Alessandro Scarlatti

Pirro e Demetrio

Opera

Libretto von Adriano Morselli

Uraufführung: 28.01.1694, Teatro San Bartolomeo, Neapel

Personaggi

Pirro, Rè d'Epiro

Demetrio, Rè di Macedonia

Arbante, Capitano delle Guardie di Pirro

Mario, suo Figlio

Donne

Climene, Figlia di Lisimaco Rè di Tracia, sposata a Pirro, mà secretam. per Demetrio

Deidamia, Sorella di Pirro Amante di Mario

Atto I.

Scena I.

Bosco vicino alla Città con Padiglioni schierati.

Pirro, che sede sotto un ricco Padiglione.

PIRRO.
Vieni, o sonno, e l'alma in petto
Lusingando mi ristora;
Posa il fìor sult‘ arse sponde
E l'augello in sulle fronde
Dormigliosa l'Aura sola
E frà l'ombre io veglio ancora.
Ah! che dormir qui non poss'io. Dal chiuso
Della tenda Vicina, ove Climene
Sola riposa, un non sò qual traluce
Vago raggio d'amor, che in sulle ciglia
Mi sferza il dubbio sonno, e fà ch'io vegli
Nell‘ acerbo martir. Mà che più penso?
Ella meco non venne
Con titolo di Sposa?
Ella per me non arde?
Stolto in uno e crudele ancora io peno
Col mio, col suo martire.
Si, si corro a gioire in quel bel seno.
Che fai Pirro, che fai? Per te Climene
Al Padre suo non ricercasti! è vero;
Mà t'inviò Demetrio,
Che chieder non osò l'unica Figlia
Al suo nemico. E seben qui si crede,
Che per te celebrati
Habbia tù li sponsali
All‘ Amico ti stringe occulta fede.
Vediamla almen, vediamla.

Scena II.

Pirro apre il Padiglione di Climene, ove si vede la stessa, che dorme.

Pirro, e Climene.

PIRRO.
Come dolce respira oh Numi! oh! Amore
Chi vidde in terra mai
Spettacole più vago?
CLIMENE.
Sorgi, o Sole, e'l tuo bel viso
Con un riso indori il Ciel
PIRRO.
Desta è Climene omai.
CLIMENE.
Già che non posso oh! Dio!
Goder lo Sposo mio
In te godrò? l'imago
Del Vago
Mio crudel.
PIRRO.
Che fò? deggio avanzarmi.
CLIMENE.
Sorgi, o Sole, e'l tuo bel viso
Con un riso indori il Ciel.
PIRRO.
Perche prima del giorno
Dalla tenda real, Climene, uscisti?
CLIMENE.
Frà pensieri di tema, e di error misti
Vò me stessa agitando.
Gli occhi in placido sonno
Senza di tè, mio ben, dormir non ponno.
PIRRO.
Anzi, per non turbarti
Un bel dolce riposo
Lungi, o cara, da tè traggo le notti.
(Non resiste il mio cor) bella t'adoro.
CLIMENE.
Ah! che tù mi deridi.
PIRRO.
Per la Face d'Amore, e per gli strali
Giuro, e per gli occhi tuoi,
Che più dei Strali suoi a me son sacri.
CLIMENE.
Vorrei de giuramenti
Prove da te più certe.
PIRRO.
Ahi che tormenti?
CLIMENE.
M'abbraccia
PIRRO.
Non posso
CLIMENE.
Chi ‚l vieta
PIRRO.
Nol sò.
CLIMENE.
Lasciar, che peni, e mora
La Sposa, che t‘ adora
Crudel, chi t‘ insegnò?
PIRRO.
Ah! non son io crudele.
Crudele, e dispietato,
E solo il nostro Fato,
Ch‘ a si fiero martir ci condannò.
M'abbraccia, etc.

Scena III.

Arbante, e li Sudetti.

ARBANTE.
Intese il tuo ritorno, e quà m'invia
Ad inchinarti coll‘ egreggia Sposa
La regal tua Germana.
E Demetrio pur anco il Rè t'aspetta.
CLIMENE.
Demetrio?
PIRRO.
Fà che tosto
Si ripieghin le tende
Già in Oriente il novo Sol si accende.
CLIMENE.
Che vuol, che vuol Demetrio? e perche venne
Alla Reggia d'Epiro?
PIRRO.
Ti spiace forse, ò fingi?
Bella, io sò pur che un tempo
Ei di te visse amante, e tù di lui.
CLIMENE.
Sì, mà poi che divenne
Nemico al mio gran Padre, e che dall‘ alto
D'una Rocca eminente,
Arder sugli occhi nostri
Le suddite Campagne, io rimirai
Tanto il deggio abborrir, quanto l‘ amai.
PIRRO.
Egli t'ama pur anco, e in mezzo il petto
Serba pur anco impressa
L‘ effigie peregrina.
CLIMENE.
Io di Pirro son Moglie.
PIRRO.
E se nol fosti?
Del tuo primiero amante
Gradiresti gli ossequi?
CLIMENE.
La figlia di Lisimaco guerriero
De nemici non cura,
Non cura degli amanti
La consorte di Pirro.
PIRRO.
I passi miei
Tù servita precorri
Dal mio fedele Arbante.

