Giacomo Puccini
Tosca
Opera lirica in tre atti
Libretto von Giuseppe Giacosa und Luigi Illica
Uraufführung: 14.01.1900, Teatro Costanzi, Rom
Personaggi
Floria Tosca, celebre cantante (Soprano)
Mario Cavaradossi, pittore (Tenore)
Il Barone Scarpia, Capo della Polizia (Baritono)
Cesare Angelotti (Basso)
Il Sagrestano (Baritono)
Spoletta, Agente di Polizia (Tenore)
Sciarrone, Gendarme (Basso)
Un Carceriere (Basso)
Un Pastore (Ragazzo)
Un Cardinale – Il Giudice del Fisco
Roberti, esecutore di Giustizia – Uno Scrivano
Un Ufficiale – Un Sergente
Soldati, Birri, Dame, Nobili, Borghesi, Popolo, ecc.
Roma, Giugno 1800
Atto primo
La Chiesa di Sant’Andrea della Valle.
A destra, la Cappella Attavanti. A sinistra, un impalcato: su di esso, un gran quadro coperto da tela. Attrezzi vari da pittore. Un paniere.
ANGELOTTI Vestito da prigioniero, lacero, sfatto, tremante dalla paura, entra ansante, quasi correndo, dalla porta laterale. Dà una rapida occhiata intorno.
Ah! … Finalmente! … Nel terror mio stolto
vedea ceffi di birro in ogni volto.
Ha un moto di spavento, poi torna a guardare attentamente intorno a sé con più calma a riconoscere il luogo. Dà un sospiro di sollievo vedendo la colonna colla pila dell’acqua santa e la Madonna.
La pila … la colonna …
»A pie‘ della Madonna«
mi scrisse mia sorella …
Si avvicina alla colonna e cerca la chiave ai piedi della statua della Madonna. Non trova; agitatissimo cerca di nuovo. Fa un atto di scoraggiamento e riprende a cercare. Finalmente, con un soffocato grido di gioia, trova la chiave.
Ecco la chiave … ed ecco la Cappella! …
Addita la Cappella Attavanti; preso da nuovo timore d’essere spiato, si guarda d’attorno, poi si dirige alla Cappella; con gran precauzione introduce la chiave nella serratura, apre la cancellata, e scompare dopo aver rinchiuso il cancello.
SAGRESTANO Appare dal fondo: va da destra a sinistra, accudendo al governo della chiesa: avrà in mano un mazzo di pennelli. Si avvicina al’impalcato, parlando ad alta voce come se rivolgesse la parola a qualcuno.
E sempre lava! … Ogni pennello è sozzo
peggio d’un collarin d’uno scagnozzo.
Signor pittore … To‘! …
Guarda sull’impalcato; è sorpreso vedendolo deserto.
Nessuno. Avrei giurato
che fosse ritornato
il cavalier Cavaradossi.
Depone i pennelli, sale sull’impalcato, guarda dentro il paniere, e dice.
No, sbaglio. Il paniere è intatto.
Scende dall’impalcato. Suona l’Angelus. Il Sagrestano si inginocchia e prega sommesso.
Angelus Domini nuntiavit Mariae,
et concepit de Spiritu Sancto. Ecce
ancilla Domini; fiat mihi secundum
Verbum tuum. Et Verbum caro factum
est et habitavit in nobis.
Cavadarossi – Sagrestano
CAVARADOSSI dalla porta laterale, vedendo il Sagrestano in ginocchio.
Che fai?
SAGRESTANO alzandosi.
Recito l’Angelus.
Cavaradossi sale sull’impalcato e scopre il quadro. È una Maria Maddalena a grandi occhi azzurri con una gran pioggia di capelli dorati. Il pittore vi si sta dinanzi muto attentamente osservando.
Il Sagrestano, volgendosi verso Cavaradossi per dirigergli la parola vede il quadro scoperto ed esclama con grande meraviglia.
Sante ampolle! Il suo ritratto! …
CAVARADOSSI volgendosi al Sagrestano.
Di chi?
SAGRESTANO.
Di quell’ignota
che i dì passati a pregar qui venìa
tutta devota – e pia.
Con untuosa attitudine accennando verso la Madonna, dalla quale Angelotti trasse la chiave.
CAVARADOSSI sorridendo.
È vero. E tanto ell’era
infervorata nella sua preghiera
ch’io ne pinsi, non visto, il bel sembiante.
SAGRESTANO scandalizzato.
(Fuori, Satana, fuori!)
CAVARADOSSI al Sagrestano.
Dammi i colori!
Il Sagrestano eseguisce, Cavaradossi dipinge con rapidità e si sofferma spesso a riguardare il proprio lavoro, mentre il Sagrestano va e viene, poi riprende i pennelli che lava in una catinella ai piedi dell’impalcato.
A un tratto Cavaradossi ristà dal dipingere; leva di tasca un medaglione contenente una miniatura e gli occhi suoi vanno dal medaglione al quadro.
Recondita armonia
di bellezze diverse! … È bruna Floria,
l’ardente amante mia,
e te, beltade ignota,
cinta di chiome bionde!
Tu azzurro hai l’occhio, Tosca ha l’occhio nero!
L’arte nel suo mistero
le diverse bellezze insiem confonde:
ma nel ritrar costei
il mio solo pensier, Tosca, tu sei!
Continua a dipingere.
SAGRESTANO fra sè brontolando a mezza voce.
(Scherza coi fanti e lascia stare i santi.
S’allontana per prendere l’acqua onde pulire i pennelli, poi ritorna dal fondo e sempre scandalizzato dice.
Queste diverse gonne
che fanno concorrenza alle Madonne
mandan tanfo d’inferno.
Asciuga i pennelli lavati non senza continuare a borbottare.
Ma con quei cani – di volterriani
nemici del santissimo governo
non c’è da metter voce! …
Pone la catinella sotto l’impalcato ed i pennelli li colloca in un vaso, presso al pittore.
Accennando a Cavaradossi.
Scherza coi fanti e lascia stare i santi.
Già, sono impenitenti tutti quanti!
Facciam piuttosto il segno della croce.)
Eseguisce.
A Cavaradossi.
Eccellenza, vado.
CAVARADOSSI.
Fa il tuo piacere!
Continua a dipingere.
SAGRESTANO indicando il cesto.
Pieno è il paniere …
Fa penitenza?
CAVARADOSSI.
Fame non ho.
SAGRESTANO con ironia, stropicciandosi le mani.
Oh! … mi rincresce!
Non può trattenere un gesto di gioia e uno sguardo di avidità verso il cesto che prende ponendolo un po‘ in disparte. Fiuta due prese di tabacco.
Badi, quand’esce chiuda.
CAVARADOSSI dipingendo.
Va!
SAGRESTANO.
Vo.
S’allontana per il fondo.
Cavaradossi, volgendo le spalle alla Cappella, lavora. Angelotti, credendo deserta la chiesa, appare dietro la cancellata e introduce la chiave per aprire.
Cavaradossi – Angelotti
CAVARADOSSI Al cigolio della serratura si volta.
Gente là dentro!
Al movimento fatto da Cavaradossi, Angelotti, atterrito, si arresta come per rifugiarsi ancora nella Cappella, ma, alzati gli occhi, un grido di gioia, che egli soffoca tosto tutto timoroso, erompe dal suo petto. Egli ha riconosciuto il pittore e gli stende le braccia come ad un aiuto insperato.
ANGELOTTI
Voi! Cavaradossi! Vi manda Iddio!
Cavaradossi non riconosce Angelotti e rimane attonito sull’impalcato.
Angelotti si avvicina di più onde farsi riconoscere.
Non mi ravvisate?
Il carcere mi ha dunque assai mutato!
CAVARADOSSI Riconoscendolo, depone rapido tavolozza e pennelli, scende dall’impalcatura verso Angelotti guardandosi cauto intorno.
Angelotti! Il Console
della spenta repubblica romana.
Corre a chiudere la porta laterale.
ANGELOTTI andando incontro a Cavaradossi, con mistero.
Fuggii pur ora da Castel Sant’Angelo …
CAVARADOSSI generosamente.
Disponete di me.
VOCE DI TOSCA di fuori.
Mario!
Alla voce di Tosca, Cavaradossi fa un rapido cenno ad Angelotti di tacere.
CAVARADOSSI.
Celatevi! È una donna … gelosa.
Un breve istante e la rimando.
VOCE DI TOSCA.
Mario!
CAVARADOSSI verso la porta di dove viene la voce di Tosca.
Eccomi!
ANGELOTTI Colto da un eccesso di debolezza, si appoggia all’impalcato.
Sono stremo di forze, più non reggo.
CAVARADOSSI Rapidissimo, sale sull’impalcato, ne discende col paniere e lo dà ad Angelotti.
In questo panier vi è cibo e vino.
ANGELOTTI.
Grazie!
CAVARADOSSI Incoraggiando Angelotti lo spinge verso la Cappella.
Presto!
Angelotti entra nella Cappella.
Cavaradossi – Tosca
VOCE DI TOSCA chiamando ripetutamente, stizzita.
Mario!
CAVARADOSSI Apre fingendosi calmo.
Son qui!
TOSCA Entra con una specie di violenza, allontana bruscamente Mario che vuole abbracciarla e guarda sospettosa intorno a sé.
