNIER.
Partiamo!
ROUCHER.
Guarda! Guarda! …
CHÉNIER.
No! non voglio: partiamo!
BERSI a Roucher.
Non mi saluti?
Rapidamente gli susurra.
Qui trattien Chénier.
Son spiata! qui fra poco tornerò!
Ed ecco ricomparire l’Incredibile che si avvicina alla Bersi.
L’INCREDIBILE.
Procace Bersi,
qui sono ancor per te! Meco giù scendi?
BERSI sorridendogli indifferente.
Per poco?
L’INCREDIBILE.
Non ti chiedo che una Trenitz.
BERSI.
E perchè no?
L’INCREDIBILE.
Scendiam?
BERSI.
Scendiam!
E Bersi segue l’Incredibile nei sotterranei del Caffè.
LE MERAVIGLIOSE vedendo Barras discendere nei sotterranei del Caffè Hottot.
Ah, riderem davver.
È là Barras!
La sua rivoluzion nome ha »piacer«.
Ci aspetta là
fra il giuoco ed il bicchier.
Siam Riso, siamo Baci, siamo Amor
anche in dì di Terror.
Uno oggidì baciato diman muor …
Vedove … e spose ognor.
Repubblicani, eroi o aristocratici
che importa a noi,
purchè sia Amor?
Amante innamorato
così lo vuole il cuor
soltanto e ognor! …
Siam Riso, siamo Baci, siam l’Amor …
Vedove … e spose ognor! …
E – ridendo – ondeggiandosi sulle loro alte canne – passano e scendono giù alle orgie della danza, del giuoco, nei sotterranei del Caffè.
CHÉNIER.
Una meravigliosa!
ROUCHER.
Ho indovinato?
Son male esche d’abbocco! …
CHÉNIER.
Tuttavia …
Che mi vuol dir? …
ROUCHER.
È sera! … Ora propizia!
Fa il gesto di fuggire.
E all’alba di domani … Via! … In cammino!
CHÉNIER con disperazione.
O mio bel sogno, addio! …
Ecco infatti ritornare la Bersi.
BERSI.
Andrea Chénier!
L’Incredibile appare dietro un vaso di fiori e osserva e ascolta.
Fra poco, a te, una donna minacciata
da gran periglio qui verrà.
Indica l’altare di Marat.
Là attendi!
L’Incredibile scompare rapidamente.
CHÉNIER trattenendola.
Dimmi il suo nome! …
BERSI.
Il suo nome … Speranza! …
ROUCHER.
La ignota tua scrittrice! … No … è un tranello!
CHÉNIER.
Io là verrò! …
Bersi fugge via.
ROUCHER.
È un agguato.
CHÉNIER.
M’armerò! …
E insofferente d’altri consigli si allontana bruscamente da lui per l’ex Cours-la-Reine.
ROUCHER.
Ah, veglierò su lui!
È già sera, e col giorno l’apparenza di gajezza è scomparsa. L’aria stessa appare livida; il ponte Peronnet assume un aspetto sinistro. Il passo cadenzato delle pattuglie in diverse direzioni completa il terrore. Sì: è proprio la Parigi del Terrore.
Alcuni accenditori pubblici corrono per diverse parti, uno accende i lampioni del ponte, un altro quelli dell‘ imboccatura di Cours-la-Reine, – poi via, correndo, scompajono tutti nelle nebbie dense che già si inalzano su per la Senna. – Passa un’altra pattuglia e attraversa il ponte Peronnet, poscia tutto è profondo silenzio. – Mathieu riappare. Viene a dar lume alla lanternina dell’altare a Marat, canticchiando la Carmagnola.
L’INCREDIBILE esce guardingo dal Caffè e va a porsi allo sbocco della via laterale al caffè, nascondendovisi dietro l’angolo.
Ed il mio piano è fatto! … Ora attendiamo!
Sul ponte Peronnet appare una forma di donna che si avanza cautamente.
MADDALENA.
Viene l’altare …
Si guarda intorno; è impaurita di quel silenzio.
Nessuno! … Ho paura!
L’INCREDIBILE.
Ecco già il maschio!
E guarda, ritraendosi giù per l’ex Cours-la-Reine. – Infatti di là appare l’ombra di un uomo avvolto in un ferrajolo a pellegrina.
MADDALENA commossa.
Ah, è lui!
Andrea Chénier!
CHÉNIER.
Son io! …
Maddalena tenta parlare, la commozione sua è grande e non può profferire parola.
CHÉNIER sorpreso di quel silenzio.
Deggio seguirti? …
Maddalena risponde con un gesto: No!
Sei mandata? …
Dimmi da chi? Di‘, chi mi brama!
MADDALENA.
Io, sono!
E si appoggia tremante all’altare pubblico.
CHÉNIER sorpreso ed ingannato all’abbigliamento da officiosa di lei.
Tu? Ebben, chi sei? – Di‘!
L’Incredibile cautamente si porta più vicino ai due, nascondendosi dietro un albero.
MADDALENA.
Ancor ricordi? … Ascolta! …
E Maddalena, per richiamarglisi alla mente, gli ricorda le parole che Chénier le ha rivolto la sera del loro incontro al castello di Coigny.
CHÉNIER a quella dolcissima voce, a quel soavissimo ricordo, sorpreso, si entusiasma.
Sì: mi ricordo! … Udita io ti ho di già! …
Ah nuova la tua voce non mi parla.
Ch’io ti vegga! …
MADDALENA scostando la mantiglia ed avanzandosi sotto la luce della lampada che arde davanti all’altare di Marat.
Guardatemi!
CHÉNIER.
Ah, Maddalena di Coigny! …
L’INCREDIBILE.
Ah è lei! La bionda! … Or tosto da Gérard!
E cautamente si allontana.
CHÉNIER.
Voi? Voi! …
MADDALENA atterrita.
Guardate là!
CHÉNIER.
Dove?
MADDALENA.
Là! … Un’ombra!
CHÉNIER va all’angolo dove prima era l’Incredibile, ma non vede alcuno.
Nessun! … Pur questo loco è periglioso
E qui … sola …
MADDALENA.
Fu Bersi che l‘ ha scelto.
Or essa è là, giù, al giuoco e se un periglio …
ne minacciasse … Sono un’officiosa
che le viene a recar la sua mantiglia!
CHÉNIER.
La mia scrittrice?! … Voi la mia celata
amica ognor fuggente?!
MADDALENA.
Eravate possente,
io invece minacciata; –
pur nella mia tristezza
pensai sovente d’impetrar da voi
pace e salvezza,
ma … non l‘ osai!
E ognora il mio destino
sul mio cammino
vi sospingea!
Ognora io vi seguivo, e strano assai,
ognor pensavo a voi
come a un fratello! –
E allora vi scriveva
quanto il cuore o il cervello
dettavami alla mente.
Sì, il cuore mi diceva che difeso
avreste quella che v‘ ha un giorno offeso.
Passa un momento di silenzio. – Chénier alla dolcissima voce della fanciulla, dimentico d’ogni cosa, ascolta rapito, affascinato.
Al mondo Bersi sola mi vuol bene
(è lei che m’ha nascosta). Ma da un mese
v’ha chi mi spia e m’insegue. E Bersi pure!
Mutammo nascondigli, e più veemente
era la caccia! … Ove fuggir? … Fu allora
che pure voi non più potente seppi,
e son venuta. – Udite! Sono sola!
Son sola e minacciata! Io più non reggo!
Son sola al mondo! Sola ed ho paura
Io spero in voi! Proteggermi volete?
CHÉNIER con tutta la esaltazione della sua anima.
Ora dolcissima,
sublime ora d’amore! …
Possente l‘ anima
sfida il terrore! …
Con grande slancio a Maddalena.