Non vidde il Ciel più sventurato amante.

CLIMENE.
Bello, tù bello sei
Nè bello più di tè
Mai vidde Amore.
Fedele esser tù dei,
S‘ io manco poi di Fé
Strappami il core.
Bello, etc.

Parte.

Scena IV.

Pirro sole.

Oh! Dei! chi mi soccorre?
Amore, ed Amicizia,
Hanno ingombrato il core
D'un immenso dolore,
Se a Climene mi stringo,
Io tradisco l'Amico.
Se a Demetrio la lascio, oh! Dei non posso
Vivere senza vita?
Cosi pugnano in petto
Gloria di fede, e Gelosia d'affetto.

S'hà pietà del mio dolore,
Io non sò più che bramar;
Pregio è sol del suo bel core
Farmi caro il Lacrimar.
S'hà, etc.

Scena V.

Appartamenti di Deidamia.

DEIDAMIA.
Dimmi se Amor tù sei
Sol degli affetti miei
La bella Face.

Agitato mio core,
Che farò? che risolvo?
Il Germano si accosta, ed or conviene
Depor lo Scettro; e quel ch‘ è peggio oh! Dio!
Incontro novo inciampo all‘ amor mio.
Il Prencipe Clearte
Destinato è mio Sposo. Amo sol Mario,
Amo il Trono. Affetti miei rubelli?
Pur si risolva. Olà, Mario si appelli.
Vuò depor l'alterigia; e non più sorda
Esser alle mie brame.
Maestà con Amor non ben si accorda.

Scena VI.

Mario, e Deidamia.

DEIDAMIA.
Mario.
MARIO.
Eccelsa Regina:
(Che sembianze?)
DEIDAMIA.
(Che rai?)
Accostati.
MARIO.
Ubbidisco,
DEIDAMIA.
Udisti Mario, che vicino è Pirro!
MARIO.
Sì lo intesi, o Regina.
DEIDAMIA.
Lasciar quinci degg‘ io lo Scettro; e resta
Negli ozii feminili
Questa mia destra inonorata.
MARIO.
In breve
Col tuo Sposo felice ogn‘ or farai.
DEIDAMIA.
Che sembianze?
MARIO.
Che rai?
DEIDAMIA.
Tù, che mostri alla fronte, o fronte sparsa
Di lusinghe, e di fiori,
Un genio non volgar, brami tù mai
D'ingrandir la tua Sorte?
MARIO.
Amor l'alma plebea rende anche forte.
DEIDAMIA.
Havresti ardir?
MARIO.
Conforme
Al desio, che mi move.
Solo attendo la legge.
DEIDAMIA.
Ed io le prove.
MARIO.
Imponi, o mia Sovrana.
DEIDAMIA.
La terra è angusta, e pochi
Se l'han trà lor divisa. Impugni il brando
Chi brama i Regni, e le Reine, e ‚l tinga
Degli avidi Monarchi entro le vene.
Resta, e pensaci bene.

Sospiro quell‘ istante
In cui godrò il sembiante,
Che l'alma incatenò.
Deh! Vieni, o giorno amato,
Deh! Vieni, o sospirato,
Ch‘ al sen ti accoglierò.

Sospiro, etc.

Parte.

Scena VII.

Mario solo.

Che i Regni, e le Regine
Col sangue io compri de svenati Regi?
Qual Rè svenar degg‘ io?
Pirro? Forse inumana
Nè cosi di mente.
Che oblii d‘ esser Germana.
Son pur confuso, oh! Dio!
Se si uniscon le stragi all‘ amor mio.
Da più venti, e da tempeste
Agitato
Flagellato
E'il mio cor qual Nave in Mar;
Hò vicino il lido, e ‚l Porto
Mà di speme, e di conforto
Meno un lampo non appar.
Da, etc.

Parte.

Scena VIII.

Cortile reggio.

DEMETRIO.
Smanie di questo petto
Deh! lasciatemi in pace; e sol la spene
Sia ristoro a mie pene.
Parmi, che mai non giunga
La mia Sposa Climene. Ah! per mio duolo
Si ferman gli Astri, e forse
Incapaci d‘ amore
Pigre in Cielo per me dormono l‘ ore.

Suona la Tromba.

Mà qual fraggore io sento? Ella è Climene.
Pur son dubbioso ancora
Se amica a miei desir giunga il mio bene.

Sento prima le procelle
Paventar afflitta l'alma;
Sento poi portar la calma
Venticello lusinghier.
Nell‘ aspetto delle stelle.
Già risplende il mio conforto
Poco lungi son dal Porto
Sospirato dal piacer.
Sento, etc.

Scena IX.

Climene, Pirro, Arbante, Demetrio.