Perché chiuso?
CAVARADOSSI con simulata indifferenza.
Lo vuole il Sagrestano.
TOSCA.
A chi parlavi?
CAVARADOSSI.
A te!
TOSCA.
Altre parole bisbigliavi. Ov’è? …
CAVARADOSSI.
Chi?
TOSCA.
Colei! … quella donna! …
Ho udito i lesti
passi e un fruscìo di vesti.
CAVARADOSSI.
Sogni!
TOSCA.
Lo neghi?
CAVARADOSSI con passione.
Lo nego e t’amo!
Tenta di baciarla.
TOSCA con dolce rimprovero.
Oh! innanzi la Madonna …
No, Mario mio,
Lascia pria che la preghi, che l’infiori …
Si avvicina alla statua della Madonna, dispone con arte, intorno ad essa, i fiori che ha portato con sè, si inginocchia e prega con molta devozione, poi, segnandosi, s’alza. A Cavaradossi, che si è avviato per riprendere il lavoro.
Ora stammi a sentir: stassera canto,
ma è spettacolo breve. Tu mi aspetti
sull’uscio della scena
e alla villa ne andiam soli e soletti.
CAVARADOSSI che fu sempre sopra pensiero.
Stassera?!
TOSCA.
È luna piena
e il notturno effluvio floreal
inebria il cor. Non sei contento?
Si siede sulla gradinata presso a Cavaradossi.
CAVARADOSSI distratto.
Tanto!
TOSCA colpita da quell’accento freddo.
Tornalo a dir!
CAVARADOSSI.
Tanto!
TOSCA stizzita.
Lo dici male:
non la sospiri la nostra casetta
che tutta ascosa nel verde ci aspetta?
nido a noi sacro, ignoto al mondo inter,
pien d’amore e di mister?
Al tuo fianco sentire
per le silenzïose
stellate ombre, salire
le voci delle cose!
Dai boschi, e dai roveti,
dall’arse erbe, dall’imo
dei franti sepolcreti
odorosi di timo,
la notte escon bisbigli
di minuscoli amori
Con intenzione.
e perfidi consigli
che ammolliscono i cuori.
Fiorite, o campi immensi; palpitate,
aure marine, nel lunare albor;
ah, piovete voluttà, volte stellate!
Con abbandono.
Arde a Tosca nel sangue il folle amor!
CAVARADOSSI vinto, ma vigilante.
Ah! M’avvinci ne‘ tuoi lacci! …
Mia sirena, verrò!
TOSCA.
O mio amore!
Reclina la testa sulla spalla di Cavaradossi che quasi subito si allontana un poco guardando verso la parte donde uscì Angelotti.
Or lasciami al lavoro.
TOSCA sorpresa.
Mi discacci?
CAVARADOSSI.
Urge l’opra, lo sai!
TOSCA stizzita, alzandosi.
Vado!
S’allontana un poco da Cavaradossi, poi, voltandosi per guardarlo, vede il quadro, ed agitatissima ritorna presso Cavaradossi.
Chi è quella donna bionda lassù?
CAVARADOSSI calmo.
La Maddalena. Ti piace?
TOSCA.
È troppo bella!
CAVARADOSSI ridendo ed inchinandosi.
Prezioso elogio.
TOSCA sospettosa.
Ridi?
Quegli occhi cilestrini già li vidi …
CAVARADOSSI con indifferenza.
Ce n’è tanti pel mondo!
TOSCA cercando ricordare.
Aspetta … Aspetta …
Sale sull’impalcato, poi, trionfante.
È l’Attavanti!
CAVARADOSSI ridendo.
Brava!
TOSCA vinta dalla gelosia.
La vedi? Ti ama? Tu l’ami? Quei passi,
e quel bisbiglio … Ah! Qui stava
pur ora! Ah, la civetta!
Minacciosa.
A me!
CAVARADOSSI serio.
La vidi ieri, ma fu puro
caso. A pregar qui venne …
non visto la ritrassi.
TOSCA.
Giura!
CAVARADOSSI serio.
Giuro!
TOSCA sempre con gli occhi rivolti al quadro.
Come mi guarda fiso!
CAVARADOSSI.
Vien via …
TOSCA Discende all’indietro tenendo alte le sue mani in quelle di Cavaradossi senza cessare di guardare il quadro.
Di me, beffarda, ride.
CAVARADOSSI Spinge dolcemente Tosca a scendere la gradinata.
Follia!
La tiene affettuosamente presso di sè fissandola negli occhi.
TOSCA con dolce rimprovero.
Ah, quegli occhi … quegli occhi! …
CAVARADOSSI Tiene Tosca affettuosamente presso di sé, fissandola negli occhi.
Qual occhio al mondo può star di paro
all’ardente occhio tuo nero?
È qui che l’esser mio s’affisa intero.
Occhio all’amor soave, all’ira fiero,
qual altro al mondo può star di paro.
all’occhio tuo nero?
TOSCA rapita, appoggiando la testa alla spalla di Cavaradossi.
Oh, come la sai bene
l’arte di farti amare! …
Maliziosamente.
Ma … falle gli occhi neri!
CAVARADOSSI teneramente.
Mia gelosa!
TOSCA.
Sì, lo sento … ti tormento
senza posa.
CAVARADOSSI.
Mia gelosa!
TOSCA.
Certa sono – del perdono
se tu guardi al mio dolor!
CAVARADOSSI.
Tosca idolatrata,
ogni cosa in te mi piace;
l’ira audace
e lo spasimo d’amor!
TOSCA.
Dilla ancora
la parola – che consola …
dilla ancora!
CAVARADOSSI.
Mia vita, amante inquieta,
dirò sempre: »Floria, t’amo!«
Ah, l’alma acquieta,
sempre »T’amo!« ti dirò.
TOSCA sciogliendosi da Cavaradossi.
Dio! Quante peccata!
M’hai tutta spettinata.
CAVARADOSSI.
Or va, lasciami!
TOSCA.
Tu fino a stassera
stai fermo al lavoro. E mi prometti,
sia caso o fortuna,
sia treccia bionda o bruna,
a pregar non verra donna nessuna?
CAVARADOSSI.
Lo giuro, amore! … Va!
TOSCA.
Quanto m’affretti!
CAVARADOSSI con dolce rimprovero.
Ancora?
TOSCA cadendo nelle sue braccia e porgendogli la guancia.
No, perdona!
CAVARADOSSI scherzoso.
Davanti la Madonna?
TOSCA accennando alla Madonna.
È tanto buona!
Si baciano; avviandosi ad uscire e guardando ancora il quadro, Tosca maliziosamente gli dice.
Ma falle gli occhi neri!
Fugge rapidamente. Cavaradossi rimane commosso e pensieroso.
Cavaradossi – Angelotti.
Cavaradossi, rammentandosi di Angelotti, sta ascoltando se Tosca s’è allontanata, – socchiude la porticina e guarda fuori; visto tutto tranquillo corre alla Cappella; Angelotti appare dietro la cancellata – Cavaradossi apre la cancellata ad Angelotti e si stringono affettuosamente la mano.
CAVARADOSSI ad Angelotti, che naturalmente ha dovuto udire il dialogo precedente.
È buona la mia Tosca, ma credente
al confessar nulla tien celato,
ond’io mi tacqui. È cosa più prudente.
ANGELOTTI.
Siam soli?
CAVARADOSSI.
Sì. Qual’è il vostro disegno?
ANGELOTTI.
A norma degli eventi, uscir di Stato
o star celato in Roma. Mia sorella …
CAVARADOSSI.
L’Attavanti?
ANGELOTTI.
Sì … ascose un muliebre
abbigliamento là sotto l’altare …
vesti, velo, ventaglio
Si guarda intorno con paura.
Appena imbruni
indosserò quei panni …
CAVARADOSSI.
Or comprendo!
Quel fare circospetto
e il pregante fervore
in giovin donna e bella
m’avean messo in sospetto
di qualche occulto amore! …
Or comprendo!
Era amor di sorella!
ANGELOTTI.
Tutto ella ha osato
onde sottrarmi a Scarpia scellerato!
CAVARADOSSI.
Scarpia?! Bigotto satiro che affina
colle devote pratiche la foia
libertina – e strumento
al lascivo talento
Con forza crescente.
fa il confessore e il boia!
La vita mi costasse, vi salverò!
Ma indugiar fino a notte è mal sicuro.
ANGELOTTI.
Temo del sole!
CAVARADOSSI indicando.
La Cappella mette
a un orto mal chiuso, poi c’è un canneto
che va lungi pei campi a una mia villa.
ANGELOTTI.
M’è nota.
CAVARADOSSI.
Ecco la chiave; innanzi sera
io vi raggiungo; portate con voi
le vesti femminili.
ANGELOTTI Va a prendere le vesti nascoste da sua sorella.
Ch’io le indossi?
CAVARADOSSI.
Per or non monta, il sentiero è deserto.
ANGELOTTI per uscire.
Addio!
CAVARADOSSI accorrendo ancora verso Angelotti.
Se urgesse il periglio, correte
al pozzo del giardin. L’acqua è nel fondo,
ma a mezzo della canna un picciol varco
guida ad un antro oscuro,
rifugio impenetrabile e sicuro!
Un colpo di cannone: i due si guardano agitatissimi.