Tu mi fai puro il cuore
d‘ ogni viltà! …
Bramo la vita,
ma non temo la morte.
Ora dolcissima
che segni la mia sorte,
deh, rimani infinita!
Stende le mani in atto di preghiera verso Maddalena.
MADDALENA sorridendogli.
Vicina nei perigli? – Vicina nel terrore? …
CHÉNIER.
Sì! Vieni al braccio mio! Tu sei l’amore! …
Fino alla morte insieme?
Le porge il braccio.
MADDALENA.
Fino alla morte insieme!
E Maddalena prende il braccio di Chénier. – Ma appena Chénier e Maddalena hanno fatto pochi passi, ecco dietro il Caffè Hottot correre verso di loro Gérard, faticosamente seguito dall’Incredibile.
GÉRARD gittasi risoluto attraverso alla strada per impedirla ai due.
Maddalena, contessa di Coigny!
MADDALENA riconosce, rischiarato come rimane, il viso di Gérard, dalle lanterne del ponte Peronnet.
Gérard!
GÉRARD.
A guisa di notturna
io vi ritrovo a notte intorno …
CHÉNIER minaccioso.
Segui
per la tua strada e non dar noja a gente
che si rincasa! …
GÉRARD avventandosi contro Chénier per strappargli Maddalena.
È merce proïbita!
Chénier leva rapidamente lo stocco dentro al bastone e ne sferza il viso a Gérard che dà in un urlo di rabbia e di dolore. – Ed ecco accorrere Roucher. Chénier lo vede e gli addita Maddalena.
Salvala!
Roucher fa per allontanarsi con Maddalena.
GÉRARD vedendoli allontanarsi, urla con voce che nulla ha più di umano all’Incredibile.
Fugge! … Inseguila!
mentre, sguainata la spada, si getta contro a Chénier
ROUCHER spiana contro all’Incredibile un pajo di pistole da tasca.
A te bada! …
L’INCREDIBILE arretra e appigliandosi a più prudente consiglio.
Alla sezione!
E fugge.
GÉRARD buttandosi contro a Chénier.
Io ti rubo a Sanson!
CHÉNIER deridendolo nel vederlo battersi con altrettanto coraggio e slancio, quanta imperizia nelle armi.
Ah, tu non sei che un frate! … Sei Chabot? …
GÉRARD ferito.
Son còlto! …
Cade sui gradini dell’altare di Marat.
CHÉNIER.
L’hai voluto! …
GÉRARD.
Odi, Chénier …
Fuggi! … Il tuo nome già Fouquier Tinville
ha noto! … Va …
Il sangue gli sale alla gola ed è con un rantolo che a fatica soggiunge.
Proteggi Maddalena!
Si sente accorrere gente e la voce dell’Incredibile che grida: »Al ponte Peronnet!« – Chénier fugge. – Da tutte le parti irrompe gente. – L’Incredibile con guardie nazionali.
MATHIEU riconoscendo nel ferito Gérard.
Gérard ferito?!
L’INCREDIBILE.
Il feritore …
GÉRARD sollevandosi, fa uno sforzo e guardando l’Incredibile trova ancora l’energia di impedirgli di parlare, balbettando.
Ignoto! …
E sviene.
MATHIEU levandosi ritto sui gradini dell’altare e agitando la picca.
L’han fatto assassinare i Girondini!
Un urlo terribile di minaccia si leva. – Dal Caffè Hottot sbucano le Meravigliose, giuocatori e cittadini serventi, tutti affollandosi curiosamente e interrogando.
Assassinato? Chi?
ALCUNI rispondono confusamente.
Gérard!
LE MERAVIGLIOSE.
Gérard?
Allora Mathieu ha una grande idea: incrocia la sua picca con altre di alcuni Sanculotti e alcune Carmagnole e improvvisa una barella sulla quale viene steso Gérard e portato a spalle. Intorno al corpo grondante sangue si affolla quella tumultuosa folla, alla strana luce sanguigna delle torcie, urlante nella notte resa più sinistra da lividi lampi che solcano un cielo nero e minaccioso.
Morte agli ultimi Girondini!
Quadro terzo
La Sezione prima del Tribunale rivoluzionario (Comitato di Salute pubblica.) – Vasto stanzone a piano terreno ridotto per una metà (quella di sinistra) a tribunale, l’altra (quella di destra), divisa durante i dibattiti del giudizio da una opportuna sbarra divisoria, riservata al pubblico.
Dalle finestrate e dall’arco, dietro, l’immenso sfondo di una larga strada veduta di scorcio e che si perde entro a fitte case.
All’alzarsi della tela – benchè quello sia pure giorno di dibattimento, pure tuttavia il lugubre locale presenta uno strano e ben diverso aspetto. Sulla tavola della presidenza sta collocata una colossale urna di legno dipinto, imitazione di ara greca, con d’intorno alcuni rappresentanti del popolo dalle grandi sciarpe tricolori ai fianchi. – Presso all’urna due carmagnole in berretto frigio e armati di picche che vi fanno la guardia, uno, naturalmente, è Orazio Coclite, cittadino benemerito. – Dietro la tavola quattro soldati della Guardia Nazionale, un sergente e un uffiziale. – Ritto, isolato da tutti, presso all’urna, sta il sanculotto Mathieu.
L’altra metà dello stanzone è stipato da gente diversa, la sbarra divisoria però non è calata; l‘ accesso all‘ urna è liberissimo. – Si raccolgono pubbliche offerte. Dietro la tavola un gran drappo tricolore steso su due picche portante scritto: »Cittadini! la patria è in pericolo!« La patria, impegnata nella sua formidabile guerra contro l‘ Europa coalizzata, chiede oro e soldati.
MATHIEU apostrofa, illustrando il suo discorso con osservazioni sue personali, con voce monotona il pubblico, tiene il suo abbruciagola nella mano e vi aspira, fra parola e parola, ingorde boccate.
Continua il discorso.
… Dumouriez traditore (muoja presto!)
è passato ai nemici (il furfantaccio!); –
Coburgo, Brunswick (Pitt crepi di peste!)
e il vecchio lupanare dell‘ Europa
tutta, contro ci stanno! … Oro e soldati!
Onde quest‘ urna ed io che parlo a voi
rappresentiam l’imagin della patria!
Un gran silenzio accoglie il discorso di Mathieu, però nessun o va ad offrire
Nessun si muove? Che la ghigliottina
ripassi a ognun la testa e la coscienza!
Alcuni, pochi, vanno e gittano nella grande urna oggetti e denari. Mathieu riprende.
È la patria in periglio! … A Nostra Donna
il vessil nero sventola! Io pure
or, come già Barère, io levo il grido
di Louverture: La libertà e patate!
Vedendo dal fondo della via sopraggiungere Gérard s’interrompe con gioja.
Ma, to‘: laggiù è Gérard! Convalescente
appena accorre ove il dover lo chiama.
Ei vi trarrà di tasca gli ex luigi
con paroline ch’io non so …
Volta le spalle al suo uditorio dicendo.
M’infischio
io de‘ bei motti! … Ed anche me ne vanto!
Infatti appare dalla via Gérard appoggiato al suo ufficioso. La folla si allarga innanzi a lui. L’aspetto suo pallido e sofferente gli desta la simpatia di tutti. Al suo apparire un affettuoso grido lo accoglie.
TUTTI.
Cittadino Gérard, salute! …
Evviva!
MATHIEU.
La tua ferita?
GÉRARD commosso.
Grazie, cittadini!
Stringe la mano a molti che gliela sporgono.
La forte fibra mia m’ha conservato
alla mia patria ancora!
MATHIEU indicandogli l’urna.