PIRRO.
Demetrio.
DEMETRIO.
Amico, o quanto
Al tuo favore io deggio.
PIRRO.
(Oh! pene? oh! pianto?)
DEMETRIO.
Teco, o Donna eminente, io mi rallegro,
Non perche ti congiunga
Fato secondo a si temuto Eroe;
Mà perche quegli, che ti havrà in conforte,
Io ben lo sò, come se fossi io stesso,
Le tue bellezze affascinato adora.
PIRRO.
(Più s'abbaglia il mio cor)
DEMETRIO.
(Più m'innarmora)
CLIMENE.
Tù sei del Padre mio nemico atroce;
Tù del mio Sposo amico.
Quindi gli uffici tuoi
Non accetto, Demetrio, e non rifiuto.
DEMETRIO.
Riverenza d'affetto
Da me non parte, ancorche pugni, e vinca
La raggion dell‘ impero. Armi homicide
Demetrio non afferra,
Mà solo il Rè di Macedonia in guerra.
PIRRO.
Molto mesta, o Regina, io ti rimiro.
CLIMENE.
Ahi?
PIRRO.
Cos‘ è quel sospiro?
CLIMENE.
Timorosetta
La Tortorella
Tal or si lagna
Con la compagna,
Perche da quella
Abbandonata
Un Disoletta
E scompagnata
Teme restar.
Sente le pene
Del viver sola,
Spargendo ai venti
Li suoi lamenti,
E col suo bene
Poi ritornata,
Si riconsola,
Mà non s‘ astiene
Di sospirar.
DEMETRIO.
Spero, vaga Climene,
Ch‘ il tuo rigor saprà cangiar aspetto,
E che in amar chi t‘ ama havrai diletto
Nò, non cosi severe
Care pupille altere
Voi non sarete ogn'or con chi v‘ adora.
Benche nel Verno il Cielo
Hà delle nubi il velo
Chiaro tal volta il Sol si mostra ancora.
Nò, etc.

Parte.

Scena X.

Arbante, e li Sudetti.

ARBANTE.
La Germana di Pirro
Ti viene ad abbracciar, Sposa sublime.
PIRRO.
(L‘ incendio mi divora, il duol m‘ opprime.)

Scena XI.

Deidamia con seguito, e li Sudetti.

DEIDAMIA.
Vieni, o Reina, ad illustrar l‘ Epiro
Sotto un Ciel di Zafiro.
Ti aspetta il Soglio, e lunga turba e densa
Di Vassalli t‘ acclama (ah! doglia immensa)
CLIMENE.
Del mio Signore, e Sposo
La nobil Suora in frà le braccia accoglio
E di tutta me stessa a lei fo dono.
PIRRO.
Di quel crin d‘ oro innamorato sono.
DEIDAMIA.
Il mio cor ti presento
Andiam Climene.
CLIMENE.
Andianne.
DEIDAMIA.
(Ah! che tormento.)
CLIMENE.
Al contento m‘ invita l‘ Amor.
DEIDAMIA.
A goder si prepari il tuo cor.

Partono.

Scena XII.

Pirro solo.

Ah! che provo nell‘ alma
Gioia, tema, dolor, tempesta, e calma.

Due pupille che sono due stelle
Sono infauste comete almio cor;
In due guançie Amor ripose
Vaghi Gigli, e Vaghe Rose,
Mà per me spine, e rigor.

Due, etc.

Fine dell‘ Atto Primo.

Atto II.

Scena I.

Scena Giardino.

Demetrio, e poi Pirro.

DEMETRIO.
Nell‘ ardor del mio foco
Par che respiri ancor l‘ anima mia.
Ah! dolce, e crudo Amor, dimmi che fia?
Farfalletta questo core
Tanto gira intorno il lume
Finche poi vi perirà;
Ma si bello é quell‘ ardore,
Che il lasciarvi e vita e piume
Per lui gloria ancor sarà.
Farfalletta, etc.
PIRRO.
Demetrio Amico,
Opportuno ti trovo.
DEMETRIO.
Svela or dunque l'arcano.
PIRRO.
A Lisimaco io chiesi,
Come ordinasti già, la tua Climene.
La ottenni, e ‚l giorno stesso
Che celebrai (mà non per me) le nozze
Presi congedo, e finsi,
Ch‘ alta cura del Regno
M‘ era sprone al partir.
DEMETRIO.
La tua presenza
Della mente inquieta
Le procelle acquietò. Gli eterni Annali
Della Grecia famosa il fatto insigne
Mandi all‘ etá ventura; e si conservi
Di se stessa nudrice
Con la lode la lode;
Ch‘ è bella per l'Amico ancor la frode.
PIRRO.
Ami ancora Climene.
DEMETRIO.
Io più l‘ adoro.
PIRRO.
(Morir mi sento) oh! Dio?
Parmi non più si vaga
Colei, ch‘ il cor t‘ impiaga
DEMETRIO.
Più lucente che stella
Certo è ancor la mia bella.
PIRRO.
(Pirro infelice?)
DEMETRIO.
Tosto
Signor le svela, e dille
Che per me la sposasti; onde ella onori
Il Talamo a Demetrio.
PIRRO.
Le prime sue faville
Son per te quasi estinte; onde egli è d‘ uopo
Che si Lusinghi.
DEMETRIO.
Il foco
Che le forze hà perdute
Con poco solfo si raviva, e tosto
Nel semivivo cenere ritrova
La vampa e ‚l lume. Hoggi l‘ occulto inganno
Scopri pure a Climene
Che me non sdegnerà.
PIRRO.
(Barbare pene?)
DEMETRIO.
Un viso m‘ incatena
E m‘ hà legato il cor.
PIRRO.
Resisti alla bellezza,
Resisti al Dio d‘ amor.
DEMETRIO.
Un guardo, che m‘ alletta
Il seno mi saetta
Nè sento alcun dolor.
PIRRO.
Un guardo, che t‘ alletta
Il seno ti saetta
Ti dà pena, e dolor.
Un viso, etc.