ANGELOTTI.
Il cannon del castello!
CAVARADOSSI.
Fu scoperta
la fuga! Or Scarpia i suoi sbirri sguinzaglia!
ANGELOTTI.
Addio!
CAVARADOSSI risoluto.
Con voi verrò. Staremo all’erta!
ANGELOTTI.
Odo qualcun!
CAVARADOSSI con entusiasmo.
Se ci assalgon, battaglia!
Partono rapidamente dalla cappella.
Sagrestano – Allievi e Cantori della Cappella – Chierici – Confratelli.
SAGRESTANO Entra correndo, tutto scalmanato, gridando.
Sommo giubilo, Eccellenza! …
Non vedendo neppure questa volta il pittore sull’impalcato rimane molto sorpreso.
Non c’è più! Ne son dolente!
Chi contrista un miscredente
si guadagna un’indulgenza!
Tutta qui la cantoria! Presto! …
Accorrono da ogni parte chierici, confratelli, allievi cantori della Cappella. Tutti costoro entrano tumultuosamente.
ALLIEVI colla massima confusione.
Dove?
SAGRESTANO spingendoli verso la sagrestia.
In sagrestia.
ALCUNI ALLIEVI.
Ma che avvenne?
SAGRESTANO.
Nol sapete?
Bonaparte … scellerato …
Affannoso.
Bonaparte …
ALTRI ALLIEVI Si avvicinano al Sagrestano e lo attorniano, mentre accorrono altri che si uniscono ai primi.
Ebben? Che fu?
SAGRESTANO.
Fu spennato, sfracellato
e piombato a Belzebù!
ALLIEVI, CANTORI, ECC.
Chi lo dice?
– È sogno!
– È fola!
SAGRESTANO.
È veridica parola;
or ne giunse la notizia!
E questa sera
gran fiaccolata,
veglia di gala a Palazzo Farnese,
ed un’apposita
nuova cantata
con Floria Tosca!
E nelle chiese
inni al Signor!
Or via a vestirvi,
non più clamor!
TUTTI ridendo e gridando gioiosamente, senza badare al Sagrestano che inutilmente li spinge ad urtoni verso la sagrestia.
Doppio soldo … Te Deum … Gloria!
Viva il Re! … Si festeggi la vittoria!
Scarpia – Sagrestano – Cantori, Allievi, ecc. – Spoletta – Birri
Scarpia appare improvvisamente dalla porticina. Alla vista di Scarpia tutti si arrestano allibiti come per incanto. Dietro a Scarpia, Spoletta e alcuni birri.
SCARPIA con grande autorità.
Un tal baccano in chiesa! Bel rispetto!
SAGRESTANO balbettando impaurito.
Eccellenza, il gran giubilo …
SCARPIA.
Apprestate per il Te Deum.
Mogi mogi tutti si allontanano: anche il Sagrestano fa per cavarsela, ma Scarpia bruscamente lo trattiene.
Tu resta!
SAGRESTANO impaurito, sommessamente.
Non mi muovo!
SCARPIA a Spoletta.
E tu va, fruga ogni angolo, raccogli
ogni traccia!
SPOLETTA.
Sta bene!
Fa cenno a due birri di seguirlo.
SCARPIA ad altri birri, che eseguiscono.
Occhio alle porte,
senza dar sospetti!
Al Sagrestano.
Ora a te. Pesa
le tue risposte. Un prigionier di Stato
fuggì pur ora da Castel Sant’Angelo …
Energico.
s’è rifugiato qui.
SAGRESTANO.
Misericordia!
SCARPIA.
Forse c’è ancora. Dov’è la Cappella
degli Attavanti?
SAGRESTANO.
Eccola!
Va al cancello e lo trova socchiuso.
Aperta! Arcangeli!
E … un’altra chiave!
SCARPIA.
Buon indizio. Entriamo.
Entrano nella Cappella, poi ritornano: Scarpia, assai contrariato, ha tra le mani un ventaglio chiuso che agita nervosamente.
Fu grave sbaglio
quel colpo di cannone. Il mariolo
spiccato ha il volo, ma lasciò una preda …
prezïosa: un ventaglio.
Agitandolo in aria.
Qual complice il misfatto
preparò!
Resta pensieroso, poi guarda attentamente il ventaglio: a un tratto egli vi scorge uno stemma e vivamente esclama.
La marchesa
Attavanti! … Il suo stemma …
Guarda intorno, scrutando ogni angolo della chiesa: i suoi occhi si arrestano sull’impalcato, sugli arnesi del pittore, sul quadro … e il noto viso dell’Attavanti gli appare riprodotto nel volto della santa.
Il suo ritratto!
Al Sagrestano.
Chi fe‘ quelle pitture?
SAGRESTANO ancora più invaso dalla paura.
Il cavalier Cavaradossi.
SCARPIA.
Lui!
SAGRESTANO scorgendo un birro che esce dalla Cappella con il paniere in mano.
Numi! Il paniere!
SCARPIA seguitando le sue riflessioni.
Lui! L’amante di Tosca! Un uom sospetto!
Un volterrian!
SAGRESTANO che avrà esaminato il paniere, con gran sorpresa esclama.
Vuoto? Vuoto!
SCARPIA.
Che hai detto?
Vede il birro col paniere.
Che fu?
SAGRESTANO prendendo al birro il paniere.
Si ritrovò nella Cappella
questo panier.
SCARPIA.
Tu lo conosci?
SAGRESTANO.
Certo!
Balbettando pauroso.
È il cesto del pittor … ma … nondimeno …
SCARPIA.
Sputa quello che sai.
SAGRESTANO Sempre più impaurito e quasi piangendo gli mostra il paniere vuoto.
Io lo lasciai ripieno
di cibo prelibato …
il pranzo del pittore! …
SCARPIA con intenzione, inquirendo per scoprir terreno.
Avrà pranzato!
SAGRESTANO facendo cenno di no colla mano.
Nella Cappella? Non ne avea la chiave,
né contava pranzar … disse egli stesso.
Ond’io l’avea già messo
al riparo.
Mostra dove avea riposto il paniere e ve lo lascia.
Impressionato dal severo e silente contegno di Scarpia, fra sé.
(Libera me, Domine!)
SCARPIA fra sé.
(Or tutto è chiaro …
la provvista – del sacrista
d’Angelotti fu la preda!)
Tosca entra, ed è nervosissima: va dritta all’impalcato, ma non trovandovi Cavaradossi, sempre in grande agitazione va a cercarlo nella navata centrale della chiesa. Scarpia, appena vista entrare Tosca, si è abilmente nascosto dietro la colonna ov’è la pila dell’acqua benedetta, facendo imperioso cenno di rimanere al Sagrestano, il quale, tremante, imbarazzato, si reca vicino al palco del pittore.
Tosca? Che non mi veda.
(Per ridurre un geloso allo sbaraglio
Jago ebbe un fazzoletto, ed io un ventaglio!)
Tosca – Scarpia – Sagrestano
TOSCA Ritorna presso l’impalcatura chiamando con impazienda ad alta voce.
Mario?! Mario?!
SAGRESTANO avvicinandosi a Tosca
Il pittor
Cavaradossi?
Chi sa dove sia?
Svanì, sgattaiolò
per sua stregoneria.
Se la svigna.
TOSCA.
Ingannata? No … no …
Quasi piangendo.
tradirmi egli non può.
SCARPIA a Tosca, insinuante e gentile.
Tosca divina,
la mano mia
la vostra aspetta – piccola manina,
non per galanteria,
ma per offrirvi l’acqua benedetta.
TOSCA Tocca le dita di Scarpia e si fa il segno della croce.
Grazie, signor!
SCARPIA.
Un nobile
esempio il vostro: al cielo,
piena di santo zelo,
attingete dell’arte il magistero
che la fede ravviva!
TOSCA distratta e pensosa.
Bontà vostra.
Cominciano ad entrare in chiesa ed a recarsi verso il fondo alcuni popolani.
SCARPIA.
Le pie donne son rare …
Voi calcate la scena …
Con intenzione.
e in chiesa ci venite per pregare.
TOSCA sorpresa.
Che intendete?
SCARPIA.
E non fate
come certe sfrontate
che han di Maddalena
Indica il ritratto.
viso e costumi …
Con intenzione marcata.
e vi trescan d’amore.
TOSCA Scatta pronta.
Che? D’amore? Le prove!
SCARPIA Mostra il ventaglio.
È arnese di pittore
questo?
TOSCA Lo afferra.
Un ventaglio? Dove stava?
Entrano alcuni contadini.
SCARPIA.
Là su quel palco. Qualcun venne
certo a sturbar gli amanti
ed essa nel fuggir perdé le penne!
TOSCA esaminando il ventaglio.
La corona! Lo stemma! È l’Attavanti!
Presago sospetto!
SCARPIA.
(Ho sortito l’effetto!)
TOSCA con grande sentimento, trattenendo a stento le lagrime, dimentica del luogo e di Scarpia.
Ed io venivo a lui tutta dogliosa
per dirgli: invan stasera il ciel s’infosca;
l’innamorata Tosca
dei regali tripudi è prigioniera! …
SCARPIA.
(Già il veleno l’ha rosa.)
Entra un gruppo di pastori e di ciociare.
Mellifluo a Tosca.