Ecco il tuo posto!
Poscia sempre colla sua voce monotona accennando al drappo si rivolge al pubblico ripetendo.
È la patria in pe …
Ma, accortosi che la pipa gli si è spenta, conclude indicando Gérard.
Cedo la parola.
GÉRARD con vero accento di dolore.
Lacrime e sangue dà la Francia! Udite!
Laudun ha inalberato
vessillo bianco!
È in fiamme la Vandea!
E la Bretagna ognora ne minaccia!
E Austriaci, e Prussiani, e Inglesi, e tutti
nel petto della Francia
gli artigli armati affondano!
Occorre e l‘ oro e il sangue!
L’inutil oro e gemma ai vostri vezzi,
donne francesi, date!
Donate i vostri figli alla gran madre,
o voi, madri francesi!
LE DONNE commosse, accorrono dapprima poche, poscia alla rinfusa e più rumorose, e finalmente con grande entusiasmo, e, giunte fra i bisbigli e i susurri all‘ urna, vi gittano dentro tutto quanto hanno in dosso di denaro o portano d’ornamento.
Prendi! … È un ricordo!
A te! Un anello!
È un braccialetto!
Otto dì di lavoro!
Una fibbia d’argento!
Una dà pochi soldi.
Quanto posseggo!
Una scartocciandoli di dentro a un pezzo di carta.
Son due bottoni d’oro!
Ed ognuna, gittata l’offerta, grida piena d‘ entusiasmo: Viva, viva la Francia! – Il pubblico si entusiasma alla sua volta ed ogni offerta è accolta da frementi grida d’acclamazione e di gioja vera.
Ma, ad un tratto, una voce debole frammezzo alla folla grida. È una vecchia.
LA VECCHIA.
Fatemi largo, fatemi!
Tutti, innanzi alla vecchia, lasciano il passo. È una cieca guidata da un fanciullo di quindici anni. Essa volge intorno a sè, come per guardare, due occhî bianchi, senza sguardo, poi, lentamente, appoggiata alle spalle del fanciullo, si avvicina alla tavola mutata in altare della patria.
LA VECCHIA.
Son la vecchia Madelon; mio figlio è morto;
avea nome Roger; morì alla presa
della Bastiglia; il primo figlio suo
ebbe a Valmy galloni e sepoltura.
Ancora pochi giorni, e io pur morrò.
Spinge dolcemente innanzi a sè il fanciullo, presentandolo.
È il figlio di Roger! L‘ ultimo figlio,
l‘ ultima goccia del mio vecchio sangue …
Prendetelo!
Non dite che è un fanciullo!
E, preso il fanciullo pel braccio, glielo denuda, mostrando agli uomini del Comitato di Difesa che è un braccio nerboruto e forte.
È forte! … Può combattere e morire! …
Allora un uffiziale si avvicina al fanciullo che, tutto orgoglioso, si impettisce imitando la posa di un vecchio soldato, lo esamina e con un gesto rapido accenna di accettarlo.
GÉRARD alla vecchia.
Noi l’accettiamo! Dinne il nome suo.
LA VECCHIA.
Roger Alberto.
Uno scrive il nome sul registro.
GÉRARD.
A sera partirà!
Allora la vecchia abbraccia forte il fanciullo che la bacia.
LA VECCHIA.
Prendetemelo via!
Balbetta con voce pietosa, non trovando essa più la forza di allargare le sue tremule braccia in quell’abbraccio che essa presente ultimo. – Due guardie nazionali conducono via il fanciullo.
LA VECCHIA appena si sente sola, si scuote e cerca intorno con un gesto.
Chi mi dà il braccio? …
Da quella folla molti accorrono a lei commossi, e la vecchia Madelon, così come prima se ne è venuta, si allontana lentamente, calma e fiera.
I Rappresentanti fanno ritirare l’urna patriotica e, firmati i verbali e stretta la mano a Gérard, si allontanano.
Gérard siede al tavolo e stende il rapporto pel Comitato centrale.
La folla a poco a poco dirada.
L‘ ufficiale dà il comando, le Guardie nazionali prendono il fucile e lo seguono in drappello.
Mathieu con una scopa si mette a spazzare il locale che in breve diverrà tribunale, per trasformarsi a sera in club.
L’Incredibile entra.
Intanto, appena fuori, nel largo del crocicchio avanti alla Sezione, quel pubblico patriota che poco prima si stipava commosso intorno all’urna della patria, appena all’aperto si trasforma energicamente.
Danzano tutti.
La Carmagnola è l’anima della strada.
Amici, orsù! Beviam! Danziam ognor
Colmo bicchier – Allieta il cor!
Cantare e ber!
Viva la libertà! – Viva la libertà!
Danziam la Carmagnola
al tuon, al suon – del cannon!
Mathieu Populus ripone la scopa e siede su di una panca, fuori, presso alla porta della Sezione, a fumare.
L’Incredibile si avvicina a Gérard.
L’INCREDIBILE.
L’uccello è nella rete!
GÉRARD con un grido di gioja.
Lei?! …
L’INCREDIBILE.
No; il maschio.
È al Lussemburgo!
GÉRARD.
Quando?
L’INCREDIBILE.
Stamattina.
GÉRARD.
E come?
L’INCREDIBILE.
Il caso!
GÉRARD.
Dove?
L’INCREDIBILE.
Là a Passy,
presso a un amico.
GÉRARD.
E lei?
L’INCREDIBILE dopo un breve silenzio.
Nessuna traccia!
Poi, subito, veduta l‘ ironia che già trasforma a suo riguardo il volto di Gérard.
Ma tal richiamo è il maschio per la femmina
che volontariamente (penso e credo!)
essa a noi ne verrà.
GÉRARD sfiduciato.
No; non verrà! …
Lontano un gridìo acuto e confuso da ogni parte.
L’INCREDIBILE.
Ascolta!
GÉRARD.
Grida son …
Ascolta poi attentamente.
Monelli aizzati.
L’INCREDIBILE.
No; i soliti strilloni!
Passa – e lo si vede dall’arco di ingresso della sezione – venendo dalla via di destra – uno strillone che urla a tutta gola.
L’arresto importantissimo
d’Andrea Chénier, nemico della patria!
Mathieu sacrifica i suoi due liardi alla sua curiosità.
Queste grida
arriveranno a lei!
GÉRARD con un debole atto di ribellione, scostando da sè con un gesto l’Incredibile.
Va, tentatore!
Ma poi, come soggiogato, lo richiama dicendogli.
E poscia? … Ebben?
L’INCREDIBILE con un eloquente sguardo d’ironia.
Donnina innamorata
che d’aspettar s’annoja,
se è già passata
l‘ ora e il perchè non sa
di quel ritardo del suo amico al nido,
sfido! (e ch‘ io muoja!)
se la bella presaga
all‘ ansia vinta
non ti discende ratta per la via
così, com‘ è, discinta!
Esce correndo … E indaga!
E vola! E scruta! E spia!
To‘! passa uno strillone? E vocia un nome?
Oh, come tutta impàllida!
Ma non vacilla o china! …
Possanza dell‘ amor!
In quel dolor
cessa la donna ed eccola eroina!
Tutto oserà!
Laonde, per mia scienza
tu la vedrai! Pazienza!
Sì, a te verrà!
E assumendo il fare suo elegante delle »grandi occasioni« conclude.
Sì; questo è il mio pensiero
un po‘ incredibil, ma altrettanto vero!
GÉRARD che si è alzato e passeggia febbrilmente.
Ah, ancor più fieramente m‘ odierà!
L’INCREDIBILE crollando le spalle.
Che importa? Nella femmina
vi sono assai distinti corpo e cuore!