Partono.

Scena II.

Deidamia, e Mario.

DEIDAMIA.
Mario, eh ben pensasti?
MARIO.
Pensai.
DEIDAMIA.
Che risolvesti?
MARIO.
Nei miei pensieri il tuo pensier non trovo.
DEIDAMIA.
Sai perche?
MARIO.
Perche oscuro
Parlan le Deità.
DEIDAMIA.
Si, mà l‘ Amore
E interpetre sagace.
MARIO.
(Quante mi alletta oh! Dio?)
DEIDAMIA.
(Quanto mi piace?)
MARIO.
Tu ne svela l‘ Arcane,
Tu lo scopo mi addita.
DEIDAMIA.
Guarda ch‘ egli è sublime,
MARIO.
Sarà più glorioso al braccio mia.
DEIDAMIA.
Egl è Monarca.
MARIO.
Come
E non cadono i Regi
Al ferir d‘ una spada?
DEIDAMIA.
Or vanne, e meglio,
Pria ch‘ il nemico scopra,
L‘ ardir conferma, e t‘ apparecchia all‘ opra.
MARIO.
Son di costanza armato
E ‚l cor temer non sà;
La mia fede, il mio amore
Accese un puro ardore
Per si vaga beltà
Son, etc.

Parte.

Scene III.

Deidamia sola.

Soffrir più non degg‘ io, che se alla luce
Col Germano mi espose un seno istesso,
Un Soglio istesso ancora
Me con lui non accolga. Hò forza, hò mente;
Farò, che Mario uccida
Il superbo Germano. Hoggi primiero
Sua deforme sembianza
Perde sul Trono un ben guidato errore;
E sempre lieve sù colpa d‘ amore.

Respira un venticello
Dal Ciel della speranza
Che il sen mi rasserena, e mi conforta.
E spunta doppo quello
Un raggio in lontananza
Che del bramato Di l‘ alba mi porta

Respira, etc.

Parte.

Scena IV.

Galleria.

CLIMENE.
Son Sposa, e son Regina;
Ah! ma non son contenta.
Pirro di me s‘ invoglia
Mi chiede al Padre; Or che sua sposa sono
Mi lascia, oh! Dio! mi lascia in abbandono.

Vado al Ruscello usato
Cervetta sitibonda,
E trovo poi che l‘ onda
E tutta gelo;
In si penoso stato
M'ucciderà l‘ ardor
Se il freddo suo rigor
Non tempra il Cielo.

Vado, etc.

Scena V.

Demetrio, e Climene.

DEMETRIO.
Deh! ti sovenga, O bella,
Che per te langue il core;
E se ti serba amore
Dimmi, perche si cruda?
CLIMENE.
Ad altra Dama chiedi
Gli sguardi, o Rè, me non tentar d‘ amore;
Perche non hò che un core e a Pirro il diedi.

Scena VI.

Pirro, e li Sudetti.

PIRRO.
Climene; Amico.
DEMETRIO.
Pirro.
CLIMENE.
Consorte.
DEMETRIO.
E tempo omai.

A Pirro a parte.

Che le sveli la frode.
PIRRO.
Non ancora.
DEMETRIO.
L‘ indugio
Mi dà tormento, oh! Dio!
PIRRO.
Dunque fia meglio, Amico,
Che quinci t‘ allontani.
DEMETRIO.
E tosto t‘ adoprerai?
PIRRO.
Godrai quel bel sembiante
Pria ch‘ il Sol cada nel Mar d‘ Atlante.
DEMETRIO.
Frà gli orrori di notte funesta
Fà che splenda d‘ Amor la facella;
Che più cara al Nocchiere in tempesta
E la luce dell‘ Artica Stella.
Frà, etc.

Parte.

Scena VII.

Pirro, e Climene.

CLIMENE.
Con Demetrio d‘ occulto
Che favellasti mai?
PIRRO.
Frà poco (oh! rio Destin) tù lo soprai.
CLIMENE.
Tù negarmi non puoi
Del nemico Regnante
Gli uffici indegni.
PIRRO.
(E lascierò quel volto
Quel volto oh! Dio
Che tutte nel cor mio
Stampò le sue bellezze?)
CLIMENE.
O mi ricovra, e stringi
Frà le tue braccia, ò mi rimanda al Padre,
Onde lunge da te si scemi il duolo.
Non mi basta di Sposa il nome solo.
PIRRO.
Più cara del core,
O cara, mi sei;
Da me gia diviso
Io tutto in quel viso
Me stesso perdei.
Più, etc.
CLIMENE.
Ah! menzognero, ingrato.
PIRRO.
Le promesse, che feci al Padre tuo
Sono á pieno esequite;
Quivi in pompa ti porto,
E qual Regina onoro
CLIMENE.
Quanto tù dici è vero, io tel confesse
Mà più grave è ‚l mio duolo,
Che non basta di Sposa il nome solo.
PIRRO.
E questo ancor ti basti
Che a farti paga, o cara,
Da te questo mio cor d‘ amarti impara.
CLIMENE.
Dunque perche lunge da me ten vai?
Troppo d‘ amor la Face
Per te mi strugge, e pur ingrato – –
PIRRO.
(Demetrio.)
CLIMENE.
Non ti movi a pietate?
PIRRO.
(Demetrio.)
CLIMENE.
Dammi, ò prendi, ò caro, almeno
Sulla fronte un bacio solo.
D‘ acciaro, ò d‘ adamante il petto hai cinto.
Dammi, ò prendi, ò caro almeno.
PIRRO.
(Demetrio.)
CLIMENE.
Ingrato.
PIRRO.
(Ah! che son vinto.)
Per te, bella mi struggo
Vieni, o cara a gioir trà queste braccia.
CLIMENE.
Ogni pena dal cor Amor discaccia.
PIRRO E CLIMENE.
Caro / Cara se fida / fido tù mi credi
Sì t‘ adora l‘ alma mia.
E se tua / tuo al fin mi brami
Qual io te convien che m‘ ami,
Che sparisce allor che riedi
Fuor dal sen la doglia ria.