O che v’offende,
dolce signora?
Una ribelle
lacrima scende
sovra le belle
guancie e le irrora;
dolce signora,
che mai v’accora?
Vari Nobili Signori accompagnano alcune donne.
TOSCA.
Nulla!
SCARPIA con marcata intenzione.
Darei la vita
per asciugar quel pianto.
TOSCA non ascoltandolo.
Io qui mi struggo e intanto
d’altra in braccio le mie smanie deride!
SCARPIA.
(Morde il veleno.)
TOSCA con grande amarezza.
Dove son? Potessi
coglierli i traditori.
Entrano alcuni borghesi alla spicciolata.
Sempre più crucciosa.
Oh, qual sospetto!
Ai doppi amori
è la villa ricetto.
Con immenso dolore.
Oh, mio bel nido insozzato di fango!
Con pronta risoluzione.
Vi piomberò inattesa.
Rivolta al quadro, minacciosa.
Tu non l’avrai stasera. Giuro!
SCARPIA scandolezzato, quasi rimproverandola.
In chiesa!
TOSCA piangente.
Dio mi perdona. Egli vede ch’io piango!
Piange dirottamente. Scarpia la sorregge accompagnandola all’uscita, fingendo di rassicurarla. Appena uscita Tosca, la chiesa a poco a poco va sempre più popolandosi. Scarpia, dopo aver accompagnato Tosca, ritorna presso la colonna e fa un cenno. Subito si presenta Spoletta. La folla si aggruppa nel fondo, in attesa del Cardinale; alcuni inginocchiati pregano.
SCARPIA a Spoletta.
Tre sbirri … Una carrozza … Presto, seguila
dovunque vada … non visto … provvedi!
SPOLETTA.
Sta bene. Il convegno?
SCARPIA.
Palazzo Farnese!
Spoletta esce frettoloso.
Con un sorriso sardonico.
Va, Tosca! Nel tuo cuor s’annida Scarpia.
Esce il corteggio che accompagna il Cardinale all’altare maggiore; i soldati svizzeri fanno far largo alla folla, che si dispone su due ali.
Va, Tosca! È Scarpia
che scioglie a volo il falco
della tua gelosia. Quanta promessa
nel tuo pronto sospetto!
Scarpia s’inchina e prega al passaggio del Cardinale. Questi benedice la folla che reverente s’inchina.
CORO.
Adjutorum nostrum in nomine Domini.
Qui fecit coelum et terram.
Sit nomen Domini benedictum.
Et hoc nunc et usque in sæculum.
SCARPIA.
A doppia mira
tendo il voler, né il capo del ribelle
è la più prezïosa. Ah, di quegli occhi
vittorïosi veder la fiamma
Con passione erotica.
illanguidir con spasimo d’amore!
La doppia preda avrò. L’uno al capestro,
l’altra fra le mie braccia …
Tutta la folla è rivolta verso l’altare maggiore; alcuni s’inginocchiano.
CORO.
Te, Deum, laudamus,
Te Dominum confitemur.
SCARPIA riavendosi come da un sogno.
Tosca, mi fai dimenticare Iddio!
Si unisce al Coro.
Cala rapidamente il sipario.
Fine del primo atto
Atto secondo
La camera di Scarpia al piano superiore del Palazzo Farnese. Tavola imbandita. Un’ampia finestra verso il cortile del Palazzo. È notte.
SCARPIA È seduto alla tavola e vi cena. Interrompe a tratti la cena per riflettere. Trae di tasca l’orologio e nell’atteggiamento e nella irrequietezza tradisce un’ansia febbrile.
Tosca è un buon falco! …
Certo a quest’ora
i miei segugi le due prede azzannano!
Doman sul palco
vedrà l’aurora
Angelotti e il bel Mario al laccio pendere.
Suona il campanello, Sciarrone compare.
Tosca è a palazzo?
SCIARRONE.
Un ciambellan ne uscia
pur ora in traccia.
SCARPIA Accenna la finestra.
Apri. Tarda è la notte.
Dal piano inferiore – ove la Regina di Napoli, Maria Carolina, dà una grande festa in onore di Melas – si ode il suonare di un’orchestra.
Alla cantata ancor manca la Diva,
e strimpellan gavotte.
A Sciarrone.
Tu attenderai la Tosca in sull’entrata;
e dirai ch’io l’aspetto
finita la cantata …
Sciarrone fa per andarsene.
Richiamandolo.
o meglio …
Si alza va ad una scrivania e scrive in fretta un biglietto.
Consegnandolo a Sciarrone che esce.
le darai questo biglietto.
SCARPIA Torna alla tavola e mescendosi da bere dice.
Ella verrà … per amor del suo Mario!
Per amor del suo Mario al piacer mio
s’arrenderà. Tal dei profondi amori
è la profonda miseria. Ha più forte
sapore la conquista vïolenta
che il mellifluo consenso. Io di sospiri
e di lattiginose albe lunari
poco m’appago. Non so trarre accordi
di chitarra, né oròscopo di fior,
Sdegnosamente.
né far l’occhio di pesce,
o tubar come tortora!
S’alza, ma non s’allontana dalla tavola.
Bramo. La cosa bramata
perseguo, me ne sazio e via la getto
volto a nuova esca. Dio creò diverse
beltà, vini diversi. Io vo‘ gustar
quanto più posso dell’opra divina!
Beve.
SCIARRONE entrando.
Spoletta è giunto.
SCARPIA eccitatissimo, gridando.
Entri. In buon punto.
Sciarrone esce per chiamare Spoletta, che accompagna nella sala, rimanendo poi presso la porta del fondo.
Scarpia – Spoletta – Sciarrone
SCARPIA Si siede e tutt’occupato a cenare, interroga Spoletta senza guardarlo.
O galantuomo, come andò la caccia? …
SPOLETTA avanzandosi un poco ed impaurito.
(Sant’Ignazio, m’aiuta!)
Della signora seguimmo la traccia.
Giunti a un’erma villetta
tra le fratte perduta
ella v’entrò. Ne uscì sola ben presto.
Allor scavalco lesto
il muro del giardin coi miei cagnotti
e piombo in casa …
SCARPIA.
Quel bravo Spoletta!
SPOLETTA esitando.
Fiuto! … razzolo! … frugo! …
SCARPIA Si avvede dell’indecisione di Spoletta e si leva ritto, pallido d’ira, le ciglia corrugate.
Ahi! l’Angelotti? …
SPOLETTA.
Non s’è trovato!
SCARPIA con rabbia crescente.
Ah, cane! Ah, traditore!
Ceffo di basilisco,
Gridando.
alle forche! …
SPOLETTA Tremante, cerca scongiurare la collera di Scarpia.
Gesù!
Timidamente.
C’era il pittor …
SCARPIA interrompendolo.
Cavaradossi?
SPOLETTA accennando di sì col capo, aggiungendo subito.
Ei sa
dove l’altro s’asconde. Ogni suo gesto,
ogni accento, tradìa
tal beffarda ironia,
ch’io lo trassi in arresto!
SCARPIA con un sospiro di soddisfazione.
Meno male!
SPOLETTA Accenna all’inticamera.
Egli è là.
Scarpia passeggia meditando: a un tratto si arresta: dall’aperta finestra odesi la Cantata eseguita dai Cori nella sala della Regina. Dunque Tosca è tornata, è là sotto di lui.
CORO interno, al quale poi si unisce Tosca.
Sale, ascende l’uman cantico,
varca spazi, varca cieli
per ignoti soli empirei
profetati dai Vangeli,
a te giunge, o re dei re!
Questo canto voli a te,
sommo Iddio della vittoria;
quest’uman inno di gloria
alle cantiche degli angeli
or s’unisca e voli a te!
SCARPIA Gli balena un’idea e dice subito a Spoletta.
Introducete il Cavalier.
Spoletta esce.
A Sciarrone.
A me
Roberti e il Giudice del Fisco.
Sciarrone esce; Scarpia siede ancora a tavola.
Spoletta e tre birri introducono Mario Cavaradossi. Poi Roberti, esecutore di Giustizia, il Giudice del Fisco con uno Scrivano e Sciarrone.
CAVARADOSSI altero, avanzandosi con impeto.
Tale violenza! …
SCARPIA con studiata cortesia.
Cavalier, vi piaccia
accomodarvi.
CAVARADOSSI.
Vo‘ saper …
SCARPIA accennando una sedia al lato opposto della tavola.
Sedete.
CAVARADOSSI rifiutando.
Aspetto.
SCARPIA.
E sia!
Guarda fisso Cavaradossi prima d’interrogarlo.
V’è noto che un prigione …
Odesi la voce di Tosca che prende parte alla Cantata.
CAVARADOSSI Udendo la voce di Tosca esclama commosso.
La sua voce! …
SCARPIA che si era interrotto all’udire la voce di Tosca, riprende.
… v’è noto che un prigione
oggi è fuggito da Castel Sant’Angelo?
CAVARADOSSI.
Ignoro.
SCARPIA.
Eppur si pretende che voi
l’abbiate accolto in Sant’Andrea, provvisto
di cibo e vesti …
CAVARADOSSI risoluto.
Menzogna!
SCARPIA continuando a mantenersi calmo.
… e guidato
ad un vostro podere suburbano.
CAVARADOSSI.
Nego. Le prove?