Tu scegli il corpo! – È la parte migliore.
Quasi imperiosamente gli accenna di scrivere.
Stendi l’atto d’accusa! – Andrea Chénier
Sia tosto al Tribunal, qui, deferito!
Fouquier Tinville aspetta.
GÉRARD.
Ah, se avvenisse …
L’INCREDIBILE.
Scrivi! …
GÉRARD.
Ed essa …
L’INCREDIBILE.
Scrivi!
GÉRARD siede per scrivere; così quest’uomo, che moribondo o credendosi tale, ferito dallo stocco di Chénier, perdonava al suo feritore la sua vita e il suo amore perduto, colle forze vitali sue sente rinascere sopratutto l‘ odio. »Il corpo, questo tenace adoratore della vita, si ribella sempre contro i generosi slanci dell’anima.«
L’Incredibile si allontana e va ad osservare sulla piazza il movimento della gente e le mercatine che ballano la Carmagnola.
Esito dunque? – Andrea Chénier segnato
ha già Fouquier Tinville! – Il fato suo
è fisso! – Oggi o diman …
Deponendo la penna.
No, è vile! È vile!
L’INCREDIBILE vedendolo esitante ritorna presso a lui
Oh, come vola il tempo! … Affollan già le vie! …
E si allontana di nuovo.
GÉRARD riprende la penna; riflette.
Nemico della patria?!
Ride.
È vecchia fiaba! …
E scrive.
Beatamente ognor la beve il popolo.
Riprende la penna e scrive ancora.
Nato a Costantinopoli? …
Riflette, poi esclama e scrive.
Straniero!
Studiò a Saint-Cyr? …
Soldato! …
Riflette ancora, poi trionfante d’una idea subito balenatagli scrive rapidamente.
Traditore!
Di Dumouriez un complice!
È poeta?
Sovvertitor di cuori e di costumi! …
Poi … m‘ ha ferito? … Scrivo »odio politico!«
Ma a quest’ultima accusa la penna gli sfugge dalle mani.
Gli occhî fissi e pensosi gli si riempiono di lacrime; egli si alza e passeggia lentamente.
GÉRARD.
Un dì m‘ era di gioja passar fra morte e morte,
fra gli odî e le vendette, puro, innocente e forte!
Dà sangue or fango e lacrime la mia superba idea..
Un vil piccino io sono! …
Gigante mi credea! …
Io sono sempre un servo! …
Ho mutato padrone! …
Sono il servo obbediente di violenta passione!
Ah, peggio! … Uccido e tremo!
Sorride amaramente, angoscioso.
Così fra sangue e fango
senza coraggio passo, e, mentre uccido, io piango!
La sua voce si fa affannosa, violenta, a scatti e piena di entusiasmo.
Io della Redentrice figlio pel primo ho udito
il grido suo pel mondo e vi ho il mio grido unito …
Or smarrita ho la fede nel sognato destino? …
Si interrompe – le vecchie ricordanze tornano a lui – la sua voce si fa piena di tristezza, di rimpianto.
Com‘ era irradïato di gloria il mio cammino! …
La coscienza nei cuori ridestar de le genti! …
Raccogliere le lacrime dei vinti e sofferenti! …
Vincere le tenèbre! … Diritto la Sapienza! …
Dovere l’Eguaglianza! … L’amore Intelligenza! …
Fare del mondo un Pantheon! … Gli uomini in dii mutare
e in un sol bacio e abbraccio tutte le genti amare! …
Ah, di Chénier la voce fu, voce di poeta
che luminosa allora tracciata m‘ ha la meta.
Or rinnego il poeta? – Rinnego il santo grido
che m‘ ha redento? – Ah in lui la mia coscienza uccido!
Sol l’odio! … L’odio! … L’odio! … Io d’odio ho colmo il cuore
e chi così mi ha reso, fiera ironia! è l’amore!
Con disperazione.
Sono un voluttuoso! … Ecco il novo padrone:
il Senso! … – Bugìa tutto! Sol vero la Passione!
E, vedendo ritornare presso a lui l’Incredibile, firma.
L’INCREDIBILE.
Sta bene! – Ove trovarti se …
GÉRARD.
Qui resto!
L’Incredibile si allontana affrettandosi urtando in un piccolo ometto sudicio che entra tenendo sotto braccio un gran fascio di carte: è il cancelliere del Tribunale Rivoluzionario.
Il piccolo ometto impassibile e silenzioso si avvicina a Gérard e sta in piedi innanzi a lui attendendone gli ordini.
Gérard gli consegna altre carte e con esse la nota degli accusati che appariranno fra poco avanti a quel tribunale, nota nella quale Gérard ha già scritto come ultimo il nome di Andrea Chénier.
Il piccolo ometto apre la piccola porta d‘ angolo e vi entra rinchiudendosela dietro.
Ad un tratto, una donna scarmigliata appare correndo dalla via opposta a quella per la quale si e allora appena allontanato l’Incredibile. È Maddalena.
MADDALENA.
Carlo Gérard?
MATHIEU.
Sì; c’è! – Entra! – Sta là!
Gérard al fruscìo della sua veste alza il capo.
MADDALENA con voce tremante.
Se ancor vi sovvenite
di me, non so!
Son Maddalena di Coigny.
Interpretando un gesto di Gérard come una repulsa, soggiunge con voce implorante.
Ah, non m’allontanate! … Deh, mi udite!
GÉRARD.
Io t’aspettava! Io ti voleva qui! …
Io son che come veltri ho a te lanciato
orde di spie!
Entro a tutte le vie
la mia pupilla è penetrata
e ad ogni istante!
Io, per averti qui, preso ho il tuo amante!
MADDALENA sorpresa alla violenza del suo dire, rimane un momento atterrita, poscia vergognata di quella sua debolezza, esclama con un accento di disprezzo indicibile.
A voi! – Qui sto!
Signore, vendicatevi!
GÉRARD con voce soffocata.
Non odio!
MADDALENA.
Vendicatevi! Son l’ultima
del nome mio!
GÉRARD ribatte con più violenza.
Non odio!
MADDALENA.
Perchè, dunque, m‘ avete qui voluta?
GÉRARD.
Perchè ti volli qui? … Perchè ti voglio!
Perchè ciò è scritto nella vita mia!
Perchè ciò è scritto nella vita tua!
Perchè ciò volle il mio voler possente!
Era fatale, e, vedi, s‘ è avverato! …
Io l‘ ho voluto allora
che tu piccina
giù pel gran prato
con me correvi lieta in quell’aroma
d’erbe infiorate e di selvaggie rose!
e poi lo volli il dì che mi fu detto:
»Ecco la tua livrea!« – e, come fu la sera,
mentre tu studïavi il minuetto,
io, gallonato e muto,
aprivo o rinchiudevo una portiera …
Ah, poscia un‘ altra sera io l‘ ho voluto!
Fu quella sera allor che dentro all‘ anima
mi venne il gran disio di farti mia.
Per te sognavo il genio! … Ma, ironia!
sovra altra fronte già splendea: Chénier!
Ed il destin che trama le commedie
de le diverse vite, quasi a prologo
quella sera ci unìa! … Vidi il tuo amore!
Innamorato e odiando son fuggito! …
Rimane per un momento silenzioso, affannato da quei ricordi tumultuosi.
e poscia no non m‘ ha Chénier ferito
ma il grido tuo d’orrore, il tuo: Gérard! …
E imita con voce il terribile grido di »Gérard« sfuggito a Maddalena nel loro incontro con Chénier presso all’altare di Marat.
Pure anche allora, e sempre, t’ho voluta!
La poesia
in te così gentile,
di me fa invece un pazzo grande e vile!
Ebben? Che importa? Sia!