Caro, etc.

Parte Climene. Arriva Demetrio, dice di nascosto.

DEMETRIO.
Ah! traditor aspetta
Dal mio giusto furor aspra vendetta.

Parte Demetrio.

Scena VIII.

Pirro solo.

Dove, dove trascorro? hoggi la fede
Violar non pavento?
Io che pugnai più volte
Coi Consoli di Roma? Io che frenai
Dei Macedoni invitti
La baldanza, e ‚l valor, domar non posso
I miei propri deliri?
Si ceda, si, si ceda
A Demetrio la Sposa. Ora men vado
Il secreto rivelo;
Sarà di me quel ch è prefisso in cielo.

Son Guerriero, e son amante
E da amante io pugnerò;
Mà se parto dal sembiante,
C‘ hà due luci cosi belle
Senza lui, che far potrò?
Son, etc.

Parte.

Scena IX.

Giardino di Deidamia.

DEIDAMIA.
Rondinella, che smarrita
Dal suo caro amato nido,
Pace al cor giamai non hà.

Scena X.

Mario, Deidamia, Arbante nascosto.

DEIDAMIA.
Sei risolutò Mario?
MARIO.
D‘ abbidirti, o Regina.
DEIDAMIA.
Or sei vicino
Alle gioie, che brami; e di già accetto
Il tuo, cognito a me, celato affetto.
MARIO.
Bella della tua fronte

S‘ inginocchia.

Il sereno splendor.
DEIDAMIA.
Sorgi da terra
Un colpo del tuo braccio
Puol farti eguale a Deidamia.
MARIO.
Il ferro

Sfodera la spada.

Impatiente io stringo.
Chi vuoi, chi vuoi che uccida?
DEIDAMIA.
Ah! che non oso.
L‘ atrocità del fatto
Mi respinge la voce.

Gli dà una lettera.

Farai quanto contiene
Nelle brevi sue note questo foglio.
MARIO.
Ubbidirò.
DEIDAMIA.
Cosi ti chiedo e voglio.
DEIDAMIA.
Ch‘ io lieta miri un Di
Quegli occhi del mio ben
A consolarmi si
Stringendomi a quel sen;
Cosi spero di frangere
Quell‘ aspro rio martir;
Io già non voglio piangere
La morte dell‘ indegno,
E spero che il mio sdegno
Si cangi in bel gioir.
Ch‘ io, etc.

Parte.

Scena XI.

MARIO solo.
Nella stanza di Pirro in mezzo all‘ ombre
Io condur ti farò, svena l‘ indegno,
E me per Moglie havrai, per dote il Regno.

Legge la Lettera.

Ch‘ io sveni un Rè magnanimo e clemente?
Nò, Nò; mà che ragiono?
Dee prefferir chi è saggio
L‘ error, che giova, alla virtù che nuoce.

Arbante gli leva la lettera e parte.

Il Genitor? oh! Ciel? qual Nume averso
Qual barbaro Destin qui lo condusse?
Misero? farà nota
La congiura al Sovrano,
La bella accuserà. Dove mi volgo?
Che penso? che risolvo?

Sorge per me l‘ Aurora
Più bella oltre l‘ usato,
Mà poi barbaro Fato
Mi rende infausto il Di;
Il core incerto ogn‘ ora
Paventa, e si dilletta;
Pietà, Speme l‘ alletta;
Amor lo vuol cosi.

Sorge, etc.

Parte.

Scena XII.

PIRRO.
Veder parmi un ombra nera
Cruda fiera a minacciarmi.

Scena XIII.

Mario, e poi Demetrio, Pirro.

MARIO.
Pria che l'arcano il Genitor riveli
Deidamia si ubbidisca.
DEMETRIO.
Pria che si vanti, ch‘ il mio ben m‘ hà tolte
Giusto è ch‘ il traditor mora tradito.

Mario, e Demetrio s'incontrano nel voler vibrare il colpo a Pirro.

DEMETRIO.
Che incontro?
MARIO.
Che dirò?

Pirro si volta verso loro.