SCARPIA mellifluo.
Un suddito fedele …
CAVARADOSSI.
Al fatto. Chi mi accusa?
Ironico.
I vostri birri
invan frugâr la villa.
SCARPIA.
Segno che è ben celato.
CAVARADOSSI.
Sospetti di spia!
SPOLETTA offeso, interviene.
Alle nostre ricerche egli rideva …
CAVARADOSSI.
E rido ancor.
SCARPIA terribile, alzandosi.
Questo è luogo di lacrime!
Minaccioso.
Badate!
Nervosissimo.
Or basta! Rispondete!
Irritato e disturbato dalle voci della Cantata, va a chiudere la finestra.
Imperioso, a Cavaradossi.
Ov’è Angelotti?
CAVARADOSSI.
Non lo so.
SCARPIA.
Negate d’avergli dato cibo?
CAVARADOSSI.
Nego!
SCARPIA
E vesti?
CAVARADOSSI
Nego!
SCARPIA.
E asilo nella villa?
E che là sia nascosto?
CAVARADOSSI con forza.
Nego! nego!
SCARPIA quasi paternamente, ritornando calmo.
Via, Cavaliere, riflettete:
saggia non è cotesta
ostinatezza vostra.
Angoscia grande, pronta confessione
eviterà! Io vi consiglio, dite:
dov’è dunque Angelotti?
CAVARADOSSI.
Non lo so.
SCARPIA.
Ancor l’ultima volta. Dov’è?
CAVARADOSSI.
Nol so!
SPOLETTA.
(O bei tratti di corda!)
Tosca, entra affannosa. Vede Cavaradossi e corre ad abbracciarlo.
SCARPIA vedendo Tosca.
(Eccola!)
TOSCA.
Mario, tu qui?!
CAVARADOSSI sommessamente a Tosca, che accenna d’aver capito.
(Di quanto là vedesti, taci,
o m’uccidi! …)
SCARPIA con solennità.
Mario Cavaradossi,
qual testimone il Giudice v’aspetta.
Fa cenno a Sciarrone di aprire l’uscio che dà alla camera della tortura.
A Roberti.
Pria le forme ordinarie. Indi … ai miei cenni.
Il Giudice entra nella camera della tortura; gli altri lo seguono, rimanendo Tosca e Scarpia. Spoletta si ritira presso alla porta in fondo alla sala.
Sciarrone chiude l’uscio. Tosca fa un atto di grande sorpresa: Scarpia, studiatamente gentile, la rassicura.
SCARPIA con galanteria.
Ed or fra noi parliam da buoni amici.
Accenna a Tosca di sedere.
Via quell’aria sgomentata …
TOSCA Siede con calma studiata.
Sgomento alcun non ho.
SCARPIA.
La storia del ventaglio? …
Passa dietro al canapè ov’è seduta Tosca e vi si appoggia.
TOSCA con simulata indifferenza.
Fu sciocca gelosia.
SCARPIA.
L’Attavanti non era dunque alla villa?
TOSCA.
No: egli era solo.
SCARPIA.
Solo?
Indagando con malizia.
Ne siete ben sicura?
TOSCA.
Nulla sfugge ai gelosi.
Con insistenza stizzosa.
Solo! solo!
SCARPIA Prende una sedia, la porta di fronte a Tosca, vi si siede e la guarda fiso.
Davver?
TOSCA assai stizzita.
Solo! sì!
SCARPIA.
Quanto fuoco! Par che abbiate paura
di tradirvi.
Rivolgendosi verso l’uscio della camera della tortura, chiamando.
Sciarrone: che dice il Cavalier?
SCIARRONE apparendo sul limitare dell’uscio.
Nega.
SCARPIA a voce più alta.
Insistiamo.
Sciarrone rientra chiudendo l’uscio.
TOSCA ridendo.
Oh, è inutil.
SCARPIA Serissimo, si alza e passeggia.
Lo vedremo, signora.
TOSCA lentamente, con sorriso ironico.
Dunque per compiacervi si dovrebbe mentir?
SCARPIA.
No; ma il vero potrebbe abbreviargli un’ora
assai penosa …
TOSCA sorpresa.
Un’ora penosa? Che vuol dir?
Che avviene in quella stanza?
SCARPIA.
È forza che s’adempia la legge.
TOSCA.
Oh! Dio! … che avviene?
SCARPIA con espressione di ferocia e con forza crescente.
Legato mani e pie‘
il vostro amante ha un cerchio uncinato alle tempia,
che ad ogni niego ne sprizza sangue senza merce‘.
TOSCA Balza in piedi.
Non è ver, non è ver! Sogghigno di démone …
Ascola con grande ansietà, le mani nervosamente avvinghiate alla spalliera del canapé.
CAVARADOSSI con un gemito prolungato.
Ahimè!
TOSCA.
Un gemito … pietà …
SCARPIA.
Sta in voi salvarlo.
TOSCA.
Ebbene … ma cessate, cessate!
SCARPIA avvicinandosi all’uscio e aprendolo.
Sciarrone, sciogliete.
SCIARRONE apparendo sul limitare.
Tutto?
SCARPIA.
Tutto.
Sciarrone rientra nella camera della tortura, chiudendo l’uscio.
A Tosca.
Ed or … la verità.
TOSCA.
Ch’io lo veda! …
SCARPIA.
No!
TOSCA A poco a poco riesce ad avvicinarsi all’uscio.
Mario!
LA VOCE DI CAVARADOSSI dolorosamente.
Tosca!
TOSCA.
Ti straziano ancora?
LA VOCE DI CAVARADOSSI.
No. Coraggio, taci. Sprezzo il dolor.
SCARPIA avvicinandosi a Tosca.
Orsù, Tosca, parlate.
TOSCA rinfrancata.
Non so nulla!
SCARPIA.
Non vale quella prova? …
Fa per avvicinarsi all’uscio.
Roberti, ripigliamo …
TOSCA Si frappone fra l’uscio e Scarpia, per impedire che dia l’ordine.
No! Fermate! …
SCARPIA.
Voi parlerete?
TOSCA contro Scarpia.
No … mostro!
lo strazi … l’uccidi!
SCARPIA.
Lo strazia quel vostro
silenzio assai più.
Ride.
TOSCA.
Tu ridi … tu ridi
all’orrida pena?
SCARPIA con entusiasmo.
Mai Tosca alla scena
più tragica fu.
Tosca, inorridita, si allontana da Scarpia che, preso da subitaneo senso di ferocia, si rivolge a Spoletta.
Gridando.
Aprite le porte
che n’oda i lamenti.
Spoletta apre l’uscio, ponendovisi ritto innanzi.
LA VOCE DI CAVARADOSSI.
Vi sfido.
SCARPIA gridando a Roberti.
Più forte.
LA VOCE DI CAVARADOSSI.
Vi sfido.
SCARPIA a Tosca.
Parlate!
TOSCA.
Che dire?
SCARPIA.
Su, via!
TOSCA.
Ah! non so nulla!
Disperata.
Ah! dovrei mentir?
SCARPIA insistendo.
Dite dov’è Angelotti? Parlate, su, via,
dove celato sta?
TOSCA.
Ah! più non posso! Ah! cessate il martir!
È troppo soffrir! Ah! non posso più!
Si rivolge ancora supplichevole a Scarpia, il quale fa cenno a Spoletta di lasciar avvicinare Tosca: questa va presso all’uscio aperto ed esterrefatta alla vista dell’orribile scena, si rivolge a Cavaradossi.
Dolorosamente, presso la porta della camera della tortura.
Mario, consenti
ch’io parli? …
LA VOCE DI CAVARADOSSI con voce spezzata.
No, no!
TOSCA con insistenza.
Ascolta, non posso più …
LA VOCE DI CAVARADOSSI.
Stolta, che sai? … che puoi dir? …
SCARPIA Irritatissimo per le parole di Cavaradossi e temendo che da queste Tosca sia ancora incoraggiata a tacere, grida terribile a Spoletta.
Ma fatelo tacere! …
Spoletta entra nella camera della tortura e n’esce poco dopo, mentre Tosca, vinta dalla terribile commozione, cade prostrata sul canapè e con voce singhiozzante si rivolge a Scarpia che sta impassibile e silenzioso.
TOSCA.
Che v’ho fatto in vita mia?
Son io
che così torturate! … Torturate
l’anima …
Scoppia in singhiozzi straziati, mormorando.
Sì, mi torturate l’anima!
SPOLETTA brontolando in attitudine di preghiera.
Judex ergo cum sedebit
Quidquid latet apparebit,
Nil inultum remanebit.
Scarpia, approfittando dell’accasciamento di Tosca, va presso la camera della tortura e fa cenno di ricominciare il supplizio.
LA VOCE DI CAVARADOSSI.
Ah!
Grido straziante e prolungato.
TOSCA Al grido di Cavaradossi si alza di scatto e subito con voce soffocata dice rapidamente a Scarpia.
Nel pozzo … nel giardino …
SCARPIA.
Là è l’Angelotti?
TOSCA.
Sì …
SCARPIA forte, verso la camera della tortura.
Basta. Roberti.
SCIARRONE apparendo sulla porta.
È svenuto!
TOSCA a Scarpia.
Assassino! … Voglio vederlo …
SCARPIA a Sciarrone.