E, fosse un‘ ora sola,
io voglio quell‘ ebbrezza
de‘ tuoi occhî profondi!
Io pur, io pur, io pur voglio affondare
le mani mie nel mare
de’tuoi capelli biondi! …
Si arresta e audacemente levandosi ritto le chiede.
Or dimmi che farai contro il mio amore?
MADDALENA.
Là … giù … nella via corro! … Il nome mio
vi grido! … Ed è la morte che mi salva!
Ma Gérard improvvisamente, allontanando da sè il tavolo e rovesciando la seggiola, va a frapporsi tra Maddalena e le due uscite.
GÉRARD.
No, tu non lo farai! – No! tuo malgrado
tu mia sarai!
MADDALENA atterrita gittando un grido di terrore fugge riparandosi dietro la tavola dei giudici; ma, poscia, presa da improvvisa idea, esce dal riparo di quel tavolo e movendo risoluta verso Gérard gli dice.
Se de la vita sua
tu fai prezzo il mio corpo … ebbene, prendimi!
E gli si avvicina lenta, sublime di quel suo sagrificio.
GÉRARD.
Come sa amare!
MADDALENA.
La mamma morta
m’hanno a la porta
là de la stanza mia; –
moriva e mi salvava! …
poscia – a notte alta – io con la Bersi errava, –
quando, ad un tratto, un livido bagliore
guizza e rischiara innanzi a‘ passi miei
la cupa via! –
Guardo! … Bruciava il loco di mia culla!
Così fui sola! … E intorno il nulla!
Fame e miseria! …
Il bisogno e il periglio! …
Caddi malata! …
E Bersi, buona e pura,
(ed a narrarlo mancan le parole)
ha del suo corpo fatto
un mercato, un contratto
per me! – Porto sventura
a chi bene mi vuole!
A un tratto, nelle pupille larghe di Maddalena si effonde una luce di suprema gioja, una gran luce profonda come riflesso di splendore misterioso.
Fu in quel dolore
che a me venne l’amore! …
Maddalena rimane in silenzio meditabonda – un dolcissimo sorriso sulle labbra.
Voce gentile piena d’armonia
che mi susurra: »Spera!«
e dice: »Vivi ancora! Io son la vita!«
Ne‘ miei occhî è il tuo cielo!
Tu non sei sola! Le lagrime tue
io le raccolgo! … Io sto sul tuo cammino
e ti sorreggo il fianco
affaticato e stanco! …
Sorridi e spera ancora! … Son l’amore! …
Intorno è sangue e fango? … Io son divino! …
Io sono il paradiso! … Io son l’oblio! …
Io sono il dio
che sovra il mondo scende da l’empireo,
muta gli umani in angioli,
fa della terra il ciel! …
Io son l’amore!
Ed essa pure, come già Gérard, rimane per un momento silenziosa, affannata da quel ricordo tumultuoso. – E poi con voce piena di immensa tristezza balbetta.
L’angiol tremante allor le labbra smorte
della mia bocca bacia … E or vi bacia la morte! …
Un desolato singhiozzo la costringe a interrompere, poscia affannosamente riprende.
Corpo di moribonda è il corpo mio!
Prendilo, dunque! … Io son già morta cosa! …
Il cittadino Cancelliere, il sinistro ometto, appare dalla porta del piccolo stanzino; muto sempre, impassibile, si avvicina a Gérard, gli pone innanzi alcuni fogli scritti e, come è venuto, muto e impassibile ritorna al suo stanzino rinchiudendone ancora dietro a sè la porta.
GÉRARD prende i fogli lasciati dal Cancelliere – vi butta gli occhî sopra. È la lista degli accusati – un nome gli balza subito agli occhî – quello di Chénier.
Perduto!
Esclama dolorosamente – e poscia disperatamente camminando agitato grida.
Ah, la mia vita per salvarlo!
MADDALENA con un immenso grido di gioja.
Voi lo potete! … Appena stamattina
egli arrestato fu.
GÉRARD.
Ma per Chénier
un uomo che l’odiava ha preparato
per oggi il suo giudizio … la sua morte! …
A un tratto dalla strada viene un mormorio, un bisbiglio di folla. Egli guarda. – Già nei pressi della Sezione la gente in attesa del giudizio si accrocchia.
La folla già! … La maledetta folla
curiosa ed avida di sangue e lacrime.
A un tratto dalle stanze superiori e contigue si sente il rumore dei fucili e delle sciabole dei gendarmi.
GÉRARD con disperazione a Maddalena.
Udite? Udite? … È il calcio dei fucili!
Sono i gendarmi! …
Con accento di disperazione.
E là sta già Chénier!
MADDALENA con un ultimo grido dove c’è tutto quanto può soffrire un’anima.
Salvatelo! Salvatelo! Salvatelo!
GÉRARD.
Ah, la Rivoluzione i figli suoi
divora! … Non perdona! … Fin di sangue
per tutti …
Ma, preso da un’idea, corre al tavolo esclamando.
Io l’ho perduto? … Lo difenderò!
Scrive rapidamente un biglietto al vice presidente Dumas perchè voglia lui dirigere quel giorno i dibattimenti.
Mentre scrive, Maddalena gli si avvicina lentamente e, appena Gérard ha deposta la penna, essa gli afferra la mano e gliela bacia.
GÉRARD al bacio di Maddalena ritira la mano; ma poi, incoraggiato, con uno sguardo in cui vivido passa un baleno di speranza esclama.
Il tuo perdono è la mia forza! Io spero!
Ma ecco Mathieu. Gérard ha appena il tempo di parlare a Mathieu, consegnargli il biglietto per Dumas e ritirarsi con Maddalena in fondo all’aula dalla parte assegnata al pubblico, che questi già vi si rovescia tumultuante, rumoroso, eccitato.
Mathieu si allontana rapidamente col biglietto, ruvidamente ributtando a spintoni la folla che gli è intorno.
UNA MERCATINA ad una vecchia.
Mamma Cadet! …
Presso alla sbarra, qui!
Altre ad alcune compagne sedendo.
Di qui si vede e si ode
a perfezione.
ALCUNE VECCHIE si accomodano sulle panche e levando di tasca la calza, automaticamente lavorano; altre levano fuori da piccoli canestri e borse di tela pane, cacio e salsiccie e mangiano e intanto mormorano soddisfatte.
Qui si gode
la vista d’ogni cosa!
Voi state bene?
Sì.
E voi?
Così … così …
Dal mercato venite? …
Vengo dalla barriera! …
Notizie ce ne avete? …
No! E voi nulla sapete? …
Hanno cresciuto il pane! …
Eh lo so … è un tiro …
Dite!
È un tiro di quel cane
d’inglese detto Pitt!
UN’ALTRA chiamando un’amica alla quale ha tenuto il posto.
Venite?
L’AMICA urtando la folla, passando fra gli uomini, dividendoli,respingendoli come una furia.
Sì!
MATHIEU che ritorna per far cenno a Gérard che il biglietto fu consegnato e che tutto sta bene, a un colpo di gomito si rivolge risentito ed urla.
Un po‘ di discrezione,
cittadina! …
ALCUNE MERCATINE bisticciandosi con alcune vecchie che lavorano la calza.
Più in là!
UNA PESCIVENDOLA.
Venite qua,
cittadina Babet!
ALCUNE CARMAGNOLE in piedi, fumando, chi armato di fucile, chi di picca, chi della sola sciabola ad armacollo, chi con pistola infilata nella cinghia o sciarpa.
Dite, oggidì
grande infornata, pare!
ALTRI.
Sì.
UNO.
Molti ex!
MATHIEU.
E c‘ è un poeta!