PIRRO.
Demetrio amico, e tù del caro Arbante
Figlio gentile, e perche ignudo il Brando?
Qual‘ evento è frà voi?
DEMETRIO.
Costui mi parve in volto, e rassomiglia,
Scusa Garzon gentile, un mio scudiero
Che alla mia vita regia
Machinò tradimenti, e poi fuggio.
Io, che a chi mi tradio
Non perdono giamai sinche non cada,
Pria che vedessi te, strinsi la spada.
MARIO.
Signor, io viddi il Rè col brando ignudo
Perdona, o gran Demetrio,
Credei, che contro te stringesse il ferro,
E in tua diffesa accorsi.
PIRRO.
Mario, lodo il tuo zelo, e tù Demetrio
Scusa presso te stesso il proprio inganno,
DEMETRIO, MARIO.
Tanto ti ucciderò
Ingrato traditor
Crudo Tiranno.

Partono.

PIRRO.
Veder parmi un ombra nera
Cruda e fiera minacciarmi;
Mà poi vedo in lontananza
L‘ Innocenza, e la Speranza
Che sen viene a consolarmi,
Nè più allora veder parmi
L‘ ombra nera minacciarmi.

Fine dell‘ Atto Secondo.

Atto III.

Scena I.

A trio.

Pirro, e Demetrio combattendo, e poi Climene.

PIRRO.
Che pretendi da me?
DEMETRIO.
La vita.
PIRRO.
Amico
E in che ti offesi mai?
DEMETRIO.
Domandalo a te stesso, e lo saprai.

Giunge Climene.

CLIMENE.
Fermate. Oh! Dio fermate
Ah! Demetrio inumano?
Non ti bastò contro il mio Padre in campo
Mover le squadre? che in Epiro, oh! Dio,
Vieni a uccidermi ancor lo Sposo mio?
DEMETRIO.
Io son lo Sposo.
CLIMENE.
Tù?
DEMETRIO.
Se Pirro intatta
Ti lasciò, tù la mia Sposa sei,
S‘ ei t‘ abbracciò, Climene è una impudica.
E Pirro un traditor.
CLIMENE.
Come?
PIRRO.
si bella
Porgi a Demetrio, omai
La man di Sposa.
CLIMENE.
Veglio, ò sogno?
PIRRO.
Io finsi.
E ti hò chiesta per lui, per lui ti strinsi.
CLIMENE.
Perfido, e chi ti fece
Stringermi per altrui?
PIRRO.
Oprai, bella, cosi, perche rinasca
Col mezzo dei sponsali
Frà Demetrio la pace, e ‚l tuo gran Padre:
CLIMENE.
Bel principio di pace; a un Padre, a un Regno
Tradir la Figlia? indegno.
PIRRO.
Nol niego, amico, ch‘ io
Di lei viva amante.
Si leggiadro sembiante
Chi potria non amar? mà nel mio core
Bella al pari d‘ amore
Stà la fede d‘ amico.
CLIMENE.
Crudo, infedele.
PIRRO.
Ecco intatta
La tua Sposa, o Demetrio,
Eccoti il petto ignudo.
Chiedi a Climene, chiedi
Quanto sofferse il mio, quanto il suo core.
E se dici che sono un traditore
Morte fia solo il premio
D‘ amicitia, e d‘ amore.
CLIMENE.
Io non credevo nò per troppo amar
Vedermi abbandonar,
E con fedele amor farti un ingrato.
E pur tù credi ancor
Pregio di nobil cor
Haver si bella fede abbandonato.
Io, etc.
DEMETRIO.
Mover mi sento l‘ alma, o fido Pirro.

Abbracciando Pirro.

Tù Climene adorasti, ella ti adora,
E intatta a me la rendi. Ah! che non meno
Sono amico di Pirro
Di quel che Pirro amico
Sia di Demetrio. A te la Sposa lascio.
PIRRO.
Nò, nò la hebbi per te
Vuotai del bel tesoro
Per altrui le miniere, e colsi oh! Dei
Io si, mà non per me de favi il miele.
CLIMENE.
La Figlia d‘ un Regnante
Cosi si vilipende?
Barbari si, io pur Climene sono,
Nè contro il mio voler altrui mi dono.

Barbari, perfidi
Non mi vedrete più;
Di questo Ciel crudel
L‘ aspetto fuggirò
E i nodi scioglierò
Dell‘ aspra servitù.

Barbari, etc.

Parte.

Scena II.

Pirro, e Demetrio guardando dietro a Climene.

DEMETRIO.
Climene, oh Dio?
PIRRO.
Climene.
DEMETRIO.
Ah! non bevei
Sotto barbaro Cielo il Tanai estremo.
PIRRO.
Ah! che frà il gel non crebbi
Dell‘ inospite Scitia.
DEMETRIO.
Amor mi vinse.
PIRRO.
Amore
Troppo i suoi dardi hà fissi
Nel mio tenero petto
PIRRO, DEMETRIO.
Ahime! che dissi?
Ahime! che dissi?
PIRRO.
Un contento
DEMETRIO.
Un bel diletto
PIRRO.
Nel mio core
DEMETRIO.
Nel mio petto
PIRRO E DEMETRIO.
Già lo sento ritornar.
PIRRO.
Mà qual sia la gioia mia.
DEMETRIO.
Mà del seno il bel‘ sereno
PIRRO E DEMETRIO.
L‘ alma mia non sà spiegar.