Portatelo qui.
Appare Cavaradossi svenuto, portato dai birri che lo depongono sul canapè. Tosca corre da lui, ma l’orrore della vista dell’amante insanguinato è così forte, ch’essa sgomentata si copre il volto per non vederlo; poi, vergognosa di questa sua debolezza, si inginocchia presso di lui, baciandolo e piangendo. Sciarrone, il Giudice, Roberti, lo Scrivano escono dal fondo, mentre, ad un cenno di Scarpia, Spoletta ed i birri si fermano.
CAVARADOSSI riavendosi.
Floria! …
TOSCA.
Amore …
CAVARADOSSI.
Sei tu? …
TOSCA caldamente.
Quanto hai penato,
anima mia! Ma il giusto Iddio lo punirà!
CAVARADOSSI.
Tosca, ho parlato?
TOSCA.
No, amor …
CAVARADOSSI.
Davvero …?
SCARPIA a Spoletta, con autorità.
Nel pozzo
del giardino. Va, Spoletta.
Spoletta esce; Cavaradossi si leva minaccioso contro Tosca; poi le forze l’abbandonano e si lascia cadere sul canapè, esclamando con rimprovero pieno di amarezza verso Tosca.
CAVARADOSSI.
M’hai tradito! …
Si lascia cadere affranto.
TOSCA abbracciandosi stretta a Cavaradossi.
Mario
CAVARADOSSI cercando respingerla.
Maledetta!
SCIARRONE erompendo affannoso.
Eccellenza, quali nuove!
SCARPIA sorpreso.
Che vuol dir quell’aria afflitta?
SCIARRONE.
Un messaggio di sconfitta …
SCARPIA.
Che sconfitta? Come? Dove?
SCIARRONE.
A Marengo …
SCARPIA impazientito, gridando.
Tartaruga!
SCIARRONE.
Bonaparte è vincitor …
SCARPIA.
Melas!
SCIARRONE.
No. Melas è in fuga! …
Cavaradossi, con ansia crescente ha udito le parole di Sciarrone, nel propria entusiasmo trova la forza di alzarsi minaccioso in faccia a Scarpia.
CAVARADOSSI con grande entusiasmo.
Vittoria! Vittoria!
L’alba vindice appar
che fa gli empi tremar!
Libertà sorge, crollan
tirannidi!
TOSCA disperata, avvinghiandosi a Cavaradossi cercando calmarlo.
Mario, taci, pietà di me!
CAVARADOSSI.
Del sofferto martir
me vedrai qui gioir …
il tuo cuor trema, o Scarpia,
carnefice!
SCARPIA Sorride sarcasticamente.
Braveggia, urla! T’affretta
a palesarmi il fondo
dell’alma ria!
Va! Moribondo,
il capestro t’aspetta!
Ed irritato per le parole di Cavaradossi, grida ai birri.
Portatemelo via!
Sciarrone ed i birri s’impossessano di Cavaradossi e lo trascinano verso la porta. Tosca cerca opporsi con tutte le sue forze, avvinghiandosi a Mario e sempre più opponendosi agli sbirri e cercando forzare il passo sbarrato da Scarpia.
TOSCA.
Mario, Mario … con te …
SCARPIA respingendo Tosca e chiudendo la porta.
Voi no!
Tosca – Scarpia.
TOSCA con un gemito.
Salvatelo!
SCARPIA.
Io? … Voi!
Si avvicina alla tavola, vede la sua cena interrotta e ritorna calmo e sorridente.
La povera mia cena fu interrotta.
Vedendo Tosca abbattuta, immobile, ancora presso la porta.
Così accasciata? … Via, mia bella signora,
sedete qui. Volete che cerchiamo
insieme il modo di salvarlo?
Si siede, accennando in pari tempo di sedere a Tosca.
E allor sedete … e favelliamo …
Forbisce un bicchiere col tovagliolo, quindi lo guarda a traverso la luce del candelabro.
E intanto un sorso. È vin di Spagna …
Mescendo.
Un sorso
Con gentilezza.
per rincorarvi.
TOSCA Siede in faccia a Scarpia guardandolo fissamente; appoggiando i gomiti sul tavolo, colle mani si sorregge il viso e coll’accento del più profondo disprezzo chiede a Scarpia.
Quanto?
SCARPIA imperturbabile e versandosi da bere.
Quanto?
TOSCA.
Il prezzo! …
SCARPIA Ride.
Già. Mi dicon venal, ma a donna bella
Insinuante e con intenzione.
non mi vendo a prezzo di moneta.
Se la giurata fede
devo tradir, ne voglio altra mercede.
Quest’ora io l’attendeva.
Già mi struggea
l’amor della diva! …
Ma poc’anzi ti mirai
qual non ti vidi mai!
Eccitatissimo si alza.
Quel tuo pianto era lava ai sensi miei
e il tuo sguardo
che odio in me dardeggiava,
mie brame inferociva!
Agil qual leopardo
t’avvinghiasti all’amante, ah, in quell’istante
t’ho giurata mia! …
Si avvicina a Tosca stendendo le braccia; Tosca, che aveva ascoltato immobile, impietrita, le lascive parole di Scarpia, s’alza di scatto e si rifugia dietro il canapè.
TOSCA.
Ah!
Inorridita corre alla finestra.
SCARPIA quasi inseguendola.
Sì, t’avrò!
TOSCA accennando alla finestra.
Ah! Piuttosto giù m’avvento!
SCARPIA freddamente.
In pegno il Mario tuo mi resta! …
TOSCA.
Ah! miserabile … L’orribil mercato! …
Le balena l’idea di recarsi presso la Regina e corre verso la porta.
SCARPIA Che ne indovina il pensiero, si tira in disparte.
Violenza non ti farò.
Sei libera. Va pure.
Tosca con un grido di gioia fa per uscire: Scarpia con un gesto e ridendo ironicamente la trattiene.
Ma è fallace speranza: la regina
farebbe grazia ad un cadavere!
Tosca retrocede spaventata, e fissando Scarpia si lascia cadere sul canapè; poi stacca gli occhi da Scarpia con un gesto di supremo disgusto e di odio.
Come tu m’odii!
TOSCA con tutto l’odio e il disprezzo.
Ah! Dio! …
SCARPIA avvicinandosele.
Così, così, ti voglio!
TOSCA esasperata.
Non toccarmi, demonio; t’odio, t’odio,
abbietto, vile!
Fugge da Scarpia inorridita.
SCARPIA.
Che importa?
Avvicinandosele ancor più.
Spasimi d’ira e spasimi d’amore!
TOSCA.
Vile!!
SCARPIA.
Mia!!
Cerca di afferrarla.
TOSCA.
Vile!
Si ripara dietro la tavola.
SCARPIA urlato.
Mia …
TOSCA.
Aiuto! aiuto! aiuto!
Un lontano rullo di tamburi a poco a poco si avvicina poi si dilegua lontano.
SCARPIA declamato.
Odi?
È il tamburo. S’avvia. Guida la scorta
ultima ai condannati. Il tempo passa!
Tosca, dopo aver ascoltato con ansia terribile, si allontana dalla finestra e si appoggia, estenuata, al canapè.
Sai quale oscura opra laggiù si compia?
Là si drizza un patibolo.
Tosca fa un movimento di disperazione e di spavento.
Avvicinandosele.
Al tuo Mario,
per tuo voler, non resta che un’ora di vita.
Freddamente si appoggia ad un angolo della tavola continuando a guardare Tosca.
TOSCA Affranta dal dolore, si lascia cadere sul canapè. Freddamente Scarpia va ad appoggiarsi ad un angolo della tavola, si versa il caffè e lo assorbe mentre continua a guardare Tosca.
Vissi d’arte, vissi d’amore,
non feci mai male ad anima viva!
Con man furtiva
quante miserie conobbi, aiutai.
Sempre con fe‘ sincera
la mia preghiera
ai santi tabernacoli salì,
sempre con fe‘ sincera
Alzandosi.
diedi fiori agli altar.
Nell’ora del dolore
perché, perché, Signore,
perché me ne rimuneri così?
Diedi gioielli
della Madonna al manto,
e diedi il canto
agli astri, al ciel, che ne ridean più belli.
Nell’ora del dolor
perché, perché, Signor,
perché me ne rimuneri così?
Singhiozzando.
SCARPIA.
Risolvi!
TOSCA.
Mi vuoi supplice a‘ tuoi piedi?
Inginocchiandosi innanzi a Scarpia.
Vedi,
le man giunte io stendo a te!
E merce‘,
Con accento disperato, avvilita.
vinta, aspetto d’un tuo detto.
SCARPIA.
Sei troppo bella, Tosca, e troppo amante.
Cedo. A misero prezzo
tu, a me una vita, io, a te chieggo un istante!
TOSCA alzandosi, con senso di gran disprezzo.
Va, va, mi fai ribrezzo!
Bussano alla porta.
SCARPIA.
Chi è là?
SPOLETTA entrando tutto frettoloso e trafelato.
Eccellenza, l’Angelotti al nostro
giungere s’uccise.
SCARPIA.
Ebben, lo si appenda
morto alle forche. E l’altro prigionier?
SPOLETTA.
Il cavalier Cavaradossi? È tutto
pronto, Eccellenza.
TOSCA fra sé.