E fa largo nella folla per farvi passare nove individui dalle faccie terribili e nel modo di vestire straccioni.
Passo ai giurati, o popolo!
GÉRARD indicando a Maddalena cinque uomini coperti di grandiosi cappelli esageratamente piumati, teatralmente ravvolti in mantelli e colle sciarpe tricolori ai fianchi.
Eccoli, i giudici.
LE MERCATINE si levano ritte sulle panche esaminando i giudici.
Chi presiede è Dumas! …
ALTRI nominando i giudici.
Vilate …
MERCATINE.
… pittore!
L’altro è lo stampatore
tribuno Nicolas! …
UNA VOCE.
Ecco laggiù Fouquier! …
TUTTI.
L’accusatore pubblico! …
All’entrare di Fouquier Tinville la folla si restringe e lascia un gran passo libero allo »sterminatore pubblico« che entra con un gran fascio di carte senza guardare alcuno, in mezzo ad un profondo silenzio, e va a sedere al suo posto senza saluti, e, appena seduto, si sprofonda nella esamina delle sue carte, gli atti di accusa, prendendo rapidamente alcune note.
MADDALENA stringendosi impaurita presso a Gérard.
E gli accusati? …
GÉRARD indicando la porta dietro i giurati ancora chiusa.
Di là … presso ai giurati!
MADDALENA vedendo schiudersi la porta, soffocando un grido.
Ecco …
GÉRARD.
Tacete!
MADDALENA.
Mi manca l’anima!
Dalla porta, a un tratto violentemente aperta, escono, discendendo dalle scale otto gendarmi, poi, in mezzo a soldati e carmagnole, ad uno ad uno seguono gli accusati. Ultimo è Chénier. Dopo, altri gendarmi: sono tutti armati di fucili e di pesanti sciabole. Gli accusati sono fatti sedere. Chénier, rimane, in quella folla, solo, col pensiero lontano, come se tutto quell’apparato di tribunale, di giustizia, di soldati, di pubblico non lo riguardasse.
MADDALENA.
Egli non guarda! … Non mi crede qui! …
Ma pensa a me! … Io sono in quel pensiero! …
MATHIEU alle Mercatine che susurrano.
Silenzio!
Il presidente Dumas prende una nota e legge ad alta voce chiamando verso gli accusati: ad ogni nome l’accusato si alza spontaneamente, o è fatto alzare da un gendarme o da una carmagnola.
DUMAS.
Gravier de Vergennes.
FOUQUIER TINVILLE leggendo una nota, rivolgendosi ai giurati e ai giudici accusando.
Un ex referendario!
Fa un rapido gesto e ripone la nota.
PUBBLICO tumultuosamente.
È un traditore!
Succede un silenzio profondo.
DUMAS fa cenno all’accusato di sedere e legge un altro nome.
Laval Montmorency …
Si alza dal gruppo degli accusati una monaca tutta bianca di capelli.
FOUQUIER TINVILLE c.s.
Convento di Montmartre!
CALZETTAJE, MERCATINE, PESCIVENDOLE urlano.
Aristocratica!
La monaca alza la mano per parlare.
IL PUBBLICO le grida ironico.
A che parlar? … Sei vecchia! … Taci e muori!
DUMAS.
Ti tolgo la parola! Abbiamo fretta!
La monaca lascia cadere uno sguardo di sprezzo – poi siede dignitosa. – Il pubblico la applaude deridendola.
DUMAS c.s.
Legray!
Si leva una donna giovane che prorompendo in lagrime con voce soffocata grida verso i giudici: »Ridatemi i miei figli!« Ma il pubblico con un urlo le impone silenzio. La sventurata donna si lascia cadere sulla panca. Il pubblico guarda indifferente. Maddalena spaventata si serra presso a Gérard. – Fouquier Tinville fa cenno a Dumas di continuare.
DUMAS.
Andrea Chénier!
GÉRARD a Maddalena.
Coraggio!
MADDALENA guardando Chénier.
O amore! o amore!
PUBBLICO.
Ecco, è il poeta!
Fouquier Tinville attentamente legge!
Lunga è l’accusa dunque!
È un accusato
pericoloso?
Sì!
MATHIEU.
Scrittore … e basta!
FOUQUIER TINVILLE legge.
Andrea Chénier, poeta, giornalista.
Costui violento scrisse contro agli uomini
de la Rivoluzione. Fu soldato
con Dumouriez e …
PUBBLICO con grido di orrore.
Un traditor!
CHÉNIER a Fouquier Tinville.
Tu menti!
GÉRARD fra sè, terribile, con disperazione a Maddalena.
Ah, Maddalena, io sono che ciò feci!
DUMAS a Chénier.
Siediti e taci!
GÉRARD fortissimo.
Parli!
ALCUNI.
Parli!
TUTTI interessandosi.
Parli!
DUMAS violento.
No, nego la parola!
TUTTI
Parli! Parli!
CHÉNIER.
Sì, fui soldato
e gloriosa affrontata
ho la morte che vil qui mi vien data.
Fui letterato,
ho fatto di mia penna arma feroce
contro gli ipocriti!
Colla mia voce
ho cantato la patria!
Un lungo mormorio accoglie le parole di Chénier. Dumas non ha coraggio di togliergli la parola: il pubblico guarda e ascolta sorpreso Chénier. Sta egli per un istante muto, come raccogliendosi, – poi, gli occhî nel vuoto come assorto in una visione – esclama esaltandosi.
Pura la vita mia
passa nella mia mente
come una bianca vela;
essa inciela
le antenne, ali allargate
ad un eterno volo,
al sole che le indora,
e affonda
la spumante prora
ne l’azzurro dell’onda …
Va la mia nave spinta dalla sorte
a la scogliera bianca de la morte? …
Son giunto? … E sia!
Ma ancor io salgo a poppa e una bandiera
trionfal disciolgo ai venti!
De‘ mille e mille miei combattimenti
è la bandiera e su vi è scritto: »patria!«
Verso Fouquier Tinville.
A lei non sale
il tuo fango, o Fouquier!
Essa ognora s’insola
immacolata.
Essa è immortale!
Non sono un traditore.
Uccidi? E sia! Ma lasciami l’onore.
FOUQUIER TINVILLE subito.
Udiamo i testimoni!
Mathieu e l’Incredibile, entrati già da un po‘ nell’aula, alzano subito la mano presentandosi come testimonî.
GÉRARD con voce possente.
Il passo datemi!
Respinge la folla e si fa innanzi ai giudici.
Carlo Gérard.
DUMAS.
Sta bene; puoi parlare.
GÉRARD.
L‘ atto d‘ accusa è orribile menzogna.
FOUQUIER TINVILLE sorpreso.
Se tu l’hai scritto?!
E mostra il foglio.
GÉRARD.
E ho denunciato il falso
Or lo confesso.
Un gran movimento e un minaccioso grido di sorpresa.
FOUQUIER TINVILLE.
Io non ti credo!
GÉRARD.
Giuro!
DUMAS.
Dinne il perchè.
GÉRARD.
L‘ odiavo!
DUMAS.
Non ti credo!
FOUQUIER TINVILLE levandosi ritto e picchiando febbrilmente sul foglio scritto da Gérard.
Mie faccio queste accuse e le rinnovo!
Gérard fa un passo minaccioso contro Fouquier Tinville, un urlo di sdegno scoppia contro a lui nell’aula.
DUMAS afferra il campanello e agitandolo urla.
Ti do il consiglio di tacerti!
GÉRARD.
No!
Il tuo consiglio è una viltà!
FOUQUIER TINVILLE.
Tu offendi
la patria e la giustizia!
IL PUBLICO eccitatissimo urla contro Gérard.
Basta! Taci!