Partono.

Scena III.

Giardino.

Deidamia, e Mario.

DEIDAMIA.
Già vicina è la notte, e gia disposto
All‘ opra, tù magnanimo, sarai?
MARIO.
Stelle che dirò mai?
DEIDAMIA.
Turbato mi rassembri.
MARIO.
Il foglio.
DEIDAMIA.
Si dov‘ è?
MARIO.
Arbante.
DEIDAMIA.
Cosa?
MARIO.
Il Padre
DEIDAMIA.
Parla dunque.
MARIO.
La carta.
DEIDAMIA.
Io son tradita.
MARIO.
M‘ involò.
DEIDAMIA.
Arbante?
MARIO.
Si
DEIDAMIA.
Ingrato, traditor, io ti preparo
Trà i fasti il regal Soglio,
Tra le braccia il riposo,
E tù, perche m‘ uccidi?
La spada appresti al rigido tiranno?

Fugge sdegnata.

Precorrerò la morte.
MARIO.
Oh! Dio che fó? che fai
Povero afflitto Mario in tanti guai?
La mia Sorte a quel ch'io sento
E un dispetto,
E un tormento,
E una pena del pensier;
Il mio core spera, e teme
E in un tempo gode, e geme
Nè sà dir che sia piacer.
La mia, etc.

Parte.

Scena IV.

Pirro solo.

Sussurrando il Zefiretto
Và scherzando intorno al Prato;
Col suo fiato dà diletto
Mà non rende il cor beato.

Pirro infelice? e come
Come viver potrai in tante pene?
Ami, e t‘ ama Climene,
Má le leggi d‘ amico
Contrastano all‘ amore.
E combattututo il core
Da due fieri Tiranni,
Nè sa se deggia amare, ò pur fuggire
Quella belta, che adora.
Se mi sforza l‘ affetto
A tradire l‘ amico,
Toglierò dal mio petto
Quelle insidie, che ascose
Sotto vel di dolcezza, Amor ripose.
Ma Demetrio non men a Pirro è amico,
Di quel che Pirro sia di Demetrio;
Egli sa, che l‘ adoro, e questo solo
Basti per dar conforto al mio gran duolo.

Sento più dolce il vento,
E l‘ onda per la sponda
Brilla d‘ intorno a me;
In calma sento l‘ alma
Diletto provo in petto,
Ma non sò dir perche.

Sento, etc.

Parte.

Scena V.

Mario, Deidamia.

MARIO.
A queste fonti intorno
Più che mai disperato, e parto e torno.
Ah! mia bella Sovrana
DEIDAMIA.
Tacì, dammi quel brando.

Mario le dà la spada.

MARIO.
Questo è il ferro, o Regina, e questo è ‚l seno
DEIDAMIA.
Mora Mario. Mà no stelle spietate.

Volge il ferro contro Mario.

Mario la pena mia, Mario l‘ infido
Stà nel mio cor, e nel mio cor l‘ uccido.

Volge il ferro per uccidersi.

MARIO.
Fermo, Reina, oh Dei!

Scena VI.

Arbante con spada insaguinata, e li sudetti.

ARBANTE.
Reina, Figlio,
Svenato è Pirro, ecco fumante il ferro
Del sangue del Tiranno.
DEIDAMIA.
Sognai sin ora, o sogno adesso, Arbante?
MARIO.
Padre.
DEIDAMIA.
Che narri mai?
ARBANTE.
Lessi la carta, e per sottrarre il Figlio
Ad un certo periglio, io stesso uccisi
Ne tetti più riposti
Il Regnator superbo.
Andiam, Regina, al Soglio.
DEIDAMIA.
E morto, è morto
L‘ infelice Germano?
Cosi volle il mio cor, core inumano?
Ah! che sempre quel Trono
Sempre mi sgriderà, che un‘ empia sono.
MARIO.
Che risolvi?
DEIDAMIA.
Morire.
MARIO.
E Mario?
DEIDAMIA.
Oh! Dio risolvo
Ubbidire al Destin se al Tron mi chiama,
Anzi pure ad Amor, che tua mi brama.
MARIO.
Respira, o cor.
ARBANTE.
Meco ne vieni, o Figlio.

Parte Arbane, e Mario.

DEIDAMIA.
A te vengo, dolce Amore,
Tutta amor, e tutta fè;
Per beare un core amante
Nel divino tuo sembiante
Caro bene, io vengo a tè.
A te, etc.

Scena VII.

Demetrio solo.

Sembianze di Climene,
Già dal mio cor bandite,
Dal traffitto pensier che mai chiedete?
Della cruda il disprezzo,
Del mio core il rifiuto,
Dell‘ amicizia il nodo,
Del mio dover l‘ impegno,
Che ad ogn‘ or vi contrasta,
Dalla mente a fuggarvi ancor non basta?
Se dar non mi potere
Nè conforto, rè spene,
Sembianze di Climene
Dal confuso pensier che mai chiedete?

Vano affetto, lungi dal cor
Vanne, vola, non vò più amar.
Se il mio bene lascierò
Finirò
Di sospirar.

Vano, etc.

Parte.