(Dio! m’assisti! …)
SCARPIA a Spoletta.
Aspetta.
Piano a Tosca.
Ebbene? …
Tosca accenna di sì col capo, poi, piangendo dalla vergogna, affonda la testa fra i cuscini del canapè.
A Spoletta.
Odi …
TOSCA interrompendo subito Scarpia.
Ma libero all’istante
lo voglio …
SCARPIA a Tosca.
Occorre simular. Non posso
far grazia aperta. Bisogna che tutti
abbian per morto il cavalier.
Accenna a Spoletta.
Quest’uomo fido provvederà.
TOSCA.
Chi m’assicura?
SCARPIA.
L’ordin che gli darò voi qui presente.
A Spoletta.
Spoletta: chiudi.
Spoletta frettolosamente va a chiudere, poi ritorna presso Scarpia.
Scarpia fissa con intenzione Spoletta che accenna replicatamente col capo di indovinare il pensiero di Scarpia.
Ho mutato d’avviso.
Il prigionier sia fucilato …
attendi …
Come facemmo del conte Palmieri.
SPOLETTA.
Un’uccisione …
SCARPIA subito con marcata intenzione.
… simulata! … Come
avvenne del Palmieri! … Hai ben compreso?
SPOLETTA.
Ho ben compreso.
SCARPIA.
Va.
TOSCA Che ha ascoltato avidamente, interviene.
Voglio avvertirlo io stessa.
SCARPIA.
E sia.
A Spoletta, indicando Tosca.
Le darai passo.
Marcando intenzionalmente.
Bada:
all’ora quarta.
SPOLETTA con intenzione.
Sì. Come Palmieri.
Spoletta parte. Scarpia, ritto presso la porta ascolta Spoletta allontanarsi, poi trasformato nel viso e nei gesti si avvicina con grande passione a Tosca.
SCARPIA.
Io tenni la promessa …
TOSCA arrestandolo.
Non ancora.
Voglio un salvacondotto, onde fuggir
dallo Stato con lui.
SCARPIA con galanteria.
Partir dunque volete?
TOSCA con accento convinto.
Sì, per sempre!
SCARPIA.
Si adempia il voler vostro.
Va allo scrittoio: si mette a scrivere, interrompendosi per domandare a Tosca.
E qual via scegliete?
TOSCA.
La più breve!
SCARPIA.
Civitavechia?
TOSCA.
Sì.
Mentre Scarpia scrive, Tosca si è avvicinata alla tavola e colla mano tremante prende il bicchiere di vino di Spagna versato da Scarpia; ma nel portare il bicchiere alle labbra, scorge sulla tavola un coltello affilato ed a punta; dà una rapida occhiata a Scarpia che in quel momento è occupato a scrivere, e con infinite precauzioni cerca di impossessarsi del coltello. Poi lo dissimula dietro di sé appoggiandosi alla tavola e sempre sorvegliando Scarpia. Questi ha finito di scrivere il salvacondotto, vi mette il sigillo, ripiega il foglio: quindi aprendo le braccia si avvicina a Tosca per avvincerla a sè.
SCARPIA.
Tosca, finalmente mia! …
Ma l’accento voluttuoso si cambia in un grido terribile: Tosca lo ha colpito in pieno petto.
Gridando.
Maledetta!!!
TOSCA gridando.
Questo è il bacio di Tosca!
Scarpia, barcollando, cerca d’aggrapparsi a Tosca che indietreggia terrorizzata.
SCARPIA con voce strozzata.
Aiuto … muoio … soccorso … muoio …
TOSCA con odio a Scarpia che si dibatte inutilmente e cerca di rialzarsi aggrappandosi al canapè.
Ti soffoca il sangue? Ah!
E ucciso da una donna … M’hai assai
torturata?! Odi tu ancora? … Parla!
Guardami! …
Son Tosca, o Scarpia!
SCARPIA Fa un ultimo sforzo, poi cade riverso.
Soccorso! … aiuto!
TOSCA.
Ti soffoca il sangue? …
Piegandosi sul viso di Scarpia.
Muori, dannato! muori!! muori!!!
Vedendolo immobile.
È morto … Or gli perdono! …
Senza togliere lo sguardo dal cadavere di Scarpia, va al tavolo, prende una bottiglia d’acqua e inzuppando un tovagliolo si lava le dita, poi si ravvia i capelli guardandosi allo specchio. Si sovviene del salvacondotto, lo cerca sullo scrittoio, ma non lo trova; lo cerca ancora, finalmente lo vede nella mano raggrinzita di Scarpia. Gli solleva il braccio, che poi lascia cadere inerte, dopo aver tolto il salvacondotto che nasconde in petto.
E avanti a lui tremava tutta Roma!
Si avvia per uscire, ma si pente, va a prendere le due candele che sono sulla mensola a sinistra e le accende al candelabro sulla tavola spegnendo poi questo. Colloca una candela accesa a destra della testa di Scarpia, mette l’altra a sinistra. Cerca di nuovo intorno e vedendo un crocifisso va a staccarlo dalla parete e portandolo religiosamente si inginocchia per posarlo sul petto di Scarpia. Si alza e con grande precauzione esce, richiudendo dietro a sé la porta.
Fine del secondo atto
Atto terzo
La piattaforma di Castel Sant’Angelo.
A sinistra, una casamatta: vi è collocata una tavola, sulla quale stanno una lampada, un grosso registro e l’occorrente per scrivere; una panca, una sedia. Su di una parete della casamatta un crocifisso: davanti a questo è appesa una lampada. A destra, l’apertura di una piccola scala per la quale si ascende alla piattaforma.
Nel fondo, il Vaticano e S. Pietro.
Notte. Cielo sereno, scintillante di stelle. Si odono, lontane, le campanelle d’un armento; di mano in mano vanno sempre più affievolendosi.
UN PASTORE a voce spiegata, ma molto lontano.
Io de‘ sospiri
te ne rimanno tanti
pe‘ quante foje
ne smoveno li venti.
Tu mme disprezzi,
io me ciaccoro;
lampena d’oro,
me fai morir!
Luce incerta e grigia che precede l’alba.
Un Carceriere con una lanterna sale dalla scala, va alla casamatta e vi accende la lampada sospesa davanti al crocifisso, poi quella sulla tavola. Poi va in fondo alla piattaforma e guarda giù nel cortile sottostante per vedere se giunge il picchetto dei soldati, col condannato. Si incontra con una sentinella che percorre tutt’all’intorno la piattaforma e, scambiate colla stessa alcune parole, ritorna alla casamatta, siede ed aspetta mezzo assonnato. Un picchetto, comandato da un Sergente di guardia, sale sulla piattaforma accompagnando Cavaradossi; il picchetto si arresta ed il Sergente conduce Cavaradossi nella casamatta. Alla vista del Sergente, il Carceriere s’alza, salutandolo; il Sergente consegna un foglio al Carceriere. Il Carceriere esamina il foglio, apre il registro e vi scrive mentre interroga.
Il Carceriere – Cavaradossi – Un Sergente – Soldati.
CARCERIERE.
Mario Cavaradossi?
Cavaradossi china il capo, assentendo. Il Carceriere porge la penna al Sergente.
A voi.
Il Sergente firma il registro, poi parte coi soldati, scendendo per la scala.
A Cavaradossi.
Vi resta un’ora.
Un sacerdote i vostri cenni attende.
CAVARADOSSI.
No. Ma un’ultima grazia
io vi richiedo.
CARCERIERE.
Se posso …
CAVARADOSSI.
Io lascio al mondo
una persona cara. Consentite
ch’io le scriva un sol motto.
Togliendosi dal dito un anello.
Unico resto
di mia ricchezza è questo
anel … Se promettete
di consegnarle il mio
ultimo addio,
esso è vostro …
CARCERIERE Tituba un poco, poi accetta e facendo cenno a Cavaradossi di sedere alla tavola, va a sedere sulla panca.
Scrivete.
CAVARADOSSI Rimane alquanto pensieroso, quindi si mette a scrivere … ma dopo tracciate alcune linee è invaso dalle rimembranze e si arresta dallo scrivere.
Pensando.
E lucevan le stelle … e olezzava
la terra … stridea l’uscio
dell’orto … e un passo sfiorava la rena.
Entrava ella, fragrante,
mi cadea fra le braccia.
Oh! dolci baci, o languide carezze,
mentr’io fremente
le belle forme disciogliea dai veli!
Svanì per sempre il sogno mio d’amore …
L’ora è fuggita
e muoio disperato! …
E non ho amato mai tanto la vita!
Scoppia in singhiozzi coprendosi il volto colle mani.
Dalla scala viene Spoletta accompagnato dal Sergente e seguìto da Tosca; il Sergente porta una lanterna. Spoletta accenna a Tosca ove trovasi Cavaradossi, poi chiama a sé il Carceriere: con questi e col Sergente ridiscende, non sensa avere prima dato ad una sentinella, che sta in fondo, l’ordine di sorvegliare il prigioniero.
Tosca – Cavaradossi.
Tosca, che in questo frattempo è rimasta agitatissima, vede Cavaradossi che piange; si slancia presso a lui, e non potendo parlare per la grande commozione, gli solleva colle due mani la testa, presentandogli in pari tempo il salvacondotto. Cavaradossi, alla vista di Tosca, balza in piedi sorpreso, poi legge il foglio che gli presenta Tosca.