A Dumas.
Imponigli silenzio tu, o Dumas!
MERCATINE strillando.
In istato d’accusa dichiaratelo!
SANCULOTTI.
Sì; fuori della legge!
TUTTI.
Alla lanterna!
Esso è un sospetto!
Fu comprato!
Taci!
Ma Gérard – solo – forte – alta la fronte – pallido, impassibile, domina tutto quel tumulto.
GÉRARD.
La patria? La giustizia osi tu dire?
La tua Giustizia ha nome Tirannia!
L’amore della patria?! Qui?! … No, è un’orgia
d’odî e vendette! … Il sangue della patria
qui còla! … E siam noi stessi che feriamo
il petto della Francia! …
Basti il sangue!
Andrea Chénier della Rivoluzione
è figlio! – È il figlio più glorioso suo! …
Invano ancora veementemente le Mercatine e le Calzettaje strillano.
MERCATRICE E CALZETTAJE.
Con gli accusati tosto giudicatelo!
Alla lanterna!
Morte!
Alla lanterna!
In quell‘ orrendo baccano, a un tratto, ecco lontano rullare i tamburi e grida di entusiasmi guerreschi – vere grida di amor patrio – echeggiare! – Gérard le ha sentite – egli – gigante – con un gesto accenna d’onde avvicinandosi viene la vera voce della patria e grida – tutta la sua anima nella sua voce.
GÉRARD.
Laggiù! Laggiù, è la patria! Odila, o popolo!
È la sua voce! …
E mostra colla mano le reclute che a bandiera spiegata vanno … vanno alla frontiera.
Avanti procedono baldanzosi i »petits«, orgogliosi del loro berretto frigio, rullando sui loro tamburi, arditi, bellicosi.
Eccola! … È là la patria;
ove si muore colla spada in pugno!
Volgendosi a Fouquier Tinville.
Non qui dove le uccidi i suoi poeti!
Gérard allontana un gendarme che lo divide da Chénier e lo abbraccia. Fouquier Tinville fa subito cenno al cancelliere di far ritirare i giurati.
I giurati, al cenno eloquente, di Fouquier Tinville, come pecore si ritirano.
CHÉNIER a Gérard.
O generoso! O grande! … Vedi? … Io piango!
GÉRARD.
Guarda laggiù! … Quel bianco viso … È lei!
CHÉNIER.
Lei?
E guarda ansioso; e la vede.
Maddalena! … Ancor l’ho riveduta!
Or muojo lieto!
GÉRARD.
Io spero ancora!
E i giurati rientrano. Il capo presenta a Dumas, per mezzo del cancelliere, il verdetto. Il silenzio è sommo.
DUMAS dà una rapida occhiata e dice.
Morte!
E con un gesto abbraccia tutti gli accusati.
FOUQUIER TINVILLE ai gendarmi.
Via i condannati!
Gérard, che è rimasto come impietrito a quella condanna, si scuote. – Vede Maddalena che lo implora cogli occhî, ed egli corre a lei per condurla a Chénier perchè possano parlarsi, vedersi, sentirsi vicini per un‘ ultima volta – ma, giunto vicino a Maddalena, la folla gli si è già chiusa alle spalle, cosicchè, quando fa per ritornare, Chénier sta già per scomparire su per la scala dei prigionieri.
MADDALENA grida.
Andrea! …
La porta si chiude alle spalle di Chénier.
Rivederlo! …
Balbetta la disgraziata fanciulla a Gérard.
Quadro quarto
Il cortile dette prigioni di San Lazzaro (ex convento di San Vincenzo di Paola ridotto a carcere).
Andrea Chénier è nel cortile dei prigionieri; – egli sta seduto sotto alla lanterna che vi dà luce, e scrive sopra una piccola assicella con una matita fatta di un pezzo di piombo; scrive ora con foga, ora arrestandosi e riflettendo come se alla ricerca di qualche parola o rima, gli occhî larghi, inspirati, luminosi. Roucher gli è vicino.
È notte alta.
SCHMIDT entra nel cortile dei prigionieri e si avvicina a Roucher.
Cittadino, men duol, ma è tardi assai …
ROUCHER indicandogli Chénier gli fa cenno di tacere – si fruga indosso e trova un po‘ di denaro e lo dà a Schmidt.
Pazienta ancora un attimo! …
Schmidt mette via il danaro e si allontana di malumore sbadigliando.
CHÉNIER cessa di scrivere.
Non più …
ROUCHER.
Ah, leggi! …
CHÉNIER.
Pochi versi …
ROUCHER.
Leggi! Leggi!
Chénier si porta sotto alla gran lanterna appena accesa e vi legge declamando i versi appena scritti. Roucher dietro alle sue spalle ne segue cogli occhî la lettura.
CHÉNIER.
Come un bel dì di maggio
che con bacio di vento – e carezza di raggio
si spegne in firmamento,
col bacio io d‘ una rima,
carezza di poesia – salgo l’estrema cima
de l’esistenza mia.
La sfera che cammina
per ogni umana sorte – ecco già mi avvicina
all‘ ora della morte,
e forse pria che l’ultima
mia strofe sia finita, – m’annuncierà il carnefice
la fine della vita.
Con grande entusiasmo.
Sia! – Strofe, ultima Dea,
dà ancor al tuo poeta – la sfolgorante idea,
la fiamma consueta;
io, a te, mentre tu vivida
a me sgorghi dal cuore, – darò per rima il bacio
ultimo di chi muore.
Roucher entusiasmato abbraccia Chénier. Schmidt ritorna; i due amici si stringono la mano e si separano commossi.
Dietro le cancellate sonnecchiano i soldati. Lontano, in quel silenzio, per le vie deserte o percorse da pattuglie di municipali e di guardie nazionali si eleva sonora una voce che canta. È Mathieu che fa da usignuolo della Rivoluzione e canta la sua prediletta Marsigliese che si perde lontanissima nella notte.
Si picchia al portone della prigione. Schmidt ritorna in fretta e va ad aprire. – È Gérard, e con lui è Maddalena. Gérard presenta le carte di permesso.
SCHMIDT gli s’inchina deferente.
Tu qui, Gérard?
GÉRARD indicando Maddalena
Viene a costei concesso
un ultimo colloquio …
SCHMIDT interrompendolo.
Il condannato? …
Il nome?
MADDALENA.
Andrea Chénier!
SCHMIDT.
Sta ben!
Fa cenno a Gérard di aspettare.
Attendi!
E ripetendo sottovoce il nome di Chénier, va a ricercare sul registro il numero della cella.
MADDALENA a Gérard, risoluta.
Il vostro giuramento vi sovvengo!
Gérard fa un gesto di rifiuto, ma i suoi sguardi si incontrano in quelli pieni di disperata preghiera di Maddalena che rivolgendosi a Schmidt, dice.
Odi! Fra i condannati di dimani
è una giovane donna.
SCHMIDT.
La Legray!
MADDALENA.
Or bene … viver deve!
SCHMIDT li guarda stupefatto, poi riflette.
Cancellare
or come da la lista il nome suo?
MADDALENA.
Che importa il nome se in sua vece un‘ altra
per lei risponderà?
SCHMIDT.
Sta ben! … Ma, e l’altra?
MADDALENA.
Eccola!
SCHMIDT sorpreso a Gérard.
Come?! … Lei? …
Tu, cittadina?
Gérard, senza voce, accenna angosciosamente di sì col capo.
MADDALENA a Schmidt porgendogli pochi giojelli e una piccola borsa contenente alcuni luigi.
A voi! … Giojelli son! … Questo è denaro.
SCHMIDT aprendo la borsa e vedendovi rilucere l‘ oro.
Evento strano in tempo di assegnati!