Scena VIII.

Sala reale con Trono.

Deidamia, Arbante.

DEIDAMIA.
Dovo sono i Ministri? ov‘ è lo stuolo
Che alla mia gloria applaude?
ARBANTE.
Il Trono ascendi;
Che poi di grado, in grado,
A giurarti veranno ossequio, e fede.

Scena IX.

Mentre Deidamia ascende al Trono apparisce Pirro con Soldati, e Cavalieri.

Pirro, Deidamia, ed Arbante.

PIRRO.
Scelerata.
DEIDAMIA.
Che miro?
PIRRO.
Mi diede Arbante il foglio
Dell‘ infame congiura; e colla morte
Il supplicio al delitto
Da irrevocabil legge è già prescritto.
DEIDAMIA.
Germano eccelso.
PIRRO.
Che Germano? il nodo
Che natura formò sciolse la colpa.
DEIDAMIA.
L‘ amore, il Sesso incolpa.
PIRRO.
Il Sesso in te peccò, peccò l‘ amore,
E in te pur anco havranno
La pena del misfatto empio e tiranno.
Dentro alla reggia Torre
Costei si guidi, e pria ch‘ il Sol tramonti
La sentenza esequite.

Deidamia parte accompagnata dalle guardie.

Scena X.

Pirro, e poi Climene.

PIRRO.
E quando, o cruda Sorre,
Sarai sazia di mie pene.
CLIMENE.
(Ecco l‘ infido.)
PIRRO.
Mi assalisce l‘ amico,
Mi abbandona Climene
La Germana spietata
Congiura ulla mia morte.
E quando, o cruda Sorte
Sarai sazia di mie pene.
CLIMENE.
Ben ti stà, traditore.
PIRRO.
Non mi affliggere, o bella.
CLIMENE.
Io bella? e che dicesti?
Bella al par dell‘ amore
E la fede d‘ amico.
PIRRO.
Ah! Climene deh!
CLIMENE.
Taci
Da te partir vogl‘ io
Crudo mostro infedele.

Scena XI.

Demetrio, e li sudetti.

DEMETRIO.
Ferma, Climene; ascolta
Pirro, di qual novella
Noncio son‘ io. Deidamia tua Germana
La Torre ascese ove già fù rinchiusa
E si precipitò, risolta al fine,
PIRRO.
Disperata, e non vinta
Velle morir.
DEMETRIO.
Ma‘ non morì. Dall‘ alto
(Grau prodigio dei Niemi) illesa cadde.
PIRRO.
Cadde illesa, e fuggi? Cieli?
DEMETRIO.
Potea
Fuggir, nè fuggir volle.
Ma lagrimando disse.
Peccai contro il Germano,
E dal Germano amato
Voglio disse il perdono, e voglio morte.
Ecco che già sen corre ai piedi tuoi
D‘ un bel tenero pianto ornata il ciglio.
PIRRO.
Grande è il prodigio, Amico
Generoso il consiglio,
E desta in me pietà, mà non perdono,
Tant‘ empio è il fallo, onde tradito io sono.

Scena XII.

Deidamia, e li sudetti.

DEIDAMIA.
Ecco ai tuoi piedi, o Sire,
Deidamia infelice
Vita non chiedo, ò curo.
Mà giache amico Fato
Oprò cosi, ch‘ io ti riveggia ancora,
Chiedo prima ch‘ io mora.
Che mi perdoni sol l‘ haverti offeso.
Perdona, si perdona,
O Pirro amato il solo fallo mio
La pena nò, che già morir desio.
PIRRO.
Ergiti; io ti perdone, or vanne, e mori.
DEIDAMIA.
Germano, addio;
Vado a morire,
Vado a finire
Il dolor mio;
Germano, addio.
DEMETRIO.
M‘ intenerisce. Ah! non sia mai che mora
Sotto un‘ infame scure
La Germana di Pirro. Ella è mia Sposa.
DEIDAMIA.
E sogno? è ver?
PIRRO E CLIMENE.
Che sento?
DEMETRIO.
Degno al fin di perdono è il pentimento.
PIRRO.
O magnanimo Amico, o vero specchio
Della prisca virtu. Sei cosi humano
Ch‘ all‘ empie macchie altrui
Fai tù lavacro. Vivi
Vivi pur Deidamia,
Demetrio cosi brama,
Pirro hà il cor generoso,
Né ti perdona sol, t‘ abbraccia, e t‘ ama.
DEMETRIO.
Vieni ò Cara, è lieta in petto
Torni l‘ alma, a respirar;
La pietà diuenne affetto
E, comincio à Sospirar.

Vieni, etc.

Or tù Climene porgi
La mano a Pirro tuo,
Che tanto t‘ ama ‚e adora.
PIRRO.
Climene amata – oh! Dio Climene
Fà, che cessino al fin tutte le pene.
CLIMENE.
Altro da te non bramo
Che tù mi sia fedele.
PIRRO.
Di gioia è l‘ alma oppressa.
DEMETRIO.
Io son felice.
DEIDAMIA.
A chi vita mi diè dono me stessa.
CORO.
E si dolce il mio diletto,
Che più dolce non si da;
Del piacer, che Io serbo in petto
Più dolcezza il tuo non hà.

Fine.