CAVARADOSSI Legge.
– Franchigia a Floria Tosca …
TOSCA leggendo insieme con lui, con voce affannosa e convulsa.
… e al cavaliere
che l’accompagna.
A Cavaradossi, con entusiasmo.
Sei libero! …
CAVARADOSSI Guarda il foglio; ne legge la firma.
Scarpia! …
Scarpia che cede? la prima
sua grazia è questa …
Guardando Tosca con intenzione.
TOSCA.
E l’ultima!
Riprende il salvacondotto e lo ripone in una borsa.
CAVARADOSSI.
Che dici? …
TOSCA scattando.
Il tuo sangue o il mio amore
volea. Fur vani scongiuri e pianti.
Invan, pazza d’orror,
alla Madonna mi volsi e ai Santi …
L’empio mostro
dicea: già
nei cieli il patibol le braccia leva!
Rullavano i tamburi …
Rideva, l’empio mostro … rideva …
già la sua preda pronto a ghermir!
»Sei mia?« – Sì. – Alla sua brama
mi promisi. Lì presso
luccicava una lama …
Ei scrisse il foglio liberator,
venne all’orrendo amplesso …
Io quella lama gli piantai nel cor.
CAVARADOSSI.
Tu? … di tua man l’uccidesti! tu pia,
tu benigna, e per me!
TOSCA.
N’ebbi le man
tutte lorde di sangue! …
CAVARADOSSI prendendo amorosamente fra le sue le mani di Tosca.
O dolci mani mansuete e pure,
o mani elette a bell’opre e pietose,
a carezzar fanciulli, a coglier rose,
a pregar, giunte, per le sventure,
dunque in voi, fatte dall’amor secure,
giustizia le sue sacre armi depose?
Voi deste morte, o man vittorïose,
o dolci mani mansuete e pure! …
TOSCA svincolando le mani.
Senti … l’ora è vicina; io già raccolsi
Mostrando la borsa.
ore e gioielli … una vettura è pronta.
Ma prima … ridi, amor … prima sarai
fucilato – per finta – ad armi scariche.
Simulato supplizio. Al colpo … cadi.
I soldati sen vanno e noi siam salvi!
Poscia a Civitavecchia … una tartana …
e via pel mar!
CAVARADOSSI.
Liberi!
TOSCA.
Chi si duole
in terra più? Senti effluvi di rose?
Non ti par che le cose
aspettan tutte innamorate il sole? …
CAVARADOSSI colla più tenera commozione.
Amaro sol per te m’era il morire,
da te prende la vita ogni splendore;
all’esser mio la gioia ed il desire
nascon di te, come di fiamma ardore.
Io folgorare i cieli e scolorire
vedrò nell’occhio tuo rivelatore,
e la beltà delle cose più mire
avrà sol da te voce e colore.
TOSCA.
Amor che seppe a te vita serbare
ci sarà guida in terra, in mar nocchiere
e vago farà il mondo a riguardare.
Finché congiunti alle celesti sfere
dileguerem, siccome alte sul mare
a sol cadente, nuvole leggere!
Rimangono commossi, silenziosi: poi Tosca, chiamata dalla realtà delle cose, si guarda attorno inquieta.
E non giungono …
Si volge a Cavaradossi con premurosa tenerezza.
Bada!
al colpo egli è mestiere
che tu subito cada.
CAVARADOSSI La rassicura.
Non temere
che cadrò sul momento – e al naturale.
TOSCA insistendo.
Ma stammi attento – di non farti male!
Con scenica scïenza
io saprei la movenza …
CAVARADOSSI La interrompe attirandola a sé.
Parlami ancor come dianzi parlavi;
è così dolce il suon della tua voce!
TOSCA Si abbandona quasi estatica, quindi a poco a poco accalorandosi.
Uniti ed esultanti
diffonderem pel mondo i nostri amori
armonie di colori …
CAVARADOSSI esaltandosi.
… armonie di canti diffonderem.
TOSCA, CAVARADOSSI con grande entusiasmo.
Trionfal
di nova speme
l’anima freme
in celestial
crescente ardor.
Ed in armonico vol
già l’anima va
all’estasi d’amor.
TOSCA.
Gli occhi ti chiuderò con mille baci
e mille ti dirò nomi d’amore.
Frattando dalla scaletta è salito un drappello di soldati: lo comanda un ufficiale, il quale schiera i soldati nel fondo: seguono Spoletta, il Sergente, il Carceriere. Spoletta dà le necessarie istruzioni. Il cielo si fa più luminoso; è l’alba: suonano le 4. Il Carceriere si avvicina a Cavaradossi e togliendosi il berretto gli indica l’Ufficiale.
CARCERIERE.
L’ora!
CAVARADOSSI.
Son pronto.
Il Carceriere prende il registro dei condannati e parte dalla scaletta.
TOSCA a Cavaradossi, con voce bassissima e ridendo di soppiatto.
(Tieni a mente: al primo
colpo giù …)
CAVARADOSSI sottovoce, ridendo esso pure.
(Giù.)
TOSCA.
(Né rialzarti innanzi
ch’io ti chiami.)
CAVARADOSSI.
(No, amore!)
TOSCA.
(E cadi bene.)
CAVARADOSSI sorridendo.
(Come la Tosca in teatro.)
TOSCA vedendolo sorridere.
(Non ridere …)
CAVARADOSSI serio.
(Così?)
TOSCA.
(Così.)
Cavaradossi segue l’Ufficiale dopo aver salutato Tosca, la quale si colloca a sinistra nella casamatta, in modo però di poter spiare quanto succede sulla piattaforma. Essa vede l’Ufficiale ed il Sergente che conducono Cavaradossi presso al muro di faccia a lei; il Sergente vuol porre la benda agli occhi di Cavaradossi; questi, sorridendo, rifiuta. Tali lugubri preparativi stancano la pazienza di Tosca.
TOSCA.
Già sorge il sole …
Perché indugiano ancora? … è una commedia,
lo so … ma questa angoscia eterna pare! …
L’Ufficiale e il Sergente dispongono il plotone dei soldati, dati, impartendo gli ordini relativi.
Ecco! … apprestano l’armi … Com’è bello
il mio Mario! …
Vedendo l’Ufficiale che sta per abbassare la sciabola, si porta le mani agli orecchi per non udire la detonazione.
Scarica di fucili.
Poi fa cenno colla testa a Cavaradossi di cadere, dicendo.
Là! muori! …
Vedendolo a terra, gli invia colle mani un bacio.
Ecco un artista! …
Il Sergente si avvicina al caduto e lo osserva attentamente: Spoletta pure e si è avvicinato; allontana il Sergente impedendogli di dare il colpo di grazia, quindi copre Cavaradossi con un mantello. L’Ufficiale allinea i soldati; il Sergente ritira la sentinella che sta in fondo, poi tutti preceduti da Spoletta, scendono la scala. Tosca è agitatissima: ha sorvegliato tutti quei movimenti temendo che Cavaradossi, per impazienza, si muova o parli prima del momento opportuno.
A voce repressa, verso Cavaradossi.
O Mario, non ti muovere.
S’avviano … taci! vanno … scendono.
Parendole che i soldatti ritornino sulla piattaforma; di nuovo si rivolge a Cavaradossi.
Ancora non ti muovere …
Corre al parapetto e cautamente sporgendosi, osserva di sotto.
Corre verso Cavaradossi.
Mario, su presto! Andiamo! … Andiamo! … Su!
Si china per aiutare Cavaradossi a rialzarsi: a un tratto dà un grido soffocato di terrore, di sorpresa e si guarda le mani colle quali ha sollevato il mantello.
Ah!
Si inginocchia, toglie rapidamente il mantello e balza in piedi livida, atterrita.
Morto! … morto! …
Con incomposte parole, con sospiri, singhiozzi si butta sul corpo di Cavaradossi.
O Mario … morto? tu? così? Finire
così? … così? … povera Floria tua!!!
Intanto dal cortile al disotto del parapetto e su dalla piccola scala arrivano, prima confuse, poi sempre più vicine, le voci di Sciarrone, di Spoletta e di alcuni Soldati.
LA VOCE DI SCIARRONE.
Vi dico, pugnalato!
VOCI CONFUSE.
Scarpia? …
LA VOCE DI SCIARRONE.
Scarpia.
LA VOCE DI SPOLETTA.
La donna è Tosca!
VARIE VOCI PIÙ VICINE.
Che non sfugga!
LA VOCE DI SPOLETTA più vicina.
Attenti agli sbocchi delle scale …
Spoletta apparisce dalla scala, mentre Sciarrone dietro a lui gli grida additando Tosca.
SCIARRONE.
È lei!
SPOLETTA.
Ah! Tosca, pagherai
ben cara la sua vita …
TOSCA.
Colla mia!
Fa per gettarsi su Tosca, ma essa balzando in piedi lo respinge così violentemente da farlo quasi cadere riverso nella botola della scala, quindi corre al parapetto e dall’alto grida.
O Scarpia, avanti a Dio! …
Si getta nel vuoto. Sciarrone ed alcuni soldati, saliti confusamente, corrono al parapetto e guardano giù. Spoletta rimane esterrefatto, allibito.
Sipario rapido.
Fine