Guarda avidamente giojelli e denari; poi, rivolgendosi a Gérard.
Io non vorrei …
Fa il gesto della ghigliottina.
Capite? … Io non so nulla! …
A Maddalena.
Al nome di Legray … salite in fretta! …
Prende dalle mani di Maddalena la carta di permesso da dare alla Legray, mette via il denaro e i giojelli e va a prendere il prigioniero.
MADDALENA si avvicina ancora a Gérard, ma questa volta è con uno slancio di riconoscenza che gli prende ancora la mano fra le sue e gliela stringe con effusione affettuosa.
GÉRARD.
O Maddalena, tu fai della morte
la più invidiata sorte!
MADDALENA vedendo che Gérard si porta le mani agli occhî, colle sue gliele scosta per impedirgli di piangere dicendogli.
Benedico il destino!
Benedico la morte!
GÉRARD udendo avvicinarsi Schmidt con Chénier, si allontana da Maddalena e corre via verso il secondo cortile dicendo con voce tronca da singhiozzi.
Salvarli! … Ancor da Robespierre! … Ancora!
Andrea Chénier esce dal bujo corridojo. Egli al fioco lume della lampada ravvisa nella visitatrice Maddalena. Il silenzio cupo di quella prigione, dove tace ogni cosa, perfino la voce della natura li avvolge misteriosamente.
CHÉNIER.
Vicino a te s’aqueta
l‘ irrequïeta anima mia;
tu sei la mèta
d’ogni desio e bisogno
e d’ogni sogno
e d’ogni poesia! …
Entro al tuo sguardo
l‘ iridescenza scerno
de li spazî infiniti. Io son già eterno!
Ti guardo;
e in questo fiotto verde
di tua larga pupilla erro coll’anima! …
Questa è la luce arcana
delle plaghe serene! …
Mi avvolge! Si allontana
lungi e si perde
ogni ricordo di cose terrene! …
Tu sei la poesia
che alfin si dona tutta al suo poeta!
Tu sei la mèta
dell’esistenza mia!
Maddalena gli sorride felice.
Il nostro è amore d’anime!
MADDALENA.
Il nostro è amore d’anime!
CHÉNIER.
Che tu viva se muojo, di‘, che vale?
È l’anima immortale;
ovunque tu sarai, sì, io là sarò!
MADDALENA.
Per non lasciarti
son qui; non è un addio!
Vengo a morire,
vengo a morire anch’io
con te! …
Esaltandosi.
Finì il soffrire! …
La morte nell’amarti! …
Chi la parola estrema
dalle labbra raccoglie
è Lui … l’Amor! Come gemine foglie
da l’albero di vita
cadiamo e il vento
ne avvolge insieme dentro alla infinita
luce del firmamento! …
In quell’ora suprema
de l’ultimo cammino
ogni dolor finisce
col tuo bacio; il divino! …
Ah, se anche è del carnefice
la man che insiem ci unisce,
quella sua mano è pia
se la tua bocca – tocca
la morta bocca mia.
E stringendosi a lui gli narra la idea a lei balenata durante la seduta del tribunale, per morire con lui se condannato.
Salvo una madre! Maddalena all’alba
ha nome per la morte Idia Legray!
Chénier tace. – Divinissimo silenzio! La prima alba trema intorno e avvolge i due amanti.
MADDALENA.
Vedi? La luce incerta del crepuscolo
giù pe’squallidi androni già lumeggia.
E colle braccia avviluppando stretto a sè Chénier gli si abbandona tutta sul petto.
Abbracciami, mio amante! Amante, baciami!
CHÉNIER scosso dall’entusiasmo che anima Maddalena, la stringe a sè baciandola nei capelli, per gli occhî, sulla bocca, esclamando inebbriato.
Orgoglio di bellezza!
Trïonfo tu de l’anima!
O mia fortuna il premio
di questa tua carezza!
Il tuo amore, sublime amante, è mare,
è ciel, luce di sole e d’astri … È il mondo!
Già è il dì – rulla il tamburo – la luce si espande – i soldati si radunano – prendono le armi e si schierano – Schmidt va ad aprire le celle. – A gruppi, impauriti, i prigionieri riempiono nell’aspettativa della carretta lo stanzone.
Ma pei due felici tutto è felicità, tutto è poesia; abbracciati, dimentichi, essi inneggiano all’ora che apre a loro l’infinito e sarà eterna.
CHÉNIER.
La nostra morte è il trionfo d’amore.
MADDALENA.
La nostra morte è il trionfo d’amore!
CHÉNIER udendo il rullo dei tamburi.
Viva la morte!
Ecco già l’usciere colla gran fascia e colla lista dei condannati.
MADDALENA.
Viva la morte!
Un raggio di sole penetra nel secondo cortile scoperto, così che la carretta che entra con gran fracasso dal portone dischiuso della prigione scortata dai gendarmi a cavallo rimane avvolta, da quella luce calda di primo mattino.
CHÉNIER additandola a Maddalena.
È la morte!
MADDALENA.
È la morte!
CHÉNIER.
Ella viene col sole!
MADDALENA.
Ella vien col mattino!
CHÉNIER.
Benedico la sorte!
MADDALENA.
Benedico il destino!
CHÉNIER.
Vien come l’Aurora …
MADDALENA.
Col sole che la indora!
CHÉNIER.
Ne viene a noi dal cielo
velata entro ad un velo …
MADDALENA.
fatto di rose e viole!
CHÉNIER.
Viene la misteriosa!
MADDALENA.
La eterna innamorata!
CHÉNIER.
Viene la Eterna Cosa …
MADDALENA.
La amante immacolata!
CHÉNIER.
La fronte essa mi sfiora
come raggio d’aurora!
MADDALENA.
Ci bacia e ci accarezza
lene sì come brezza!
CHÉNIER.
Come una brezza lene
la morte, eccola, viene!
E salgono intanto tutti i condannati ad uno ad uno tutti, rassegnati, impassibili, calmi, quasi desiosi – Solo la Legray accasciata, le mani agli orecchî nel terrore di udire il suo nome, si impicciolisce e raggomitolata dietro la gradinata vi si nasconde.
CHÉNIER E MADDALENA abbracciati l’uno all’altro.
Nell‘ ora che si muore
eterni diveniamo! …
Eternamente amiamo! …
Morte è infinito, è amore! …
SCHMIDT, GENDARMI, SECONDINI ripetono forte il nome appellato dall’Usciere.
Andrea Chénier!
CHÉNIER.
Son io!
SCHMIDT, GENDARMI E SECONDINI.
Idia Legray!
MADDALENA si fa arditamente innanzi.
Son io!
E passa altera, trionfante; la vera Legray guarda inconsciente la donna che va a morire per lei.
È proprio allora che entra Gérard. Ogni speranza lo ha abbandonato.
Maddalena lo scorge e lo addita a Chénier, che lo saluta. Gérard vorrebbe stringergli la mano, scambiare un’ultima parola, ma le forze lo abbandonano e appoggiandosi ad una parete, si copre il volto colle mani e singhiozza.
CHÉNIER.
Inni alla morte!
MADDALENA.
Viva la morte!
La carretta s’avvia. I gendarmi a cavallo le fanno largo. E il portone le si rinchiude dietro.
Nella prigione di San Lazzaro, sbigottiti, in silenzio, stanno i prigionieri, e in mezzo a loro quell‘ uomo della Rivoluzione che piange tenendo gualcita febbrilmente nella mano una lettera; è la lettera laconica or ora scrittagli, per non riceverlo, da Robespierre, che alle preghiere per la vita di un poeta ha risposto: »Anche Plotone bandiva i poeti dalla sua Repubblica.«
Cala la tela.